GIOVEDI' 26 FEBBRAIO 2004
INTERVISTA A C. BUI

Rispetto all’interessante argomento da Lei trattato, dietro la scena di un delitto, anche dei piu’ efferati, che fanno pensare si possa trattare della figura di un serial killer che in realta’ poi non e’, esiste a suo parere una patologia psichiatrica o risulta essere semplicemente un’espressione della norma, del cosiddetto soggetto normale che in determinate situazioni arriva a compiere tali atti?
Nella nostra casistica attuale, su circa 4000 casi in esame, ce ne saranno, di efferati, tipo “mostro di Firenze”, pochissimi, la percentuale e’ ridottissima. Gli altri sono omicidi normali, anche i delitti tipo “serial killer” compiuti da Donato Bilancia, per intendersi, sono normalissimi.
Quindi, se noi intendiamo cercare di reperire tracce di comportamento su scene di omicidi particolari, l’esperienza ci dice che non ce ne sono, ossia tali tracce sono veramente poche. Che poi in realta’ non ci siano delle patologie, questo non sta certo a me dirlo, perche’ effettivamente il nostro punto di vista ed intento e’ differente, non e’ questo il nostro mestiere. Situazioni tipo quelle che Douglas chiama del “sociopatico”, del “disorganizzato”, sono rarissime, sono soprattutto a livello di reato familiare, sono “la Erica che distrugge il corpo del bambino”.
Li’ si’ c’e’ una patologia, ma ci se ne accorge subito. Invece gli omicidi che seguiamo noi, tipo quello delle prostitute, sono omicidi molto normali, ed e’ questa normalita’ che ti impedisce di trovare particolari tracce. E poi sono omicidi singoli: cioe’ lei immagini questo soggetto che va con questa donna, ha un rapporto con lei e poi, improvvisamente, succede qualcosa e costui l’ammazza!
E li’ qualche patologia c’e’, si’ qualcosa ci sara’ di strano, perche’ egli compie un omicidio, pero’ e’ troppo poco per poter trarre delle conclusioni e costruire un profilo psicopatologico.