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su Internet:
Psicoterapia e scienza (1967)
La psicoanalisi e l'istituzione psicoanalitica in Italia
(Intervista, 1984)
Psychoanalysis as the story of a crisis
(1990)
Analisi
dell'istituzione psichiatrica dopo la legge 180 (Intervista, 1998)
Psicoterapia
e Scienze Umane, 19 98,
XXXII, 3: 5-13
L'epidemia
della normalità: dagherrotipo del nuovo che avanza
Pier
Francesco Galli
Direttore della
rivista
Psicoterapia
e Scienze Umane
(Relazione letta al Convegno
Internazionale New trends in schizophrenia - Ten
years later, Bologna, 8 aprile 1998)
Dieci
anni fa, al precedente convegno, con il titolo "Efficienza, efficacia, produttività: quale
futuro per la psicoterapia" ero intervenuto sulla relazione del collega
statunitense Gunderson, densa di analisi sui risultati dei trattamenti
psicoterapeutici dei pazienti psicotici. Avevo disegnato uno scenario a
mio avviso prevedibile per l'assetto futuro della questione che allora
si poneva e il Prof. Rinaldi che presiedeva la sessione volle simpaticamente
indicarmi come futurologo.
Come dissi
già dieci anni fa, confermo ancora oggi che su molte cose non mi
fa piacere avere ragione, e il problema della psicoterapia è una
di quelle.
L'organizzazione
della sofferenza mentale, all'interno della quale si colloca la psicoterapia,
sta subendo una deriva scientistica come valore di efficienza, difficile
da misurare nelle sue conseguenze. L'accelerazione di alcuni processi supera
le previsioni che feci a suo tempo e la situazione italiana della
quale mi occuperò oggi, presenta caratteristiche particolari, connaturate
alla storia specifica della nostra psichiatria, che ritengo opportuno riassumere
nel breve spazio di questa relazione. Innanzi tutto le ragioni del titolo
che ho scelto "L'epidemia della normalità: dagherrotipo del
nuovo che avanza".
Tesi come
educazione degli affetti, pillola della felicità e simili, che dominano
oggi nell'accoppiata tra i media e il successo d'immagine di qualche testimone
di lusso, ci propongono la dimensione esistenziale sconvolgente del normotipo
del nuovo che avanza, nella forma del pensiero positivo, trionfante
caricatura dell'entusiasmo positivistico ottocentesco che ho voluto simboleggiare
nei dagherrotipi, dando un colore livido, tragicamente irridente a quelle
vecchie foto severe verso le quali avevamo reverenza e affetto. L'entusiasmo
sociale dei Comte o dei Lombroso, verso i destini meravigliosi che la religione
scientifica assegnava all'umanità, il culmine spettacolare del ballo
Excelsior, la pace assicurata, finita miseramente nel vortice della prima
guerra mondiale, con la "crisi assoluta delle scienze" (testo del nostro
Banfi del 1917, da non dimenticare) costrinsero ad una profonda e sofferta
revisione epistemologica nella quale trovò radici la psichiatria
fenomenologica. Oggi che la mistica della scientificità invade la
categoria della speranza, quella che Ortega y Gasset aveva chiamato, nella
"Ribellione delle masse", barbarie dello specialismo affligge la nostra quotidianità. Ben venga, affermava il filosofo spagnolo, l'approfondimento
scientifico di dettagli del sapere. Il fatto è che lo scienziato,
come figura sociale, a partenza dal suo piccolo dettaglio, ci ammannisce la propria visione del mondo, trionfante nell'area della propaganda. E
da questo punto di vista é un idiota di lusso che ci propone epistemologie
povere e riduttive.
Cambio linguaggio
ed entro nel merito della descrizione di campo, che sintetizzo nelle linee
essenziali.
Area
della propaganda: è il terreno nel quale si aggrega la gestione
ideologica della psichiatria. In Italia la debolezza di base della identità
psichiatrica (inutile rifarne la storia: a conti fatti, ho passato mezzo
secolo nel campo e l'altro mezzo l'ho potuto ricostruire) costituisce un
ventre molle con elevata possibilità di penetrazione di linguaggi
estranei. Negli anni settanta e fino alla metà degli anni ottanta,
linguaggi non mediati della politica. Dalla metà degli anni ottanta,
linguaggi e stereotipi economicistici. Vediamo allora cos'è accaduto
nel nostro campo:
Aziendalizzazione:
ha comportato il ritorno alla situazione dell'Ottocento del passaggio della
linea di comando agli amministrativi. I tecnici diventano dirigenti dell'azienda.
Gli obiettivi li stabilisce l'azienda. Questo ha comportato la cooptazione
di un certo numero di dirigenti tecnici nella linea di comando aziendale,
con una spinta notevole alla trasformazione in amministrativi, ivi compresa
l'acquisizione dei linguaggi. Questo fenomeno riguarda la sanità
in generale e si accompagna alla verticalizzazione della linea di comando.
Come sappiamo, ciò comporta un aumento dell'incidenza della personalità
del capo sul funzionamento dell'organizzazione. Vediamo allora la specificità
nell'ambito psichiatrico, prendendo in esame quattro fattori.
-
1.
Obiettivo iniziale: risparmio, che diventa misura di capacità. Questo
ha reso difficile e conflittuale la progettazione in termini di investimenti
economici, per cui la gabbia finanziaria tiene raramente conto del costo
del danno emergente su tempi medio-lunghi, privilegiando il puro risparmio
finanziario a breve termine;
-
2.
Orientamento prevalente verso l'aumento dei sistemi di controllo e del
lavoro sugli organigrammi: politica vetero-aziendale ma più rispondente
ad una antropologia burocratico-amministrativa.
È
chiaro che una eventuale personalità ossessiva in posizione dirigenziale
avrà timore di tutto quanto sfugga al controllo in quanto lo vivrà
come minaccia narcisistica che lo porterà ad irrigidire ed aumentare
i sistemi di controllo in quanto lo vivrà come minaccia narcisistica,
con conseguente circolo vizioso e difficoltà di attivare meccanismi
di delega non fittizi. Nei settori della sanità a maggiore contenuto
tecnico-procedurale, la conflittualità è minore e più
facilmente riducibile, per lo meno su tempi medi. In psichiatria la sicurezza
degli strumenti procedurali è minima, i processi di decisione si
svolgono in percentuale maggiore nell'area del consenso informale
e il comando concreto può essere esercitato soltanto tramite complicati
processi di identificazione. L'ipotesi di controllare la conflittualità
tramite ordini di servizio e procedure resta una pia illusione che determina
una miscela particolarmente esplosiva. Su questo punto, si innescano altri
due fattori. La sicurezza tecnico-procedurale di altri settori della medicina
fa si che il riferimento di competenza dei dirigenti tecnici, più
formalizzabile, mantenga il riferimento identificatorio con l'operatività
dei singoli settori a tutti i livelli. Lo stesso lavoro in équipe,
più parcellizzato nelle singole mansioni, non mette in crisi la
linea d'autorità e favorisce una migliore distribuzione del carico
individuale di responsabilità che riguardano comunque singoli aspetti
del procedimento piuttosto che la persona. In psichiatria la questione
è diversa: l'insicurezza decisionale, nell'ambito della quale comunque
bisogna "fare", é una connotazione specifica del lavoro: pertanto
la propaganda della pseudo-sicurezza dei protocolli trasforma una caratteristica
del lavoro in sofferenza del lavoratore. Anziché addestrare alla
tolleranza dell'insicurezza e all'importanza della risposta consensuale
come strategia specifica del processo di intervento, si finisce con l'organizzare
una costante minaccia all'autostima del lavoratore. Su questo punto, chiunque
può chiedersi quale sia oggi lo spazio residuale per un vero lavoro
d'équipe. In ogni caso, l'aumento della gestione residenziale (centri
diurni, comunità) incrementa la relazione con la quotidianità
di vita piuttosto che con i sintomi.
Gli operatori
del campo fanno i conti concreti con i protocollo-resistenti. Questo
pone in primo piano la questione interpersonale come ineludibile e quindi
il problema della psicoterapia, sul quale tornerò tra poco. Indico
ancora due fenomeni con le relative contraddizioni: a differenza delle
altre medicine, la cooptazione della leadership nella dirigenza amministrativa
ha provocato in molti casi lo scollamento completo dalla operatività
del campo, con conseguente diminuzione delle identificazioni reciproche.
Questo pone degli interrogativi rispetto alla questione del comando reale
sui processi, affidato comunque di fatto alle linee decisionali della base.
Quindi, per gli psichiatri, alla dirigenza di primo livello. D'altra parte
la dirigenza di secondo livello ottiene il comando per "gentile concessione",
deve cambiare identità e molto spesso non riesce a gestire la ricerca
di consenso rispetto ai propri dipendenti. La forbice tende ad allargarsi,
perché un chirurgo sa benissimo che se smette di operare scompare
dal mercato, mentre nel nostro campo esiste il valore aggiunto della rappresentanza
pubblica. Di fatto, nei convegni, interviste, commissioni, la psichiatria
è rappresentata prevalentemente da chi è fuori dal processo
di lavorazione. Anche in questo congresso, l'angolo del lavoratore sono
le comunicazioni previste domattina. Tornando alla propaganda, ogni azienda
investe sull'immagine: questo spiega il finanziamento ad un convegnistica
spesso trionfalistica, con titoli aulici del tipo: "Condizione umana, lettura
del giornale nel centro diurno e promozione della salute mentale", con
tanto di prolusioni e ritualismi congressuali che un tempo speravamo scomparsi.
Torna una liturgia nella quale compaiono dizioni come "Lezione magistrale".
In un recente convegno addirittura la dizione era in latino: "Lectio
magistralis".
Il grottesco
degli orpelli mi ha fatto parlare, in altra sede, di "epistemologia della
mutua" e dire: la salute mentale è stata promossa: occupiamoci dei
bocciati.
In questo
quadro appena delineato e che può essere certamente molto più
articolato, affronto per linee indicative la "questione psicoterapia".
Anche in
questo campo, è forte la spinta verso quello specialismo che faceva
inorridire Manfred Bleuler. In Italia, la farsa e il sistema di falsificazione
innescati dalla legge 56/89 stanno producendo danni facilmente osservabili.
Nel contempo, la professionalità psicologica non ha più accesso
ai servizi sanitari pubblici se non per pochissime unità. Nessuno
di noi che per primi, con Benedetti, tra la fine degli anni cinquanta e
i primi anni sessanta ci occupavamo dei trattamenti psicoterapeutici di
psicotici ha mai ritenuto che fosse di per sé il sistema di cura.
Era però e rimane l'esperienza psichiatrica in grado di produrre
tecniche di intervento, ivi compreso il lavoro in équipe, che implementano
l'attrezzatura mentale per affrontare l'imprevisto della singolarità
della sofferenza. Tecniche, non tecnicismi. Si può dire la stessa
cosa delle pedagogie trionfanti?
Gli apparati
teorici delle sicurezze, tipo la fantasia della tecnica classica sono stati
sottoposti a profonde revisioni. Questo non per intelligenza attiva dei
professionisti ma per la potenza della patologia. Da questo punto di vista,
quella che può essere sembrata una critica pessimistica assume valore
di speranza per l'incidenza che avrà sulla direzione dei processi
di cambiamento l'irriducibilità dell'interpersonale in psichiatria.
Si possono a mio avviso prevedere, nel futuro sviluppo, la accentuazione
tanto della crisi di leadership che della crisi dei sistemi di coordinamento
e controllo, e quindi la crisi burocratica. Ciò comporterà
la necessità di ricomporre molte disarmonie e contraddizioni rivedendo
i processi di ricerca della decisionalità consensuale. Non so se
avrò la possibilità di riparlarne tra dieci anni, non presentando
lucidi ma restando lucido.
Comunque,
la chiave di lettura del mio intervento è in una battuta raccontatami
qualche giorno fa da una collega di Firenze: l'ottimista ritiene di vivere
nel migliore mondo possibile: il pessimista lo sa. Muoversi senza le illusioni
della propaganda è un preciso ingrediente di intervento per il lavoratore.
Dieci
anni fa conclusi l'intervento con una frase di Franco Fornari, dal forte
impatto etico. Chiudo l'intervento di oggi con un brano della relazione
su "Psichiatria e psicoterapia" svolta dal Prof. Benedetti al primo corso
di aggiornamento su "Problemi di psicoterapia" organizzato dal Gruppo Milanese
per lo sviluppo della psicoterapia nel dicembre del 1962 a Milano. Gruppo
fondato da Berta Neumann, Mara Selvini Palazzoli e da me. Era la prima
uscita pubblica di Benedetti che riprendeva il lavoro, dopo il grave intervento
operatorio che aveva dovuto subire. Il Prof. Volterra, che ringrazio ancora
una volta per avermi invitato, era presente e può ricordarlo:
"Riassumiamo:
o la psicoterapia consiste e viene intesa come un particolare metodo di
cura che viene proposto in clinica con lo scopo di vedere se, e in quale
misura, esso regge il confronto con altri metodi di cura, e allora psichiatria
e psicoterapia vivono spesso in una opposizione dialettica; oppure la psicoterapia
é quel luogo della psichiatria ove questa vuole darsi ragione, nel
proprio ambito e nel modo più chiaro, dell'essenza e delle forme
delle relazioni umane: allora psichiatria e psicoterapia sono sempre fondamentalmente
d'accordo, anche quando la riflessione va oltre la dialettica della contraddizione
creatrice. Allora il nostro essere ed esistere con il malato viene riconosciuto
come il fondamento e tutto sta, per principio, nella situazione psicoterapica
alla quale anche la clinica appartiene."
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