Il periodico riproporsi della questione della legalizzazione dell’eroina per trattamento dei tossicodipendenti pone la Società Italiana TossicoDipendenze nella condizione di esprimere compiutamente il proprio pensiero sulla questione.
La proposta di somministrazione di eroina avviene sempre (ed anche in questa fine Agosto 1999 è accaduto) in un contesto di tipo miracolistico. Visto che c’è un grande problema (di solito si focalizza sulla emergenza criminalità, con le due varianti del sovraccarico di lavoro dei magistrati o dell'affollamento in carcere) allora legalizziamo l’eroina, pardon, provvediamo alla somministrazione controllata.
I confini tra le due ipotesi (legalizzazione tout court da un lato, somministrazione controllata dall’altro) vanno precisati. In questo documento trattiamo semplicemente della seconda ipotesi. La prima, quella della legalizzazione tout court non vogliamo neppure considerarla: gli effetti delle "droghe" rese legali è sotto gli occhi di tutti, con l’alcool e il tabacco ad occupare i posti alti nella classifica delle sostanze coinvolte nelle cause di morte più frequenti, e con la vicenda della guerra dei blindati in Puglia intorno al contrabbando delle sigarette che pure sta lì sotto gli occhi di tutti a dimostrare che anche se una sostanza è legale intorno al suo contrabbando si generano attività di criminalità organizzata spaventose. E non vogliamo neppure pensare che qualcuno pensi ad una totale deregulation dello stato legale di una sostanza appetibile come l’eroina, che sarebbe un atto dissennato dalle conseguenze imponderabili.
Alla SITD (che ha per statuto la missione di sostenere le ragioni della scienza nel campo delle dipendenze) interessa trattare il tossicodipendente, aiutarlo a prevenire i peggiori rischi a cui la sua situazione lo espone, curarlo, aiutarlo a migliorare la qualità della sua vita, e quando egli vorrà e gli sarà possibile, ad uscire dalla dipendenza.
Ci sono molti strumenti terapeutici utilizzabili per conseguire tali finalità, utilizzabili da soli o in sequenza, per periodi più o meno lunghi, per una volta o ripetutamente.
Su ognuno la letteratura scientifica ha espresso giudizi per diverse indicazioni, e gradi diversi di efficacia.
Noi abbiamo imparato che la validità di un trattamento è da rapportare alla motivazione del soggetto di sottoporvisi.
La permanenza in comunità ha una sua validità, ma sono una minoranza i soggetti che accettano di andare in comunità, molti abbandonano prima del previsto, altri ricadono dopo la fine dell’inserimento.
Lo stesso vale per il trattamento con antagonisti (Naltrexone), un trattamento ottimo e sicuro mentre lo si fa, ma che viene accettato solo da una quota modesta di soggetti dipendenti, e che comunque comporta il passaggio sotto le forche caudine della disintossicazione ed espone il soggetto ad un aumentato rischio di overdose nei pochi giorni dopo la sospensione del farmaco.
Il trattamento più studiato della tossicodipendenza da oppiacei è quello con metadone, detto terapia sostitutiva. È dimostrato che il trattamento con metadone aiuta a centrare i seguenti risultati:
riduzione o sospensione dell’uso di eroina, diminuzione sostanziale del rischio di overdose, diminuzione del rischio di contrarre malattie contagiose (AIDS, epatiti, ecc) correlate all’iniezione, diminuzione o eliminazione dei comportamenti delinquenziali volti al procacciamento di eroina. Chi viene curato con metadone può svolgere qualunque attività (lavoro, guida di veicoli), poiché è integro sul piano neuropsicologico.
In breve, il trattamento con metadone stabilizza le funzioni cerebrali e comportamentali, e "normalizza" il tossicodipendente, mettendolo in condizione di sopravvivere in condizioni di salute accettabili, migliorando enormemente la sua socialità e la qualità della sua vita, anche in soggetti che ancora non si sentono di affrontare una disintossicazione.
Tutto questo naturalmente vale se il trattamento è effettivamente disponibile, se viene effettuato secondo le regole canoniche (tra cui spicca la tempestività dell’intervento) e soprattutto se viene effettuato rispettando tre condizioni:
la prima è quella del dosaggio adeguato a contenere il desiderio di usare eroina per provarne l’effetto. Tale desiderio, generalmente impellente e incontrollabile, viene designato tecnicamente con il termine inglese "craving". Il craving per l’eroina viene soppresso da dosi di metadone di almeno 80-100 milligrammi al giorno. Dosi inferiori possono bloccare l’effetto dell’eroina eventualmente iniettata. Dosi ancora inferiori possono interrompere o prevenire una eventuale crisi di astinenza. Ma il vero effetto del trattamento con metadone si ottiene mediamente con dosi tra gli 80 e i 120 milligrammi al giorno.
La seconda riguarda la associazione al trattamento medico con metadone di tutta una serie di misure terapeutiche non mediche complessivamente definite come "intervento psicosociale". È dimostrato da studi controllati che esiste una efficacia del trattamento metadonico anche in sé e per sé, ma che l’efficacia migliora sensibilmente quanto più l’intervento psicosociale associato al metadone è sviluppato.
La terza riguarda la durata del trattamento, che deve essere adeguata, nel senso di cominciare molto presto in rapporto alla richiesta (condizione spesso e volentieri disattesa, o per cattiva informazione dell’operatore o più spesso perché non esistono nei servizi disponibilità di posti per trattare tutti i tossicodipendenti che ne fanno richiesta: si generano così, inevitabilmente ma malauguratamente, liste d’attesa che hanno una natura marcatamente antiterapeutica), e di prolungare il trattamento per tutto il tempo per cui è necessario, che spesso è di alcuni anni, giacché la tossicodipendenza è notoriamente una malattia ad andamento cronico.
In Italia la disponibilità del metadone è tutt’altro che generalizzata, in talune realtà addirittura non esiste, in molte realtà è scarsamente disponibile, non è disponibile per tutti coloro che lo chiedono e tanto meno per coloro che neppure lo chiedono, tanto sanno che non possono averlo. In altri luoghi è somministrato con modalità inadeguate (il limite più diffuso è quello del dosaggio insufficiente: talune Regioni italiane sono giunte a definire "d’ufficio" protocolli terapeutici recanti dosi inferiori a quei parametri, sopra ricordati, che sono lo standard internazionalmente riconosciuto.
Lo sfondo di questa situazione è, ovviamente, quello di un pesantissimo fardello di pregiudizi di natura ideologica contro il trattamento con metadone ("droga di Stato", "trattamento cronicizzante", ecc) e contro il suo presupposto: la presenza di una forte componente di natura biologica nel problema tossicodipendenza da eroina.
In un contesto del genere, la prima priorità in Italia, se si vuole intervenire sul problema, è di rendere il trattamento con metadone disponibile per la generalità dei soggetti che potenzialmente lo possono richiedere (potenzialmente significa che occorre calcolare coloro che verrebbero a chiederlo se sapessero che possono ottenerlo. La nostra stima è che il numero dei richiedenti duplicherebbe il numero dei soggetti attualmente trattati).
Il metadone è un prodotto farmaceutico che si presta ad una azione di massa, quale quella che è richiesta dalla situazione, e che è agitata da chi fa ricorso alla proposta di usare invece eroina.
La proposta di adottare l’eroina come terapia desta numerose obiezioni.
Innanzitutto le evidenze scientifiche di utilità derivate da studi scientificamente controllati (trial clinici in doppio cieco) per l’eroina sono pari a zero. Le opzioni pro e contro non sono scientificamente sostenibili.
I soli "esperimenti" di somministrazione di eroina in contesto medico sono quello inglese "tradizionale" e quello svizzero degli scorsi anni.
In Gran Bretagna dal 1926 è possibile prescrivere eroina a tossicodipendenti. Dapprima da parte di ogni medico, dopo gli anni ’60 solo da parte di psichiatri specialisti in tossicodipendenze. Tra mille polemiche, il trattamento con eroina in Inghilterra è stato sostanzialmente dismesso, e c’è chi sostiene che esso abbia avuto un ruolo nella diffusione della tossicodipendenza negli anni ’60.
In Svizzera la sperimentazione è stata recente, ed ha coinvolto un Paese nel quale la disponibilità di trattamento con metadone è stata ed è effettiva per tutta la popolazione di tossicodipendenti. Il trattamento con metadone resta l’intervento standard sulla tossicodipendenza da oppiacei, e rappresenta il punto di riferimento. In tale contesto l’esperimento svizzero con l’eroina ha riguardato poco più di mille tossicodipendenti scelti tra coloro che essendo stati sottoposti al trattamento standard ed avendo comunque fallito in tale terapia, venivano considerati eleggibili per il trattamento con eroina. La condizione dell’esperimento stesso – è la conclusione scritta dal responsabile medico del progetto svizzero nel rapporto scientifico sulla conclusione dello stesso – è che "gli altri trattamenti siano effettivamente disponibili". A tali condizioni si può pensare di sperimentare gli effetti del "trattamento" con eroina. Fuori di tali condizioni, rendere possibile l’accesso a programmi di somministrazione di eroina per soggetti che non sia stato possibile trattare prima con programmi scientificamente validati, quale il trattamento con metadone integrato, equivale a falsare integralmente la prospettiva del problema, a condannare i tossicodipendenti a restare tali e per di più sotto l’influenza di un prodotto che non garantisce la stabilizzazione neurologica e quindi del comportamento.
Nella attuale situazione italiana sarebbe una misura fuorviante e perniciosa.
L’esperimento svizzero prevedeva che i soggetti ammessi al trattamento non asportassero dal centro le dosi, ma le iniettassero in loco, fino a tre volte al giorno, sette giorni alla settimana, per tempi indefiniti. Anche dentro tali rigide condizioni, nessuno può comunque controllare se avviene una ulteriore assunzione di eroina dal mercato nero per far fronte ad una probabile crescente tolleranza. La maggioranza dei soggetti trattati, per evitare che si produca un incontrollato aumento della dose, assumono anche una dose di metadone. Il sistema dell’iniezione in loco è comunque l’unico realistico per evitare lo smercio della eroina di Stato al mercato nero. Ma è evidente che ciò comporta uno sforzo organizzativo e finanziario gigantesco e una organizzazione per l’appunto "svizzera".
Le difficoltà e i problemi sollevati dalla proposta, sono tali da offuscare i risultati positivi che eventualmente fossero conseguiti dal progetto.
Chi propone una misura del genere in Italia dovrebbe dire dove si attingeranno le risorse per fare un lavoro del genere, in un contesto in cui i SERT, che sono gli unici servizi nei quali esistano le basi su cui sviluppare un eventuale intervento del genere, non hanno neppure la dotazione di personale, di mezzi per essere all’altezza di sviluppare interventi standard.
Come si costruirebbe tale servizio ed in particolare a spese di quali tagli in altri settori della sanità, della giustizia, in particolare se ciò dovesse avvenire a spese di settori di lavoro del già risicato settore delle tossicodipendenze.
L’invito che la SITD rivolge ai policy-makers, ai magistrati, a tutti gli altri operatori attivi nel settore (nel sistema sanitario e penitenziario, nelle comunità e nei SERT) è di riflettere su di un punto: nel campo delle tossicodipendenze bisogna certamente muoversi per andare avanti, ma è facile commettere errori gravi. Cominciamo allora a sviluppare pienamente quegli interventi che una medicina basata sulle evidenze scientifiche ha già convalidato. Interventi diversi e non ancora convalidati possono aspettare che si vedano i risultati della piena e corretta applicazione dei primi.
In conclusione:
Come misura estrema di riduzione del danno, per un numero limitato di soggetti risultati refrattari ad un trattamento con metadone correttamente condotto, in un contesto di disponibilità di altri trattamenti, e con la garanzia di un intervento integrato da misure psicosociali, la somministrazione medica di eroina potrebbe essere presa in considerazione.
Ma nel contesto italiano odierno tali condizioni non esistono. Gli interventi scientificamente dimostratisi utili sono ben lungi dall’essere disponibili per tutti coloro che ne avrebbero bisogno e che ne fanno richiesta.
Occorre rendere disponibili effettivamente gli interventi riconosciuti utili per trattare la dipendenza da eroina in particolare il mantenimento con metadone a cui occorre accoppiare, per coloro che via via maturano la decisione di uscirne, strutture adeguate per la disintossicazione e la disintossicazione.
Quando ciò sarà stato conseguito, sarà possibile considerare la somministrazione medica dell’eroina, per coloro per i quali i trattamenti standard non saranno stati efficaci.
Diversamente si tratta di una proposta fuorviante e pericolosa.