[ PUBBLICHIAMO, PER GENTILE CONCESSIONE DELL'AUTORE, UNA LETTERA DI COMMENTO SCRITTA DA ANDREA ANGELOZZI ALL'ESTENSORE DELLA RECENSIONE. SAREMMO LIETI DI OSPITARE ALTRE OPINIONI SUL LIBRO RECENSITO DA LAURO GALZIGNA ]
Caro Lauro,
ti confesso che non comprerei mai il libro da te recensito. Dalla tua descrizione, rappresenta in molti tratti quegli aspetti molto fastidiosi di secolarizzazione che ogni tanto vengono rivolti al pensiero religioso. Non sono molti diversi dal calcolo del giorno preciso in cui sarebbe stato creato l'universo, risalendo in forma letterale dalla bibbia.
Mi emergono talune considerazioni in associazione alla lettura della tua recensione:
"Il libro inizia con la descrizione di una tomografia computerizzata ad emissione di fotoni singoli (SPECT) effettuata su un volontario che praticava la meditazione tibetana. La tecnica ha permesso di verificare un aumentato afflusso di sangue e una possibile attivazione metabolica in un'area del lobo parietale supero-posteriore definita dagli autori area associativa dell'orientamento spaziale. Dalla normale funzione di quest'area dipende infatti l'esattezza della costante percezione che distingue l'io dall'ambiente circostante, mentre la meditazione sembra capace di bloccare temporaneamente tale funzione. L'operazione rende quindi possibile il collegamento del sé con l'infinito e di verificare la correlazione tra esperienza mistica e fisiologia cerebrale."
Nel 1964 era comparso sull'American Journal of Psychiatry un importante scritto di Deikman proprio su questi aspetti diciamo di "correlazione" in quel caso fra EEG e Meditazione. Devo dire che quello lo scritto (che io ho in uno dei pochi testi seri che sia stato scritto in occidente sugli stati di coscienza : C. Tart : "Altered States of Consciousness"") era veramente interessante anche perché l'EEG diventava uno strumento per meglio capire la meditazione, senza alcuna pretesa riduttiva; veniva proposta la teoria della De-automatizzazione: la meditazione è un processo di educazione alla consapevolezza che permette di deautomatizzare i nostri processi psichici di identità e percezione del reale, non dandoli per scontato, esplicitandoli e consentendo in questa maniera una loro trasformazione, che li "essenzializza".
Qui invece mi sembra che vengano riproposti modelli riduzionismi, a segnalare come si continui a riproporre la trasformazione neurologica del classico "mio pensare a Vienna" come se le migliaia di pagine su queste questioni con le infinite contraddizioni emerse non esistessero.
E' curioso poi come una attivazione metabolica diventi il blocco di una funzione. Questa è una idea molto occidentale della meditazione come allontanamento del reale, in contrasto con gli aspetti essenziali di questa pratica. Il centro è proprio invece il calarsi completamente nel qui ed ora, quella che è la pura attenzione, che permette di trovare il meditante e scoprire chi esso realmente sia. Da questa consapevolezza nasce la "pura consapevolezza" propria delle esperienze mistiche.
"E'interessante il fatto che le vie neurali coinvolte nell'esperienza mistica siano quelle evolutesi per collegare l'esperienza sessuale con la sensazione dell'orgasmo. Nel piacere sessuale sono però coinvolti anche ipotalamo e sistema nervoso autonomo e tale piacere è strettamente dipendente da sensazioni corporee, perlopiù tattili. L'esperienza mistico-trasendentale e lo stato estatico con cui essa culmina dipende invece im massima parte da strutture cognitive superiori. La gran parte dei mistici raccomanda l'astinenza sessuale e la castità per facilitare l'esperienza trascendentale e quasi tutte le religioni impongono per altro un rigido controllo della vita sessuale."
Il problema è appunto il "quasi". In realtà, in fondo, vi sono due grandi approcci al misticismo: quello yogico e quello tantrico; il primo dice che devi diventare quello che vuoi essere, il secondo che devi diventare quello che sei. Il primo sono regole per plasmarsi, ove le rinunzie hanno lo scopo in realtà di mantenere sempre alta la attenzione e la consapevolezza; il secondo applica questi aspetti a quello che si è, in qualunque forma, compresa la sessualità. Il suo testo base "La conoscenza del tremendo" è in realtà una completa descrizione di ogni aspetto dell'umano, che va visto in forma non automatica, ma cogliendolo con consapevolezza. Questo vale per il sesso come per lo sbattere delle palpebre.
"Dopo una descrizione sintetica dei meccanismi di funzionamento del cervello gli autori esaminano le attività delle aree dell'orientamento e dell'attenzione da cui dipende la definizione del sé e l'insieme delle speciali percezioni spazio-temporali associate all'esperienza mistico-religiosa. "Il fatto che l'esperienza spirituale dipenda da un'attività neurale non smentisce la realtà del fenomeno" affermano gli autori, aggiungendo che "Dio non può esistere, come concetto e come realtà, in altro luogo che non sia la mente umana". Le due affermazioni si possono unire in una sorta di corto-circuito in cui si condensano le ipotesi che la mente sia generata dal cervello e che esista qualcosa che si può chiamare "realtà"."
Interessante questa visione anche se temo finisca in un corto-circuito: allora anche il cervello può esistere come concetto e come realtà solo nella mente umana. Ma allora perché io faccio queste asserzioni su questa specifica idea di cervello? Forse sbaglio, ma mi sembrano le solite questioni software-hardware in cui è inevitabile finire in questi ed altri paradossi: se la mente è un software, allora questa teoria soft/hardware è sostenibile perché è vera o solo perché è un programma? E se lo cambio con un programma che sostiene che la mente non è un programma, che succede? Per non parlare delle contraddizioni circa la identità che può essere moltiplicata all'infinito e così via. Ma questi hanno mai letto Searle?
"Una possibile precisazione relativa alle pratiche sperimentali discusse riguarda il problema dei "blanks" (prove in bianco) cioè le prove di controllo che permettano di escludere l'esistenza di artefatti. Se cioè si misura l'attivazione di certe aree cerebrali legata a pratiche religiose o esperienze mistico-trascendentali occorrerebbe confrontare questa attivazione con eventuali attivazioni dipendenti da pratiche diverse ma altrettanto intense. Non si può dire che con la meditazione yoga una certa area si attiva a confronto dello stato di non attivazione rilevabile prima della meditazione stessa, ma occorrerebbe confrontare l'attivazione da yoga con quanto succede allo stesso soggetto impegnato in un compito altrettanto impegnativo, ma diverso. Non è escluso che certi drogati del calcio, guardando una finale di campionato del mondo alla TV, rispondano attivando le aree in questione."
Ma questo direi appunto che è uno dei problemi di quando si tenta di passare dalla correlazione di esperienze grossolane a aspetti o contenuti specifici. Il correlato neurologico della stimolazione delle Fibre C non dice nulla del "mio" dolore.
In questo caso poi bisognerebbe entrare nella specificità dei diversi stati di coscienza alterati, e nelle peculiarità di ciascuno di essi. In realtà pur avendo aspetti per certi versi simili, la ipnosi, la meditazione, l'involvement, l'uso di droghe, il sonno lucido, non sono la stessa cosa, e all'interno di essi stessi possono esseri vissuti ed orientati in forme molto diverse. In ipnosi possono privilegiare il distacco dalla realtà o, all'opposto la sua estrema consapevolezza. Se non si entra nello specifico (e tutti i riduzionismi sono sempre falliti in questo) si rischia un piano molto generico, che promette molto e non mantiene mai nulla.
"I mistici non sono vittime di illusioni, ma i loro stati estatici hanno una base neurale osservabile che li rende convincenti come altre percezioni."
E' curioso che adesso la mia esperienza soggettiva per essere in qualche modo reale debba passare per una base neurale. A questa realtà cosificata sfuggono un po' di "oggetti"; non solo, ma si incontrano poi anomalie. Mi ricordo delle allucinazioni di un caso trattato da Schazman in cui il soggetto aveva potenziali visivi evocati, quando vedeva il fantasma del padre
.
"Più problematica è la transizione dalla visione immanentista ai significati trascendentali e in particolare il punto cruciale che è la definizione di "reale" quando essa esca dall'ambito semantico dell'aforisma hegeliano "tutto ciò che è razionale è reale; tutto ciò che è reale è razionale"."
Il testo conclude con l'affermazione che le basi neurobiologiche sulle quali si fondano le esperienze mistiche dei tipi più diversi implicano l'unitarietà dell'oggetto di tali esperienze. Questo, assieme alle ipotesi sull'origine dei miti da pulsioni biologiche e dei rituali che servono a innescare stati estatici fornisce una giustificazione razionale della religione, ma, a mio avviso, non è sufficiente a dimostrare l'esistenza reale di un Dio. E' evidente che la mente umana abbia potuto costruire ipostasi trascendenti rispetto alla pura e semplice esistenza materiale e che queste ipostasi siano il prodotto di ben precise attività neurali e si può essere solo soddisfatti che sia possibile studiare sperimentalmente tali attività. In un cervello funzionante vi è certamente l'idea di Dio, ma nello stesso cervello anestetizzato mediante pentotal quest'idea resta solo come potenzialità."
Sono perfettamente d'accordo.
Un caro saluto, in attesa di risentirci
ANDREA ANGELOZZI
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