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Assemblea della lista Dipendenze
Bologna, 26 febbraio 2000
Introduzione
Abbiamo voluto caldeggiare questo incontro per avere il patrocinio di questa iniziativa che abbiamo
voluto , è un incontro importante non tanto per l'evento in
sé ma per le idee che potranno nel caso, trovare applicazione.
L'Istituto Minguzzi, come
istituzione che lotta contro l'emarginazione sociale,
ovviamente non poteva non essere interessata a questa iniziativa.
Ci consideriamo come incubatore
naturale per movimenti che agiscono in funzione della riduzione
dell'emarginazione e per la integrazione sociale, può
sembrare un discorso generico, ma include fatti concreti. Noi ci
poniamo disponibili come punti di riferimento organizzativi per
la rete, quella virtuale e quella reale.
Leonardo Montecchi
Lo spunto del nostro incontro è
nato da una lettera che Salvatore Giancane aveva mandato a tutti
i componenti della lista dipendenze in cui diceva che c'è
stato un attacco al sito gestito dalla Associazione Ritorno al
Futuro (Bologna) , in questo sito citavano delle informazioni per
quanto riguarda l'aspetto della riduzione del danno e
riguardo al "Buco Pulito", la motivazione era è che
questa pubblicità poteva essere una pubblicità indiretta al
consumo di eroina. Giancane ha determinato una sensibilizzazione
dei componenti della lista, per mettere a confronto le strategie
della riduzione del danno, e di vedere se queste strategie
potevano essere anche discusse tra operatori e di vedere come si
potevano ridurre le incursioni della politica e della partitica
nel nostro campo delle dipendenze, poiché in periodi elettorali
come questo, il tema può richiamare emotività e ci può essere
il partito X o Y che fa una campagna per raccolta voti non basata
su fondamenti.
Collegando ad un mezzo che è la
rete, la teoria della riduzione del danno può cambiare questo
atteggiamento di "fantasmi", cambiare questo circo, in
cui si avvicendano preti od improvvisato riabilitatore, circo
potenziato da questa Versailles della comunicazione. Noi, che
siamo operatori che lavoriamo sul campo siamo costretti a
rincorrere questo tipo di deformazioni.
Perché non riusciamo intanto a
creare fra di noi questa rete, ed a diffondere una conoscenza
basata sull'evidenza. Basare gli interventi di riduzione di
danno sui risultati e meno sui principi.
Per fare questo bisogna diffondere
la cultura di accedere velocemente ai risultati, ai servizi, alle
ricerche. Tutto questo può essere facilitato dalla rete. Inoltre
uno spazio di discussione come questo della mailing-list ci
permette di approfondire, ed ampliare la conoscenza di intervento
operativo.
Devo dire che chi lavora nei
Ser.T. il Ministero aveva cercato di mettere in rete i computer
per lo scambio dei dati, ma questi computer non funzionano in
rete, mentre questa iniziativa della mailing-list che viene
dall'Università di Genova, .. e collegata alla lista
c'è Pol.it, e questa lista è partita come iniziativa della
rete. E' nato uno spazio di discussione. Accanto ci sono
altre riviste, come Psychomedia, siti come quello del SIMS, che
danno varie possibilità di lettura.
Può già essere una medicina che
si basa sulla evidenza.
Salvatore Giancane
Mantengo volutamente la
caratteristica informale della discussione. E' vero, ho
lanciato io quell'allarme e non solo per la campagna
diffamatoria verso l'Associazione Ritorno al Futuro, perché
il primo titolo del Resto del Carlino su quattro colonne era
"EROINA PULITA VIA INTERNET". Il titolo, che porta a
pensare a loschi traffici di droga effettuati sfruttando la rete,
si riferiva invece ad un manuale di "buco pulito",
pubblicato sul sito dell'associazione. Di questo tipo di
manuali in rete, in inglese, ve ne sono tanti, e molto molto più
dettagliati. L'accusa che aveva ricevuto l'Associazione
Ritorno al Futuro era proprio quella di istigare i giovani
adolescenti al consumo di sostanze stupefacenti. Accusa ripresa
anche in talk-show televisivi. Se navigate nel sito ufficiale
dell'Unione Europea invece vi troverete che, a proposito dei
rischi legati all'uso di internet da parte degli
adolescenti, è chiaramente riportato che quelli reali sono
quelli riferiti agli abusi sessuali e che la diffusione di
informazioni riguardanti l'uso di droghe non configura il
rischio di promuovere l'uso delle stesse.
La verità purtroppo è un'altra.
L'associazione Ritorno al Futuro avrebbe dovuto gestire un
posto fisso di scambio siringhe con operatore, sul modello dei
needle-exchange anglosassoni. Sarebbe stato il primo in Italia.
Esperienze del genere, infatti, nel nostro Paese non esistono: lo
scambio finora è stato affidato unicamente alle Unità di Strada
e alla macchine scambia siringhe, che hanno molti difetti
(non sono un riferimento costante, non sono in grado di
comunicare, non parlano, non danno informazioni, non instaurano
un rapporto con le persone). Le macchinette scambia siringhe
vengono spesso sabotate anche se esse hanno rappresentato un
fallimento, come invece è stato quello delle siringhe
autobloccanti. La verità è che a Bologna, come nel resto del
Paese, non è mai esistita una politica seria ed efficace sulle
siringhe, che poi in soldoni vuol dire rimozione delle siringhe
usate dall'ambiente e immissione di siringhe nuove.
L'ultima relazione della
commissione Europea sullo stato del problema droga nei Paesi
dell'Unione analizza nel dettaglio il problema dello scambio
delle siringhe mettendo a confronto tutti i dati provenienti dai
paesi membri.
Abbiamo paesi che hanno fin da
subito applicato una politica della "Harm Reduction"
(come l'Inghilterra) ed hanno una prevalenza bassissima di
casi di HIV fra gli eroinomani, e non quasi nessun nuovo caso di
HIV fra gli iniettori di droghe.
Esistono paesi che sono partiti in
ritardo, come l'Italia, magari con una politica su scala
ridotta. Comunque, in questi casi, una volta partita la
programmazione di interventi che possiamo inserire
all'interno della politica di riduzione del danno, si è
visto un decremento della percentuale di nuovi casi per HIV.
Esistono paesi che non ne vogliono
sapere di riduzione del danno, come ad esempio il Portogallo, in
cui il trend è ancora in aumento.
Esistono quindi delle evidenze
incontrovertibili che scambiare siringhe conviene. Conviene
soprattutto ai cittadini non consumatori. Io penso che nessuno di
noi abbia la presunzione di pensare che le malattia restano
confinate nelle popolazioni a rischio. Conviene a tutti e poi è
un dovere per tutti tutelare la salute pubblica. Conviene per lo
stesso fatto che andare in farmacia e trovarla sgombra da file di
persone che chiedono una siringa e anche per tutelare il
cittadino che da quella farmacia deve passare per prendere invece
dei farmaci.
Conviene a tutti.
L'Associazione Ritorno al
Futuro, avrebbe dovuto gestire il primo scambia siringhe fisso
italiano, a fronte di un finanziamento di 28.000.000 di lire
l'anno, con i locali messi a disposizione
dall'Amministrazione Comunale. Chi conosce i costi dei
servizi pubblici e dei servizi a convenzione, si rendo conto che
la cifra è praticamente ridicola, si potrebbe dire inesistente.
I needle-exchange nascono in
Inghilterra negli anni settanta, si affermano in altri paesi
nordeuropei e negli stessi USA negli anni '80. In Italia,
invece, non li abbiamo mai avuti. Essi altro non sono se non un
posto (in genere piccolo) dove c'è un operatore che accetta
siringhe usate e in cambio ne fornisce di nuove, in eguale numero
secondo un rapporto 1:1. Badate, è un operatore che fa questo,
non una macchina. Ciò significa che egli può anche effettuare
del counselling, che può indirizzare verso i servizi esistenti,
può stabilire relazioni significative etc.
Ritorno al futuro aveva trovato i
volontari: c'erano anche delle persone ultracinquantenni del
dopolavoro ferroviario, formati dal sottoscritto nell'ambito
di due corsi, lunghi e corposi, che vertevano sui rischi connessi
all'uso di siringhe potenzialmente infette, sia sui rischi
connessi a tutti gli altri accessori "del buco", sia
sull'approccio relazionale, sulla motivazione, su come
ridurre al minimo l'impatto ambientale, sulla legislazione
sullo smaltimento dei rifiuti speciali.
Ad un certo punto qualcuno ha
pensato che questo progetto non dovesse partire ed ha pensato di
procedere mettendo un marchio di infamia ad una Associazione che
offriva un servizio importantissimo ad un costo bassissimo e con
personale volontario formato. Attraverso la stampa, in periodo di
campagna elettorale per il collegio 12, Ritorno al Futuro è
stato aggredito a causa di una piccola parte di un sito Internet
ben più grande, che riguardava un annuale, intitolato "Ben
Fatto", rivolto soprattutto a volontari ed operatori, che
semplicemente traduceva in italiano ciò che da anni è presente
in Internet in una grande quantità di siti esteri sulle
strategie di riduzione del danno.
L'accusa è stata indurre
all'uso di sostanze. Si tratta di un'accusa infondata e
poco intelligente: non vi è un solo studio che dimostri che
scambiare siringhe e fornire informazioni ai consumatori atte a
prevenire rischi peggiori incentivi all'uso di sostanze.
Abbiamo invece una marea di studi che evidenziano che questi
interventi, invece, riducono in maniera assai significativa molte
delle conseguenze dell'uso di droghe.
Voglio poi chiarire che Ritorno al
Futuro si era prestato per eseguire materialmente il progetto, ma
questo era stato scritto e pensato da me, così come, a titolo
gratuito e al di fuori dell'orario di servizio, di sera,
avevo partecipato attivamente al programma di formazione. Spero
che nessuno voglia insinuare che io faccio il Sertologo di giorno
ed il promoter dell'eroina di notte. Sarebbe perverso.
La cosa triste è che, con quegli
articoli, è cominciata una campagna di diffamazione "a
testa bassa" nei confronti di una associazione storica e
meritoria, che oggi a Bologna non ha più spazio. Perché parlare
oggi di Ritorno al futuro, vuol dire parlare di propaganda
all'uso di eroina.
Questo è il nostro piccolo. Vi do
un altro dato, dieci giorni fa sono state chiuse le macchinette
scambia siringhe. Le macchine erano già insufficienti ed
al limite avrebbero dovuto integrare l'attività degli operatori.
La cosa singolare è che pare che nessuno all'interno
dell'Amministrazione comunale sa dire, almeno finora, chi lo ha
fatto e perché. C'è un continuo rimpallo, una specie di
gioco delle tre carte, ma il dato di fatto è che oggi le
macchine sono chiuse.
Per darvi un dato epidemiologico,
se noi consideriamo che Bologna ha circa 5500-6000
tossicodipendenti da eroina e se consideriamo che il 98% dei
"tossici" da eroina italiani usa la siringa e se poi ci
mettiamo un consumo minimo medio di una siringa a testa (vi sono
utenti che abusano di cocaina che possono utilizzare anche
quindici siringhe al giorno) otteniamo due milioni di siringhe in
giro per la città, di cui meno del 5% viene raccolta e che
diventano un rischio per tutti, restituendo un'immagine di
degrado. Le siringhe per terra alterano, inoltre, la
rappresentazione sociale della tossicodipendenza e rendono più
difficile la convivenza fra popolazione consumatrice e
popolazione e ciò compromette anche la possibilità di fare
degli interventi, di fare dei servizi.
Ma quanto accadeva a Bologna
andava di pari passo con quanto accadeva a livello nazionale.
Pensate solo alla vicenda della brochure "Fatti furbo, non
farti male", l'opuscolo per la riduzione dei rischi
sull'ecstasy, fatto da LILA e dal ministero della Sanità.
Nello stesso periodo un noto politico lanciava una proposta di
legge, che proponeva la disintossicazione forzata dei
tossicodipendenti, che oggi, alla luce di tutti i dati che noi
disponiamo, sappiamo essere assolutamente inefficace, oltre che
dannosa. E noi tecnici, al di là da come siamo orientati
politicamente, penso che la pensiamo tutti allo stesso modo su
questo punto. E' poi di pochi giorni fa la proposta di un
altro personaggio politico, che addirittura parla di sospensione
entro l'anno di tutti i trattamenti con metadone, quando
invece noi sappiamo che questo farmaco, se ben utilizzato,
consente di raggiungere notevoli risultati.
Così da qualche tempo la politica
fa delle scorribande, delle incursioni in materia di
tossicodipendenza che sono francamente raccapriccianti, che non
si sa bene a che cosa servano se non a cavalcare l'argomento
a fini elettoralistici e demagogici e che creano confusione nei
cittadini. E la stampa non è da meno.
Ecco allora l'allarme,
perché sarà anche vero che la tossicodipendenza è una malattia
di interesse sociale, sarà anche vero che ha tante implicazioni
per cui la politica non può restarne fuori e noi siamo contenti
che se ne interessi, ma è anche vero che i politici devono
ascoltare cosa hanno da dire i tecnici e non effettuare dannose e
demenziali scorribande demagogiche. Nei Paesi in cui le cose
funzionano meglio, i giornalisti che devono occuparsi di droga
fanno dei corsi di formazioni, di peer-education insieme agli
operatori, in modo tale che sappiano ciò di cui stanno parlando.
Perché i signori giornalisti,
purtroppo, non si rendono conto di un argomento tanto caro a chi
si occupa di riduzione del danno. Perché qualsiasi informazione
che viene divulgata può ridurre o aumentare le conseguenze
dannose dell'uso di droghe. Cioè se i giornalisti
concorrono alla creazione di un clima di ostilità o diventano
funzionali alla chiusura di servizi, devono essere consapevoli
che hanno assunto sulle loro spalle la responsabilità di un
aumento dei danni. Ed è un'umiltà che, purtroppo, manca.
Così come manca ai politici.
Se un giornalista concorre
all'instaurarsi di un clima politico per il quale non viene
realizzato un posto di scambia siringhe che avrebbe scambiato
300-400.000 siringhe l'anno e se questo poteva evitare, ad
esempio, 20 infezioni da HIV allora io contesto a quel
giornalista la responsabilità morale di quelle infezioni.
Allora occorre capire se sono
criminale io che ho descritto come bucarsi per ridurre al minimo
la possibilità di infezioni oppure se è criminale chi
contribuisce alla creazione di un clima che invece favorisce la
diffusione delle infezioni.
La droga fa i suoi danni, ma
certamente i nostri interventi ed il nostro atteggiamento
modulano questi danni nel senso di una riduzione o nel senso di
un aumento. Ed a questo discorso nessuno è estraneo, né i
politici, né la stampa, né le forze di polizia, né gli
operatori, né i giornalisti.
Il problema droga è diventato
terreno di scontro politico (per di più demagogico) e questa
cosa non aiuta, anzi allontana, dalla soluzione del problema. Non
voglio dire che la politica non si deve occupare di droga, ..
assolutamente no! E' vero esattamente l'opposto, ma che
lo faccia con la adeguata dose di umiltà.
Un'altra stortura che abbiamo in
Italia è l'appartenenza politica delle strategie
terapeutiche: non si capisce perché, chi è favore della
riduzione del danno, è di sinistra, chi è contro, è di destra,
quando poi la riduzione del danno è nata nell'Inghilterra
della Margareth Tatcher!!
Quando in Olanda è cambiato il
governo o è cambiata l'amministrazione della città di
Amsterdam, non è mai cambiata la linea di intervento.
Come sostenitore delle strategie
della riduzione del danno mi ritrovo ad avere notevoli problemi
di comunicazione, perché attualmente queste strategie, già
così difficili da spiegare, sono mistificate dalla rissa
politica, dalla propaganda e dalla disinformazione. Così vengo
assimilato ad un antiproibizionista quando ciò non è vero
oppure vengo indicato come legato ad una certa parte politica.
Per qualcuno, poi, dato che fornisco siringhe e somministro
metadone, ho le stesse responsabilità morali di uno spacciatore.
Ma io lancio un pesante J'accuse,
perché per me le responsabilità più gravi non sono sulle
mie spalle, ma su quelle di chi ragiona in questo modo. Le
responsabilità più gravi sono quelle del giornalista che mi ha
sbattuto il telefono in faccia, dicendo queste sono schifezze.
Il punto è: a cosa può servire
la rete per tutelarci in questo momento? Non a caso questo
allarme lanciato da me alla rete è stato subito raccolto, vuol
dire che questo disagio non è solo mio, così come il disagio di
sentire sempre le stesse persone parlare di droga in TV: io non
ho mai visto persone che lavorano nei servizi pubblici
intervistati in TV, alla faccia della par condicio.
I servizi pubblici seguono 135.000
ragazzi con problemi di eroina, le comunità molte di meno,
eppure non abbiamo dignità di parola. Siamo i metadonari, siamo
quelli che danno la droga di stato, siamo quelli che nascondono
propositi antiproibizionisti sotto un'odiosa strategia
chiamata Riduzione del Danno, questa l'immagine che viene
restituita di alcuni di noi.
La verità è che noi non crediamo
che la riduzione del danno sia alternativa alla terapia. Noi
siamo solo consapevoli che i tossicodipendenti non sono una
categoria omogenea. La riduzione del danno è la risposta
migliore per alcuni soggetti in alcune fasi del loro percorso. E
non è vero che la riduzione del danno scoraggi dal curarsi. I
dati dell'unità mobile che dirigo dicono esattamente il
contrario e sono coerenti con quelli internazionali. Le evidenze
suggeriscono che l'accoglienza incondizionata a bassissima soglia
che viene incontro alle esigenze più immediate dell'utente
funziona, eccome.
L'unità mobile di Bologna
prende in carico soggetti al di là della residenza anagrafica,
del passaporto e del permesso di soggiorno, in mezzora: il
colloquio dura un quarto d'ora e dopo mezz'ora il paziente
prende il metadone.
Prima accusa mossa: queste persone
resteranno sempre lì.
Allora: l'Unità Mobile ha
preso in carico 310 persone e attualmente ne ha 100. 210 sono
già uscite dal programma e i due terzi di questi sono entrati in
un progetto più strutturato, in comunità nel 15% dei casi.
Quindi questo aiuto laico incondizionato che noi offriamo, in cui
contemporaneamente vi è uno scambio di siringhe e vi è la
somministrazione del metadone, che può sembrare una
contraddizione di termini, ha finito per diventare un propulsore
che ha riempito le comunità di Bologna, molto meglio della
comunità forzata, che invece non funziona.
LA RDD è la alternativa alla
strada e all'abbandono, non l'alternativa alla terapia,
intanto non muoiono, non si ammalano e poi aumenta anche
la possibilità che, spontaneamente, le persone chiedano di più,
un percorso più individualizzato. Questo è ciò che ci dice
l'evidenza internazionale.
Le scorribande della politica e
della stampa intanto continuano ed i più esposti di noi vengono
addirittura additati come spacciatori, quando invece spesso non
riposano neanche nei week end, e ciò è estremamente sgradevole.
Quindi si tratta anche di difendersi, ma come ci si difende,
cioè come si riesce a comunicare?
Perché vi è un'altra
verità: se questi interventi vengono spiegati per bene ai
cittadini, questi ultimi comprendono e sono d'accordo.
I risultati dell'ultimo
referendum sulla droga in Italia e di quello fatto in Svizzera
sulla sperimentazione della somministrazione controllata di
eroina controllata ne sono la prova. In Svizzera il referendum è
stato proposto dagli oppositori, che hanno dovuto bere
l'amaro calice della sconfitta perché i cittadini che hanno
votato contro sono risultati un terzo.
Se avessimo potuto spiegare bene
ai cittadini il progetto dello scambiasiringhe, esso avrebbe
raccolto la maggioranza dei consensi, per il semplice motivo che
nessuno sarebbe così matto da dire:" Voglio le siringhe nel
giardinetto dell'asilo di mio figlio".
Ma se l'attenzione del
cittadino e del lettore viene distratta e ci si mette a scrivere
che nell'atto di porgere la siringa, io incentivo
all'uso della sostanza, noi buttiamo a mare gli insegnamenti
che ci vengono da più di 20 anni di esperienze positive in altri
Paesi.
Ve lo immaginate un politico che
una mattina si sveglia e dice: "Basta questo schifo di
insulina ai diabetici!". Bene: ciò che sta accadendo ha lo
stesso valore di questa affermazione. L'unica cosa che
cambia è l'interesse sociale attorno alla malattia
tossicodipendenza e la decisione di qualcuno di utilizzarla a
fini di propaganda politica.
Marcolongo Fabrizio
Ho aperto un vecchio libro che
avevo letto qualche anno fa, per l'esattezza nel 1977, E. Fromm,
Avere o Essere e mi sono imbattuto nella definizione di
'apprendimento' incentrata sull'essere. Citerò solo alcuni
passi. Dice infatti che gli studenti non si presentano come
'tabulae rasae' alla prima lezione, hanno invece riflettuto in
precedenza sulle problematiche ed ' ... anziché essere passivi recipienti di parole
e idee, ascoltano, odono e, cosa della massima importanza,
ricevono e rispondono in maniera attiva, produttiva...' con interesse.
A questa parola Erich Fromm fa
seguire la definizione della parola interesse. (Fromm E., 1977,
pag. 50).
'... Il significato essenziale di
essa è reperibile nella radice da cui deriva: il latino
'inter-esse', vale a dire 'essere tra' o 'dentro'.
Quest'interesse attivo ha trovato espressione, nel Middle
English, vale a dire l'inglese parlato tra il 1200 e il 1500
circa, nel verbo To List
'.
Ed ancora: '... Nell'inglese
moderno, to list è usato soltanto in senso spaziale: A ship
lists (una nave sbanda); il significato originario in senso
psichico lo si ritrova unicamente nell'espressione, di
connotazione negativa, listeless (disattento, distratto,
svogliato, indifferente). To list un tempo significava -aspirare
attivamente a-, -essere sinderamente interessato a-. L'etimo è
lo stesso di quello di lust (lussuria, concupiscenza, brama,
avidità), con la differenza che to list non sta a indicare una
brama da cui uno è trasportato, bensì il libero e attivo
interesse per qualcosa, ovvero l'aspirazione a raggiungerla'...'
Dopo questa eloquente allusione al
nostro interesse attivo vorrei richiamare l'attenzione su uno dei
due argomenti importanti cioè quello delle metodologie di
intervento. Rispetto alla omogeneità dei servizi, alla qualità
dei servizi erogati, ealla loro verifica attraverso indicatori e
la istituzione di procedure comuni per una maggiore
considerazione della 'clinica dei disturbi di dipendenza' che
comprende un vasto spettro di patologie correlate fra di loro ho
trovato alcuni argomenti comuni alla storia della evoluzione
dell'approccio al paziente psichiatrico. Ora esistono una serie
di strutture per il paziente con disturbi psichici che sono
derivate dalla esigenza di eliminare il luogo della coercizione e
del controllo rappresentato storicamente dal manicomio.
In questa accezione l'attività
manicomiale è stata la stagione della maturazione nella classe
degli operatori manicomiali della coscienza della inutilità del
controllo e del 'restraint' fine a se stesso. Gli affollamenti ai
centri di somministrazione e alle carceri di oggi sono gli
affollamenti dei reparti dei manicomi di ieri: luoghi dove i
problemi non risolti sono ammassati senza rispetto per le risorse
umane che vi sono abbandonate. Non risolti ai centri di
somministrazione non per la terapia di stabilizzazione in sé,
preziosissimo strumento che supporta la persona dipendente a
prendere parte attiva della sua esistenza; mi riferisco alla non
considerazione che un utente che ha affermato in uno scambio di
e-mail in cui sottolineavo lo stigma che la frequentazione del
Centro di Somministrazione ancora apporta: la pz.:
'...Buongiorno, spero di non
arrecarle disturbo continuando a scriverle. Io vivo in provincia
di ..., non voglio andare al Ser.T. perché quasi nessuno è a
conoscenza del mio problema e non voglio che si sappia...se
andassi al SerT verrebbe subito a saperlo tutto il mondo. Può
sembrarle stupido ma non posso rischiare di perdere il lavoro,
sono laureata, lavoro in una buona ditta e se solo qualcuno
sospettasse qualcosa verrei messa immediatamente alla porta. Non
venga a dirmi di contare sulla riservatezza degli operatori
perché in certi posti (qui non siamo in una metropoli) basta
andarci una volta (anche solo per avere sbagliato ufficio) che
già iniziano a girare le voci. Il metadone lo compro, perché
per quanto possiate essere accorti in giro se ne trova a
volontà. Lo psichiatra lo ha trovato mia madre ed è comunque
uno che lavora in ospedale, l'assistente sociale non mi serve, e
la visita immunologica non me la faccio, forse ho l'epatite (come
il 95% dei tossici...è giusta la percentuale?) ma non mi
interessa.....
E nella seconda e-mail :
...forse da questo nostro
"contatto virtuale" può nascere qualcosa di buono per
tutti quelli che come me hanno questo problema..e per tutte le
persone come Lei che cercano di aiutarci. Mi riferisco in
particolare al discorso di fornire un qualche tipo di
"assistenza on-line"; credo che sarebbe molto bello
pensare di poter fornire un servizio del genere (ovviamente
bisognerebbe fare uno studio su che modalità adottare) cui tutti
possano accostarsi nel rispetto della privacy. ...che ne dice di
prendere l'idea di avviare un progetto per la realizzazione di
una "Comunità Virtuale" cui prendano parte medici,
operatori, tossicodipendenti attraverso la quale trovare supporto
a aiuto ..e che poi magari in qualche modo possa consentire anche
di arrivare a stabilire un contatto reale? Io credo che in una
società come la nostra che si sta evolvendo sempre più verso
l'utilizzo di tecnologie multimediali affrontare un discorso del
genere sarebbe sicuramente utile e formativo per tutti.
Onestamente non so in che percentuale i tossicodipendenti possano
essere in possesso dei mezzi informatici necessari però potrebbe
essere un canale di comunicazione molto importante. Il bello di
Internet è che le cose nascono e crescono sulla base della
libera iniziativa delle persone...forse basta lanciare l'idea per
iniziare a creare un piccolo gruppo in cui ognuno possa dare il
suo contributo ..partire da una piccola realizzazione e vedere
come va!! Forse mi sto entusiasmando troppo però penso sia
un'idea fantastica, io personalmente qualora dovesse partire una
cosa del genere. Le comunico la mia disponibilità a dare
supporto dal punto di vista informatico (pagine web, servizi
informatici, consulenza tecnica, ecc..)...sì perché non ricordo
se l'ho già detto ma sono laureata in Ingegneria elettronica e
lavoro nel settore delle telecomunicazioni. In riferimento alla
sua e-mail in cui dice:
>... quello che non è giusto,
è
>costringere la persona alla promiscuità dei centri di
Somministrazione, ...
>luoghi poco rispettosi della dignità umana, .... è come se
per la cura
>dellaTubercolosi e dei Tumori ci fosse un Centro di
Somministrazione per i
>farmaci specifici, ...
devo dire che ha colto
perfettamente nel segno (purtroppo la realtà è questa, si tende
a ghettizzare!)!! Inoltre la cosa peggiore è che dovendo
frequentare luoghi simili si torna quotidianamente a contatto
proprio con la realtà da cui si cerca di allontanarsi. So che è
possibile prendere il metadone in affidamento ma anche in quel
caso non vedo perché i nostri genitori debbano essere costretti
ad interagire con un ambiente simile.....'.
Dopo questo dialogo a riprova
vorrei citare la relazione che il consigliere Piaggio scrisse il
20/05/1897 (Adunanza Straordinaria del Consiglio Provinciale di
Genova):
' ... Contro l'agglomero di tanti
pazzi stanno millanta e una ragioni ... nei piccoli manicomi il
malato è meglio conosciuto, osservato, ... nei grandi resta un
numero di matricola, ... viene reggimentato e inviato nella
sezione piena zeppa di altri pazzi che lo contagiano moralmente e
che finiscono coll'impedirgli di guarire....'.
Interrompo qui questa antica
citazione per rammentare che centri di somministrazione sono una
frequente occasione di spaccio e di incontro per gli utenti che
si 'coinvolgono', contagiano, per usare le polverose ma pur
sempre valide parole del consigliere Piaggio.(Maura E., Peloso
F.P., 1999).
Ma riprendendo un'altra parte, ben
più importante di questa relazione, che ha più di cent'anni:
'... E quando i nostri posteri
domanderanno i perché furono costruiti - i manicomi, ma potremo
anche leggere, i centri di somministrazione -, e si sentiranno
rispondere dai vecchi resoconti dei nostri Consigli Provinciali
che lo furono per economia (mentre i conti giusti mostreranno
loro invece, con l'enorme numero dei pazzi resi cronici
dall'ambiente manicomiale, precisamente il contrario), allora
forse arrossiranno per noi e ci compatiranno come poco previdenti
...'
Ed ancora nella relazione del
Piaggio: ' Le tendenze della
psichiatria vera, scientifica le ragioni di una vera e benintesa
economia pubblica sono tutte in favore della creazione di asili
molteplici, ....'.
Ma le strutture moderne della
psichiatria e della informatica, invocate dalla nostra paziente
non riportano anche i pericoli di altri 'contagi' come dice il
nostro Piaggio? Le promesse di 'Nuove Democrazie' come descrive
Fromm sono davvero realizzabili? (Fromm E., 1977, pag. 237) Vi
cito solo la definizione di 'Democrazia Partecipatoria'
definizione che riprende un concetto in "The Sane
Society":
" ... la creazione di
centinaia di migliaia di gruppi composti ognuno da circa
cinquecento membri, i quali si conoscono tutti tra loro; questi
si costituirebbero in organismi permanenti di deliberazione e
formulazione di decisioni per quanto attiene ai problemi
fondamentali nel campo dell'economia della politica estera, della
sanità pubblica, ... " ed ancora " ... Questi gruppi
avrebbero diritto di voto e costituirebbero una 'Camera Bassa',
un parlamento le cui decisioni eserciterebbero un'influenza sugli
organismi legislativi. ...."
Così per quanto attiene la
produzione fumosa di E. Fromm che riguardo ai suoi principi
decantati sui suoi libri, male si combinano con la realtà della
comunità cibernetica, tra hackers e quant'altro. Lo strumento
Internet potrebbe essere utilizzato come le avveniristiche
tecniche manicomiali 'no-restraint' del secolo scorso, .... ma
come dosare la potenzialità democratica di questo mezzo senza
cadere in trappole manipolative? Potrebbe la rete dei Ser.T.
diventare un grande fratello? Le persone contengono in loro una
grande paura per il 'diverso', per la persona multi-problematica
come spesso è il tossicodipendente.La gente, abbandonato ogni
timore per la malattia mentale, ha trovato da tempo un capro
espiatorio, dagli anni '70, tempo in cui, almeno per la storia
della tossicodipendenza ligure, sono apparsi i primi
tossicodipendenti da eroina, le famose tende del Turchino. Mentre
era in pieno vigore la rivoluzione basagliana, dall'altro
versante si costruiva un altro muro ancora più granitico, quello
della discriminazione del tossicodipendente. Saprà la rete non
cadere anche lei in questa doppia trappola: il mantenere le
prerogative di cura e quindi di rimanere intatta alle
manipolazioni potenti dei pazienti e non creare un altro ghetto,
più cupo, impalpabile, 'democratico'!
Bibliografia:
Fromm E., 1977, Avere o Essere, it. Eds., Mondadori, Milano.
Maura E., Peloso F.P., 1999,
Lo splendore della ragione - Storia della psichiatria ligure
nell'epoca del positivismo - La clessidra - Genova
Prof. Giacanelli
Io sono stato generosamente
coinvolto da Vito non solo nella mia qualità di Amministratore
dirigente dell'Istituzione Minguzzi, ma soprattutto per un
vecchio interesse rispetto alle tossicodipendenze e per alcune
posizioni che avevo assunto, Vito mi conosce bene, devo comunque
informarvi dei miei limiti, della mia presenza qui. Io sono un
vecchio Psichiatra in pensione da qualche anno, non mi occupo
più di tossicodipendenti da diversi anni, e tenni a battesimo
qui la prima legge contro l'istituzione manicomiale,
cos'era, .. la legge 685 se non sbaglio, del 1975 e quindi
cominciai lì il mio percorso di conoscenza.
I miei limiti relativi,
all'informatica e alla rete ad andare oltre l'uso del
computer come sofisticata macchina da scrivere.
C'è un muro di omertà da
parte degli amministratori e di solitudine da parte degli
operatori. Ora per associazione immediata mi è venuto in mente
quello che accadeva 20 o 30 anni fa. Non è stato facile fare
cultura dalla applicazione della legge 685 non è stato facile in
un'epoca in cui la td era la prima legge che faceva uscire
la tossicodipendenza dalle pieghe del codice penale da un lato e
dal manicomio dall'altro. Non c'erano altri luoghi dove
poter curare i tossicodipendenti, farne argomento di cultura,
farla entrare nella testa di tutti, soprattutto compreso i
medici, presi i primi operatori addetti al C.T.S.T. in Emilia
Romagna, .. inizialmente C.MAS.,
beh non fu facile, come
non fu facile, e qui ricordo un altro mio prpotagonismo di
quell'epoca, smantellare i manicomi ed arrivare alla elaborazione
legge 180. Se ricordo con nostalgia quel periodo chce mi vide
impegnato abbastanza fino in fondo, non è dovuto al fatto che
ero più giovane e si confonderebbe nel sentimento della
npostalgia dell'età, ma perché per la prima volta, dopo
qualcosa che era successo nel secolo scorso, i medici psichiatri,
id quei settori (psichiatria, tosscodipendenze e territori
confinanti) non furono soli. Se qualcosa si raggiunse è perché
c'era una movimento di opinione che coinvolgeva filosofi,
giornalisti, coivolgeva uomini di teatro, uomini di cultura in
generale che sposarono la causa di "liberiamo i matti",
o "adosso al manicomio", gli slogan potremo ricordarli,
qui molti se li ricordano. E fu un enorme pressione di opinione
pubblica sulle forze politiche, sul parlamento, sulle stesse
istituzioni che non se la sentivano più di restistere alla
viscxhiosità storica delle istituzione pubblica alla pressione
di quel mvimento che non fu solo tecnico, non fu solo di medici
ma era essenzialmnte etico-politico-culturale per il rinnovamento
della psichiatria e diu tuti gli altri problemi compresa la legge
685. Io non mi faccio illusioni, il clima non è più quello di
25 anni fa e potremmo riparlare tra i son de claer cioè
l'abbandono rispoetto all'impegno etico-pubblico di
intellettuali, di filosofi, al masimo fanno gli
"elzeviristi" sui giornali ma non fanno nulla di più.
Allora la domanda mi sorge, .. il bisogno di uscire dalla
solitudine dell'operatore, chi è possibile chiamare, chi è
possibile coinvolgere, quali forze sociali , che non siano i puri
tecinici, i puri repsonsabili di una funzione delegata è
possibile svegliare perché ci diano una mano, perché si
mobilitino di nuovo?
Quelle proposte, quegli slogan che
ha ricordato Giancane sul metadone io stesso credo di aver
mandato in rete unaletterina di allarme quando l'On. Fini, tanto
per fare i nomi, perché sono noti a tutti, lanciò l'idea del
nuovo ricovero coatto "in manicomio"
. Si vabbe!,
e detossicazione forzata del tossicodipendente. Ecco una cosa del
genere 20 anni fa non l'avrebbero detta! Avrebbero suscitato
scandalo e reazioni violente ma non da parte dello psichiatra
Giacanelli o di qualsiasi altro operatore del Ser.T., ma da parte
di giornalisti e da quanti intellettuali o di altri politici,
quel clima non è facilmente riproducibile oggi, è assurdo
pensarlo. Però la domanda è aqncora più semplice, quali forze
sociali associare allol scandalo delle cose del quadro complesivo
che ha fatto Giancane. Quale mobilitazione etico-culturale nuova
è possibile intorno alla concindizione del tossicodipendente e
dei nuovi emarginati?
E quale uso della rete è
possibile in questa direzione e per questa funzione?
Non posso che lasciarlo come
interrogativo, se avessi una risposta sarie un bel pezzo più
avanti.
Bollorino
Chi mi conosce sa bene che sono a
contatto con i tossicodipendenti "à côté". Uno
psichiatra che opera da un osservatorio come quello di S.
Martino, e che è di competenza del territorio in cui opera
Fabrizio, che opera da tempo nel territorio del Centro Storico e
che è "attaccato all'inizio del Centro Storico,
praticamente senza possibilità di intervento, correggimi se
sbaglio,
di una zona, di "enclave" di tipo
socio-etico (volevi dire etnico?)-culturale, perché il programma
del comune, della provincia e della regione e della Ausl, non
prevedono per il momento, checchè suo ex-maestro (Gian Paolo
Guelfi) l'avesse ampiamente proposto, un intervento di
strada. Nel senso che Gian Paolo Guelfi ha sempre cercato di
proporre a livello regionale la creazione del Servizio di
Salvatore, senza riuscire a farlo. E adesso per dare l'idea
della situazione e poi le conseguenze di questa situazione si
ripercuotono sul Pronto Soccorso e soprattutto oramai con tanti
"terzomondisti", che non hanno diritto ad avere una
anagrafe sanitaria se non in regola e non possono "essere di
competenza". Fabrizio, in una mail diceva se non sbaglio,
vorrei andare a fare questo lavoro, e sono sicuro che,
conoscendolo, farebbe benissimo questo lavoro.
Qui siamo di fronte ad una città
che aveva questo servizio e che deve lottare per conservarlo, ma
figuratevi la situazione di Città come Genova in cui c'è
una presenza significativa sia di td che di extracomunitari
drammaticamente elevata e soprattutto rappresentata da
clandestini che si dedicano ad attività non lecite, e con una
percentuale di td, piccoli spacciatori, vi rendete conto come
questo tema e la diffusione di notizie di questo genere per
creare un patto sull'amministrazione, per smuovere la
situazione, per smuovere primari che non hanno voglia di
smuoversi. Fabrizio faceva riferimento a questo nella sua e-mail,
rispetto a questo argomento credo che sia indispensabile, e qui
entro nel merito perché me la sento un po' di più,
l'utilizzo degli strumenti come la rete per poter diffondere
queste informazioni. Traduco: se ci sono le esperienze positive e
più professionalmente qualificate rispetto a quelle che abbiamo
a Genova, (noi vorremmo capircene,
ma se non ci danno gli
strumenti, .. e un po' difficile) ma per fare questo è
necessario avere delle informazioni rapide, diffuse rapidamente
dalla rete per poterle mettere sotto il naso degli amministratori
e dei primari recalcitranti.
Io credo che effettivamente
considerare questa grande occasione che noi abbiamo oggi
utilizzando questo strumento, abbiamo 250 persone iscritte, io ho
il polso della situazione e devo dirvi che abbiamo adesioni da
tutta Italia con una distribuzione geografica diffusa, quasi più
che la lista [psich-ita], nel senso che la lista dipendenze è il
fiore all'occhiello delle iniziative in rete, per la
qualità del dibattito che vi circola e non per le stupidaggini
che vi sono in altre, e questo potrebbe diventare il luogo dove
le esperienze si scambiano per dare la possibilità a coloro i
quali vorrebbero fare qualcosa ma non hanno le conoscenze e gli
strumenti per poterlo fare, per poter diventare degli
interlocutori validi della controparte che è rappresentata dai
politici che sono quelli che devono decidere.
Io credo che a fronte di un
interlocutore tecnico preparato anche un politico recalcitrante
quanto meno deve stare a sentire, preso e messo a confronto con
delle motivazioni valide, potremo augurarsi che si ci si aspetta
un no almeno si ha la sicurezza che il suo no, sia un no
motivato. Noi a Genova siamo in una situazione in cui nonostante
si abbia avuto persone esperte a livello internazionale come Gian
Paolo Guelfi, e vi assicuro che tale persona è una persona che
si sa muovere "nel Palazzo", non è certo una persona
che non si sappia muovere, aveva dei ruoli di importanza
notevolissima a livello cittadino, eppure non c'è riuscito.
Allora la domanda è c'è un disegno dietro a questo o siamo
(sono) solo stupidi?
A fronte di questa domanda che
rimane per me senza risposta, io mi auguro che questa occasione
sia da stimolo per i presenti ma anche per gli assenti, io mi
auguro che i presenti trasferiscano sulle liste ciò che ci
diremo oggi, in maniera adeguata, per creare questo circuito di
informazione che ci permetta di diffondere una cultura condivisa
per poter creare un "Protocollo": anche questi
interventi "bohemienne", come possono essere quelli di
bassa soglia devono avere dei "protocolli" dove
operatori seri e preparati provano a mettere giù un protocollo
informale, s'intende, da proporre a livello Nazionale.
Questo secondo me è un punto
importante, cioè confrontandosi, dandosi delle regole, dicendo
questo è il protocollo di comportamento, anche perché andiamo
verso una situazione di aziendalizzazione e che va verso il
controllo di qualità, e questo vale per la psichiatria e che non
è il DRG.
Salvatore Giancane 2:
Io preferisco distinguere un uso
saltuario, un uso problematico ed un vero e proprio stato di
tossicodipendenza. E' vero che per una sostanza come
l'eroina l'uso saltuario e l'uso problematico
durano in genere molto poco e la dipendenza si instaura molto
rapidamente, ma è anche vero che un ragazzo molto giovane che si
sta facendo le prime pere non possiede un IDENTITA' da
tossicomane. Se io gli prescrivo il metadone e lo metto in fila
con dei vecchi tossicodipendenti cronici, allora
quell'identità rischio di dargliela io. La giovane età
associata all'inizio recente dell'uso di eroina devono
sicuramente indurre cautela nella prescrizione del metadone. Ma
anche in questo caso c'è un'altra faccia della
medaglia, perché è proprio l'uso saltuario che espone al
rischio di overdose. Allora in questo caso il metadone può
essere irrinunciabile in alcune situazioni, anche se si tratta di
soggetti molto giovani.
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