Il Caso Extasy
Iginio Gagliardone e
Massimiliano Geraci
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Introduzione
“Tutti noi [giornalisti]
eravamo preoccupati, avevamo paura di prendere le difese dei drogati. Per
questo sono passate sciocchezze e banalità”.. Ecco quanto dichiara
nel 1975 Sandro Curzi, ai tempi direttore di PPaese Sera, in merito alle
affermazioni fatte allora dalla stampa italiana sulla diffusione e il consumo
di hashish e marijuana.Venticinque anni di distanza e, come cercheremo di mettere
in evidenza, i termini generali del dibattito sono immutati. Differenti le
sostanze in questione, ma identici il clima evocato, la genericità, i
toni passionali, l’assenza di lucidità, la facilità con cui stereotipi e opinioni correnti
vengono reiterati a dispetto della volontà di approfondimento o ricerca
di riscontri scientifici.Non ci si è mossi di un passo. Il tema della
droga, nonostante la sempre maggiore problematicità che lo interessa,
legata alla comparsa di nuove sostanze, con mercati sempre più
eterogenei ed in continua espansione (nonostante le politiche repressive
attuate a livello nazionale ed internazionale), viene affrontato con i modi e
gli strumenti di sempre. Ben inserita all’interno dei repertori
ideologici, tra “spiegazioni preferite ed escluse” (Hall), sui
quotidiani la droga non parla tanto di sé, quanto dei modi in cui deve
essere combattuta e sconfitta.E la campagna costruita intorno al
“problema ecstasy” non è che l’ennesimo esempio. I
giornalisti non solo hanno scelto quando, prendendo in prestito un caso di
cronaca per farne un evento eccezionale, ma hanno anche deciso come parlare del
problema “selezionando alcuni aspetti e attributi della realtà
percepita per renderli più salienti, in modo da promuovere una
particolare definizione del problema, una interpretazione causale, una
valutazione morale e/o un suggerimento su come affrontare il tema
descritto” (Entmann), investendo i loro testi di una lettura preferita funzione del codice
egemonico
(Hall) che riproduce il punto di vista dominate (la droga, quale che sia, fa
male e va combattuta). “Opinioni espresse all’interno di un
qualsiasi resoconto giornalistico vengono fatte passare per affermazioni
puramente descrittive”. Hall parla, in questo caso, di effetto di
realtà in quanto la presenza dell’ideologia nei messaggi dei mass media
ha come effetto il suo eclissarsi all’interno di messaggi che appaiono
come naturali descrizioni della realtà. Inoltre, come sottolinea
McCombs, il risultato del processo di codifica messo in atto dai media
“non si limita ad influenzare le nostre rappresentazioni dei temi
trattati, ma ha conseguenze anche su atteggiamenti e comportamenti”.Pagine e pagine dedicate alla droga, ma occupate
soltanto da articolazioni diverse degli stessi presupposti ideologici,
soggiacenti sia al pubblico, come conoscenza quotidiana racchiusa in formule
standard, sia ai media, camuffati come competenza specialistica e legittimata
“in ragione di una referenzialità pubblica e collettiva”. Un
mese di cronaca, la droga “in primo piano”, ma nessun contributo ad
una comprensione ulteriore, problematica e approfondita, del fenomeno e delle
sue cause. Solo il ripetitivo susseguirsi degli stessi allarmi, delle stesse
proposte che un tempo sembrarono illusoriamente andar bene per la marijuana e
oggi si spera andranno bene anche per l’ecstasy.
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