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"Outside of a dog, abook is a man's best friend. Inside of a dog, it's too dark to read." GROUCHO MARX
L'altra psichiatria La clinica e la ricerca etnopsichiatrica di TobieNathan presso il Centro Devereux di Parigi Tobie Nathan, professore di Psicologia Clinica e psicopatologia dell'Universitàdi Parigi VIII, lo scorso anno, in occasione di un seminario organizzatopresso la clinica Psichiatrica di Bologna, ha illustrato il programma dellavoro di sostegno psicologico rivolto alle famiglie immigrate che svolgeda parecchi anni presso il Centro Devereux di Parigi. Il lavoro clinicodello psichiatra in questo campo è essenzialmente psicoterapeutico,ed è fondato sull'integrazione operativa degli elementi psicodinamicie culturali manifestati dai pazienti appartenenti a culture allogene. Comesottolinea Salvatore Inglese, divulgatore dell'opera di Nathan in Italia,"il ruolo della 'cultura' nella determinazione del fenomeno morbosodiviene centrale poiché fornisce un modello 'sintomatologico' (disturboetnico), una 'classificazione nosografica' (assegnazione di un nome), una'teoria etiologica' (mito condiviso), una 'tecnica terapeutica' specificae codificata (rito e sacrificio)". Tobie Nathan è infatti dalungo tempo impegnato a trasformare la dimensione osservativa dell'antropologiaculturale nella prassi interattiva di una peculiare psicoanalisi clinica,da lui definita 'pagana', partendo proprio dalle contraddizioni e le inquietudinidella 'nostra' cultura occidentale. La clinica del disturbo mentale chestudia la psicopatologia degli immigrati, è un campo dove l'inadeguatezzadelle categorie psicopatologiche della nostra cultura medica occidentalediviene sempre più evidente: in questa prospettiva Nathan si muoveper delineare le nuove formulazioni teoriche, i dispositivi tecnici e ilnuovo ambito di intervento necessari a un approccio rinnovato di clinicaetnopsicoanalitica, analizzando le strategie terapeutiche e le metodologiedi valutazione delle terapie stesse. Anche per l'Italia, al centro, negliultimi tempi, di imponenti flussi migratori, si impone una riflessioneapprofondita in questa direzione: forse è inevitabile che un paesecome il nostro, per molti decenni impegnato a leggere la propria emigrazionecome elemento centrale di molte problematiche sociali, si trovi oggi indifficoltà ad interpretare un processo opposto e che risulta inquietantea causa dell'inadeguatezza degli strumenti culturali finora elaborati.
Tobie Nathan, Fier de n'avoirni pays ni amis, quelle sottise c'était...Principes d'etnopsychanalyse,Paris 1993; trad. it.: Principi di etnopsicoanalisi, traduzionee introduzione di Salvatore Inglese, Torino, Bollati Boringhieri, 1993,£ 30.000. Tobie Nathan, La folie des autres.Traité d'etnopsychiatrie clinique, Paris 1986; trad. it: Lafollia degli altri. Saggio di etnopsichiatria, saggio introduttivoe traduzione dal francese di Mariella Pandolfi, Firenze, Ponte alle Grazie,1990, pp. 215, £ 32.000 Tobie Nathan, Costrettoad essere umano, in "Psicoterapia e scienze umane", n. 4,Milano, Franco Angeli, 1994. Tobie Nathan, Isabelle Stengers,Médicin e sorciers. Manifeste pour une psychopathologiescientifique. Le médicin e le charlatan, Paris1995; trad. it.: Medici e stregoni, presentazione di Salvatore Inglese,Torino, Bollati Boringhieri, 1996, pp.140, £ 24.000 I testi qui presentati sono legati da un filo conduttore che attraversatutta l'originale ricerca di Tobie Nathan in campo etnopsichiatrico. Ilsaggio introduttivo della Pandolfi alla Follia degli altri, unodei primi testi di Nathan tradotto in italiano, costituisce giàun utile orientamento per chi affronta l'argomento. L'autrice ci avvertesin dall'inizio delle difficoltà insite nella difficile collaborazionee dialogo tra le scienze umane e la scienza medica quando esse cercanodi operare sul terreno comune della salute e della malattia mentale. Neldelineare quindi l'identità di una disciplina di frontiera comel'etnopsichiatria, l'autrice pone l'accento sulla necessità di ripensarequesta pratica all' interno di un lavoro terapeutico sul campo tra un pazientedi cultura non occidentale e un terapeuta di cultura occidentale. L'incontroavviene nello scenario anonimo di grandi aree urbane, la cui realtàplurietnica è un fatto incontestabile e problematico oggi anchein Italia. Infatti i mutamenti storici, prima negli Stati Uniti e in Canadapoi in Europa occidentale, hanno determinato uno spostamento di attenzionesul significato di salute e malattia inserite nel processo traumatico dell'emigrazione,e sui processi psicopatologici che si manifestano nella quotidianitàdi realtà sociali e culturali diverse, ibridate in uno spazio comune:la città metropolitana multietnica. La filiazione culturale di Nathan deriva dall'incrocio di una doppialinea di ascendenti: antropologi (Lévi-Strauss, Ròheim esoprattutto Devereux) e psicoanalitici (Freud, Winnicott, Anzieu e Ferenczi).Bisogna poi non dimenticare che l'autore riprende nella sua ricerca iltema antico della psicoanalisi: quello dell'ipnosi, del magnetismoinsieme a quello dell'esorcismo del Seicento e del Settecento dove la nascentemedicina occidentale prescientifica non risentiva del problema dellaneutralità della scienza, ancora profondamente legata alla simbologiaarcaica delle terapie tradizionali. L'utilizzo sistematico dei dati antropologicie psicodinamici viene da lui attivato a partire dalla concezione che gliindividui possiedono una struttura doppia e invariante, caratterizzatadalla costruzione coerente e dal funzionamento integrato dell'apparatopsichico e del dispositivo culturale. Tale struttura costituisce e rendericonoscibile l'identità psicologica e l'apparenza culturale dell'individuoall'interno di una determinata comunità umana. Inoltre la sua metodologiaha un aspetto importante di continuità nella tradizione franceseed un aspetto peculiare all'interno degli stessi rapporti fra psicoanalisie antropologia, poiché a differenza che negli USA e in Canada, inFrancia il rapporto tra le due discipline non è mai venuto meno.Come la Pandolfi sottolinea, un motivo di questo fenomeno potrebbe esserelegato all'attività di Lacan che ha obbligato l'ortodossia psicoanaliticafrancese a sviluppare una nuova sensibilità verso un confronto pluridisciplinaredifficilmente riscontrabile nella scuola anglosassone. Mentre infatti negliStati Uniti si compie una netta separazione tra psicoanalisi e scienzesociali, negli anni '70 in Francia alcune voci autorevoli rielaborano tematicheche evidenziano l'influenza della linguistica e della psicoanalisi in antropologia(si veda J. Favret-Saada, A. Green, D. Anzieu e la loro collaborazionecon gli antropologi). Nella prima parte di Principi di etnopsicoanalisiNathan analizza nel dettaglio le "modificazioni tecniche e concettualirecentemente apportate alla psicopatologia dalla clinica etnopsicoanalitica",in cui a partire dall'esempio dettagliato di alcuni casi clinici vengonoriutilizzati concetti e pratiche delle 'terapie tradizionali' cosìcome applicate nel suo centro di consultazione etnopsichiatrico pressol'Ospedale Avicenne di Bobigny. Tradizionalmente le patologie dei pazientiimmigrati venivano descritte in termini di 'carenza' sociale ed economica,secondarie pertanto al trauma dell'emigrazione. Nathan, all'inizio delsuo lavoro, partiva dalla consapevolezza epistemologica che i fenomenipsichici e culturali non si costituiscono come 'dati oggettivi e decontestualizzati',ma sempre come eventi singolari posti all'interno di una determinata cornicedi osservazione e sollecitati da situazioni legate all'interazione delgruppo sociale. Secondo l'autore la psicopatologia, già a partiredal diciannovesimo secolo, ha sempre implicitamente ammesso il postulatodi un 'soggetto' universale, individualizzato ed indipendente dal suo universoculturale, una sorta di 'uomo nudo' (Lévy Strauss, 1971). In questaconcezione le acquisizioni culturali e linguistiche di un individuo sonoconsiderate alla stregua di un 'abito', che può essere cambiatoo modificato a seconda delle circostanze. La consultazione in etnopsichiatria
Il lavoro della consultazione etnopsichiatrica viene svolto all'internodi una matrice gruppale in cui il terapeuta è circondato da un certonumero di co-terapeuti di diversa lingua e nazionalità in vestedi 'mediatori etnoclinici'. Il gruppo di lavoro è quindi 'plurietnico','plurilinguistico 'e 'pluriculturale'. La comunicazione verbale avvienenella 'madrelingua' del paziente e la mediazione linguistica viene assicuratada interpreti linguistici e culturali appartenenti al gruppo di provenienzadel paziente. L'importanza degli elementi linguistici nella consultazioneetnopsichiatrica viene analizzata brillantemente nell'articolo Costrettoad essere umano, dove si riferisce il trattamento di un caso di autismoinfantile. Alla consultazione etnopsichiatrica partecipa non solo l'individuoportatore del sintomo, ma anche il suo gruppo familiare, o quello comunqueculturalmente omogeneo. In questo contesto si dà quindi molto spazioalle 'rappresentazioni etiologiche tradizionali' che vengono offerte dalpaziente, dalla sua famiglia e dal gruppo terapeutico: tali rappresentazioniche fanno parte della storia culturale della persona in trattamento, sonoquindi a lui direttamente accessibili, e permettono una corretta 'traducibilità'della sofferenza, sia psichica che somatica, ad un livello che sia comunicabilead altri e soprattutto che sia socialmente condiviso. La scelta di utilizzarele rappresentazioni della medicina tradizionale è fondamentale affinchépossa instaurarsi l'interazione terapeutica. Diversamente, usando unicamentei criteri nosologici della medicina occidentale, il paziente verrebbe ancorpiù soffocato nel proprio reticolo idiosincratico e relegato inun ambito di pura emarginazione. Il gruppo dei co-terapeuti svolge molteplicifunzioni: sostegno, appoggio e rassicurazione in presenza di pazienti chevivono la relazione e la dipendenza duale come un assalto seduttivo o una'stregoneria'; intermediazione tra gli aspetti gruppali della terapia tradizionalee quelli della psicoterapia occidentale; attivazione del 'transfert' edei 'controtransfert' che in virtù della loro collocazione gruppalefavoriscono l'interazione affettiva. Le sedute collettive con il pazientevengono seguite poi da un incontro dei terapeuti durante il quale le libereassociazioni e il lavoro interpretativo in gruppo permettono di valutarese il paziente sia stato compreso tanto nella sua soggettività psicologicaquanto nella sua sfera culturale. Il confronto con la psichiatria occidentale. L'etnopsichiatria non può, come la psichiatria, affidarsi a descrizionicliniche esterne, nelle quali solo l' ëosservatoreí possiede il quadrodi riferimento a cui appartiene l' ëosservatoí, poiché quest'ultimoè nello stesso tempo il nostro principale informatore sul proprioquadro di riferimento etiologico 'tradizionale'. Ogni enunciato diagnosticorisulterebbe privo di significato. Nathan usa porre questo interrogativoa sé e ai suoi collaboratori: a partire da quale sistema di pensieroriuscirò a stabilire dei legami nel funzionamento psichico di questopaziente? La relazione che si andrà ad instaurare con il pazientediventa quindi il perno del trattamento stesso. La clinica etnopsichiatricanon può utilizzare lo schema classico diagnosi, prognosi e trattamento:tutto inizia da un'immersione nel cuore del mondo culturale del paziente:la sua lingua, le rappresentazioni tradizionali della malattia, le terapietradizionali, i proverbi. A questo proposito bisogna ricordare che le nuovetendenze della psichiatria nord americana, dagli anni sessanta in poi,non hanno certo contribuito a mantenere una efficace descrizione dei processiculturali negli eventi psicopatologici: al contrario le attuali ricerchein campo farmacologico e neurofisiologico hanno attribuito sempre menoimportanza agli aspetti psicologici del disturbo mentale. La soggettività,con i recenti strumenti diagnostici, diventa una variabile trascurabilee l'analisi del contesto culturale, relativa all'ambito del paziente, siè andata progressivamente riducendo, rendendo le categorie dei pazienticulturalmente omogenee. Il risultato è la completa decontestualizzazionedel sintomo, come se l'espressione 'culturale' della sofferenza psichicapossa essere assimilata ad una semplice differenza 'idiomatica'. Come puntualizzaNathan in diversi passaggi dei suoi testi, le pratiche terapeutiche abitualisono inefficaci con i pazienti immigrati: il punto cruciale, anche qualorasi trovasse il modo di riferire la clinica ad un metodo di quantificazionecorretto, rimane sempre quello del 'metodo' di raccolta dei dati, che sipuò realizzare solo attraverso un'interazione relazionale. Ciòche secondo Nathan "distingue un pratica professionale da un relazioneumana 'banale' è che le interazioni che si producono all'internodi un 'dispositivo tecnico' vengono ad inscriversi in un'operazione dicostruzione del senso 'indotta' dal dispositivo stesso". L'autore così riassume le sue tesi: - Il fatto psicopatologico viene interpretato come un dato 'interattivo'(la diagnosi di natura quindi rappresenta solo un'autovalidazione dellateoria del clinico, e il paziente vi rimane estraneo); - L'interazione con il paziente è comunque governata da un 'sistemateorico', compreso nel quadro tecnico del trattamento; - I due dispositivi, tecnica e teoria, hanno la funzione di mantenere larelazione 'naturale' (ovvero mantenendo attraverso la funzione del gruppoterapeutico multietnico legami culturali originari del paziente). Concludendo, ricordiamo con le parole di Nathan che "nel momentoin cui accoglie gli immigrati la nostra società guadagna in comprensionedi sé stessa certamente più di quanto perda in omogeneità.Gli psicopatologi devono ammettere che, accettando con serietà psichiatrieradicalmente ëaltreí e dedicandosi a saggiarne le risorse tecniche, lanostra psichiatria diventa più profonda e fa un passo avanti nelladirezione di un'autentica scientificità".
Per un'informazione sui temi trattati nell'area etnopsichiatrica, sivedano le due principali riviste del settore: "TransculturalPsychiatry Research Review" e "Psychopatologie Africaine".
Informazioni Editoriali: http://www.ie-online.it/ Case Editrici on-line: http://alice.it
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