È con grande entusiasmo che accogliamo la traduzione italiana di questa raccolta di articoli di Henri Maldiney, filosofo-fenomenologo francese attivo sin dagli anni cinquanta nel panorama intellettuale del suo paese, ma del quale in Italia, finora, erano stati tradotti solo tre brevi saggi, come precisa Federico Leoni nella sua ricca introduzione al volume (Henri Maldiney. Una fenomenologia della follia, pp. VII-XXV).
La nostra disamina prenderà le mosse proprio da questa Introduzione, giacché essa ha il merito di presentare al pubblico italiano non soltanto questa prima raccolta di spessore (sono stati scelti quattro ampi interventi che il filosofo francese compose tra il 1961 e il 1990), ma anzitutto il suo autore e loriginalità del suo pensiero.
Lo stimolante saggio di Federico Leoni è inteso a delineare il contorno della speculazione di Maldiney a partire da quello che egli avverte come lo scarto fra lorientamento eminentemente ontologico inflesso da Heidegger alla fenomenologia e quello invece husserliano, di carattere egologico-trascendentale. È precisamente questo scarto che qualificherebbe in modo pregnante il progetto teoretico del filosofo francese rispetto alla Daseinsanalyse binswangeriana, dalla cui meditazione esso prende progressivamente forma. L"antropologia" esistenziale di Binswanger, che fa leva sullanalisi di un Dasein pensato ancora in termini di soggetto e quindi di una trascendenza che di conseguenza viene declinata nella forma del trascendentale, verrebbe dunque superata da Maldiney partire da unesigenza di carattere più marcatamente ontologico. Così, lHeidegger che Leoni avvicina a Maldiney non è più comera in Binswanger, a torto o a ragione lHeidegger del Dasein, ma quello dellEreignis, giacché "il luogo del senso è il luogo di questo eccesso rispetto alla partizione tra soggetto e oggetto, tra io e mondo, tra ordine psicologico e ordine "mondano" dellesperienza" (p. XIX).
È precisamente su questo snodo teoretico del pensiero di Maldiney portato alla luce in modo così acuto dallanalisi di Leoni che vorremmo soffermarci, poiché ci sembra che proprio ragionando su di esso si possa giungere a toccare quello che ai nostri occhi emerge sicuramente come uno dei punti-cardine del progetto speculativo del filosofo francese. Più in particolare, è sulla nozione di Ereignis sviluppata da questultimo che vorremmo interrogarci, sulle "ragioni" di questa che Leoni definisce come l"esigenza ontologica" della concettualità maldineyana e quindi del suo "svoltare" verso il "secondo" Heidegger.
A noi sembra, infatti, che a voler troppo insistere sul carattere heideggeriano della nozione maldineyana di evento e quindi sulle ragioni ontologiche attraverso le quali si declinerebbe lesigenza del filosofo francese di comprendere il "senso" dellesperienza della follia, il suo progetto di tentarne "unanalitica come figura e come avventura non del Dasein, dellesserci "antropologicamente" inteso, ma dellEreignis" (p. XXI), si finisca forse per trascurare una delle direzioni fondamentali secondo cui Maldiney ha inteso superare il concetto heideggeriano di Dasein, quella direzione, più precisamente, che del Dasein ha criticato proprio lunilateralità di carattere ontologico.
Rendere conto di questo aspetto ulteriore della speculazione di Maldiney significherà, nellottica che intendiamo tracciare, anzitutto soffermarsi sul carattere tipicamente "francese" della sua speculazione filosofico-psichiatrica, con tutto ciò che tale aggettivo comporta. Proprio questo carattere, infatti, ci sembra in un certo modo essenziale per poter cogliere la specificità della prospettiva di questo originale lettore e interprete di Binswanger, di questo pensatore che proprio da Binswanger attinge lesempio della possibilità di far propri gli strumenti della filosofia per sviluppare autonomamente una ricerca psichiatrica che è tuttora in fieri.
Limportanza di quellaggettivo, dicevamo, sta anzitutto nella peculiarità della ricezione francese di Binswanger, che avviene a partire dalla metà degli anni quaranta sotto legida di autori quali Minkowski, Merleau-Ponty, Ey, Sartre e, non ultimo, Foucault. Peculiarità che consiste nellaccogliere la "fenomenologia" binswangeriana in senso ampio, e soprattutto a partire da un riferimento fondamentale a una biologia che troppo spesso o troppo in fretta viene tuttoggi accantonata dalla lettura attraverso cui i filosofi tendono ad interpretare questa corrente "fenomenologica" della psichiatria, guidati in parte dalla considerazione che tale modello del pensiero psichiatrico prende forma, allorigine, proprio per distinguersi dalla psichiatria tradizionale di marca organicista. Rimarcare la forte presenza di quegli autori nella speculazione psichiatrico-fenomenologica francese significherà allora non poter esimersi dal tener conto del peso allinterno dello stesso programma di Maldiney proprio di quei pensatori assieme ai quali in Francia venne accolto il progetto binswangeriano, ovvero Kurt Goldstein, Viktor von Weizsäcker ed Erwin Straus. Solo in questo modo, ci sembra, il progetto di Maldiney di ripensare e approfondire il concetto heideggeriano di Dasein potrà essere colto in tutte le sue sfacettature e quindi in tutta la sua ampiezza.
È proprio attraverso il riferimento al vivente, infatti, ad un Dasein che si preferisce tradurre come divenire piuttosto che come "essere-nel-mondo" come precisava Minkowski che la corrente fenomenologica viene accolta in Francia a partire dagli anni venti, ed è per questo che Binswanger, nei testi degli psichiatri francesi, si trova spesso ad essere accompagnato dai nomi di Weizsäcker, Goldstein, Straus, tutti autori che avevano in qualche modo tentato di superare lunilateralità organicista della psichiatria classica per fondare su nuove basi quelle scienze neurologia, medicina e psichiatria appunto che pur tuttavia non avrebbero potuto rinunciare ad un altrettanto essenziale riferimento al carattere biologico dellesistenza. È in questottica allora, che, spinti dallesigenza di trovare una nuova forma non soltanto per la psichiatria, ma per quella stessa biologia a cui essa avrebbe dovuto comunque fare riferimento, questi autori avevano imboccato la strada del recupero della "fenomenologia" per ripensare su nuove basi il problema dellesistere in quanto relazione di "uomo" e "mondo". Ed è in questottica, precisamente, che il concetto heideggeriano di Dasein viene recuperato e fatto proprio anche dagli psichiatri-filosofi francesi, in quanto concetto finalmente in grado di rispondere allesigenza di superare lopposizione naturalista di soggetto e oggetto o come mostrava Merleau-Ponty nella sua Fenomenologia del 1945, e proprio attraverso Binswanger lalternativa classica fra empirismo e intellettualismo.
Come viene esplicitato in modo particolarmente chiaro dalla tesi centrale del saggio binswangeriano sulla fuga delle idee, se il Dasein si trova ad essere al centro dellindagine della psichiatria è perché il suo essere, in quanto "vita che si apre nello spazio di azione", si esprime attraverso un peculiare funzionamento, mediante unattività organizzativa che si dispiega nella forma di una precisa elaborazione di carattere normativo (Sulla fuga delle idee, tr. it. di C. Caiano, Torino, Einaudi, 2003, p. 117). È attraverso lanalisi dellauto-strutturazione del Dasein quale emerge dalle sue espressioni pratiche, quindi, che sarà possibile pervenire a quella norma che costituisce la chiave per comprendere le diverse forme effettive di esistenza, quel processo organizzativo che altri non è se non la costituzione di un mondo. E si tratta, in ultima analisi, di quel carattere normativo che è la cifra essenziale della vita stessa, del vivente in quanto "abitante del mondo", come avrebbero messo bene in evidenza, in Francia, Minkowski, Canguilhem, Lagache, Merleau-Ponty
Si può facilmente notare allora come tale ripresa della concettualità heideggeriana si ponga in modo fortemente polemico rispetto a quel decreto inappellabile che proprio a partire da Essere e Tempo, come viene bene messo in luce da Maldiney stesso intendeva marcare una volta per tutte la distanza ontologica del concetto di "essere-nel-mondo" da ogni suo abbassamento ontico, fosse questo di carattere psicologico, antropologico o biologico. E si tratta di una ripresa polemica che avrebbe contato fra le proprie fila, nella Francia degli anni cinquanta, anche il giovane Foucault, allepoca assiduo lettore e promotore di Binswanger, nonché vale la pena di ricordarlo traduttore, nel 1958, dellopera fondamentale di Weizsäcker, Der Gestaltkreis (con prefazione di H. Ey).
Sarebbe interessante potersi soffermare sui numerosi richiami interni che possono essere ravvisati nelle opere di questi autori, e non ultimo nellopera dello stesso Maldiney, alla quale tuttavia ci dobbiamo limitare in questa sede. È interessante notare, ad esempio, come il filosofo francese richiami la critica che Erwin Straus aveva rivolto nel suo Vom Sinn der Sinne allinsufficienza dellapproccio heideggeriano alla biologia, un approccio che finiva per limitare questultima allo studio della sola "vita vegetativa" (p. 336). Ed è interessante notare anche come, a questo proposito, Straus citasse in suo appoggio proprio Binswanger, che nel suo Grundformen und Erkenntnis menschlichen Daseins avrebbe trattato lesistenza nel senso ontologico heideggeriano come un caso-limite antropologico inaccessibile (Vom Sinn der Sinne, p. 298). Si tratta di unosservazione che viene ripresa da Maldiney stesso in un saggio che non è contenuto nella raccolta alla quale sono rivolte queste nostre pagine ma della cui traduzione lo stesso Federico Leoni si è occupato qualche anno fa (Della transpassibilità, Milano, Mimesis, 2004) e che può forse esserci daiuto per mettere in luce i problemi che contraddistinguono la peculiarità del concetto maldineyano di evento dal quale siamo partiti.
Lo scopo del filosofo francese è quello di mettere in luce le difficoltà che sorgerebbero dalla netta separazione heideggeriana fra Leben e Dasein, ed è proprio contro una lettura unilateralmente ontologica del concetto di "essere-nel-mondo" che sono rivolte le numerosissime pagine che Maldiney dedica lungo tutto larco della sua speculazione allopera di Weizsäcker, che egli caratterizza precisamente come "linverso dellontologia heideggeriana". Quel che più ci interessa è allora notare come lo stesso concetto di Ereignis venga pensato da Maldiney in analogia con la nozione weizsäckeriana di "atto biologico", e anzi proprio su questa base venga elaborato uno dei concetti-cardine del pensiero del filosofo francese, quello di transpassibilità. A noi sembra, dunque, che questa "svolta" verso un pensiero della "presenza" come ex-istenza che "si tiene fuori a partire da, cioè a partire dal fondo indeterminato" (Psicosi e presenza, p. 70), che questo esser-ci che si apre "allevento" (Crisi e temporalità nellesistenza e nella psicosi, p. 76) abbia molto più in comune con quella biologia pseudo-heideggeriana di cui qui stiamo cercando di mettere in luce almeno i tratti essenziali piuttosto che con la "svolta" heideggeriana stessa, con quel gesto ulteriore verso unontologia ormai inconciliabile con lantropologismo ancora insito nella nozione di Dasein. E il nostro invito è quindi rivolto precisamente a soffermarsi sulla presenza forte e costante nella riflessione di Maldiney di Weizsäcker, di questo neurobiologo che con lHeidegger di Essere e tempo aveva certamente condiviso lesigenza di sottrarre l"esistenza" ad una sua considerazione meramente "ontica", ma che tuttavia aveva finito per rendersi conto di non poter acconsentire al "divieto" filosofico di accostarsi attraverso una qualsiasi "scienza positiva" quale biologia o antropologia alla questione dellessere, tematica di sola competenza dell"ontologia fondamentale".
Allorché Maldiney mostra con Weizsäcker come non sia al Dasein che ci si deve rivolgere per comprendere l"apertura allessere" che contraddistingue lesser-ci dellesistenza, non è solo alla dimensione antropologico-soggettiva dell"essere-nel-mondo" che egli rinuncia, ma anzitutto alla sua dimensione puramente ontologica, per pensare invece in termini di vita questa relazione stessa. Così, quellEreignis al quale egli perviene una volta bandita ogni caratterizzazione antropologistica, trascendentalistica, coscienzialistica del Dasein, quell"evento" che è "ogni volta avvento del mondo" (Psicosi e presenza, p. 69) viene formulato a partire da un pensiero che intende rendere conto anzitutto del carattere concreto, vitale, dellesistenza, di questo esser-ci la cui trascendenza come "apertura" allessere non si risolve in un rapporto estrinseco di un "sé" e di un "mondo", ma in una presenza che è "rivelazione aurorale" di un mondo che "si apre ogni volta a partire dallevento" stesso (Crisi e temporalità, p. 76). E si tratta di un "evento" il cui carattere trascendente non si risolve in un discorso dellEssere dascendenza heideggeriana, ma che se con Heidegger condivide certo la necessità dessere pensato non più come "fenomeno ontico" dallontologia del filosofo tedesco si scosta proprio in quanto questo "ontico" è pensato non più nella sua opposizione all"ontologico" ma, con Weizsäcker, al "patico", ovvero a quel carattere che definisce negativamente lesser-ci accreditandogli una trascendenza che non è nulla più che il suo poter essere, la sua transpassibilità (Crisi e temporalità
, cit., p. 74). Così, il "fondo" a cui lesistenza si rapporta "originariamente" non è più lessere dell"ontologia", ma quellindefinibile poter essere che come il "senso" delle immagini del sogno di cui Maldiney tratta nel suo saggio sul Comprendere ha unorigine che è "perpetua" e che potrà essere "compresa" solo attraverso una "fenomenologia della presenza" e dellincommensurabile metamorfosi delle sue forme (p. 137). Quel "luogo del senso", che Leoni giustamente pone "più alla radice" di un soggetto o di una coscienza, quale luogo dell"eccesso" rispetto alla partizione fra soggetto e oggetto, troverebbe dunque la sua ragion dessere più profonda in quella "radice", in quel "fondo" che è anzitutto il fondamento vitale dellesistente, del suo "originario" e "perpetuo" appartenere a quellevento del mondo che è la genesi delle forme stesse dell"essere-al-mondo".
Ma cè di più. A noi sembra, infatti, che il riferimento di Maldiney alla biologia piuttosto che allontologia per delineare la sua proposta filosofico-psichiatrica contenga una preziosa indicazione metodologica per comprendere il significato del riferimento alla "fenomenologia" da parte di questa corrente della psichiatria alla ricerca di un modello filosofico attraverso cui interrogare la psicopatologia. Allorché Maldiney sottolinea come per Weizsäcker "ciò che è vero del vivente lo è anche dellesistente", come "le trasformazioni costitutive della forma biologica" sono "analoghe alle trasformazioni costitutive dellesistenza come essere-nel-mondo" (Evento e psicosi, p. 122), egli mostra infatti di saper cogliere la posta in gioco anzitutto metodologica che il modello weizsäckeriano di una legalità immanente al comportamento biologico offriva a una psichiatria sempre più propensa, nei confronti della "patologia" mentale, a mettere "fuori gioco ogni presa di posizione pregiudicata, e in primo luogo ogni distinzione normativa" (Psicosi e presenza, p. 5).
E in questo senso, ai nostri occhi, va colto anche quel riferimento di Maldiney a Foucault presente allinizio del primo saggio della raccolta, un riferimento che appare quanto meno strano se confrontiamo le idee preconcette che si possono avere dei due autori in questione, ma che trova la sua ragion dessere più profonda proprio alla luce di quella che abbiamo ravvisato come la parentela dorigine della psichiatria fenomenologica di marca francese. Nel sostenere come, nellottica di questa corrente della psichiatria, "evitando di applicare al suo caso le norme di una "saggezza acquisita altrove", si tenti invece di portare allevidenza e di far propria la domanda immanente alla sua esistenza in questione" (pp. 4-5), Maldiney non può che far propria lidea foucaultiana secondo cui la psichiatria moderna avrebbe "alienato" il folle confermandone e codificandone lalterità rispetto a un "normale" stabilito esteriormente (p. 5). E così facendo, è il Foucault dellIntroduzione al binswangeriano Sogno ed esistenza (1954) che egli ritrova, prima ancora che quello della Storia della follia, quel Foucault che si era avvicinato al progetto di Binswanger in quanto in grado di "pervenire alluomo" attraverso luomo stesso e le sue forme di esistenza, quel Foucault, ancora, di cui è così viva la presenza in tutti quei passaggi in cui Maldiney prende spunto da unindagine sulle immagini del sogno (cfr. in particolare il saggio del 1961, Comprendere) per abbracciare infine la convinzione fenomenologica che "la sola realtà che riconosciamo è quella del fenomeno nudo, nella sua integra integralità, cioè la realtà delle espressioni dello psicotico, prese per se stesse e non in quanto sintomi o indizi daltro" (Psicosi e presenza, cit., p. 5).
Ma non solo, giacché questa esigenza di analizzare lesistenza a partire dalle sue forme intrinseche per ridefinire su una nuova base le prerogative della "psicologia" è precisamente ciò che ha caratterizzato la ricezione francese della fenomenologia in ambito psichiatrico, una ricezione che non ha esitato a recuperare lintuizione heideggeriana secondo la quale "il problema dellesistenza non può essere posto in chiaro che nellesistere stesso" (Essere e tempo, § 4) per ridefinire il concetto di Dasein a partire dal suo radicamento nel mondo come apertura "vitale" a esso, e che nel farlo si è servito degli strumenti concettuali della biologia. Ed è precisamente questo, ci sembra, lo spirito con cui Maldiney ha fatto propria e ha sviluppato la nozione weiszäckeriana di "atto biologico", questo originale concetto che si poneva come lesempio di un pensiero finalmente in grado di rinunciare a risolvere l"essere-nel-mondo" nei termini di una relazione soggetto-oggetto, ma che allo stesso tempo non ne ascriveva le prerogative ultime alla forma vuota di una soggettività trascendentale, né a un fondamento di carattere totalitaristicamente ontologico.
Se quella "piega entro cui lio e il mondo sono originariamente intricati è la piega di un esser-ci" (Crisi e temporalità
, cit., p. 76), è perché lesistenza è "avanti-a-sé", è "impossibile a intendersi come un che di positivo (Psicosi e presenza, pp. 69-70), è insomma come mostrava Weizsäcker attraverso la nozione di Gestaltkreis genesi immanente e perpetua di quel presente che sono le sue forme, le forme di un "essere-al-mondo" che coincide con l"avvento del mondo".
In conclusione, ancora qualche breve considerazione più specifica in merito alla traduzione di questi saggi di Maldiney. Nelle brevi citazioni che abbiamo riportato, infatti, ci siamo permessi di operare qualche variazione rispetto alle scelte terminologiche di Leoni. Si tratta di piccole modifiche che risultano essere tali più rispetto al linguaggio scelto dal curatore delledizione italiana che a quello di Maldiney stesso, di cui abbiamo preferito mantenere la "letteralità" in ragione della prospettiva secondo cui abbiamo inteso rileggerne i testi, e che si è voluta attenta all"assonanza" concettuale fra questo autore e la corrente biologico-fenomenologica allinterno della quale ci è sembrato giusto collocarla.
Nel primo caso, si tratta di un avverbio: Maldiney afferma in un passaggio relativo alle caratteristiche dellesistenza schizofrenica che il rapportarsi al tempo nasce "de lévénemement qui est à chaque fois avénement du monde" (p. 81 delled. fr.), mentre Leoni traduce quel "à chaque fois" con lavverbio "sempre" (p. 69), ciò che inspiegabilmente non avviene, invece, nelloccorrenza successiva di questa espressione (p. 76). A costo di sembrare pedanti, ci è sembrato di una certa importanza cercare di mantenere la sfumatura che Maldiney imprime proprio a tale caratterizzazione del tempo, giacché attraverso di essa egli intende mostrarci il carattere "perpetuamente" in fieri del tempo stesso, quella sua "origine" che non si cela in un "sempre" di carattere quasi ontologico, ma che è "originaria" solo in quanto "presente-origine". E Maldiney lo spiega espressamente, daltronde, nel momento in cui mostra come la temporalità dellesistenza in quanto transpassibilità si distingua dallesistenza schizofrenica proprio in virtù di questo carattere perennemente "originario" dellesistere. Ciò che definisce la temporalità dello schizofrenico, invece, è esattamente il fatto che il tempo "non è più fondato sulla perpetuità di un presente-origine, capace di accoglimento inaugurale o di inaugurale decisione", ma sulla staticità che è la fissazione di quel presente dellogni volta in un "presente-limite" (p. 62). Più in particolare, nellottica che abbiamo cercato di delineare in queste pagine, ci è sembrato che il rendere l"ogni volta" maldineyano con un "sempre" di più immediata assonanza heideggeriana, non rendesse ragione di quel forte riferimento alla nozione weizsäckeriana di "atto biologico" che Maldiney richiama esplicitamente per definire la sua stessa concezione dellesistenza come transpassibilità. Ed è interessante sottolineare come quellogni volta venga impiegato da Weizsäcker proprio nel momento in cui egli si trova a delineare il contorno di quel mondo che per lui non può essere che un "mondo effettuale" che si forma ogni volta come attualità, come "presenza sensibile" (La struttura ciclomorfa, tr. it. a cura di A. Masullo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995, p. 37). Ma non solo. Anche Binswanger fa ampio uso di questa espressione, e proprio per definire il che può apparire a prima vista contraddittorio come i "momenti strutturali costitutivi a priori" che la Daseinsanalyse ha il compito di "diagnosticare" costituiscano larchitettura "di ciò che è ogni volta il tutto del mondo dellessere-nel-mondo" (Sulla fuga delle idee, cit., p. 197). Così egli afferma se è vero che, heideggerianamente, luomo "è già sempre gettato" nel mondo, tuttavia questo "mondo" su cui fa presa la Daseinsanalyse è una "totalità di significato" che è tale solo in quanto luomo vi "vive" "in quanto questo uomo che ogni volta si trova, si comprende, si preoccupa in tale modo" (ivi, pp. 73-74).
Si comprende allora, in questo modo, il significato del tutto peculiare che il riferimento all"ontologia" riveste per la "fenomenologia" che Maldiney traccia attraverso questi autori, unontologia alla quale, con Heidegger, davvero resta poco in comune, e della quale proprio Binswanger aveva fissato in modo pregnante i tratti, accostandola alla Daseinsanalyse non per assegnarle il compito di uninterrogazione filosofica radicale, ma solo come termine oppositivo rispetto a unindagine sull"essere-nel-mondo" intesa nei termini di "logica" e "teoria della conoscenza" (Accadimento ed Erlebnis, tr. it. di E. Filippini, in Per unantropologia fenomenologica, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 346).
Si comprende, inoltre, il significato anzitutto metodologico che Maldiney assegna al riferimento psichiatrico alla "fenomenologia", a questa "corrente" della filosofia alla quale già Lantéri-Laura proprio in Francia, sin dallinizio degli anni sessanta aveva assegnato il carattere più di un"attitudine" che di unortodossia e rendendola in tal modo compatibile non solo con la psichiatria, ma con le stesse scienze biologiche. Ed è proprio questultimo riferimento a darci il la per accennare alla seconda variazione terminologica che ci siamo permessi di operare sulla traduzione di Leoni. Si tratta di un passaggio in cui Maldiney sottolinea precisamente lattitudine secondo la quale la sua prospettiva filosofico-psichiatrica intende avvicinarsi alla psicopatologia. Egli sostiene, dunque, che "au lieu de lui [allo psicotico] appliquer les normes dune "sagesse acquise ailleurs", nous cherchons à mettre en évidence, pour le faire nôtre, le questionnement immanent à son existence en question" (p. 7 delled. fr.). È su quellaggettivo, "immanente", che Maldiney utilizza quasi a mo di avverbio, che vorremmo soffermarci, giacché la traduzione italiana sembra non essersi accorta del valore metodologico che esso riveste allinterno del saggio, dal momento che lo rende con: "portare allevidenza e far propria la domanda che si nasconde nella sua esistenza in questione" (pp. 4-5). La precisazione ci sembra tanto più significativa nella misura in cui, poche righe più sopra, Maldiney sostiene precisamente limpossibilità, per la sua ottica, di "partire da una definizione a priori dellesistente" per definire il "senso dellesistenza" (p. 4). Ecco allora che in questo modo si chiarisce ulteriormente il significato ma soprattutto il valore, dicevamo, che la "fenomenologia" acquista per la ricerca psichiatrica in generale, e in particolare per quella di "marca" francese, una ricerca che del procedere fenomenologico ha apprezzato anzitutto la capacità di trovare nella realtà stessa il principio della sua giustificazione, a prescindere da qualsiasi "saggezza acquisita altrove", fosse essa di carattere oggettivo-naturalistico, "ermeneutico" oppure "ontologico". Come sosteneva Lantéri-Laura, insomma, dalla fenomenologia "in quanto medici" "ce nest pas une doctrine philosophique que nous attendons, mais plutôt un renouvellement de nos moyens cliniques dinvestigation" (La psychiatrie phénoménologique, Paris, PUF, 1963, p. 8).
ELISABETTA BASSO