BOLLETTINO FENASCOPIl dramma di un figlio malato
rispondeBarbara Palombelli su Repubblica del 25 novembre 1998
Sono una donnadi 55 anni, con la madre di 92,il suocero di 81, convivo con un ex marito(separati in casa) e ho un figliodi 31, psicotico da una decina d'anni.Negli ultimi 2 anni è statoricoverato due volte in ospedale perforti crisi aggressive (entrambe levolte sono stata picchiata); i suoiatteggiamenti sono provocatori e sprezzanti.Nel passato ha fatto anche usodi droghe. Fino al giugno scorso, era riuscitoa curarsi con glipsicofarmaci, la dottoressa che lo ha in cura al CPS gliaveva prescrittoil Risperdahl, che evidentemente è un farmaco adattoa lui, ma lo hapreso un anno e poi ha smesso perché "non accettadi esseredipendente dalle medicine", e perché lo facevamoltoingrassare. L'anno scorso, dopo l'ospedale, avevo chiesto alladottoressadi farlo accogliere in una comunità adatta, ma pare che aMilanoper i pazienti psichiatrici ci siano solo due strutture diaccoglienza permanentiche sono molto affollate. Lui se l'è cavatada solo per un po', haconvissuto con una ragazza che ha problemi di drogae di bulimia, io cercodi dargli tutto l'aiuto che posso ma non sonoriuscita a tornare a viverecon lui per la sua insofferenza alla miapresenza (e il mio timore). Il mesescorso gli era stata offerta la possibilità,dall'assistente socialedello stesso CPS, di frequentare un corso per impararea usare il computer,quindi si era affacciata una speranza per il suo futuro,ora nuovamente sidilegua perché non prende più medicinali,quindi non riesce auscire di casa, ha perso i documenti personali, nonsi lava, si lasciaandare. Nei prossimi mesi inizieranno anche alcuni processia suo caricoper furto (lui cercava di prendere o prendeva automobili emotorini aperti"perché anche a me hanno rubato l'auto e lamoto", cosavera del resto, che appartiene però al suo passatodi quando stavabene). Il suo contatto con larealtà è stravoltodalla malattia. Ho un amico avvocato cheha fatto e fa tanto per aiutarlo,ho un lavoro che mi piace e mi permettedi non impazzire davanti a questarealtà, ho fatto analisi di gruppoper cinque anni per dar voce allamia disperazione, ma ora mi ritrovoarrabbiata e impotente. I medici hannofatto poco, ma forse non potevanofare di più (l'unica soluzioneche la dottoressa ha trovato èdi farlo ricoverare di nuovo in ospedalecon TSO, Trattamento SanitarioObbligatorio), le comunità privatesono molto costose (per itossicodipendenti lo Stato stanzia miliardi, sperandodi recuperarli, per imalati di mente molto poco perché non credeche guariscano). Come sifa a aiutare chi non vuole essere aiutato? Gli amici lo sfuggono perché hanno paura,suo padre"si augura che muoia", io poi ho il cuore spezzato.lo poi ho unlavoro di responsabilità che mi porta via molto tempo(fino alle 20in ufficio, ma forse è un bene), e devo risolvere iproblemi disalute e di crisi di due persone molto anziane che non hannoaltri che me.Questo è uno sfogo ma è anche una richiestadi aiuto, che nonso come si possa attuare, ma la lancio ugualmente. FrancescaSintini
Milano
Dinuovo, una richiesta di aiuto. Dividere con gli altri i nostri problemifamiliari, o di salute, è un grande sollievo. Francesca ha bisognodi sentirsi meno sola. Questa rubrica ha già ospitato altredisperate lettere di genitori di ragazzi malati di mente: c'è undramma più grande, per un padre o unamadre? Gentile dott.ssaPalombelli, Le scrivo in relazionealla lettera "Il drammadi un figlio malato" (Repubblica 25/11scorso) sperando di poter essered'aiuto alla signora Sintini e a quantivivono il dramma della malattiamentale. La Sig.ra Sintini propone un tema, quellodellascarsità di fondi destinati alla psichiatria, che da semprelimitale possibilità di intervento a favore del malati di mente. Daquestascarsità di mezzi economici deriva anche la scarsitàdi struttureterapeutiche e riabilitative per la malattia mentale. Ed haragione la signoraquando rileva che ad esempio la tossicodipendenza ricevemolte piùattenzioni della psicosi per la cura e la terapia, tantoche le ComunitàTerapeutiche, nate per il trattamento dei disturbipsicotici e sviluppatesiprevalentemente a questo scopo nei paesianglosassoni, sono conosciute dalpubblico italiano quasi esclusivamentecome strutture elettive per il trattamentodelletossicodipendenze. Da anni ènata una Federazione delle StruttureIntermedie in Psichiatria laFENASCOP (Federazione Nazionale StruttureComunitariePsico-Socio-Terapeutiche), fondata espressamente conlo scopo didifendere e diffondere la cultura della Comunità Terapeuticaincampo psichiatrico. Alcune di questestrutture operano da piùdi dieci anni in regime di convenzione conle Regioni di appartenenza, conprogetti terapeutici individualizzatirispetto ai bisogni del paziente econcordati con i servizi territoriali dibase. Le Comunità Terapeutichesecondo le direttiveministeriali possono ospitare un numero molto piccolodi pazienti (massimo20) vista la necessità di individualizzarefortemente il trattamento,e il numero delle strutture esistenti nonè neppure lontanamentesufficiente a soddisfare larichiesta. Inoltre, le rette di questestrutture, che offronostandard operativi decisamente elevati, non vengonodecise dalla singolastruttura, sia essa pubblica o privata, ma da precisedelibere regionali,e per quanto io ne possa sapere, non superano le250.000 lire al giorno,con costi assai più bassi dei ricoveriospedalieri a fronte di ritardida parte delle A.U.S.L. nel pagamento dellerette che in alcuni casi superanoi 10 mesi. È immaginabile che unasituazione di questo tipo mettacontinuamente in discussione lasopravvivenza stessa di esperienze di questogenere in Italia, esperienzeche finora, per esistere, hanno praticamentepotuto contare solosull'inestimabile risorsa costituita dalla forte motivazionedeglioperatori che vi lavorano. Eppure leComunità Terapeutiche sono unadelle poche risposte concrete aldisagio psichico grave e al dramma chevivono le famiglie con un parentemalato di mente. Ribadisco, si fa inconcreto molto poco per i malatidi mente a differenza di quanto avvieneper altre categorie svantaggiate:non perché siano incurabili tuttiquesti anni di lavoro delle StruttureIntermedie dimostrano infatti ilcontrario ma perché i disagiatipsichici, per gran partedell'evolversi della loro malattia, sono la categoriasvantaggiata menocapace di far pesare i propri diritti. I malati di mente hanno bisogno, a volte perlunghiperiodi, che qualcun altro dia una voce comprensibile al lorobisogni ealla loro disperazione. E la difficoltà maggiore èquelladi fare questo restando rispettosi dei diritti edell'individualitàdi ognuno. Ifamiliari, specie quando riescono a avvicinarsialla malattia del congiuntocon la sofferta consapevolezza che mostra laSig.ra Sintini, sono unagrande risorsa per chi soffre e per gli operatoriche cercano di aiutarlo.Ma, affinché l'aiuto sia possibile devonorendersi disponibilirisorse che allo stato attuale la sanità italiananon rendeaccessibili. È fondamentale chei servizi socio-sanitariitaliani riconoscano realmente ai disabilipsichici gli stessi diritti chericonoscono ad altre categoriesvantaggiate, garantendo a loro e alle lorofamiglie una tutela adeguata estrutture idonee per la terapia e la riabilitazione,come peraltro previstotutta una serie di Leggi dallo Stato (180/78 in testa)lungamente elargamente disattese. Se la signoraSentini e/o suo figlio, assieme aglioperatori del CPS, vorranno mettersiin contatto con me potrò fornireloro gli indirizzi delle struttureassociate alla Fenascop, nella speranzache possano trovare un aiutoconcreto. Mi concedo nel contempo ilpiacere di invitareLei, dott.ssa Palombelli, a visitare la Comunità"Reverie"a Capena (Roma), la Struttura presso la quale lavoro,che da circa 15 anniopera con i malati di mente. Con sincera stima dr. Antonino Serio
c/oComunità Reverie S.n.c. Loc. Passo Cavallone, 00060 Capena (RM) tel. 06-9073276, fax06-90375009 E-mali:seriol@uni.net TORNA ALL'INDICE FENASCOP
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