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INTERVISTA A EMILIO LUPO
a cura di Gennaro Esposito
Emilio Lupo e' nato a Napoli 47 anni fa. Psichiatra, da anni è responsabile delle Strutture Intermedie di un Distretto Socio-Sanitario della A.S.L. Napoli/1. Ha operato nelle varie articolazioni funzionali della Psichiatria, contribuendo alla realizzazione della prima Casa Famiglia della Regione Campania.
E' docente di Psichiatria Sociale presso la Scuola di Specializzazione di Psichiatria dell'Università "Federico II" di Napoli.
E' componente della Commissione per la Psichiatria istituita dalla Regione Campania e dall'agosto del 1995 è Membro dell'Ufficio Speciale per la Dismissione dell'Ospedale Psichiatrico "Leonardo Bianchi" di Napoli.
In qualità di esperto, è Componente dell'Osservatorio Nazionale per la Salute Mentale istituito presso il Ministero della Sanità.
E' Segretario nazionale di Psichiatria Democratica dal 1996.
Sensibile all'esigenza di utilizzare il mezzo internautico come nuovo strumento divulgativo, e' impegnato in questi ultimi tempi ad allestire il primo sito ufficiale di Psichiatria Democratica in Internet, prossimamente on-line.
Gennaro Esposito
- Cosa ha rappresentato la legge 180 per la Psichiatria italiana?
Emilio Lupo
-Credo che la 180 abbia rappresentato molto e non solo
per la Psichiatria italiana. Ha ribaltato, fondamentalmente, il concetto
della 'custodia' dei pazienti psichiatrici, rilanciando la necessità
di prendersene carico.
Tra l'altro, qualche tempo fa, sempre riguardo alle
riforme nel nostro Paese, Noberto Bobbio ha dichiarato che si é trattato
dell'unica vera legge di riforma , perchè è
stata una legge nata dalla pratica.
Parlarne ci dà inoltre l' occasione
di parlare di Franco Basaglia, la gente accomuna
la 180 a Basaglia, a volte dimenticando che lui è stato una delle intelligenze
più vive di questo Paese e non solo come psichiatra, ma soprattutto
come intellettuale. La legge è solo un "pezzetto di un percorso",
che senza di essa sarebbe stato difficile fare : le esperienze anti-istituzionali in Italia avevano dimostrato che
certe cose andavano fatte e si potevano fare, avendo un supporto
legislativo. L'asse portante è stato questo provvedimento, che ha consentito
tutta una serie di iniziative fatte prima della sua promulgazione
avessero una sorta di imprimatur nazionale, e che ha avviato un cambiamento in realtà
meno sviluppate.
La 180 ha fatto sì che dopo Trieste, si sviluppassero , da Livorno
a Caltagirone, da Napoli a Bari, da Portogruaro ad Arezzo, con tempi diversi,
altre esperienze. In altri termini, la 180 non èstato
un punto di arrivo, ma di partenza.
G.Esposito
- Alcuni sostengono che la 180 è stata una buona legge. Ma in cosa,
a suo avviso, non ha funzionato? Per quale motivo non è stata
recepita uniformemente in tutte le Regioni d'Italia?
E.Lupo
- Se ci facciamo l'idea che una legge sia esaustiva o risolutiva di tutti i problemi, nè
la 180 nè le altre leggi sono leggi buone.
La legge 180 dava degli
stimoli, dei punti di riferimento . Ciò che non ha funzionato
sostanzialmente è rappresentato da due punti: il primo la responsabilità
degli operatori, molti di essi non si sono assunti la responsabilità
del cambiamento. Lasciare le cose come stanno conviene a tutti; cambiare
e correre dei rischi conviene a pochi. Il secondo punto è la responsabilità della classe politica. Nelle situazioni in cui questi due aspetti negativi si sono trovati a coincidere gli stimoli della 180 non sono stati recepiti, per cui esistono
ancora condizioni asilari, esistono ancora condizioni di abbandono
sul territorio, e in maniera infelice si dà la responsabilità
alla 180. La responsabilità è invece di chi non ha applicato
le leggi in questo paese, o di chi non ha applicato questa legge nel migliore
dei modi.
G.Esposito
- In quali Regioni ritiene sia stata meglio recepita la 180?
E.Lupo
- Io credo che non vi sia una Regione in particolare dove è
stata recepita meglio o peggio. Ci possono essere nella stessa regione
dei distretti o delle realtà molto avanzate accanto ad altre dove
regna l'abbandono totale. La 180 rimandava, in pratica, alle leggi regionali,
che rappresentavano la parte attuativa della legge base. Laddove la Salute Mentale,
in rapporto con le Agenzie sul territorio, con gli Enti Locali, riesce
ad affrontare il problema della sofferenza, la 180 ha funzionato.
Laddove questo non c'è la 180 rappresenta soltanto un numero, un
nuovo metodo per custodire e controllare le persone sul territorio.
G.Esposito
- Professor Lupo, potrebbe elencare pregi e difetti della 180?
E.Lupo
- No, difetti non ne vedo. Nessuno. Del resto la frase di Bobbio
che ho prima citato dice già tutto. La
180 nasce dalla realtà. E' l'unica legge di riforma che sia mai
stata attuata in Italia.
G.Esposito
- A proposito di difetti, Sergio Piro, in un' intervista rilasciata a Pol.it,
ha detto che ilbuco nero della 180 è rappresentato
dai Servizi di Diagnosi e Cura...
E.Lupo
- Io non dico che, di per sè, gli SPDC siano buoni o cattivi,
in quanto dovrebbe essere buono o cattivo l'ambulatorio, il Centro diurno,
la Casa Famiglia, o tutto quello che ha a disposizione una Unità
Operativa di Salute Mentale.
Se il Diagnosi e Cura è un luogo che
i pazienti possono attraversare (cioè diventa un'altro spazio attraversabile
di vita), allora il Diagnosi e Cura è un luogo buono, perchè
rappresenta una risorsa che il cittadino sofferente psichico ha a sua disposizione.
Se diventa invece il contenitore di una 'nuova cronicità'
allora diventa una cosa pessima. Ci sono ricoveri che durano mesi, questo
è vero, ma non bisogna pensare che l'alternativa ad esso sia creare altri posti letto sul territorio.
Il problema oggi non è ottenere posti-letto. Il problema
è far vivere le persone sul territorio. Se c'è bisogno
di un posto letto ci sarà anche il posto-letto.
Questa è un'altra
delle posizioni che abbiamo assunto nella dialettica con alcune delle Associazioni
di Familiari di pazienti psichiatrici: loro parlano di "nuova
utenza" o di "nuova cronicità". Non esiste una "nuova"
o una "vecchia" utenza. Esiste una utenza. E a questa utenza
và data una risposta che non può essere una risposta "pre-confezionata"
come era quella, ieri, del manicomio e quella odierna del territorio.
G.Esposito
- ...pero' la Regione Campania, nel suo Piano Regionale Ospedaliero, ha
previsto recentemente per i DSM circa 300 posti in più, senza indicare
altre strutture o iniziative...
E.Lupo
- A questo proposito l'OMS prevedeva tempo fa 1 posto di urgenza
psichiatrica ogni 10 mila abitanti. Una nostra ricerca condotta a Napoli
ha stabilito che è necessario 1 SPDC per ogni 13 mila abitanti...Ma
il problema vero èche uso viene fatto del Diagnosi e
Cura.
Se si tratta di un SPDC dove un paziente viene ricoverato per 2 giorni, supportato
dal territorio, allora è un buon servizio che la gente utilizza
come risorsa. Se, invece, si utilizza l'SPDC per custodire le persone allora
è una cattiva risorsa.
Basaglia diceva : "Quando il paziente
è chiuso, il medico è tranquillo. Quando non lo è
il medico è un tantino più preoccupato...".
Il problema avanzato da qualcuno della "nuova cronicità"
non esiste. Noi abbiamo sempre pensato che la cronicità non esiste.
La cronicità è la mancanza di rapporti fra le persone. Le cito Fellini
: "E' la mancanza di parole intorno a noi...".
La cronicità
e la "nuova cronicità" possono significare che noi abbiamo
la convinzione che
la malattia mentale sia inguaribile, e che non possiamo fare nulla per
i malati psichici. Poichè abbiamo messo in discussione la vecchia
cronicità (e quindi il manicomio stesso), possiamo noi pensare di
giustificare l'esistenza di una "nuova cronicità"? Non
esisteva la vecchia, non esiste la nuova! Esistono persone che da sole
non ce la fanno e che bisogna sostenere ed aiutare a riprendere la loro
vita tra le mani!
G.Esposito
- Prof. Lupo, cos'è oggi Psichiatria Democratica? Quali sono i suoi
programmi nel campo dell'assistenza psichiatrica italiana?
E. Lupo
- Qualche tempo fa ho dichiarato
in un'intervista che Psichiatria Democratica è un
luogo di elaborazione teorica, è un luogo di confronto sulle pratiche
del nostro Movimento su tutto il territorio nazionale. Rappresenta
pertanto un gruppo di riflessione, un gruppo di raccordo.
Rispetto ai progetti perseguiamo
ancora la de-istituzionalizzazione. Non pensiamo assolutamente che questa
inizia e finisce con i manicomi. La de-istituzionalizzazione
è legata ad un processo continuo , bisogna sempre
rimettere in discussione tutto,
per esempio il Centro Diurno può diventare una istituzione
totale, di conseguenza riteniamo che Psichiatria Democratica sia
un "luogo d'incontro di operatori che utilizzano la Psichiatria per
produrre la Salute Mentale".
Quest'ultima non è promossa soltanto
dagli operatori della Salute Mentale, ma è
un luogo che connette vari saperi e soprattutto il sapere pratico,
che èquello col quale vogliamo sviluppare
in un continuum la nostra teoria e la nostra pratica: 'Pratica della
Teoria' e 'Teoria della Pratica'.
G.Esposito
- Come mai i progetti assistenziali intermedi sul territorio tardano a realizzarsi?
E.Lupo
- Le ragioni sono tante. Ma bisogna mantenere vivo
il problema del territorio, questo significa non solo preoccuparsi
delle strutture che sorgeranno nel 'dopo-manicomio', ma di come si opera
nei territori stessi. Nel senso che tutte le attività o sono
collegate alla realtà sociale o rischiano di essere fagocitate
da quest'ultima.
Noi oggi andiamo oltre la 'Cooperazione'. Oggi parliamo di 'Impresa
Sociale', che viene prodotta mediante i Servizi di Salute Mentale. L'impresa
sociale dovrebbe introdurre nel mercato un prodotto che travalichi e superi il capitalismo.
Nel caso dell'assistenza psichiatrica questo processo si realizza mettendo
insieme una serie di risorse; prendersi cura del paziente psichiatrico
significa garantirgli un posto-letto o un
vitto, ma non basta.
Cito ancora Basaglia: "non è vero
che ho detto che la malattia mentale non esiste. La malattia mentale esiste,
ma è tra 'parentesi': nella parentesi esiste l'uomo, la singolarità
di tutte le persone, persone che hanno dei diritti e la necessità
di declinare questi diritti.".
Allora un buon Servizio di Salute Mentale
significa tante cose. Significa garantire l'assistenza 24 ore su 24, ascoltare
una persona che ha bisogno di essere ascoltata, che ha bisogno di essere
accolta e curata; ma significa anche liberarsi degli stereotipi
della malattia mentale, che sono rappresentati dall'incapacità,
dall'urgenza e dalla cronicità.
Su queste cose la Psichiatria ha
fondato il suo potere. Noi dobbiamo ribaltarle. Non ci può essere
un paziente che è sempre 'cronico', che è sempre 'urgente';
esiste una persona alla quale vanno date possibilità di riscatto
nella realtà stessa della sua esistenza e non in altri luoghi. E
i nostri luoghi sono in continua evoluzione e cambiamento, e dentro di
essi ci sono 'persone' e 'non malati'.
Lo sforzo di Psichiatria Democratica è quello di superare la
lotta tra la cosidetta 'vecchia utenza' e la 'nuova utenza', entrambe costituite
da persone con bisogni diversificati. Bisogna fare in modo che si risponda
a questi bisogni.
Dobbiamo produrre continuamente cambiamenti nelle persone, ma anche in
noi stessi, altrimenti ci cronicizziamo anche noi. Molti Servizi funzionano
male, non perchè esistono pazienti cronici, ma perchè esistono
operatori cronicizzati nella routine. Se gli operatori riescono a non cronicizzarsi
non si cronicizzano, di riflesso, neppure i politici. Se i politici vengono
sollecitati, ciò è a vantaggio dei pazienti.
G.Esposito
- Professor Lupo, Psichiatria Democratica ha vissuto negli ultimi anni
una serie di defezioni all'interno del suo movimento, non ultima quella
del gruppo di Sergio Piro. Contrasti ideologici o diversi modi di concepire
la Psichiatria?
E.Lupo
- Forse un po' l'uno e un po' l'altro...Il problema,
a mio avviso, sta nell'andare oltre questi aspetti. Credo che l'unico
merito di P.D. sia nel suo credere nell'operare in un'unica direzione.
In Psichiatria l'unica cosa che paga è la costanza. Leggevo qualche
giorno fa, sul Corriere della Sera, un'intervista ad alcuni Colleghi del
Nord che avevano fatto esperienze anti-istituzionali in passato, quando
io non ero che un ragazzino. Loro non hanno retto. Questa è la differenza.
In Psichiatria combattere la cronicità significa mettersi in discussione
continuamente e soprattutto essere costanti. Allora quelli che operavano
in P.D. e oggi non sono più con noi (mi riferisco ai Colleghi del
Nord), quelli non hanno retto e hanno pensato di trovare delle 'scorciatoie';
oppure non hanno retto proprio 'personalmente'. Molti di questi, oggi,
fanno esperienze di tipo psicoanalitico che, se da un lato sono di tutto
rispetto, dall'altro sono del tutto diverse da quelle di colleghi che hanno
deciso di 'sporcarsi le mani' nei Servizi Territoriali.
Quindi se ci sono state queste defezioni, sono state da parte di chi non
ha retto, ma non per questo voglio criticarli, dico piuttosto: riprendiamo
il percorso che abbiamo iniziato insieme e continuiamo per questa strada dell'utilizzo del territorio, che
Basaglia intuì tanti anni fa e che riteniamo sia la scelta
più giusta.
G.Esposito
- Legge 180 vent'anni dopo...Quale futuro attende la Psichiatria?
E.Lupo
- Voglio esprimere un ultimo concetto. Se la Psichiatria o la
Salute mentale sono una funzione della Politica, possono fare molto. Ma
se sono funzione di una pseudo-scienza, hanno già fatto troppi danni
e speriamo che non ne facciano altri.
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