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Congresso Nazionale della Società Italiana
di Psicopatologia
(SOPSI)
LA PSICHIATRIA CHE CAMBIA IN UN MONDO IN TRASFORMAZIONE Roma.
Hotel Hilton Cavalieri
22 febbraio - 26 Febbraio 2005 |
IL CONGRESSO ON LINE
VENERDI' 25 FEBBRAIO 2005
INTERVISTA A ALFONSO TROISI
Abbiamo visto il peso non indifferente dei fattori aspecifici nei confronti dellíefficacia terapeutica. Eí possibile considerare, in uníottica evoluzionistica, lo sviluppo di capacitaí terapeutiche di accudimento che ìeducanoî i membri di un gruppo sociale alla manifestazione di comportamenti adattivi funzionalmente validi dal punto di vista relazionale?
Queste capacitaí si sono evolute nellíambito di relazioni che non erano terapeutiche, erano relazioni che appartenevano alla vita di tutti i giorni; ovviamente i comportamenti erano selettivamente indirizzati verso quegli individui con cui si aveva una relazione preferenziale capace di creare legami positivi. Cioí che eí caratteristico (non da oggi ma da quando líuomo ha iniziato ad occuparsi del benessere fisico e psichico dei suoi simili) della figura del terapeuta eí il fatto di riuscire a tollerare le manifestazioni che invece determinano, in condizioni normali, una risposta di rifiuto. Questo eí líelemento centrale dellíatteggiamento terapeutico. Tutto cioí eí istituzionalizzato nella nostra societaí ma anche in societaí culturalmente molto lontane da noi: líidea del malato e del terapeuta si manifesta in modi molto diversi.
Ci sono addirittura esempi, fornitici dai gruppi dei primati, di individui emarginati poco dopo la nascita dal loro contesto sociale a causa di anomalie comportamentali (e che quindi non avevano contatti nemmeno di tipo aspecifico) che, messi a contatto con individui molto piuí piccoli in termini di etaí (che quindi avevano atteggiamenti comportamentali quasi indifferente rispetto a queste manifestazioni degli individui adulti: ad esempio richieste inadeguate di gioco), manifestavano un progressivo miglioramento. Quindi il terapeuta naturale, in un gruppo di scimmie, eí legato ad una predisposizione comportamentale che eí caratteristica degli individui di giovane etaí.
Forse, per analogia, in altri termini, il modello della pet-therapy vede proprio nel contatto con gli animali líopportunitaí di migliorare per quei pazienti che hanno problemi di interazioni con il gruppo dei simili, proprio percheí líanimale accetta quelle manifestazioni che in ambito sociale determinano ostracismo.
Se tutto questo che fa parte del nostro bagaglio implicito e naturale viene formalizzato puoí divenire uno strumento terapeutico di indubbia utilitaí. Probabilmente molti terapeuti adoperano questi mezzi non consapevolmente ma come risorsa aspecifica; questo discorso rientra nellíambito della variabilitaí del rapporto paziente-terapeuta che, come sappiamo, da risultati molto differenti nelle varie diverse relazioni pur usando la medesima tecnica.
Eí questo, quindi, un discorso che va approfondito. Il fatto importante eí il legame con la biologia: finalmente iniziamo ad avere prove del fatto che si riscontrano modificazioni dei sistemi fisiologici; non parliamo di due realtaí terapeutiche che non devono comunicare ma di diverse e differenziate opportunitaí terapeutiche che dobbiamo imparare a sfruttare al momento giusto al fine di ottenere il miglior risultato: spesso la psicoterapia ottiene ottimi risultati dopo che la farmacoterapia ci ha aiutato nella fase acuta di manifestazione del disturbo.
Si mira quindi ad una integrazione che peroí non deve essere scambiata con una sovrapposizione senza criterio. ( a cura di Luca Adriano)
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