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Congresso Nazionale della Società Italiana
di Psicopatologia
(SOPSI)
LA PSICHIATRIA CHE CAMBIA IN UN MONDO IN TRASFORMAZIONE Roma.
Hotel Hilton Cavalieri
22 febbraio - 26 Febbraio 2005 |
IL CONGRESSO ON LINE
VENERDI' 25 FEBBRAIO 2005
INTERVISTA A GIULIO PERUGI
Sei uno dei maggiori esperti di disturbo bipolare a livello internazionale e hai contatto con ricercatori di diversi paesi, quali influenze etnico-culturalihai osservato nel disturbo bipolare?
Certo come in tutta la psicopatologia le influenze culturali sono importanti. Sono molto importanti ad esempio: la diversa disponibilita’ di sostanze, le norme socio-culturali, gli ideali imposti dalla moda (l’anoressia delle modelle), la disponibilita’ di cibo cosi’ come sono importanti i macrocontesti ed i micro contesti: ad esempio una ciclotimia che fa l’attrice nel cinema puo’ trovare piu’ tolleranza della ciclotimia impiegata alla posta.
Nel tempo, anche nelle nostre citta’, e’ sicuramente cambiata la popolazione dei nostri pazienti; ad esempio la giovane ciclotimica che vediamo ora fra i 18 ed i 25 anni, un tempo la vedevamo ad un’eta’ di 10 anni maggiore: la disponibilita’ di occasioni per relazioni sentimentali e la frequente rottura di queste, la disponibilita’ di alcool e di sostanze, la multiforme stimolazione dell’adolescente e la sua minor protezione da parte della famiglia stressano piu’ rapidamente questo tipo di paziente ed anticipano il manifestarsi della malattia, non bisogna dimenticare che il disturbo bipolare non e’ solo alterazione dell’umore ma anche un disturbo della appetitivita’, su questo la societa’ puo’ influire parecchio.
Qualcuno obbietta ai ricercatori che, come te, si dedicano maggiormente al disturbo bipolare che questo sia diventato per voi da un lato iperdiagnosticato, dall’altro qualcosa di più che una malattia: quasi una dimensione umana sottesa a tutto l’arco della nosografia psichiatrica ma anche della normalita’.
Ma questo e’ vero per tutte le figure nosografiche della psicopatologia. Un piccolo grado di schizofrenia lo puoi vedere nei normali bizzarri o, ad esempio, aspetti del disturbo sociopatico li ritrovi nei leaders.
Accetto comunque la critica di un eccessiva estensione del disturbo bipolare, probabilmente con lo stesso nome bipolare copriamo situazioni diverse, come succede col diabete, l’ipertensione…
Molti dei bipolari potreste chiamarli borderline, ma con questa definizione il medico puo’ sentirsi deresponzabilzzato, se la diagnosi e’ bipolare invece si sente in obbligo di aiutare il paziente
E’ piuttosto nota la tua avversione alla psicoterapia cognitivo comportamentale, oggi la piu’ sostenuta dalla letteratura.La confermi?
Certo, vedo parecchi pazienti e non ho mai visto nessuno stare meglio grazie alla terapia cognitivo comportamentale. Se me ne porti uno ti offro una cena nel miglior ristorante della citta’!
E cosa pensi della psicoterapia interpersonale?
Assolutamente inefficace almeno per quanto riguarda i disturbi dell’umore.
E cosa pensi della psicoanalisi?
Ormai e’ piu’ un modello culturale che una terapia, è interessante che la psicoanalisi sia nata su pazienti bipolari di tipo 2: i famosi casi di Freud (L’uomo dei lupi, L’uomo dei topi) erano bipolari di tipo 2 con sintomi ossessivi, dismorfofobici, etc… Freud stesso aveva perlomeno dei tratti di disturbo bipolare di tipo 2 con uso di sostanze e crisi di angoscia, probabilmente per questo capiva cosi’ bene questi pazienti.
Cosa pensi della psicoeducazione?
E’ una cosa importante, ma non può essere condotta come sostengono solitamente gli autori che se ne occupano. Non ha senso dire a un bipolare: smetti di usare sostanze, non andare a donne ecc…Bisogna parlarci, ottenere la sua collaborazione, suggerirgli ad esempio di usare solo qualche spinello e lasciar stare la cocaina e’ un atteggiamento diverso da dirgli non usare pù sostanze. Occorre un atteggiamento intelligente, flessibile, personalizzato…Ed è fondamentale l’ informazione sul disturbo a lui e alla sua famiglia: il nostro compito principale con questi pazienti e’ stabilizzare l’umore, e i farmaci ci possono dare una bella mano, e migliorare l’adattamento del temperamento di questi pazienti all’ambiente, e questo significa anche modificare le relazioni familiari: abbassare le critiche, smussare le frustrazioni.
Il medico ha quindi un compito affettivo relazionale
Senza dubbio, ad esempio deve saper dare sostegno dopo una rottura sentimentale, capire le delusioni del suo paziente, saper calmare le emozioni dei familiari…
Torniamo alle terapie farmacologiche ha senso oggi nei casi gravi iniziare subito con un associazione di due stabilizzatori dell’umore?
Non c’e’ nessuna evidenza che indichi questo, come nessuna evidenza, nessun studio ci dice che la depressione bipolare anche grave si cura meglio con antidepressivi e stabilizzatori piuttosto che con stabilizzatori da soli, ad esempio solo litio.
Certo pero’ che nei tempi forzatamente brevi del ricovero in SPDC si danno gli antidepressivi, questi paiono far migliorare il paziente, che viene rapidamente dimesso e non si notano i segni di viraggio..
E cosi’ si inducono i cicli rapidi!
Cosa pensi dell’inclusione di certe forme di demenza nello spettro bipolare, che ha proposto
Akiskal?
Una provocazione! No, non sono d’accordo, piuttosto forse c’e’ una correlazione fra demenza e disturbi d’ansia: quelle donne che in Toscana chiamiamo “soffione”, che per l’ ansia ansimano
spesso a 60-65 anni diventano dementi per qualche fatto vascolare…
( a cura di G. Corsini, F. Fiscella, L. Adriano)
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