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ADOLESCENTI A CONFRONTO. "LA VOCE" DEL GRUPPO TERAPEUTICO.

Ferrigno G., Marcenaro M., Penati S., D’Orta I., Guida S., Pompei F., Fenocchio M.P., Giacomini G., Natta W., Vinciguerra V., Paoloni A.

Clinica Psichiatrica, Università degli Studi di Genova

Direttore Prof. F. Gabrielli

PREMESSA

Ho deciso di scrivere dell’esperienza di un gruppo psicoterapico con adolescenti che ho condotto tempo fa perché sono trascorsi vari anni e i pazienti di allora sono diventati giovani adulti. Li ho contattati telefonicamente uno a uno, ho chiesto loro come stessero e cosa facessero nella vita. Tutti mi hanno riferito di stare abbastanza bene e di sentirsi sufficientemente realizzati dal punto di vista sentimentale e di studi, eccetto Barbara che ancora "incerta", non ha relazioni sentimentali stabili ed è fuori corso all’Università.

Ho discusso con loro circa la possibilità di riportare su internet le loro sedute di gruppo; si sono dichiarati d’accordo, qualcuno mi è parso addirittura entusiasta dell’idea che qualche adolescente potesse consultare le sedute, condividendo le loro pene di allora, e potesse giovarsene in qualche modo facendo una richiesta di aiuto psicologico, e comunque avendo la speranza che si può anche guarire di un determinato tormento.

 

ALCUNI BREVI CENNI SULLA PSICOTERAPIA DI GRUPPO CON PAZIENTI ADOLESCENTI.

La psicoterapia di gruppo, di ispirazione psicoanalitica, può offrire una notevole esperienza agli adolescenti.

La selezione dei pazienti è importante come nella terapia di gruppo degli adulti. È difficile lavorare con i ragazzi nei gruppi, perché i gruppi terapeutici con gli adolescenti sono particolarmente emotivi e l’azione può prendere il sopravvento sul pensiero. Inoltre la terapia di gruppo va adattata alle problematiche adolescenziali, con accorgimenti anche tecnici e una particolare attenzione alle dinamiche controtransferali che si attivano nel conduttore.

"Lo specifico del gruppo terapeutico è che l’adolescente può vivere contemporaneamente una relazione verticale con l’adulto/terapeuta e relazioni orizzontali con i pari: può vivere in certi momenti nella regressione e nel transfert la relazione con il terapeuta, in altri sperimentare con lui una relazione con un oggetto nuovo qualitativamente diverso dai genitori e contemporaneamente vivere rapporti paritari con gli altri componenti del gruppo. Si tratta di un’esperienza affettivamente complessa in quanto riproduce due modelli relazionali centrati sulla famiglia e sui coetanei, questa volta però coesistenti con una riedizione che non solo può essere potenzialmente correttiva, ma che può favorire una nuova riorganizzazione del mondo interno dell’adolescente e una rifondazione del Sé" (Freddi 2005)

È anche vero come scrive Zucca Alessandrelli (1996) che "Il gruppo permette un transfert che poiché condiviso dai pari viene vissuto come molto più tollerabile, meno teso ed eccitante e inoltre propone la relazione oggettuale tra distinti. La relazione gruppale non comporta una simbiosi fusionale poiché il terzo è presente e reale e non solo simbolico"

Quindi il gruppo risulta meno minaccioso rispetto all’identità del singolo soprattutto se narcisisticamente vulnerabile.

Gli adolescenti isolati, in difficoltà con i gruppi dei coetanei, incapaci di partecipare ai normali gruppi sociali o quelli timidi e pensierosi, trarrebbero vantaggio da tale terapia che potrebbe rappresentare anche un momento di socializzazione tra pari.

"Riunire gli adolescenti in gruppo vuol dire stimolare e agevolare un movimento verso i pari che in questa fase della vita, se non vi sono complicazioni, è particolarmente naturale e spontaneo. Il gruppo dei pari è proprio l’ambito a cui l’adolescente fa ricorso per cercare di emanciparsi dal gruppo familiare di origine e costituisce un’esperienza fondamentale di interazione con gli altri. Se questo è valido per gli adolescenti senza problemi è ancora più valido quando riguarda gli adolescenti con problemi. Il gruppo permette ai pazienti di confrontarsi e dividere le loro esperienze, di sentirsi meno isolati." (Corbella S, 1997)

 

UN GRUPPO TERAPEUTICO CON PAZIENTI ADOLESCENTI: DESCRIZIONE DELL’ESPERIENZA.

Ho deciso di fare un gruppo terapeutico con pazienti adolescenti quando mi sono giunti per una consultazione, nell’arco di alcuni mesi, sei ragazzi di età compresa fra i quindici e i diciassette anni, studenti di scuole medie superiori . Lamentavano difficoltà nelle relazioni interpersonali sia con gli adulti (insegnanti e genitori) sia con i coetanei. Presentavano inoltre problematiche rispetto al proprio corpo con i sintomi somatici (stipsi e crisi cefaliche).

Mi sembravano tutti insoddisfatti di loro stessi e un po’ depressi. Non avevano disturbi di tipo psicotico in atto. Pensai di vederli assieme e di fare un gruppo; avevo l’ impressione che potessero giovarsi di questo tipo di esperienza anche per entrare in rapporto tra di loro , favorendo così l’esperienza tra coetanei. Programmai di fare un gruppo chiuso con sei partecipanti, a cadenza settimanale, e di concludere dopo un anno circa.

Nel primo incontro chiarii l’organizzazione del gruppo e definii la durata della seduta (un’ora e trenta). Dopo il secondo incontro un membro del gruppo, Matteo, non si presentò più e non capii perché. D’altra parte ero in grande difficoltà: il gruppo si riuniva compatto, i ragazzi parlavano tra di loro come se io non ci fossi, anzi avevo la percezione che che il gruppo si riunisse proprio per escludermi o per farmi sentire stupida ed impotente. Mi rammaricai di avere intrapreso un’esperienza così complessa; arrivai a sperare che il gruppo non si presentasse più e sparisse.Quando comunicai al gruppo che forse volevano farmi provare come si stesse male a sentirsi stupidi o esclusi, o addirittura perseguitati dagli adulti, sembrò che il gruppo per la prima volta si accorgesse di me.

 

COMPOSIZIONE DEL GRUPPO

LAURA: a.17. frequenta la II liceo classico. È una ragazza carina, alta di statura, attraente. Ha vari corteggiatori ma non ha ancora scelto. Il padre è un brillante professionista al secondo matrimonio, la madre è medico, di dieci anni più giovane. Si considera idealista e romantica e per lei è importante avere un figlio. Ha avuto a scuola sempre un ottimo profitto ma con tanto sacrificio.

Teme sempre di non essere all’altezza della situazione, studia spesso fino a tarda notte e poi rimane eccitata ed insonne e viene invasa da brutti pensieri.

Sintomi: timori ipocondriaci, insonnia, stipsi ostinata. Conflittualità esagerata con la madre vissuta come giovane, energica e ambiziosa; entra in competizione con lei in modo violento. Scarsa fiducia nella propria capacità nonostante i buoni risultati . Ha dubbi sul proprio valore come persona. Qualche aspetto ossessivo.

Nel gruppo: seduttiva, attira le fantasie sessuali del gruppo, tende "a mettersi sempre nel mezzo" e cerca di suscitare un interesse spiccato nella terapeuta nella speranza di un rapporto privilegiato.

STEFANO: a. 17, frequenta la IV liceo scientifico. Ha una sorella di 16 anni. È stato un buono studente fino a poco tempo fa. Non è fidanzato. Timido, introverso e silenzioso, ha difficoltà di relazione con i compagni. Ha pochi amici accuratamente selezionati. Genitori entrambi insegnanti.

Sintomi: difficoltà ad applicarsi negli studi per scarsa concentrazione, fa varie assenze da scuola con grande disappunto dei genitori. Ha un rapporto preferenziale di confidenza con la madre e vissuti di estraneità nei confronti del padre. Si definisce permaloso ed esigente. Soffre di vari disturbi psicosomatici e da bambino soffriva di asma. È un bel ragazzo.

MARINA: a. 16, frequenta la I liceo classico. Figlia di casalinga ed impiegato. Nonostante le piaccia la scuola che ha scelto la trova molto difficile, si impegna molto ma non rende a sufficienza. Presenta crisi cefalgiche quando traduce il greco. L’anno scorso è stata promossa solo perché non si poteva rimandare, con vari debiti (parole sue). Sembra fare tutto stentatamente, al contrario del fratello che "è bravo" e riesce bene in tutto.

Padre preoccupato per la realizzazione della figlia; madre molto gratificata dai successi scolastici del figlio. Questa coppia di genitori sembra aver riposto nei figli l’aspirazione per un miglioramento sociale. Marina è grintosa e coraggiosa. Non fidanzata.

Sintomo psicomatico isolato: mal di testa.

MARCO: a. 16 e mezzo. È stato un bambino vivace e spigliato. È andato a scuola un anno prima rispetto ai coetanei. Frequenta la II liceo classico, ha un fratello più piccolo che frequenta le scuole medie e una sorella di 6 anni. Ha sempre frequentato scuole private, è un ragazzo intelligente che non si sente sufficientemente stimato dal padre, professionista affermato. Ragazzo estroverso, intelligente e piacevole; non molto alto di statura (questo per lui è un problema ci tiene molto all’aspetto estetico). Il padre avvocato affermato non lo stima abbastanza (lui sente perfettamente il suo disprezzo). Beve tante birrette e fuma tantissimo, anche spinelli (il padre è un fumatore). La madre è una bella donna dedita alla vita di società. Con lei Marco ha un buon rapporto. Il padre viene descritto come autoritario e invadente: "vuole organizzare e pianificare la vita di tutti".

Vengono riferiti episodi di aggressività verbale tra padre e figlio. E’ vivace e comunicativo, loquace nel gruppo. Tende ad usare il disprezzo e a reagire alla depressione con movimenti maniacali.

Sintomi: studia pochissimo, sempre fuori casa, non ha senso di responsabilità (dicono i genitori). Grossa aggressività fra padre e figlio, arrivano spesso alle mani. L’aspirazione di Marco è fare lo psicologo o lo psichiatra. Il padre lo vorrebbe magistrato.

Nel gruppo: atteggiamento tra la sfida e il coterapeuta. Carismatico e trascinante.

BARBARA: a. 16. ha una sorella di 14 anni con cui ha uno stretto e buon rapporto. Figlia di una maestra elementare e di un lavoratore AMT. Frequenta la V ginnasio. Si è ritirata l’anno scorso da scuola per fobia scolastica. Quest’anno ha ripreso la scuola ma fa tantissime assenze.. "studia tantissimo ha la sensazione di sapere ma la mattina quando si prepara per andare a scuola viene colta dal panico e ritorna a dormire"

Sintomi: inibizione e depressione, deficit dell’autostima.

Nel gruppo tende a stare in disparte.

Il gruppo si riuniva da quattro mesi, era omogeneo per provenienza socioculturale e per le problematiche psichiche riconducibili ad una condizione di vulnerabilità narcisistica con manifestazioni somatiche associate a preoccupazioni ipocondriache, difficoltà nel rendimento scolastico, rapporti difficili con i coetanei, incomprensioni marcate con i genitori, delusioni rispetto alle aspettative proprie e altrui, sentimento di "valere poco", abuso saltuario (prevalentemente i fine settimana) di alcool e spinelli.

Ho scelto di trascrivere queste sedute perché, oltre a precedere la pausa estiva, i pazienti hanno portato sogni coinvolgenti.

 

PRIMA SEDUTA:

STEFANO MARCO LAURA MARINA siedono in semicerchio l’uno a fianco all’altro. La terapeuta è seduta di fronte a loro un po’ a lato.

BARBARA è assente.

MARINA: Barbara mi ha telefonato ieri sera mi ha detto che non sarebbe venuta oggi al gruppo e che forse sarebbe andata a scuola, ma che il pomeriggio non sarebbe sicuramente riuscita a venire perché aveva mal di pancia. Poi dice sottovoce — rivolta a me- "Ha le sue cose" (le mestruazioni).

MARCO: (ad alta voce) beh, tornerà la prossima volta, non è già successo così?

STEFANO: Io sono rimasto molto colpito dal sogno di Laura dell’altra volta (aveva sognato che guidava il motorino ed era caduta in acqua)… ho sognato il nostro gruppo, io sognavo una jeep militare in una strada di campagna, era una giornata di sole di primavera inoltrata, davanti con me c’era Laura, dietro Marco. Ero tranquillo, anche contento. Andavo ad una giusta velocità quando un piccolo sasso appuntito ha fatto sgonfiare una gomma. La macchina si è arrestata di colpo. Laura si è messa a piangere, Marco è saltato giù dalla macchina che era aperta sul tetto; ha tirato fuori da un suo borsone una tovaglia e ha detto: "mangiamo e beviamo qualcosa, e poi ci fumiamo una sigaretta".

 

Sto per intervenire e ricordare come la volta precedente stessero parlando dei timori legati alla fine della terapia quando Marco mi precede e dice con larvato disprezzo:

MARCO: Ora sognano anche i maschi, non solo le femmine, meno male comunque- afferma rivolgendosi a Stefano, in direzione del quale sposta la seggiola- che c’ero io a sdrammatizzare la situazione altrimenti sarebbe stato un pianto collettivo.

STEFANO: (infastidito) anche tu ogni tanto sogni, ti ricordi la partita di calcio con tuo padre che faceva l’arbitro e ti fischiava perché non facevi goal?

MARCO: (secco) no.

STEFANO: L’altro giorno, in via Dodecaneso, un amico che ha un motorino di quelli omologati per uno che si possono guidare senza patente mi ha detto: "mi metto dietro stretto a te, tanto siamo magri e tu davanti provi a guidare." Io me lo sentivo addosso e quando il motorino è partito ho provato molta paura perché mi stavo allontanando.

MARCO: Con la guida proprio non ci siamo, mi pare. O c’è l’incidente, o si buca la gomma, che distratti guidatori siete. Io addirittura una volta in una strada periferica ho guidato la macchina di mio padre, che pure è di grossa cilindrata. Mio padre ha detto: "Prova, qui polizia non ce n’è"

Era come se su quella macchina ci fossi nato. Non vedo l’ora di avere una macchina tutta mia, allora non mi vedrà più nessuno.

LAURA: Chi va piano va sano e va lontano, che va forte…

TERAPEUTA: Dico loro che mi sembra che oggi abbiano parlato tutti molto, senza pause, come a nascondere un problema del quale è difficile parlare.

STEFANO: Siamo un po’ contradditori, non è vero?

TERAPEUTA: Ognuno in modo diverso sta chiedendosi come starà senza venire qui, senza il gruppo e senza di me, Barbara, per paura che tutto finisca addirittura non viene, Stefano teme di arrestarsi di fronte ad un piccolo ostacolo, Marco è arrabbiato e spera che suo padre lo aiuti.

 

SECONDA SEDUTA:

MARINA: Ieri sono andata alla festa di compleanno di una mia amica, che abita nello stesso palazzo, i suoi genitori sono amici dei miei ; un’invitata, una ragazza dai capelli rossi, ha suonato al pianoforte un pezzo di Mozart…-canticchia- …Ha suonato a memoria con disinvoltura e tutti la guardavano, ed io ho pensato che vorrei essere un pianoforte. Abbiamo mangiato tanto. Francesca ha spento le candeline sulla torta ma una candelina è rimasta accesa, per cui ha dovuto soffiare nuovamente. C’era tanto casino, circa una ventina di invitati tra ragazzi e ragazze, non c’erano adulti. Non mi ricordo poi come sia andata ma io, Isabella e un’altra ragazza ci siamo ritrovate a parlare di malattie fisiche: Isabella diceva di aver avuto una strana infezione ad un gomito che l’aveva fatta soffrire per tanto tempo perché bruciava e non si capiva che cosa fosse, poi con la penicillina è finalmente guarita. L’altra ragazza, mi sembrava si chiamasse Claudia, verso i tredici anni ha sofferto di calcoli renali e i medici le avevano detto che era a causa della crescita.

Quando è arrivato il mio turno ho pensato con un senso di nausea a miei mal di testa, che ora non ho più, e non me la sono sentita di dire che io avevo sofferto di problemi psicologici e mentali , l’ho pensato ma non ho avuto il coraggio di dirlo.. Le malattie fisiche sono più accettate, se ne può parlare, nessuno ti accusa o ti prende in giro, se ne comprende meglio la causa.

TERAPEUTA: Dico che si stanno chiedendo se , nel gruppo, si indaga abbastanza da dove provengano i pensieri sgradevoli e la nausea.

LAURA: Oggi mi sento triste. Ho fatto un brutto sogno, stamattina, proprio prima di alzarmi. Ero in ascensore in un palazzo antico. Le porte e le pareti erano trasparenti, di vetro. Io stavo lì dentro con un vecchio. —si ferma, diventa un po’ rossa..poi continua- il vecchio mi ha violentata, ed io urlavo. La gente, sulle scale intorno a me, guardava, ma non si accorgeva che urlavo- (è contrita, sta un po’ zitta. Sono tutti zitti ed io impacciata)- continua dicendo: "una cosa del sogno che mi ha colpito è che mi ha violentato da dietro".

MARCO: Ma ti ha sodomizzato?

LAURA: Annuisce

STEFANO: Il tuo sogno mi fa venire in mente un sogno che facevo intorno ai sette anni. Entravo dalla porta di casa e salivo le scale per arrivare al secondo piano dove abitavo con i miei. Ed invece non arrivavo mai perché le scale si moltiplicavano. Poi, quando finalmente arrivavo e suonavo e aprivano la porta invece dei miei genitori c’erano due sconosciuti.

MARCO: Questo sogno, per me, vuol dire che hai timore che i tuoi genitori possano morire, ma che hai anche paura degli estranei.

BARBARA: (E’ pensosa. Mette per un attimo un dito in bocca)

TERAPEUTA: La vicinanza a volte viene vissuta come pericolosa e minacciosa, quasi come un’aggressione fisica.

STEFANO: Ma non sempre quello che si sente corrisponde alla verità.

MARINA: Un bambino piccolo considera i suoi genitori come molto importanti.

STEFANO: E’ difficile prendere le distanze giuste dai genitori, ma anche dagli amici e in genere dalle persone.

MARCO: Mi sembra che ora questi discorsi siano un po’ troppo fumosi.

MARINA: -rivolta ad Laura- chiede: "Ma come sono attualmente i rapporti con tuo padre e tua madre?".

LAURA: Più o meno come prima, forse io me la prendo un po’ meno.

TERAPEUTA: Dico che la fine della terapia per quest’anno si avvicina e per questo forse io sembro loro più fredda e più distante e loro stessi, per affrontare questo periodo di vacanza, stanno chiedendosi quale sia la giusta "distanza" emotiva da avere con me e tra di loro.

MARCO: - un po’ ironico — Complimenti lei ha sempre la risposta in tasca.

 

TERZA SEDUTA:

Presenti: MARCO, STEFANO, LAURA, MARINA, BARBARA è assente.

MARINA: Ieri sera mi ha telefonato Barbara, mi ha detto che stamattina non sarebbe andata a scuola e non sarebbe nemmeno venuta qui, perché le è venuto un mal di testa improvviso.

SILENZIO

LAURA: (rivolta a me) lei la volta scorsa ha parlato di pensieri che sono dentro la testa e che sono certe volte sgradevoli.

MARINA: Tu vuoi dire che sono i pensieri brutti che hanno fatto venire mal di testa a Barbara?

SILENZIO

TERAPEUTA: Forse sono i brutti pensieri che hanno a che fare con il timore di essere abbandonati o di non essere considerati abbastanza.

STEFANO: Questa settimana per conciliare il sonno ho letto "L’arte di amare" di Erich Fromm. Ho capito che è importante avere il coraggio di guardarsi dentro, di vedere la parte più autentica e viva che è in ciascuno di noi e che è in contrapposizione con le aspettative che i genitori inculcano fin dall’infanzia. Erich Fromm per uscire dalla solitudine consiglia di avere amici, di amare le persone e la musica.

SILENZIO

LAURA: (mi sembra sofferente e depressa) Ma per avere la curiosità e l’interesse di stare con gli altri, bisogna essere un po’ contenti. Se si sta male non si cerca nessuno.

TERAPEUTA: Mi sembra che il gruppo si stia identificando con Barbara nel cercare di capire cosa la faccia stare così male da non venire qui e da non andare a scuola.

MARCO: Mi sembra che oggi ci sia un clima un po’ depresso e pesante. Forse è il caso che vi tiri un po’ su… sabato mio padre mi ha portato con lui a giocare a tennis al club. Abbiamo fatto un doppio, io e mio padre contro due signori di mezza età, sui quarant’anni, e abbiamo vinto noi, due set su tre, ho sbagliato due palle e per poco mio padre non mi uccide, però poi alla fine mi ha detto che ho giocato bene. Meno male che abbiamo vinto, se no…

STEFANO: Ora neanche al gioco si può perdere.

MARCO: Certo che si può, ma se si vince è meglio.

TERAPEUTA: Mi sembra che quando si parla di cose tristi, come l’assenza di persone, la paura di non essere all’altezza della situazione o di essere ignorati, emerga la necessità di cambiare argomento e di parlare di cose più divertenti e superficiali, ma anche nel gioco di Marco si avverte la preoccupazione di sbagliare e non ricevere l’approvazione.

LAURA: Ma il padre di Marco è veramente esigente

MARCO: Se è per quello è uno scassapalle

SILENZIO

MARCO: rivolto ad Stefano: certo che tu l’anno scorso parlavi poco, eri muto come un pesce, ed ora eccolo qui l’intellettuale chic che legge Erich Fromm. Bella trasformazione (in tono sarcastico)

LAURA: rivolta a Marco: "cos’è che ti ha fatto così arrabbiare? Ma ogni tanto sai essere tenero?".

MARINA: ieri a scuola a ricreazione ho visto una mia compagna di scuola che nei pressi dei bagni si baciava con un ragazzo della terza liceo. Quel ragazzo l’avevo già notato all’ingresso della scuola più di una volta: è un ragazzo alto, castano di capelli, lo guardano in molte, ha anche un orecchino. Mi sarebbe piaciuto essere al posto della mia compagna.

SILENZIO

MARCO: (sembra che debba dire qualcosa, ma poi sta zitto).

TERAPEUTA: mi sembra che si stia dicendo che oltre alla paura c’è anche il desiderio e la curiosità di avvicinarsi all’altro, che ci si interroghi sull’arte di amare, la possibilità di amare spesso contrasta con quello che si pensa siano le aspettative dei genitori.

 

QUARTA SEDUTA:

 

PRESENTI: STEFANO, LAURA, MARINA, BARBARA, MARCO assente.

Comunico al gruppo che Marco mi ha telefonato ieri sera per avvisarmi che non sarebbe venuto a causa di una slogatura ad una caviglia che si è procurato giocando a tennis con suo padre.

 

LAURA: (rivolta ad Barbara): la volta scorsa abbiamo parlato del tuo mal di testa e ci siamo chiesti come mai non eri con noi.

MARINA: (con aria un po’ saccente). Abbiamo dedotto che sono i brutti pensieri che fanno venire il mal di testa.

BARBARA: (sembra un po’ perplessa) non dice nulla

 

STEFANO. Questa volta non c’è Marco, accidenti se si sente!

LAURA: Marco mi ha telefonato a casa e mi ha detto che egli è successo un piccolo incidente giocando a tennis.

STEFANO: credo che a Marco porti sfiga giocare a tennis con suo padre.

TERAPEUTA: (penso che intanto è l’ultima seduta prima delle vacanze:) sembra che i pensieri tristi che hanno a che fare con la separazione rendano cagionevoli di salute..

LAURA: l’altra sera ho studiato per un’interrogazione di latino, per confermare il sette fino alle due di notte. Sono andata a dormire ma non avevo sonno, ho cercato di riposare, poi mi è parso di sentire la sveglia. Mi sono alzata e vestita di fretta per andare a scuola, come fossero le 7 del mattino; poi, andando in cucina ho visto che era tutto buio, ho guardato l’orologio: era notte fonda, le 4 circa. Mio padre e mia madre dormivano e non hanno sentito nulla. Non me la sono sentita di tornare a dormire. Ho deciso che sarei rimasta così fino all’ora di andare a scuola. Volevo aspettare che i miei genitori si svegliassero: la mamma si alza alle sei e mezza per preparare il caffè per papà e la colazione per me. Allora, per passare il tempo ho scritto una lettera ad una mia amica di Napoli.

Era una bella lettera, neanche di giorno mi vengono così tanti pensieri.

MARINA: domenica sono andata a Milano, per il matrimonio di una cugina di mia madre. C’era anche un’altra cugina, figlia di una sorella di mia madre, di diciannove anni. Era in compagnia di un ragazzo di 22 anni, iscritto a ingegneria. Penso fosse il suo fidanzato..proprio bello. Assomigliava a Kevin Kostner. Ho provato invidia: avrei voluto essere al suo posto.

STEFANO: è l’attore di "Balla con i lupi"?

MARINA: quando ci siamo seduti a tavola, mia cugina e il fidanzato erano seduti di fronte e me. Mi sono dovuta controllare per smettere di fissarlo.

LAURA: mia madre ultimamente mi dice che mi vede un po’ troppo su di giri; l’altra sera, dopo aver studiato, sono andata in piscina; a casa sono irrequieta: mi muovo così tanto che, urtando un tavolo, mi sono provocata tre lividi sulla coscia. Mia madre mi ha detto che anche lei, quando è nervosa, sbatte e si fa male. Di conseguenza, ha deciso che sono anch’io nervosa e poi mi ha detto che questo dispendio di energie sicuramente mi deprimerà.

MARINA: mi sembri davvero un po’ agitata

LAURA: forse è vero, è un periodo che sogno gattini e bambini piccoli. Ho sognato di avere la pancia e di fare un bambino. Ero appoggiata alla porta di questo studio quando mi dicevano che il bambino non era il mio ma era di un ‘altra, per cui lo dovevo restituire.

(Stefano sembra distratto e meno partecipe di quando c’è Marco)

MARINA: un mio compagno di scuola, che sta con una ragazza che frequenta ragioneria, mi ha invitato venerdì sera a uscire con lui a prendere il gelato. Gli ho risposto che sapevo che lui aveva una ragazza e lui mi ha detto che la sua amica è "liberale" e che forse ci sarebbe stata pure lei.

Io ho pensato, ma non l’ho detto, che mi sarebbe piaciuto uscire con lui, ma che non mi sarebbe piaciuto essere un terzo incomodo. Quel ragazzo, Lorenzo, mi ha detto che si può essere amici anche tra ragazzi e ragazze.

STEFANO: io credo che possa esistere l’amicizia tra un ragazzo e una ragazza.

LAURA: io invece credo che l’amicizia tra due persone dello stesso sesso sia diversa da quella di due persone di sesso diverso. Nella seconda per me c’è qualcosa di più.

TERAPEUTA: mi sembra che voi parliate del timore di essere esclusi e della gelosia che si può provare per chi può sembrare favorito. Forse oggi il timore che io possa favorire i ragazzi, anzi l’unico ragazzo, o che le ragazze possano escludere i fratelli.

 

QUINTA SEDUTA:

PRESENTI: STEFANO, MARCO, LAURA, MARINA, BARBARA

MARCO: siete contenti? Sono tornato. Avete sentito la mia mancanza?

STEFANO: io di sicuro. Ero in netta minoranza, quasi un di più..

MARCO: (ironico ma affettuoso): "Io la tua mancanza non l’ho sentita affatto".

LAURA: non solo Stefano. Ma tutti ci siamo accorti che non c’eri, anche la dottoressa.

MARCO: mi sono procurato proprio una slogatura. Ho sentito molto male, per fortuna l’incidente mi è capitato proprio alla fine della partita: ho appoggiato male il piede, quello sinistro, mentre facevo un rovescio. Ho concluso lo stesso la partita, abbiamo anche vinto, ma quanto dolore! Ho sentito subito male, poi il piede si è progressivamente gonfiato. A casa non potevo più camminare: mia madre mi ha fatto degli impacchi con il ghiaccio; mio padre si è comportato come se non fosse accaduto nulla, poi si è preoccupato, voleva portarmi al pronto soccorso temendo una frattura: io ho detto che non mi sembrava il caso. Lunedì è venuto a visitarmi a casa un medico sportivo amico di mio padre. Ha detto che non c’era frattura, mi ha messo la benda elastica e mi ha consigliato di riposarmi per altri due giorni. Fino a mercoledì non sono uscita di casa.

MARINA: per te sempre così attivo, deve essere stato un problema stare immobile.

MARCO: diciamo che questo riposo forzato mi è servito.

MARINA: dicono che quando ci si fa male alla parte sinistra del corpo, visto che il cuore è a sinistra, vuol dire che ci sono problemi d’amore.

MARCO: ma che stupidaggini dici?

LAURA: la dottoressa ha detto la volta scorsa che quando ci sono in vista delle separazioni si è più deboli di salute…

STEFANO: oggi è l’ultima volta che ci vediamo, prima dell’autunno.

LAURA: è vero (appare triste)

MARCO: perché poi ci si dovrebbe vedere anche il prossimo anno? Con che criterio si decide? Così come la scuola ogni anno finisce, così dovrebbe finire la terapia.

LAURA: ma qui è diverso, non è come andare a scuola. All’inizio era difficile capire che cosa facevamo insieme, poi abbiamo raccontato i nostri sogni davanti a tutti e nessuno ci ha presi in giro.

STEFANO: a proposito, ho fatto un sogno: avevo un cannone di quelli un po’ antichi: io lo spingevo da solo verso una galleria, mio padre però non mi aiutava a spingerlo; guardava, man mano che mi avvicinavo alla galleria mi rendevo conto che il cannone non poteva entrarci, perché era più grosso; avrebbe rotto il tetto. Perciò all’imbocco mi sono fermato. Stavo pensando come fare a risolvere il problema quando mi sono svegliato. Mi sentivo stanco, come se avessi fatto fatica

LAURA: anch’io ho fatto un sogno: sono in mare con mia madre e mia sorella-non ho sorelle-. Nuotiamo. Arriva una grande onda, io ci passo attraverso e mia madre mi dice di non bagnarmi i capelli. Poi mi ritrovo su una spiaggia, vestita, e mi allontano per evitare di bagnarmi la testa.

SILENZIO

TERAPEUTA: cosa pensate di questi due sogni?

SILENZIO

Qualcuno, a disagio, si muove sulla sedia.

TERAPEUTA: tutte le volte che c’è una separazione, affiorano i ricordi e sensazioni di quando si era piccoli e impotenti. Sono contenta di essere stata con voi, insieme abbiamo capito alcune cose. Ci rivedremo a settembre.

 

Alcune considerazioni "sull’esperienza" con il gruppo terapeutico di adolescenti.

Nei primi incontri dominavano nel gruppo il rumore, il disordine, la difficoltà a stare nel tempo della seduta (qualcuno arrivava puntualmente in ritardo, altri si soffermavano nella stanza a fine seduta e dovevo sollecitarli con intensità per farli uscire). Avevo pensato che tali comportamenti potessero essere riconducibili a rivendicazioni infantili. Marco in maniera provocatoria aveva portato a sentire ("è per tutti" — aveva affermato) Certe Notti di Ligabue (sesso e trasgressione), portando un certo scompiglio. Come risposta il timido e aristocratico Stefano si era informato se poteva portare in seduta il suo cane bassotto. La regola di non frequentarsi al di fuori delle sedute (allora avevo sicuramente peccato d’ingenuità) era diventata esattamente l’opposto: alcuni di loro si vedevano sotto al Bar (come la canzone di Ligabue), spinellavano, bevevano, flirtavano, e Marco.. in testa.

La madre di Barbara mi aveva telefonato e mi aveva avvisato di "cosa i ragazzi facessero fuori" dicendomi che mai avrebbe immaginato che sua figlia potesse avere certi atteggiamenti e che io ero in qualche modo responsabile "perché questi ragazzi li avevo fatti incontrare".

Per me questa fase iniziale della terapia era stato un periodo difficile, che mi aveva destato qualche preoccupazione, il gruppo caotico e trasgressivo sembrava coalizzato per escludermi. Alla mia comunicazione che forse volevano farmi capire come ci si potesse sentire a disagio e impotenti di fronte a un adulto che non capiva il loro stato d’animo e che, forse, il loro comportamento aveva il senso di proteggerli da una tormentosa angoscia… in fondo "erano venuti a chiedere il mio aiuto non certo per divertirsi, ma perché ognuno di loro aveva qualche problema che lo faceva soffrire", era sceso nel gruppo un silenzio che mi sembrava partecipe.

Il gruppo a poco a poco è sembrato riordinarsi. In seguito il corpo è diventato il protagonista del gruppo tanto da richiamarmi nella mente un paziente psicosomatico, in cui i sintomi sembravano l’unica modalità di espressione del malessere che il gruppo condivideva completamente con l’obiettivo comune di allontanare il dolore mentale rispetto al conflitto dell’ambivalenza e della perdita.

In una fase successiva il gruppo aveva avuto la forza di esprimere perplessità e preoccupazioni che "quello spazio terapeutico fosse il posto giusto per confrontarsi su angosce e paure".

I sogni avevano espresso che lo "spazio" era quello giusto, che ci si poteva realmente esporre, senza sentirsi attaccati, che si potevano portare in seduta anche cose molto intime.

Mi avevano molto colpito i sogni.

Sembravano tutti molto coinvolti a sognare, come se attraverso i loro sogni si sentissero più protetti e fossero più in grado di comunicare sentimenti profondi. La separazione per le vacanze estive aveva permesso di far sentire a tutti l’ansietà di separarsi dal gruppo da cui vi era oramai la consapevolezza di dipendere e la maniacalità di Marco aveva offerto una modalità per non soffrire troppo. Sentivo le dinamiche familiari risuonare in ognuno, ma cercavo di non perdere mai di vista il gruppo, di riportare sempre il problema del singolo alla situazione emotiva del gruppo. (La regola del gruppo era quella che non si poteva, attraverso il rapporto privilegiato con l’adulto, tornare dal genitore terapeuta a chiedere aiuto, ma che il gruppo era la risorsa da utilizzare).

Nel corso della varie sedute avevo cercato di modulare il sarcasmo di Marco e la sua necessità di essere un leader forte, in contrapposizione con me (a volte mi sembrava entrato nel ruolo di co-terapeuta), facendo attenzione a non mortificarlo, ma evitando anche che si allargasse troppo nel gruppo. Non ho mai interpretato gli assunti di base di attacco-fuga, di dipendenza e accoppiamento (peraltro molto evidenti), né le problematiche edipiche e le fantasie omosessuali.

Il mio obiettivo è stato sempre quello di far sì che i ragazzi si sentissero più vicini l’uno all’altro, sviluppando una certa fiducia reciproca, facendo attenzione a non farli sentire autorizzati ad essere l’uno contro l’altro, cosa che sarebbe accaduta se avessi colluso con la richiesta di un rapporto privilegiato con uno di loro. Più fratelli, che figli unici, in grado di utilizzare sempre di più il gruppo come "spazio sicuro" dove esprimere anche sentimenti penosi e condividere, rispecchiarsi e confrontarsi.

Ho cercato di valorizzare il più possibile la coesione del gruppo, la condivisione delle ansietà (persecutorie e depressive), delle preoccupazioni, dei timori, delle incertezze in un’unica voce del gruppo.

Leggendo queste sedute, che risalgono a circa dodici anni fa, si ha l’impressione che siano di grande attualità: le idee, le passioni, i tormenti sono gli stessi che ritroviamo oggi. Pur essendo passato del tempo, ci rendiamo conto che le espressioni di disagio non sono per nulla diverse oggi da allora.

 

BIBLIOGRAFIA:

Bion W.R., Esperienze nei gruppi, Armando Ed. Roma, 1971

Neri C., Gruppo. Borla, Roma, 2002

Freddi C. La funzione del gruppo in adolescenza. Franco Angeli, Milano 2005

Corbella S. Aspetti specifici della terapia di gruppo funzionale al trattamento degli adolescenti. Adoles: vol.1, numero 1, Gennaio Aprile 1997.

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