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CONCLUSIONI
I risultati emersi dalla indagine sperimentale effettuata sui pazienti
in trattamento con Naltrexone transitati nel programma nell'arco di 1 anno
(da ott. 95 a ott. 96) ci portano a valorizzare l'utilità di una
strutturazione di programma che comprenda sia l'aspetto psicoterapico che
quello più ampio relativo ai rapporti familiari del paziente.
Questa
indagine preliminare ci consente di continuare a perseverare nella ricerca
con TD Eval nell'ipotesi che un campione più ampio di pazienti ci
possa aiutare maggiormente a comprendere le problematiche emerse da questo
tipo di programma .
E' già, comunque, abbastanza evidente che uno
dei nodi problematici sia l'alta percentuale di pazienti che abbandona
il programma. Significativo è, in questo senso, l'accesso al programma
di pazienti con patologie psichiatriche. Sembra, inoltre, rilevante la
scrsa compliance alla cura e la non consapevolezza della gravità
della propria condizione.
Altro aspetto problematico è lo scarso
numero di pazienti che accedono alla psicoterapia rispetto alla totalità
dei pazienti in programma. Anche attualmante,a fine ottobre 1996, il numero
di pazienti che effettua psicoterapia è di 5 ripetto a 15 pazienti
in programma. Se ne può dedurre che la maggior parte di loro valorizza
prioritariamente l'aspetto farmacologico; alcuni di loro sottovalutano,
probabilmente la gravità della loro tossicomania, ritenendo che
questa sia solo un problema di craving; altri utilizzano il farmaco come
controllo, ad uso della famiglia, rispetto all'abuso di eroina.
Ma dai
risultati dei TD Eval di questi pazienti si evince che ci sono variazioni
minime e che queste sono quasi sempre relative all'item astinenza da sostanze.
Si auspica che per questi pazienti possa diventare significativo il fattore
temporale e che l'anno di terapia serva a dare maggiore consapevolezza
rispetto alla possibilità di una remissione della tossicomania.
Si potrebbe, inoltre, verificare una maggiore costanza nel rapporto col
Servizio nel caso si dovesse ripresentare una ricaduta, oltre ad una maggiore
consapevolezza rispetto alle problematiche personali.
Solo col tempo potremo
verificare tali ipotesi.
Coloro che accedono più facilmente alla
psicoterapia sembrano risultare i pazienti che hanno avuto un inizio della
tossicodipendenza da più di dieci anni e che hanno fatto già
altri percorsi terapeutici, in particolare di comunità. La consapevolezza
della gravità dell'evoluzione tossicomanica sembra, quindi essere
significativa, rispetto al bisogno di un'analisi di sè più
approfondita.
La grande potenzialità del farmaco che è con
ogni probabilità quella di poterci permettere un lavoro psicoterapico,
è utilizzabile solo con un numero di pazienti limitato. Un dato
interessante emerso dalla comparazione dei TD Eval è che anche i
pazienti che non hanno avuto particolari insight alle sedute di gruppo
hanno comunque trovato beneficio; si ipotizza possa essere significativa
la funzione di contenimento del gruppo. Rimane come spunto di discussione
da verificare se, per quanto riguarda i due aspetti sopraccitati, possa
essere utile protrarre maggiormente i tempi di osservazione sui singoli
pazienti precedentemente all'ingresso in terapia; allo scopo di valorizzare
maggiormente l'aspetto psicologico o quello di contenimento in un gruppo
strutturato rispetto a quello farmacologico.
Probabilmente un minor numero
di accessi al programma Naltrexone potrebbe essere compensato da una maggiore
aderenza al programma nella sua globalità con la conseguenza di
un minor numero di abbandoni di programma o ricadute.
Abbiamo organizzato
una giornata di confronto sui programmi con Naltrexone tra i ser:T. delle
regioni a noi più vicine (Emilia-Romagna, Marche, Veneto) ipotizzando
che un confronto sulle diverse modalità organizzative e sugli aspetti
più problematici, sia farmacologici che relativi alle psicoterapie,
ci possa portare ad una programmazione qualitativamente sempre più
aderente alle esigenze terapeutiche dei pazienti tossicomanici. . . .
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