Stefano Besoli (a cura di), Ludwig Binswanger. Esperienza della soggettività e trascendenza dellaltro. I margini di unesplorazione fenomenologico-psichiatrica;
Prima edizione: dicembre 2006
Copyright 2006 Quodlibet
pagine 814
ISBN 978-88-7462-108-8
Stefano Besoli
Prefazione
Lincontro con la riflessione di Binswanger ci porta in primo luogo a riconoscere che non si è in presenza di un cammino di pensiero accidentato, di un incedere rapsodico scandito da ripetute "fughe" nellarte, nella letteratura o anche solo nella più sistematica filosofia, ma che in esso prevale la ricerca del fondamento unitario, da consegnare alla psichiatria attraverso lelaborazione creativa di nozioni provenienti da molteplici arsenali filosofici. Se, sul piano della pratica psichiatrica, Binswanger conveniva iuxta linsegnamento di Eichhorst che non solo non è possibile tralasciare alcun "organo", ma ancor più nessuno dei "metodi" dindagine, a livello teorico la sua impostazione non cede a un ibrido istinto mimetico, ma è sempre sorretta da una lucida tensione fenomenologica. Del resto, per convincersi della vocazione scientifica che sospinge il suo tentativo di dar luogo a unantropologia estranea a un"idea specialistica" delluomo, in quanto incline viceversa ad afferrare in modo impregiudicato la "totalità dellesistenza umana", basterà imbattersi nellEinführung in die Probleme der allgemeinen Psychologie (1922), in cui lampiezza della trattazione che fa di questopera la più sapiente e informata introduzione storico-critica allindividuazione dello "psichico" non produce alcuna dispersione tematica, ma persegue già quellideale approfondimento metodologico in linea con ladagio kierkegaardiano secondo cui i problemi (in questo caso della scienza psichiatrica) non "possono più ricacciarsi indietro a vicenda, come se si trattasse di arrivare per primi a una mascherata". In unepoca che per dirla con Scheler si era in larga parte esaurita, sotto il profilo filosofico, nella formulazione interlocutoria di "prolegomeni", "preludi" e "questioni preliminari", la prima grande opera binswangeriana il cui carattere "introduttivo" era peraltro reminiscente, fin dal titolo, della psicologia di Natorp lasciava scorgere in filigrana tutti gli ingredienti teorici (intenzionalità, intersoggettività, problematica costitutiva e unitarietà della persona o dellio) che avrebbero trovato in seguito un più maturo assestamento in un quadro dottrinario di spiccata conformazione husserliana.
La tesi convenzionale e oltremodo schematica, che predica una partizione del pensiero binswangeriano in fasi tra loro rigidamente distinte, risulta inadeguata non solo perché ne comprime levoluzione, oscurando la continuità che esso mostra nel reinvestire dialetticamente le concezioni assimilate in una sempre più comprensiva cornice progettuale, ma soprattutto perché insinua con estrema disinvoltura la presenza in Binswanger di un persistente manierismo. Tale condizione si rivelerebbe nel fatto che le fascinazioni subìte avrebbero impedito a Binswanger di accedere a uno "stile di pensiero" proprio, costringendolo a un continuo "rispecchiamento" di sé in modelli teorici alterni, con lesito di irrigidire lo sviluppo della riflessione in statiche registrazioni impersonali, compendiate da un linguaggio evocativo fin troppo artificioso che culmina, allepoca delle Grundformen, nellabuso dell"infinito sostantivato", a discapito così sintende del divenire naturale di una visione autonoma. A ben vedere, però, il percorso tracciato dalla ricerca binswangeriana non si presta a questi superficiali rilievi derogatori, rappresentando a nostro avviso una sorta di cartina di tornasole attraverso cui ottengono concreto risalto molte delle questioni insorte nel dibattito fenomenologico della prima metà del Novecento, giacché il programma della scienza psichiatrica che Binswanger tratteggia non rientra solo tra i contributi di una generica "psicologia fenomenologica", ma attinge direttamente ai lineamenti della fenomenologia, maturando una proposta di elevato tenore filosofico ancorché calibrata a livello di pratica esperienziale.
Limpegno che Binswanger attua in una zona di competenza circoscritta garantisce di fatto un "correttivo empirico" ai rischi derivanti da assolutizzazioni di ordine metodologico o, addirittura, dal predominio in ambito psicologico di vuote speculazioni filosofiche. Peraltro, la figura di Empiriker, che egli ricopre in maniera rigorosa, non è in contrasto con la valenza assegnata alla fenomenologia nellerigere la psichiatria a scienza dellumano, poiché il contributo che può derivare da tale investimento fenomenologico non prevede un riscontro di dipendenza o di mera ricezione prescrittiva da parte dellindagine psichiatrica, stante che è peculiare alla stessa fenomenologia sottostare al primato dellindicazione fenomenica. In rapporto al campo delle discipline psicologiche la fenomenologia non è mossa, infatti, dallesigenza di supplire alle loro carenze epistemiche, candidandosi a ideale sostituto, bensì ha il ruolo di vagliare le condizioni esplorative dei terreni che ha concorso a dischiudere, superando la distinzione arcaica tra natura e spirito, ma al tempo stesso chiarendo nel senso della genesi costitutiva la diversa morfologia riscontrabile negli oggetti di volta in volta considerati. In sintonia con i dettami più profondi della fenomenologia husserliana, anche Binswanger ritiene che le scienze della natura e dello spirito abbiano, come trait dunion, laspetto metodico dellesser dipendenti da una datità oggettuale Nella fattispecie, ciò comporta però che il rigore ottenibile nellindagine applicata alla sfera della soggettività debba essere perseguito emendandosi sia dalla naturalizzazione dei fenomeni coscienziali, sia dallopposta pregiudiziale costituita da un positivismo di segno spiritualistico, in quanto posizioni entrambe compromesse da una dogmatica "superstizione del fatto". In tal senso, non ha nulla di paradossale che Binswanger colga nel legame strettissimo tra filosofia e scienza il requisito di una loro reciproca autonomia, come a conferma che solo il riconoscimento dellessenza di tale dialettica costitutiva presente nellimpianto stesso della fenomenologia husserliana tra lontologia regionale dello "psichico" e legologia propriamente trascendentale legittimi una distinzione che altrimenti non si potrebbe neppure espressamente tematizzare.
Non avendo percezione di sé come filosofo, Binswanger si ritagliò in subordine il ruolo di "descrittore", adottando quel metodo fenomenologico che gli permise di svincolarsi dal modello eziologico delle scienze della natura e dalleccessiva propensione teorico-esplicativa della psicoanalisi. Di fronte al principio freudiano secondo cui i "fenomeni percepiti" dovrebbero cedere il passo alle "tendenze" anche solo "ipotizzate", Binswanger si convertì decisamente al programma fenomenologico, che ambiva a sancire il primato dell"evidenza intuitiva", per cui tra le acquisizioni che egli non cessò mai di rivendicare vi è quella di aver "visto realmente una gran quantità di fenomeni". Daltronde, Binswanger maturò ben presto consapevolezza che lauspicabile integrazione del pensiero freudiano (con la rispettiva comprensione) si sarebbe dovuta compiere in assenza di Freud, procedendo al di là della sua opera invero "gigantesca", senza sapere fino a che punto egli avrebbe per così dire accompagnato tale processo di distanziamento. Lattenzione esclusiva al "vedere", che la fenomenologia poneva al servizio dellanaloga funzione riservata all"intuizione dessenza", prometteva a Binswanger di cogliere le strutture relazionali in contenuti descrittivamente rilevabili, oltrepassando il riduzionismo tipico di ogni scomposizione discorsiva di stampo naturalistico, nonché il recedere che scandisce il metodo di deduzione costruttivistico, a cui la fenomenologia oppone il progredire della "comprensione intuitiva" vòlta a evidenziare come Binswanger stesso avrebbe attestato nel suo work in progress le "operazioni costitutive della coscienza", alle diverse altezze aperte allo "sguardo della riflessione".
Il metodo fenomenologico, guidato dal filo conduttore dellanalisi intenzionale, aveva messo a disposizione di Binswanger con lintervento di atti di natura categoriale un campo oggettuale di vastità immensa, di cui non si poteva fare tuttavia esperienza in modo solo induttivo, ma che anzi sollecitava un"interpretazione metodico-critica", predisposta dal modo in cui lesperienza fenomenologica lascia che il contenuto delle "pure datità fenomeniche" giunga come tale a espressione. La fenomenologia non consiste infatti in un mero accumulo di materiali, tale da rappresentare lo sfondo di teorizzazioni ipotetico-deduttive di varia natura, ma contiene invece lantidoto nei confronti della "rage de vouloir conclure " che ha in assoluto contrassegnato il sapere obiettivante. La considerazione metodica avanzata dalla fenomenologia porta a "far parlare" le cose: non certo nel senso di forzarle a confessare una verità che non possiedono, ma esibendo le condizioni trascendentali del loro stesso manifestarsi, da cui ogni disciplina scientifica trae il fondamento e la più profonda legittimazione. Linnervazione eidetica che attraversa lesperienza fenomenologica determinando il peculiare senso descrittivo di tale impostazione filosofica avvicina Binswanger da subito a un"esperienza dellesperienza" (o "esperienza trascendentale"), che egli accoglie da Szilasi con ancora forti venature kantiane, prima di riuscire a curvarla nella "fenomenologia trascendentale", quale campo operativo racchiuso tra il sistema delle modalizzazioni di una datità originaria e lideale approdo a un io trascendentalmente purificato, in veste di fonte soggettiva dellesperienza stessa. Il reperimento di questa nuova modalità esperienziale esplicita la ricchezza contenuta nellapproccio al reale concepito come possibilità, poiché essa è esperienza anche della "compagine strutturale" che funge da principio regolativo della variabilità del correlato coscienziale. Di qui dunque lidea che Binswanger condivide con Szilasi secondo cui la formazione di "nuove possibilità concettuali" non avviene sulla base di "esperienze" induttivamente considerate, ovvero di un procedimento astrattivo che percorre allinverso lintera specificazione dei generi esperienziali, ma come siano invece "nuove modalità desperienza" a consentire di giungere a "nuove possibilità dellesperire", cosicché al fenomenologo tanto più se è psichiatra non può difettare quel "senso della possibilità" mirabilmente illustrato da Musil che riduce il mondo da oggetto già dato a esito di unoperatività trascendentalmente costitutiva, estendendo la capacità di pensare a tutto ciò che "potrebbe egualmente essere", ma che non ha per questo minore importanza di ciò che è.
Nel dilatare i contorni di unesperienza, non più ristretta ai margini imposti dai metodi naturalistici del positivismo, Binswanger sfruttò unintera costellazione di riferimenti fenomenologici, che annoverava oltre alla presenza a spettro ampio di Husserl e allincisiva influenza della variante ontologico-esistenziale rappresentata da Heidegger le forti implicazioni psicologiche del pensiero di Scheler e di Pfänder. Fu questultimo, in particolare, a suggerire a Binswanger di includere le tematiche trattate sotto il titolo di "fenomenologia psicopatologica" senza intendere con ciò produrre un ulteriore asservimento nei confronti della filosofia, ma rendendo anzi più agevole in prospettiva rivendicare lautonomia della scienza psichiatrica. Oltre a ciò, fu ancora Pfänder a confortare Binswanger sullopportunità di sviluppare la fenomenologia che non è peraltro una tecnica puramente soggettiva passibile di dispersioni "intuitive" anche sul côté artistico (o letterario), per cui linteresse binswangeriano per tale campo fenomenico non andò semplicemente di pari passo al suo rivaleggiare con il linguaggio heideggeriano sfida che rischiò di confinare Binswanger non già al ruolo di "principiante" fenomenologo, ma a quello di perenne autodidatta. Al contempo, non era però solo la fenomenologia ad arricchire di nuove dimensioni il contesto dellesperienza, incrementando lesplorazione di fenomeni in cerca di varietà e differenze, giacché lampliamento andava esteso ad esempio in direzione della stessa prassi psicoanalitica, dal momento che era stato per primo Freud a dare un fondamento esperienziale allermeneutica. Ciò naturalmente non significa che lo statuto della fenomenologia vada smembrato o sia modulabile in ragione dei pressoché infiniti registri fenomenici, ma che il "rispetto di fronte ai fenomeni", dal cui solo contenuto occorre attingere il "senso" e lo "scopo", debba essere sempre alla guida dellorientamento fenomenologico, che proprio in virtù di tale "dedizione" ha mostrato di sapersi rivolgere allesistenza umana senza incorrere in falsificazioni esiziali, come quelle ad esempio perpetuate nella tradizione di pensiero cartesiana. Così come la fenomenologia ha rappresentato per Binswanger "solo uno dei sismi" sebbene quello di maggior impatto che la psicologia e la psicopatologia hanno subìto lungo il cammino che le ha condotte da un atteggiamento essenzialmente obiettivistico a una più marcata inclinazione verso il terreno della soggettività, anche il "salvataggio dei fenomeni" cui Binswanger si dispone non segue esclusivamente lindicazione husserliana, ma valorizza la dimensione qualitativa dellesperienza, privilegiata dallindirizzo "fenomenologico " di Goethe e, in certa misura, da Dilthey.
Il compito binswangeriano di dare una fondazione gnoseologica allesperienza psichiatrica è assunto dunque allinterno di una più dilatata "ermeneutica dellesplorazione" fenomenica, in cui esperire e sapere convergono nei loro tratti essenziali a garantire un esito non puramente intellettuale. In questo quadro, un rilievo particolare va ascritto al disegno binswangeriano di istituire il linguaggio a nuovo ordine fenomenico, elevando la "metafora" ad autentico strumento espressivo della descrizione fenomenologica (e daseinsanalitica), dato che i limiti di una connotazione del linguaggio in termini puramente scientifico-discorsivi rilanciano la funzione aristotelica della metafora come base di ogni astrazione o, per dirla alla maniera di Binswanger, come "fonte dintuizione e dinterpretazione fenomenologica". A partire da un riconoscimento funzionale del modo in cui luso poetico della metafora si sottrae in apparente analogia al delirio ai ֿ •vincoli eidetici" imposti dalla realtà, Binswanger incrementa il ricorso allimmaginazione nella definizione di modelli interpretativi, senza che ciò attenui tuttavia il rigore della sua proposta scientifica o la assimili a una vuota costruzione speculativa. Al contrario, il radicamento nel "mondo-della-vita", che i fenomeni oggetto dellindagine binswangeriana mostrano, testimonia di una crescente armonia con gli sviluppi della fenomenologia husserliana, nella misura in cui anche Binswanger per quanto da una diversa angolatura si pone il problema di tradurre il linguaggio della scienza naturalistica in quello della vita quotidiana, consapevole che l"immagine del mondo scientifico" può essere compresa solo a partire da una sua costruzione non lacunosa basata sulla costante validità dell"immagine prescientifica del mondo", incentrata da parte sua sul "comprendere" come modo di conoscenza della "persona umana". Laderenza a tale piano, che Binswanger realizza nella sua indagine psichiatrica, soddisfa in pieno i requisiti dellanalisi fenomenologica, che esclude lisolamento dei fenomeni in singole datità assolute, considerando appunto tale artificiosa indipendenza alla stregua di un apeiron, di cui non può esservi riscontro scientifico. Viceversa, Binswanger si avvale in vari passaggi della sua opera della dottrina husserliana "degli interi e delle parti" per scoprire le "leggi dessenza" che reggono la trama di ogni esperienza fenomenica, riconoscendo anche nel legame tra i vari momenti della temporalità un richiamo non certo estrinseco con la relazionalità strutturale che domina ogni concreta totalità. La stessa psichiatria binswangeriana, che si occupa delluomo e non di "qualcosa che è in esso o di esso", ne valuta lessenza individuale in quanto soggetto incluso nellintersoggettività trascendentalmente costitutiva che individua la tipica struttura ontologica della Lebenswelt, riprendendo dunque dalla correlazione universale intermonadica la questione dellintersoggettività, che nellimpostazione heideggeriana del "con-essere" appariva forse a Binswanger per dirla con lespressione hegeliana utilizzata da Blankenburg un po troppo "sparata di botto". La condizione della perdita dei rapporti intersoggettivi quella in cui, nellimmagine di Hofmannstahl, non si è più in grado di "levare le tende" è la situazione che affronta la psichiatria binswangeriana, al fine di eliminare l"incomparabilità" tra i mondi di singoli individui, non più accomunati da una fungente vita intenzionale. Lergon anthropinon, che Binswanger svolge in maniera così riuscita, ha dunque di mira la "cosa stessa" dellesperienza umana, la cui profondità resta tuttavia inesauribile, come del resto insondabili sono i confini dellanima.
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