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La Psicologia Clinica in ambito pubblico: l’esperienza britannica

Silvia Longo — Psicologo Clinico — slongo@dial.pipex.com

Redbridge Child Development Centre — Ilford, Essex, UK

Quando mi è stato chiesto di collaborare al sito POL.it ho pensato di parlare di alcuni aspetti dell’identità professionale dello psicologo nel contesto culturale e politico britannico. Questo perché si tratta di un tema con il quale io ed altri colleghi, italiani e non, ci confrontiamo spesso anche anni dopo la laurea in psicologia e svariate specializzazioni. Nonostante il tema specifico che affronterò, quello dell’Amministrazione Clinica (Clinical Governance), sia legato alla specifica organizzazione e cultura delle strutture sanitarie inglesi, credo che possa essere comunque interessante, e forse suggerire qualche nuova idea.

Il concetto di Amministrazione Clinica all’interno del servizio sanitario britannico: nuove prospettive per lo psicologo clinico

Uno dei primi atti governativi del governo laburista nell’ambito della sanità è stata la pubblicazione, nel 1997 e 1998, di due documenti legislativi dove si delineavano i principi per un ammodernamento e miglioramento del sistema sanitario nazionale (Department of Health — DoH: www.doh.gov.uk/clinicalgovernance/publications.htm)

Il concetto di Amministrazione Clinica venne introdotto e definito come una "struttura amministrativa attraverso la quale le organizzazioni facenti capo al servizio sanitario nazionale hanno la responsabilità di operare un continuo miglioramento dei propri servizi e di salvaguardare livelli alti di prestazione attraverso la creazione di un ambiente di lavoro all’interno del quale l’eccellenza clinica possa svilupparsi" (Department of Health, 1998 p. 33).

Tale struttura è stata proposta come il fulcro di una trasformazione culturale del servizio pubblico (Davies et al., 2000) dove il concetto di qualità della prestazione (quality of care) diventa fondamentale, e la nozione di Amministrazione Clinica sta ad indicare tutto l’insieme delle attività professionali volte a migliorare la qualità del servizio pubblico (British Psychological Society, 2000).

L’Amministrazione Clinica prevede determinate strategie di miglioramento:

  • Attività volte al miglioramento della qualità dei servizi: revisione qualitativa e quantitativa degli interventi clinici (clinical audit), pratica clinica basata sui risultati della ricerca scientifica (evidence based practice), aumento del personale clinico e amministrativo, aggiornamento professionale, efficace monitoraggio delle attività cliniche
  • Ruoli manageriali chiari e ben definiti
  • Protocolli per l’identificazione e il miglioramento di bassi livelli di prestazione
  • Protocolli per la valutazione e minimizzazione del rischio associato agli interventi clinici
  • Sostegno ai professionisti per assisterli nel loro tentativo di introdurre i cambiamenti necessari al miglioramento della qualità del servizio
  • Chiara comunicazione e co-operazione efficace fra membri di diverse discipline e dipartimenti
  • Promozione di una cultura incentrata sull’ ‘imparare dai propri errori’
  • Collaborazione e consultazione fra lo staff e gli utenti
  • Partecipazione del personale a tutti i livelli dell’organizzazione (non solo manageriali) nel pianificare ed attuare strategie di cambiamento e miglioramento

Quali ruoli può assumere in questo contesto lo psicologo clinico?

Contributi alla pianificazione e attuazione di strategie di miglioramento della pratica clinica

1. I corsi di laurea in Psicologia Clinica in Gran Bretagna come, anche se forse in misura diversa, in Italia, comprendono uno studio dettagliato dei metodi di ricerca in campo psicologico e dei principi statistici che informano la ricerca scientifica nell’ambito delle scienze sociali. Su questa base, Hernshaw & Robertson (1998) introducono l’idea che gli psicologi che lavorano in ambito pubblico si possono fare promotori di una cultura che valorizza l’integrazione della pratica clinica con la ricerca psicologica, dove la consultazione psicologica viene informata dai più recenti e accreditati sviluppi della ricerca e questa, a sua volta, origina da questioni di rilievo nell’ambito — pubblico - del lavoro clinico.

Inoltre, la competenza dello psicologo clinico nel pianificare, attuare e valutare criticamente progetti di ricerca può essere impiegata in progetti di revisione sistematica delle attività cliniche del servizio (clinical audit) e nella valutazione dell’efficacia degli interventi clinici offerti. A questo proposito gli psicologi clinici possono infatti rispondere al bisogno di parametri validi e attendibili che riflettano accuratamente la qualità della terapia offerta ed i benefici che essa ha apportato all’utente del servizio.

La Società Britannica degli Psicologi ha recentemente creato un centro, CORE (Centre for Outcome Research and Effectiveness) che sta sviluppando un protocollo per la valutazione dell’esito degli interventi psicologici e ha recentemente richiesto contributi ai membri della Società (Sperlinger, 2002).

Sempre considerando la duplice competenza come clinici e al tempo stesso ricercatori, gli psicologi clinici possono venire considerati candidati ottimali per la pianificazione e attuazione di progetti - che prevedano la consultazione degli utenti/pazienti dei servizi - volti a capire quali modifiche potrebbero aumentare la soddisfazione degli utenti, quali sono i loro bisogni più pressanti, quali aspetti del servizio vengono più o meno apprezzati e per quali ragioni.

2. Sempre Robertson & Hernshaw (1998) sostengono anche che gli psicologi, in quanto esperti nell’ambito della conoscenza dei fenomeni che influenzano il comportamento individuale, possono contribuire ad un processo di cambiamento facilitando la comprensione dei principi di modificazione comportamentale da parte di altri professionisti, meno preparati in quest’area di studio. In Gran Bretagna, dove la scienza cognitivo-comportamentale si è affermata non solo tra gli psicologi ma anche tra psichiatri e operatori sociali, tale modello è considerato centrale nel facilitare la comprensione di quali incentivi, formali ed informali, hanno maggiori probabilità di influenzare positivamente i livelli di prestazione individuale. Una comprensione efficace delle dinamiche del comportamento viene anche considerata fondamentale per tentare di limitare i cosiddetti "errori umani" nell’ambito di prestazioni cliniche e non.

3. L’enfasi che le direttive governative pongono sul bisogno di collaborazione interdisciplinare e fra dipartimenti solleva anche la questione di quali strategie possono migliorare la cooperazione fra i membri di diverse professioni o dipartimenti (si veda per esempio Firth-Cozens, 2001). Anche in quest’ambito gli psicologi clinici possono fornire importanti contributi basati su una conoscenza di teorie sistemiche e del comportamento di gruppo, che rendono possibile una valutazione del funzionamento dell’organizzazione e di quali suoi aspetti si prestano a favorire la pianificazione, attuazione e coordinamento di iniziative di miglioramento del servizio.

Contributi all’analisi e superamento degli ostacoli che impediscono il miglioramento della pratica clinica

E’ esperienza comune, credo, il fatto che ostacoli, a volte imponenti, rendano spesso difficile il cambiamento di determinati metodi di lavoro anche quando ci sia un consenso che un cambiamento è necessario e che tali metodi non rispondono più alle esigenze complessive del servizio.

Gli psicologi clinici, soprattutto in ruoli dirigenziali, possono diventare importanti facilitatori di un cambiamento, per esempio contribuendo ad un’analisi degli aspetti del funzionamento organizzativo (inefficace distribuzione delle responsabilità, mancanza di riconoscimenti formali) che si possono configurare come ostacoli alla crescita del servizio (Baker & Firth-Cozens, 1998).

Diversi psicologi e ricercatori hanno discusso come l’efficacia del lavoro di équipe possa essere ridotta da fattori quali:

  • mancanza di comunicazione efficace,
  • scarsa chiarezza nella definizione dei ruoli,
  • conflitti interpersonali latenti e
  • un atteggiamento diffidente nei confronti di una pratica di aperta revisione della qualità degli interventi clinici (Firth-Cozens, 1998; Johnston et al., 2000; Stevenson et al., 2001).

Jenny Firth-Cozens, una psicologa clinica che si occupa di consulenza a livello organizzativo, ha dimostrato per esempio che se l’organizzazione ‘premia’ l’assenza di errori clinici e la minimizzazione del rischio, senza fornire riconoscimenti per pratiche di aperta comunicazione e trasparenza nel funzionamento operativo, queste ultime tendono a scomparire dalla cultura del servizio (Firth-Cozens, 2001).

La stessa autrice discute anche come la valorizzazione delle diversità individuali, contrariamente all’incoraggiamento ad uniformarsi ad un modello dominante, sia di cruciale importanza per conservare la vitalità dell’organizzazione e per far sì che tutti i membri del servizio possano venire coinvolti e motivati ad iniziare un necessario processo di revisione e cambiamento conservando al tempo stesso quegli aspetti che rappresentano le risorse ed i punti di forza dell’organizzazione.

Sulla base di una tale consapevolezza, gli psicologi clinici che lavorano in ambito pubblico possono farsi promotori di un processo dove l’organizzazione riflette su se stessa e tenta di individuare aspetti della propria cultura, quali assunti di base, valori e credenze dominanti, che ostacolano il cambiamento (Davies et al., 2000).

Riferimenti Bibliografici

Baker, R., & Firth-Cozens, J. (1998) Evidence, quality of care and the role of psychology. The Psychologist, 11, 9, 430-432.

Davies, H.T.O., Nutley, S.M., & Mannion, R. (2000) Organisational culture and quality of health care. Quality in Health Care, 9, 111-119.

Department of Health (1997) The new NHS — Modern, dependable. London: HMSO

Department of Health (1998) A first class service. Quality in the new NHS. London: HMSO.

Firth-Cozens, J. (1998) Celebrating team work. Quality in Health Care, 7 (Suppl) S3-S7.

Firth-Cozens, J. (2001) Multidisciplinary work: the good, bad, and everything in between. Quality in Health Care, 10, 65-69.

British Psychological Society (2000) Clinical Governance in the NHS: a briefing. Information Leaflet No. 4, Division of Clinical Psychology, BPS, Leicester.

Hearnshaw, & Robertson, N. (1998) Quality health care and psychologists. The Psychologist, 11, 9, 421-423.

Johnston, G., Crombie, I.K., Davies, H.T.O., Alder, E.M., & Millard, A. (2000) Reviewing audit: barriers and facilitating factors for effective clinical audit. Quality in Health Care, 9, 23-36.

Robertson, N., & Hearnshaw, H. (1998) Managing quality in health care… The opportunities. The Psychologist, 11, 9, 423-425.

Sperlinger, D. (2002) CORE project on outcome measures in routine clinical practice. Clinical Psychology Forum, 10, 47-48.

Stevenson, K., Baker, R., Farooqi, A., Sorrie, R., & Khunti, K. (2001) Features of primary health care teams associated with successful quality improvement of diabetes care: a qualitative study. Family Practice, 18, 21-26.

Walshe, K. (2000) Adverse events in health care: issues in measurement. Quality in Health Care, 9, 47-52.

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