Dulcis alebat : una sguardo su Bion di Romolo Rossi
Mi concederete alcune considerazioni sullautobiografia di Bion, connessa con le lettere ai familiari, "A ricordo di tutti i miei peccati", ( ASTROLABIO, 2002) che mi ha dato un profondo senso di commozione. Lo straordinario personaggio risalta molto bene in questo libro, diviso in due parti, tra lautobiografia e le lettere ai figli e alla seconda moglie.
Mi ha colpito la presenza culturale,che era quella di uno psichiatra (cosi si definisce egli stesso) in senso completo, i suoi elementi culturali integrano la sua vita e compaiono dallinterno della sua opera e dal suo stile di vita senza bisogno di mediazioni.
Non deve sfuggire che "tutti i miei peccati" e una citazione shakespeariana: alla fine del monologo amletico, Amleto rivolge questa frase ad Ofelia, la quale prega per lui: "Ninph, in thy orisons, be all my sins rimembered". Significa, parafrasando: ricordali tutti i miei peccati perche sono tanti e pregare per me e difficile. Ma parafrasare Shakespeare e sempre unimpresa disperata.
E lespressione, questa, di un altissimo livello di consapevolezza, forse il culmine che un uomo puo raggiungere: una frase come questa di Shakespeare non si dimentica piu.
Bion scrive queste memorie tardi, quando ormai e un molto conosciuto, molto importante, una presenza fondamentale nel panorama europeo del secolo scorso. Ma, come tutti i grandi uomini, ha un profondo senso di amarezza, di insoddisfazione, di autoironia non solo britannica, ma universale, che, alle volte, si avvicina al Galgenumor.
Ma questuomo ritrova un equilibrio idealizzato quando si rivolge alla famiglia, dove compare una persona tutta diversa: allegro, vivace, scorrevole, piena di comprensione e di buon umore, si potrebbe dire, e di progettualita festante.
Ci si chiede: "perche due uomini cosi diversi?"
A me sembra chiaro.
Bion sa come si vive, sa che una cosa e il mondo interno, dove ogni individuo porta se stesso e una cosa e il rapporto con gli altri, con quelli che si hanno vicino, e che non si possono tormentare: un minimo di idealizzazione, di negazione ci vuole. E Bion le usa a piene mani, e crea una scissione salutare. Egli ha capito che non si puo invadere con il proprio mondo interno, autodistruttivo, con la consapevolezza di morte che l'uomo porta dentro, (quella di Shakespeare, "all my sius"), chi ci circonda, senza creare linferno.
Bion aggiusta tutto, ha un orologio interno che non funziona bene, come tutti gli orologi di questo mondo, e che egli rimette a posto ogni sera per farlo funzionarel il giorno dopo.
E ovvio che lultima cosa che gli interessa e la psicoanalisi come struttura, lortodossia, lessere uno psicoanalista comme il faut, e per capire questo, basta leggere le pagine che parlano della Klein, che vicino a lui sembra un personaggio limitato. La psicoanalisi gli interessa come creazione di unarea della mente; che sia kleiniana o freudiana, che sia ortodossa o eterodossa, che porti a una teoria o a unaltra, a lui non gli interessa. E un uomo al di la delle scuole; leggendo questo libro si capisce come non potesse che essere al di la della scuole, come non volesse la creazione di una scuola bioniana, perche questo sarebbe un po una ripetizione di quello che e successo a San Francesco, che era contrario ad ogni proprieta, ad ogni ricchezza e che addirittura buttava via le tegole dai ripari che si facevano i suoi confratelli perche diceva che si doveva vivere nella nuda terra, e alla fine si e ritrovato, dopo morto, due basiliche costruite una sopra allaltra ad Assisi, con una cerimonializzazione che egli avrebbe considerato stolida e inutile. Si puo, senza tema di debordare, citare S. Francesco a proposito di Bion, visto luso a piene mani che egli ha fatto di S. Giovanni della Croce.
Anche Bion rischia una scuola bioniana, che forse era lultima cosa che voleva.
La sua interezza culturale e veramente commovente. Come la cultura fosse vissuta entro il suo mondo interno lo vediamo bene, nel suo modo di vivere la classicita, per esempio, dentro il suo spirito. E straordinario vedere come questo Inglese, questuomo di cultura anglosassone, nato in India, abbia dentro Virgilio; mi sono sempre domandato perche' la figlia si chiamasse Partenope, e questo libro me lo ha chiarito: si chiamava cosi perche gli risuonava in mente il verso della Georgiche "Illo Virgilium me tempore dulcis alebat Parthenope": era semplicemente il vissuto di accudimento e di tenerezza che stava in quel "alebat" una parola quasi intraducibile, che indica alimentare, accudire, dar da mangiare, curare infine, e per ultimo, amare nel modo piu concreto.
Mi pare anzi che il verbo alere derivi da a
l
s
, come dire sale, o mare, e che da questa immensa radice materna derivino parole come alimentazione, alto, alt, old. Bion, vedete, aveva capito Virgilio, perche entrambi, Bion e Virgilio, se ne intendevano di ritorno alla origini.
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