Arturo Casoni
IPRS (Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali Roma)
Inconscio Sociale e nuove costellazioni familiari in adolescenza. Spunti clinici e metodologici *
Il titolo del convegno ha preso spunto dal termine "liquidità", utilizzato dal sociologo Zygmunt Bauman ("Modernità liquida", Laterza 2002; "Amore liquido", Laterza 2004), per accostarlo a quella fascia sociale che chiamiamo "adolescenza". Ci sembra quindi che gli adolescenti contemporanei siano i soggetti che, con maggior evidenza, segnalino le contraddizioni caratteristiche della società contemporanea per come è descritta dal sociologo. La condizione adolescenziale, per le sue caratteristiche intrinseche di vitalità e di precarietà, segnala con intensità particolarmente evidente limpatto che le trasformazioni socio-culturali producono sui soggetti, e ladolescenza diviene in questo scenario la "popolazione target" per poter indagare gli sviluppi sociali futuri nella sua totalità, quindi una sorta di indicatore di "disagio della modernità".
Bauman prende lo spunto dal Freud de "Il disagio della civiltà", per sostenere che la civiltà è il frutto di un compromesso tra spinte diverse, tra il tentativo di raggiungere una individuale soddisfazione, e le esigenze poste dalla società - che hanno leffetto di offrire al singolo una maggiore sicurezza a scapito però di una minore libertà, o meglio di una limitazione del soddisfacimento soggettivo -: non cè guadagno senza perdita.
Si potrebbe dire quindi che ladolescente contemporaneo ha guadagnato in libertà ed ha perso in sicurezza. O meglio, secondo la terminologia freudiana, che vi è stato un ribaltamento: prima era il "principio di realtà" a porre restrizioni al "principio di piacere", ora è il "principio di realtà" a doversi difendere da un giudice che è il "principio di piacere". Bauman ci descrive lesperienza odierna come caratterizzata da una libertà potenzialmente infinita del soggetto accoppiata allinsicurezza infinita del soggetto stesso. La sofferenza più dolorosa dei tempi "liquidi-moderni", ci dice, è la paura dellinadeguatezza: limpotenza ad adoperare la propria libertà.
Questa angoscia mi sembra che definisca bene il vissuto degli adolescenti doggi.
Le riflessioni che seguono nascono da una doppia sorgente di stimoli, che sono la pratica clinica, il lavoro analitico con il soggetto in terapia, e il lavoro di ricerca sociale, meglio dire psico-sociologico. Le due sorgenti, secondo linsegnamento di Sandro Gindro, si fecondano vicendevolmente e aprono spiragli di comprensione o di pensabilità altrimenti irrealizzabili. Si noterà quindi, lungo lesposizione delle riflessioni, un continuo rimando e rinvio tra il registro clinico-psicoanalitico e quello psico-sociologico. Daltro canto, la psicoanalisi, nel suo essere teoria sociale e strumento di interpretazione del soggetto, ci offre lopportunità di questo doppio sguardo, e, nel mio specifico armamentario concettuale la categoria dellInconscio Sociale - che collega il soggetto allo scenario sociale e culturale entro il quale egli è accolto - mi permette di osservare con libertà uno dei "luoghi" più tradizionali della psicoanalisi freudiana, lEdipo, con lo spazio mentale per poter ipotizzare le eventuali modificazioni che possono esservi intervenute.
Mi verrebbe perciò da dire che, se qualcosa è cambiato nel "recinto" edipico, ciò non farà crollare ledificio teorico della psicoanalisi. Come ci ricorda Fausto Petrella, molto è cambiato a proposito della collocazione dellinconscio: esso non è più considerato zeitlos, un dispositivo psicobiologico fuori dal tempo, invariante, caratterizzato dallinerzia assoluta ("I disagi della psicoanalisi nella postmodernità", spiweb.it).
Prendo quindi le mosse da un passo dellarticolo di Petrella: "in molti casi nelladolescente post-moderno lEdipo abortisce, più che risorgere, essere superato e tramontare"; e più avanti, a proposito di Evanescenza dellEdipo: "Ciò non significa che lEdipo sia scomparso, ma semplicemente che è stato evitato, o che non si è neppure potuto abbozzare alle soglie delladolescenza, in un contesto relazionale sfavorevole, da una relazione materna insufficiente o per la carenza di quelle pressioni pedagogiche e ambientali verso la separazione e lintegrazione personale, che non sono oggi assunte da nessuna figura, né familiare né extra-familiare. Le domande, alle quali sembra impossibile fornire una risposta univoca, si affollano, ma non è irrilevante né porsele, né dare ad esse delle risposte specifiche e che mi sembrano varino da caso a caso, su uno sfondo comune difficile da configurare entro i limiti dellosservatorio analitico".
La domanda che mi pongo è: cosa è cambiato nellEdipo degli adolescenti contemporanei? Cosa è cambiato nelle imago di mamma e papà? Non penso di potervi dare una risposta, ma di poter identificare una linea di riflessione che ci sembra utile, raccogliendo lo stimolo di Petrella quando scrive: "
relazione materna insufficiente e carenza di pressioni pedagogiche intra- ed extra-familiari" come possibile strada da percorrere.
Parto da una suggestione visiva che si riferisce al titolo del convegno: ladolescenza liquida. La liquidità, in quanto tale, non ha forma se non contenuta. La sua forma è data dal contenitore. Ebbene, si può dire che ladolescente contemporaneo è non contenuto. Meglio ancora: un liquido, nel distribuirsi lungo le superfici che incontra per gravità, prima o poi si fermerà, incontrerà una qualche forma di contenitore. Quindi, si potrebbe dire, ciò che caratterizza i liquidi è la ricerca del contenitore. Forse questa definizione si attaglia anche alladolescente: colui che è alla ricerca di un accoglimento.
Facciamo qui riferimento al concetto di holding, di accoglienza/contenimento tanto caro alla psicoanalisi delle prime relazioni (Winnicott). Holding, tradizionalmente, è il compito materno per eccellenza nelle prime fasi evolutive dello sviluppo. Laccoglienza, il contenimento, sono appunto le caratteristiche della funzione materna. E nel primo rapporto con il corpo materno che si entra in contatto con laltro, che si esperiscono i piaceri e le frustrazioni della relazione con il fuori, e che quindi si acquisiscono e si stabiliscono le regole dellinterazione sociale.
I segnali che ci vengono dalladolescenza, sia riferiti ad unaccettabile "normalità" di condotte sia quelli francamente devianti o psicopatologici, ci mostrano una perdita di autorità/autorevolezza generalizzata riguardo al "contenitore" famiglia, che non ci sembra possa essere riferita solo alla perdita di ruolo del padre, o che non si limiti a questo.
Leclissi del padre è dato ormai acquisito, non solo nei pensieri e nei racconti dei ragazzi e delle ragazze che chiedono aiuto allo psicoterapeuta, ma nella società, nella cultura. Perfino nella giurisprudenza: la categoria patria potestas si è modificata radicalmente.
A proposito dei miti di fondazione, sembrerebbe che lo scenario freudiano descritto in "Totem e tabù" si sia realizzato di nuovo, allapice della "modernità solida" e ci introduca alla "postmodernità liquida". In effetti, alcuni comportamenti dissociali agiti dagli adolescenti ci fanno pensare appunto allorda primitiva così come è descritta da Freud.
Non solo quindi "fuga" dei soggetti-padre dalla funzione paterna, ma delegittimazione dellessere padre. Disvalore persino, in quanto inevitabilmente contaminato dal sospetto di sopraffazione e autoritarismo. Eppure la sua fuga dal ruolo è sentita come colpevole, spregevole, segnale di dichiarata incapacità. Non si esce dal paradosso: essere padre è il "mestiere impossibile" per eccellenza nella nostra cultura contemporanea.
Ci troviamo quindi di fronte ad una crisi del mandato culturale che definisce il significato e orienta i compiti di padre.
Nel libro La paura di essere padre (a cura di Pisciottano Manara, Magi 2007), di recentissima pubblicazione, si scrive che colui che sta diventando padre "sperimenta una propria storia regressiva, diversa e parallela a quella della madre. Una storia stranamente meno nota, meno studiata, meno dibattuta, quasi segreta. E vero che tutta quella scienza che va sotto il nome di psicoanalisi classica è praticamente fondata sul Padre, ma è vero che la paternità è stata poco studiata dallinterno". Quindi si riconosce il ritardo della cultura che si è nascosta di fronte al compito paterno, e si tenta di porvi rimedio: si apre il tema della "nuova paternità".
Questa apertura di riflessioni sulla figura paterna è segnalata, in questi ultimi anni, da una letteratura "nascente" appunto su questo tema (Cfr. Istituto degli Innocenti di Firenze, Rassegna Bibliografica, anno 7 n° 3-4, 2006, in particolare il box 4 sulla nuova paternità e nuova maternità).
E pensabile che, nella riformulazione reciproca dei ruoli paterno e materno, che non ha da essere uno scambio di ruoli ovviamente, sia più facile per il padre contemporaneo poiché ha avuto il tempo per "digerire" la sua crisi e delegittimazione poter avvicinare criticamente nuove forme di paternità, sperimentarle. Come ci insegna la psicoanalisi, lesperienza di destrutturazione è pre-requisito di una successiva ri-costruzione su basi nuove.
In "La paura di essere padre" si scrive: "Lesperienza della generatività e della natalità non è più marginale per il maschio, che anzi è presente e guarda a questa vicenda con attenzione, curiosità e aspettativa. Tuttavia non possiamo non intuire che si tratta di unesperienza diversa da quella materna, anche se questo diverso non si è reso ancora manifesto e non è stato teorizzato"
(la deriva è: o sono come mio padre o sono come mia moglie) (p.73).
Non è certo mia intenzione fare qui un discorso nostalgico o di restaurazione. Anzi, siamo di fronte ad unopportunità straordinaria, pur scontando in questo momento di transizione più gli effetti di danno e disorientamento che quelli positivi. Ci sono spazi di libertà a disposizione, a patto che si sia ci dice Bauman adeguati alla sua gestione. Il padre ha davanti a sé una straordinaria opportunità e bisogna aiutarlo a trovare la sua strada.
Più difficile per la madre mettere in crisi il proprio ruolo, riflettere su possibili "posizioni materne" alternative, in quanto, rispetto alla figura paterna, ella non ha attraversato un periodo di de-strutturazione riconosciuto dalla cultura.
Dietro leclissi del padre - non sappiamo dire se positiva, necessaria o inevitabile ma comunque innegabile - si manifesta la presenza e la centralità della figura materna, unica presenza residua.
Siamo di fronte ad una crisi della funzione materna, resa macroscopica dalla sua solitudine come unica rappresentante dellistituzione familiare. E, nello specifico del nostro convegno, di una madre che si trova di fronte al figlio nel momento delladolescenza.
Forse sarebbe più corretto dire che la famiglia contemporanea - dal vertice di osservazione che adotto - è binaria, non triangolare: una madre e un figlio. Nei racconti clinici degli adolescenti il tema della madre è presentissimo. Il padre non cè e la sua assenza è pacifica, ovvia. Anche sofferta, ovviamente, ma accettata, ineluttabile. Molto spesso il padre non cè fisicamente, è altrove, separato/divorziato, altre volte è solo presente fisicamente, ma ha rinunciato alla funzione genitoriale.
Il conflitto a proposito del "dover essere" è centrato sulle regole poste dalla madre. E la funzione materna ad essere messa in crisi dalladolescente "liquido". Il padre è già eclissato. Sulla scena rimangono la madre e il figlio, spesso tutte due spaesati e in preda ad una percezione di assurdità. Nelle sue manifestazioni meno felici il dialogo messo in scena tra loro assomiglia alla rappresentazione di un testo del teatro beckettiano.
Stiamo quindi affermando la necessità di una riflessione, di una messa in critica della funzione materna contemporanea, in quanto porta in sé connotazioni nuove che ci sembra siano state poco esplorate.
Nella storia della psicoanalisi possiamo identificare linizio della "messa in analisi" della funzione materna non da subito ma molto presto, con Melanie Klein, nel momento in cui si riconosce alla donna la dignità di "attrice" dello scenario edipico e non più soltanto oggetto passivo del desiderio e del conflitto, della contesa tra maschi. Lungo il filone kleiniano sarà Winnicott, con la definizione di "madre sufficientemente buona", a porre lattenzione sulla profondità e drammaticità della funzione materna. Ancora, Bion, con il concetto di réverie, riconosce alla madre la funzione di organizzatore e luogo accogliente del pensiero del bambino nelle sue fasi aurorali, la identifica quindi come soggetto-attrice del "miracolo" della salute mentale del figlio, esposta quindi a responsabilità profondissime.
Ora è il momento di riflettere sul ruolo materno di fronte al figlio adolescente, ovvero di fronte al compito dellidentità sociale, e di genere maschile/femminile.
Proviamo ad esplorare alcuni aspetti del fenomeno e a trarne degli stimoli di riflessione.
La "norma" materna, abbiamo detto, è quella della comunicazione corporea-arcaica-irrazionale-profonda-non verbale-inconscia. Ha a che fare con lalfabeto dellaffettività, dellamore, dellessere per laltro, dellincontro, dello scambio.
Spostiamo ora lattenzione sul piano sociologico, su ciò che talvolta è definito l"analfabetismo" emotivo-affettivo degli adolescenti contemporanei, lesiguità del carattere direttamente esperienziale della loro vita relazionale, spesso quasi ridotta soltanto al virtuale, alla molteplicità e superficialità di comunicazione mediata dallo strumento tecnologico che "connette" mantenendo la distanza, e che produce profonde esperienze di solitudine e di povertà affettiva, di solito non riconosciute come tali. Le competenze di interazione che gli strumenti tecnologici offrono, se non ben integrate con le altre, si manifestano come inefficaci nel momento dellincontro, dello scambio vis a vis. Alle competenze nel campo della comunicazione tecnologica, si associa una incompetenza rispetto alla dimensione emotiva. Assistiamo ad una sorta di apparente agnosia emotivo-affettiva in cui il disordine nei codici per riconoscere la "presenza dellaltro" e gestire le emozioni/affetti espone a rischi che alcuni autori definiscono di deumanizzazione delluniverso relazionale.
Questa realtà ci fa riflettere sul disordine di cognizione della presenza di quella legge non scritta e non detta che è il primo codice appreso dalla madre. Disordine prodotto da una mancata integrazione allinterno delluniverso di valori riconosciuti dalla cultura.
Si è pensato che, nel momento in cui lautorità paterna è stata definitivamente messa in critica e in crisi, lo scenario normativo della famiglia fosse caratterizzato dallassenza di autorità/autorevolezza. E che questa fosse la causa della c.d. agnosia emotivo-affettiva nei figli. Non ci si è accorti che proprio lassenza del padre metteva in luce la presenza normativa della madre e le problematiche connesse.
Se prima dicevo che la caratteristica delladolescente "liquido" è appunto quella di non essere contenuto, ora posso dire che non è lassenza di un contenitore (normazione materna) a determinare la liquidità, ma il disorientamento da parte delladolescente di fronte ad una norma percepita visceralmente, nellinconscio, di cui non è consapevole, che non è pienamente riconosciuta dalla cultura corrente, non è legittimata.
Viene alla mente il concetto di anomia nellaccezione di Durkheim: non nel senso di uno stato oggettivo di assenza di norme, bensì la percezione, da parte del soggetto, di una sua non-integrazione con le norme, che risultano inadeguate, contraddittorie, non legittimate. Lindividuo si sente così in balìa dei suoi desideri illimitati e frustrati, privo di riferimenti normativi chiari, abbandonato a rapporti sociali moralmente insignificanti. Ci dice Durkheim che lorigine di questo fenomeno è nella rapidità di un cambiamento sociale, come fenomeno transitorio e sintomatico.
Per Durkheim il concetto contrario di anomia è quello di solidarietà: eccoci quindi ai termini iniziali di solidità-solidarietà vs liquidità. Eccoci tornati a Bauman e a "Il disagio della civiltà" in questa edizione post-moderna.
Torniamo ora alla psicoanalisi, ma nella sua riflessione attuale.
Pellizzari sottolinea che "Il prolungarsi delladolescenza ben al di là del fenomeno fisiologico coincide con laffermarsi della nuova patologia che caratterizza gli stessi pazienti adulti: il c.d. Disturbo narcisistico della personalità. ... Il dilatarsi delladolescenza non è tanto lespressione contingente di un disagio sociale, ma il segno di un cambiamento irreversibile dovuto al tramonto dei grandi contenitori culturali e identitari che avevano caratterizzato la storia passata come genitori autoritari". Ci ricorda anche che esiste un"adolescenza del pensiero", una modificazione delle strutture del pensiero, oltre all"adolescenza del corpo" che cambia. E in adolescenza che si mentalizzano gli accadimenti infantili, che la storia passata riceve unorganizzazione cognitiva, una sua legittimazione narrativa ed entra nellidentità del soggetto.
La letteratura socio-antropologica ci segnala che una delle caratteristiche strutturali delladolescenza contemporanea è limpossibilità a rappresentar se stessi proiettati in un futuro. Ci parla di "presentificazione" del tempo (A. Cavalli), "esilio del tempo" attraverso la dilatazione del presente (S. Ardrizzo). Questo dato strutturale, fondante per la percezione del Sé, della propria identità/soggettività, forse può ricevere una possibile comprensione/spiegazione facendo riferimento a qualcosa che riguarda la progressione potersi pensare se si è stati pensati. Lipotesi, di nuovo, guarda ai genitori come "organizzatori" di pensiero e di identità.
Sandro Gindro, facendo riferimento alla réverie bioniana, ci parlava del "bambino poco pensato" da parte dei genitori come esperienza difettuale che introduce a forme psicopatologiche in età evolutiva. Lungo questa linea si può ipotizzare che gli adolescenti vengano da un difetto di pensiero genitoriale: sono stati poco pensati nellavant coup ed hanno difficoltà a pensarsi nellaprès coup.
Questa ipotesi è supportata dallevidenza che ci viene dalla fenomenologia dei disturbi psicopatologici degli adolescenti: non è presente il conflitto tra i desideri e le proibizioni, ma vi è un attacco al legame affettivo. Ci troviamo di fronte a patologie del corpo, del legame, dellattaccamento nel senso di Bowlby, come i disturbi da attacco di panico, lanoressia/bulimia, le forme di depressione più o meno mascherate, i disturbi di personalità. I sintomi mettono in scena una sorta di disorganizzazione delle emozioni/affetti, lincapacità/impotenza a darvi senso, una ribellione di fronte a questa impotenza.
Se ladolescenza è il momento in cui si dà parola e pensiero, cognizione razionale allavventura infantile, allora è questo il momento in cui ci si confronta con limago materna, così presente con lholding nellinfanzia, così ugualmente presente ora, nel periodo adolescenziale, come cardine normativo familiare.
Cè bisogno di una riflessione sulla funzione normativa della madre, a proposito di quel linguaggio/norma appreso più nella relazione con il corpo della madre, nellinfanzia, e che trova nuova attualità in adolescenza, in questo momento di riorganizzazione di un presente/passato/futuro che si possa distendere lungo una narrazione. Cè bisogno di riflettere sulla madre normativa di fronte al figlio adolescente.
Ad esempio, Pellizzari prendendo le mosse dalla formulazione di Lacan del linguaggio come "legge del padre" - ci parla di "lingua materna come orizzonte di senso, funzione del significare che permette la trasformazione delleccitazione del bambino in vissuto affettivo, a sua volta trasformabile in rappresentazione verbale" (Fantasma e adolescenza, spiweb.it). E su questo e sul disordine riguardo alla funzione materna che la psicoanalisi deve riflettere.
Pietropolli Charmet, con il libro Non è colpa delle madri, dedicato agli adolescenti, ha ragione a centrare lattenzione sulla madre, sa che sono loro le presenze nel pensiero adolescenziale. Comprende che lautorità/autorevolezza fornitale o impostole dagli eventi socioculturali la caricano di responsabilità e di sentimenti di inadeguatezza e colpa. Sa che cè bisogno di prendersi cura di lei. Ma, come ben sanno gli psicoanalisti, non è attraverso la rassicurazione, la negazione delle fantasie di responsabilità e colpa, che si attiva il pensiero, la pensabilità di un nuovo modo di svolgere il proprio ruolo.
Se è consentita unincursione ardita nelluniverso della mitologia classica - visto che si sta parlando di paura, colpa e relazioni di sangue - mi verrebbe di accostare allEdipo Re di Sofocle - attorno al quale gli psicoanalisti danzano e riflettono da sempre - un altro mito, quello rappresentato sempre da Sofocle nellAntigone. Lì si mette in scena il conflitto tra un uomo e una donna, e loggetto della contesa è il "corpo" di un familiare, Polinice, anche se in questo caso si tratta di una triangolazione parentale ma non genitoriale. Il conflitto è tra la legge del "maschio" e laltra legge, quella di "natura", affermata da Antigone, la sorella di Polinice. Antigone parla appunto di "leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse".
Come è nella profondità di tutta la tradizione tragica greca, il conflitto messo in scena non è sanabile, fa parte della dialettica conflittuale dellesistenza umana. Non vi è soluzione se non la possibilità di dare cognizione alla contrapposizione, di "mentalizzarlo" direbbero gli psicoanalisti.
Creonte, lo zio-cognato, in qualche modo il padre-padrone, afferma la spietata legge dello Stato. Antigone, la sorella, la legge del sangue, della Natura (nomos vs physis, polis vs ghenos).
Stato e Natura non sono concetti invarianti, possono e devono essere messi continuamente sotto critica e riformulati, così come ci insegna la tradizione antica classica. Sono due concetti che appartengono alla Cultura, così come "padre" e "madre" vi appartengono.
E quindi, provo ad ipotizzare quali sono i compiti che la cultura e la "cura" dovrebbero darsi.
Rassicurare i padri sul loro possibile (necessario) ruolo educativo e formativo, a patto che si accetti una sua riconfigurazione e non lo scimmiottamento della "mammità" o la riedizione del padre-padrone. Accompagnare le madri verso una riflessione e riconfigurazione riguardo alla loro azione normativa e superegoica, affinché non entri in conflitto o contrapposizione con il suo "mandato affettivo" che le è tradizionalmente consegnato. Questi due compiti comportano un lavoro di riflessione e anche di destrutturazione del "già saputo" da parte degli addetti ai lavori, primi fra gli altri gli psicoanalisti. Agli adolescenti bisogna offrire uno spazio di pensiero dove collocare la figura della madre normativa, oltre a quella di un padre "ritrovabile" (Nota 1).
In finale una osservazione rassicuratoria per chi fa il mestiere dello psicoterapeuta. Gli adolescenti segnalano nella stanza di psicoterapia quando le cose vanno bene - uninvariante che dà solidità al ruolo del terapeuta: la loro ricerca di affettività è tale e quale a quella dei loro padri e madri. Ci possiamo quindi rassicurare sullesistenza di "psichemi", forse universali, che nella molteplicità e variabilità delle forme culturali, offrono spazio di lavoro nella ricerca del benessere degli individui e delle strutture sociali.
*Relazione tenuta al convegno IPRS "Ladolescenza "liquida". Nuove identità e nuove forme di cura" (Roma - Lunedì 28 Maggio 2007)
Nota 1