| |
Dibattito
tra Ettore Perrella e Antonello Sciacchitano
- su
psicoanalisi e psicoterapia:
- un
appassionato "litigio" tra due analisti lacaniani
Prima
parte di dieci parti (Vai
alle parti 2, 3, 4, 5, 6,
7, 8, 9,
10)
Introduzione
di Paolo Migone Nello
spirito che accomuna anche gli altri contributi pubblicati nell'area
"Psicoterapia" di POL-it, che sono caratterizzati da unadiscussione critica di posizioni o approcci all'interno della
psicoterapia, pubblichiamo un acceso dibattito tra due psicoanalisti lacaniani (Ettore
Perrella e Antonello Sciacchitano)
avvenuto via E-Mail nell'estate del 1997 e riguardante questioni
di fondo della identità della psicoanalisi, della sua
legittimazione teorica e giuridica, e della sua supposta differenza dalla "psicoterapia".
In questo modo entriamo direttamente nell'universo di pensiero lacaniano,
un importante punto di riferimento teorico nel dibattito psicoanalitico.
Il modo con cui ci addentriamo all'interno di un approccio ancora una
volta non è con una esposizione delle idee del fondatore della
scuola (in questo caso, di Lacan o di aspetti del suo pensiero), ma
mostrando i disaccordi e gli accordi su singoli aspetti come vengono visti da
due autori, questa volta entrambi all'interno di questa tradizione. Oltre a
Perrella e Sciacchitano, ringraziamo, per averci dato il permesso di
pubblicazione, la rivista ad orientamento lacaniano Scibbolet, dove il dibattito è
stato pubblicato nel 1997, vol. IV, n. 4, pp. 166-194, con il titolo "Una
lettera per l'altra" (questo materiale è uscito anche sulla
rivista Arché/Ipotesi). Lo
spunto per questo scambio di lettere è stato dato da una lettera
aperta che Ettore Perrella aveva mandato a tutti gli aderenti a Spaziozero- Movimento per una Psicoanalisi Laica. Questo movimento
(nato dopo un convegno tenuto a Padova il 22-5-95 intitolato "La
psicoanalisi e la legge italiana sulla psicoterapia") raccoglie una decina di
riviste, e si propone di promuovere un movimento critico sugli aspetti della
legge 56/1989 riguardanti la regolamentazione della psicoterapia.
Schiacchitano gli ha risposto in modo critico, Perrella ha reagito, e così è
iniziato uno scambio di lettere (compresa la lettera aperta di Perrella,
in tutto sono 12 e-mail, che qui vengono pubblicate in dieci parti, in
quanto la quarta parte contiene due mail di Sciacchitano, e la decima ne
contiene una ciascuno). Infine,
pubblichiamo volentieri una replica di Franco
Baldini, direttore della rivista Thélema, riguardo ad
alcuni passaggi di due lettere di Sciacchitano (rispettivamente del 29
luglio e del 22 settembre 1997), in cui
viene argomentato che Sciacchitano non interpreta correttamente il
pensiero di Baldini. In una di queste due lettere (quella del 22 settembre)
viene fatta anche una insinuazione su supposti vantaggi personali che si
celerebbero dietro a determinate posizioni teoriche. Anche se certi toni possono
essere giustificati dalla emotività del dibattito, riteniamo molto
scorretta questa affermazione di Sciacchitano, e ci scusiamo con Baldini, oltre
che con i lettori, per questa caduta di tono. Abbiamo comunque deciso di
non modificare il testo originale, e di pubblicare la replica
di Baldini (che ci è giunta nel dicembre 1998).
- Dibattito
tra Ettore Perrella e Antonello Sciacchitano
- su
psicoanalisi e psicoterapia:
- un
appassionato "litigio" tra due analisti lacaniani
- Da
Perrella
-
- Padova,
30 giugno 1997
-
- Agli
Aderenti a Spaziozero
Cari amici,
con
l'avvicinarsi della scadenza dell'incarico di partecipazione al Comitato ristretto
di Spaziozero e del primo nostro Convegno, previsto per il prossimo
autunno, credo importante comunicare a ciascuno di voi alcune riflessioni
generali sul lavoro svolto finora nel Movimento e su quello che rimane da svolgere. In primo
luogo credo che sia essenziale rendere pubbliche in tutti i modi possibili
le tesi fondamentali per sostenere le quali si è formato il
nostro Movimento. Mi pare che possano essere riassunte come segue: 1. la
formazione psicanalitica è del tutto indipendente da ogni impostazione universitaria; 2. la
legge 56 del 1989 non è applicabile alla psicanalisi; 3.
nessuna legge che presuma di legiferare su una materia come la psicoterapia
ha valore giuridico (naturalmente a prescindere da quelle regole
generali di funzionamento economico e fiscale di qualunque attività
professionale che sono già sancite da altre leggi italiane). È
evidente tuttavia che su almeno due di questi punti (il primo e il terzo) non c'è
affatto un accordo generale neanche nel nostro Movimento, e questo mi
pare che spesso pregiudichi ogni serio tentativo d'azione politica da
parte nostra. In particolare, sul primo punto, tutti noi continuiamo spesso
a confondere le esigenze della formazione psicanalitica con la presunta necessità
giuridica di garantire una soglia minima di competenza
professionale. Sappiamo invece che questa impostazione non ha nessuna relazione con
l'effettiva formazione soggettiva, e quindi con la formazione degli analisti. Si
tratta d'un punto pericoloso, perché, se nemmeno il nostro Movimento giungerà
ad avere una concezione univoca e chiara sullo scarto totale tra
formazione analitica e competenza professionale, non solo non potremo pretendere
di convincere nessun altro della necessità di riconoscere l'estraneità
della formazione psicanalitica all'impostazione universitaria, ma
rischiamo addirittura di diventare più legalisti della stessa legge 56. Inoltre,
per quanto riguarda il terzo punto, è vero che Spaziozero non è
affatto tenuto a occuparsi della psicoterapia in generale (tanto più
che questa generalità non è assicurata da nient'altro che
dalla parola che la designa). Tuttavia questo non deve farci dimenticare
che Spaziozero è sorto proprio a causa della poca chiarezza
della legge 56 del 1989 la quale, non nominando la psicanalisi, sembra
escluderla dal suo oggetto, ma senza che ciò basti a garantirlo. Da
questo punto di vista, le ripetute considerazioni prudenziali che ci
trattengono dal rendere pubbliche le nostre posizioni mi sembrano confermare la
stessa assenza d'una seria politica della psicanalisi, la quale ha
consentito che questa legge venisse approvata nei suoi termini ambigui:
esattamente gli stessi che dovremmo mettere in discussione. Sappiamo tutti,
infatti, che la legge 56 è stata approvata nella sua forma proprio perché
gli analisti italiani si sono sempre preoccupati più di difendere
gli interessi delle proprie parrocchie associative che i principi di
fondo della loro pratica. Spaziozero, se mantenesse questo silenzio, si
limiterebbe a soddisfare un'esigenza autoconsolatoria di chi vi aderisce, come
accade tutte le volte che, anche nelle riunioni, ciascuno di noi continua a
enunciare le proprie posizioni, senza riuscire ad articolarle con quelle degli
altri. Mi pare evidente che, in questo modo, non emergerà mai una
chiara posizione politica del Movimento. Basterebbe allora la discussione
teorica interna fra di noi per giustificarne l'esistenza di Spaziozero,
quando sappiamo che non vi aderisce che una minoranza degli analisti italiani? Spaziozero
è sorto per affrontare un problema di politica della psicanalisi.
Ora, come ricordavo nella scorsa riunione di Bologna, la politica della
psicanalisi è tale solo a condizione d'essere politica della psicanalisi, e non silenzio prudenziale. Certo, la prudenza è
una virtù. Ma dove finisce la prudenza e incomincia la viltà?
Che cosa rischiamo, se affermiamo pubblicamente qual è la nostra
posizione? Di suscitare una precisazione contraria ai nostri auspici
quanto al significato della legge. Ma non è certo evitando questo
rischio che Spaziozero potrà provocare un chiarimento del suo
significato. Se accadesse veramente quanto alcuni di noi temono, questo basterebbe
a porre il problema a un livello politico generale, sul quale avremmo
modo d'intervenire finalmente in modo franco e aperto. Come dicevo a
Bologna, perdere l'occasione attuale perché questo accada, visto che la legge56 sta per essere rivista, ci condannerebbe invece a un fallimento
del nostro Movimento. Ora, è
vero che, nell'ultima riunione, è stato approvato il suggerimento
di raccogliere le firme necessarie a fare una petizione al Ministero
dell'Università e della Ricerca Scientifica (MURST) su
questo punto. Ma raccogliere più di mille firme richiede da tutti noi
un impegno immediatamente politico, che non può essere assunto "in
modo prudenziale". Nessuno che dubiti della necessità di
farlo può chiedere la firma di adesione a una posizione teorica
della quale egli stesso non è convinto. Temo perciò che,
quando ci ritroveremo in autunno per la prossima riunione, le firme che
avremo raccolte ammonteranno al totale di... nessuna. Il problema non è
tattico, ma di strategia complessiva del Movimento. Per voler essere
totalmente aperto e "democratico", Spaziozero rischia di rimanere un
timido e contrastato tentativo di autoconsolazione intellettuale degli
analisti che vi aderiscono, senza che ciò impedisca alle più
grosse Associazioni italiane di manovrare al solito modo per assicurarsi lo
stesso monopolio legale della formazione psicanalitica da cui è venutala legge 56.
Spaziozero, invece, deve divenire effettivamente quello che è: un Movimento costituito attorno a un'esigenza non solo
psicanalitica, ma anche etica e giuridica, difendibile in pubblico, vale a dire politicamente. Il
problema, per noi, non è semplicemente di difendere qualche analista
che, se non fosse legalmente riconosciuto come psicoterapeuta, potrebbe
incorrere in accuse presso questo o quel tribunale, ma è di chiarire che
il diritto di formarsi come analista non può dipendere da nessuna
regolamentazione legale. Il diritto, in altri termini, non è riducibile
all'applicazione della legge, come i migliori giuristi hanno sempre saputo
(sottolineatura redazionale della rivista Scibbolet). Dalla legge può
dipendere invece l'esercizio della psicanalisi? Sì, per quanto riguarda
le regole di ogni professione; no, per quanto riguarda l'abilitazione a
esercitarla. Perché no? Perché la formazione analitica coincide in realtà
con la formazione soggettiva, e questa non può essere
regolamentata legalmente senza venire impedita. Ma - si dirà - lo Stato ha
il potere di regolamentare quello che vuole. Certamente. Questo però
non significa, di nuovo, che ne abbia il diritto. Il diritto non
scaturisce dalla legge, ma da un ordinamento giuridico, rappresentato presso gli
Stati d'oggi dalla Costituzione, con la quale le singole leggi possono a
volte entrare in contraddizione. Non si tratta, qui, solo di chiarire che
relazioni ci sono fra psicanalisi e diritto, ma quelle che devono esserci fra
diritto e legislazione. E questo è un problema politico di portata
molto più ampia del primo, e merita perciò che si combatta
una battaglia politica, per affrontare la quale, tuttavia, non è
sufficiente partire solo dai nostri interessi professionali. Sto
parlando, evidentemente, a partire da una concezione della legge che la
subordina alla morale. Com'è noto, in Germania tale subordinazione
costituisce un principio costituzionale, tanto che i giudici possono emettere
delle sentenze contra legem tutte le volte che ritengano che una
certa legge sia gravemente in contrasto con i principi morali espressi
dalla Costituzione, senza per questo dover fare ricorso alla Corte
Costituzionale. Questo - è vero - non è previsto in Italia. Ciò
non toglie che il problema si pone anche per noi, e dobbiamo ricordarcene
sempre, se non vogliamo correre il rischio di utilizzare concezioni del
diritto ancora legate a un vecchio positivismo giuridico, e questo solo per
nascondere dietro di esse il nostro professionismo psicanalitico. Non mi soffermerò
più a lungo, qui, su questo problema cruciale di filosofia del
diritto, sul quale certamente tornerò altrove. Mi limito invece a
precisare che ritengo essenziale che, in autunno, Spaziozero formuli e pubblichi
le sue posizioni teoriche sui tre punti su elencati, costi quel che
costi. La lotta che stiamo conducendo dev'essere affrontata sapendo qual è
il nemico da combattere, che non sta semplicemente nelle leggi dello
Stato, ma anche fra di noi, se non riusciremo a stabilire alcuni punti fermi
del nostro programma e a trarne le conclusioni nella nostra esperienza. Ettore Perrella
- Vai alla parte successiva (seconda parte)
- Vai
alle parti 2, 3,
4, 5, 6,
7, 8, 9,
10
|