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Lalli
Pina
Una
volta c'era un muro. Storie dal manicomio
prefazione
di Gianfranco Contini, Bologna, CLUEB*, 1997, pp. 200, £ 24.000
Immagini
dal manicomio.
Le
fotografie storiche del "San Lazzaro" di Reggio Emilia 1892 - 1936
a cura di
Pina Lalli, prefazione di Sergio Masini, AGE Grafico-Editoriale, Reggio
Emilia, 1993, pp. 100
Recensioni a cura di Anna Grazia
Il
progetto
Cura
e assistenza psichiatrica
Le
storie e i volti dei pazienti
In
questo libro-testimonianza, Pina Lalli, docente di Sociologia della Comunicazione
presso l'Università di Bologna, realizza efficacemente l'intento
di ricostruire, grazie al ricordo e alla trasmissione orale, i cambiamenti
dell'ospedale psichiatrico "San Lazzaro" di Reggio Emilia, attraverso le
storie di vita degli ospiti, degli operatori e dei familiari di ricoverati
dell'Ospedale Psichiatrico.
In questa
scelta di testimonianze, l'autrice è stata mossa dalla consapevolezza
che ogni storia vissuta ha proprie caratteristiche e peculiarità,
cercando di ricollocarle in un ambiente collettivo, a cui conferire uno
specifico significato: infatti attraverso le voci dei protagonisti possiamo
comprendere anche l'ambiente sociale in cui vivevano e la cultura di cui
era permeato.
I racconti
dei degenti - raccolti dagli stessi operatori - sono preceduti dalla prefazione
dello psichiatra Gianfranco Contini che dal 1991 ha assunto la responsabilità
di realizzare il progetto di superamento del manicomio reggiano. La sua
testimonianza è preziosa per comprendere le difficoltà insite
nella realizzazione di questo progetto di de-istituzionalizzazione dei
ricoverati lungodegenti: da tempo infatti era stato denunciato lo stato
di abbandono degli ammalati nel nosocomio.
Di
fatto in quel periodo i manicomi, dimenticati dai più, svelavano
ancora con la loro inquietante presenza il vero limite della riforma
psichiatrica: quello di non dare una reale risposta terapeutica al problema
clinico della cronicità (Contini e Straticò, 1988). In
questo studio citato, si evidenziava come all'interno degli Ospedali Psichiatrici
erano stati realizzati alcuni cambiamenti per lo più iniziati prima
del 1978: quindi subito dopo l'entrata in vigore della riforma, paradossalmente
gran parte del processo di superamento dei manicomi, sembrava aver subito
una battuta d'arresto. L'ospedale psichiatrico, come un relitto del passato,
rimaneva come congelato, e diventava semplice contenitore per i pazienti
lungodegenti a cui non era stata trovata adeguata soluzione, riconoscendo
che i servizi psichiatrici della provincia di Reggio Emilia e di Modena
non sono in grado di raccogliere, assistere o sistemare i lungo degenti
provenienti dai rispettivi territori di origine.
In questo
clima difficile, nell'estate del 1991, (allora erano attivi sette reparti
con 352 pazienti ricoverati) prendeva avvio il progetto riorganizzazione
del nosocomio durato dal 1992 al 1995, puntando soprattutto al superamento
delle logiche e dei comportamenti di tipo custodialistico, valorizzando
le potenzialità degli ospiti, rilanciando le professionalità
degli operatori, introducendo sistemi di valutazione, salvaguardando le
risorse esistenti, recuperando il sapere clinico. Ai reparti vengono
affiancate residenze comunitarie e i progetti di dimissione e di
riabilitazione venivano realizzati anche grazie alla attività dell'Associazione
dei familiari degli ospiti, che ha fornito un valido sostegno al progetto
di dimissione dei malati, resosi indispensabile anche dopo le disposizioni
tassative per la chiusura definitiva degli Ospedali Psichiatrici entro
il 31 dicembre 1996.
Contini non
nasconde che le difficoltà principali per la realizzazione definitiva
dello smantellamento del nosocomio, erano legate non solo a problemi clinici
e assistenziali, ma anche alla ristrettezza delle risorse economiche disponibili.
Conclude
la sua presentazione con alcune considerazioni sul lavoro psichiatrico,
legato ad alcuni aspetti che definisce - non senza una nota polemica -
i "quattro imposssibili".
Il primo
dei compiti "impossibili" è la famosa "presa in carico totale" del
paziente, anche se di fatto è una misura indispensabile per i pazienti
più gravi non autosufficienti, Contini ritiene che sia un compito
richiesto agli psichiatri che non ha riscontri in altri ambiti della medicina.
Il secondo
punto è centrato sul fatto che sullo psichiatra ricadono responsabilità
non delegabili ad altri, spesso con notevoli componenti di rischio. Il
terzo è connesso alla cronicità che perdura in molti casi
nonostante le cure, legata all'evoluzione naturale della malattia,
e non semplicemente un artefatto manicomiale.
Infine l'ultimo
compito "impossibile" è la richiesta che viene fatta ai servizi
psichiatrici di reperire "risorse esterne" a quelle a quelle abitualmente
considerate di competenza sanitaria, come ad esempio la casa o il lavoro.
Molte dunque
sono le difficoltà con cui si deve cimentare lo psichiatra oggi,
che unite all'incertezza e alle difficoltà organizzative dei servizi
territoriali - di cui si ha l'impressione che nessuno si curi molto dal
punto di vista istituzionale - producono effetti dannosi soprattutto per
il paziente e i suoi familiari.
Di un'altro
rischio ci avverte puntualmente Contini in questa fase di riorganizzazione
dell'assistenza psichiatrica: che per ragioni puramente economiche cresca
l'intervento nel campo dell'assitenza psichiatrica, da parte di associazioni
"no-profit" di volontari o operatori non professionisti.
Il rischio
è di sostituire la vecchia logica custodialistica dell'istituzione
manicomiale, con quella che fa coincidere il concetto di cura del
malato di mente con il semplice intrattenimento o una qualche forma di
risocializzazione più o meno spontanea.
Il rischio
di delegare la cura psichiatrica al semplice ambito assistenziale, ci sembra
un movimento involutivo rispetto alle potenzialità di cura sperimentate
in psicoterapia, anche nelle stesse comunità terapeutiche. Ed altrettanto
indubbio che per lavorare in psichiatria occorrono risorse multiple
e complementari, professionalità e competenza, interventi formativi
e disponibilità della verifica.
L'esperienza
delle interviste è cominciata nel giugno 1994, in forma di colloquio
libero in cui assumeva fondamentale importanza sia la discrezionalità
dell'intervistatore nella scelta delle domande, sia il suo atteggiamento
improntato alla non direttività, con interventi limitati a qualche
interiezione.
E' stata
scelta poi una vicenda tipica, quella di Elisenda, colei che per anzianità
di anni vissuti in ospedale psichiatrico, e per la manifesta disponibilità
a raccontare era la più adatta ad iniziare la rievocazione storica.
Questa prima
intervista pilota , oltre a fornire elementi importanti di conoscenza
di vita istituzionale, ha anche permesso di mettere a fuoco diverse tappe
dell'evoluzione istituzionale.
Sono state
raccolte dodoci storie di vita (di cui una per voce di un fratello) e
sono stati intervistati quattro operatori. I colloqui sono stati raccolti
permettendo all'intervistato di muoversi liberamente nelle rievocazioni,
a costo anche di mantenere la non linearità dei resoconti dal punto
di vista cronologico. Per tutti è stata assicurata l'anonimità,
soprattutto per motivi etici.
Ci auguriamo
che le testimonianze raccolte con tanta pazienza e attenzione dall'autrice
e dagli operatori del "San Lazzaro" servano a restituire una progettualità
esistenziale ai malati che in anni passati venivano reclusi e privati della
loro identità.
Segnalo
inoltre, sempre a cura di Pina Lalli, per i documenti storici del "San
Lazzaro" di Reggio Emilia la raccolta di documentazione fotografica
Immagini dal manicomio. Le fotografie storiche del "San Lazzaro"
di Reggio Emilia 1892 - 1936, che raccoglie alcune delle più
significative fotografie dell'Ospedale Psichiatrico "San Lazzaro" di Reggio
Emilia, appartenenti a una preziosa raccolta curata dal Centro di Documentazione
di Storia della Psichiatria di Reggio Emilia. Il volume di indubbio interesse
documentale, contiene alcune interessanti note storiche sull'uso della
fotografia in psichiatria a cura di Luigi Tagliabue in L'istituto "San
Lazzaro": lo psichiatra, il suo sguardo, che come noto, affonda
le sue radici culturali nella fisiognomica.
Il volume
contiene inoltre in appendice la riproduzione anastatica del documento
di Arrigo Tamassia Il nostro manicomio, da "La Gazzetta del Frenocomio
di Reggio", Anno IV, 1818.
(Ed. CLUEB, Via Marsala 24, 40126 Bologna; tel.: 051/220736)
Aggiornamento del 15/01/99
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