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IN QUALI CASI PUO' ESSERE UN SUPPORTO PARTICOLARMENTE UTILE

Contrariamente all'idea comunemente diffusa tra utenti, familiari e talvolta anche medici, che è un farmaco epatotossico, dalla nostra esperienza clinica risulta che proprio nelle epatopatie di tipo cronico, soprattutto da Hcv, il naltrexone può portare ad importanti miglioramenti clinici.
Nella condizione di drug free il paziente può essere meglio guidato ad un cambiamento dello stile di vita soprattutto per quanto riguarda le abitudini alimentari (regolarità nei pasti, dieta, riduzione dell'assunzione di alcoolici).
Spesso il paziente prende coscienza della sua malattia epatica,[ ma anche di altre malattie (es l'ulcera)], per l'emergere di sintomi che prima erano mascherati dall'uso di droghe anestetiche. Questo favorisce l'aggancio allo specialista infettivologo dando così la possibilità di sottoporre il paziente ad un corretto monitoraggio clinico con esami ematochimici seriati, visite specialistiche, ecografie ed eventuale biopsia.
Dal dicembre 95 è stato attivato con i colleghi infettivologi dell'Ospedale un ambulatorio settimanale presso il Ser.T. al quale vengono inviati utenti td con problematiche infettivologiche. La possibilità di somministrare al Ser.T. la terapia interferonica parallelamente a quella con naltrexone, potrebbe dare maggiori garanzie di una corretta assunzione dell'interferone rispetto all'assunzione domiciliare. In nessun caso abbiamo registrato una epatotossicità imputabile al naltrexone; al contrario, gli indici di funzionalità epatica spesso migliorano progressivamente quale conseguenza di un cambiamento dello stile di vita.
Il naltrexone può essere uno strumento terapeutico utile nel formulare programmi riabilitativi per quei soggetti che sono vincolati da provvedimenti legali, quali una segnalazione della Prefettura ai sensi dell'art.75 o come alternativa al carcere ai sensi dell' art.47 bis. Il lungo programma farmacologico con l'antagonista e la presenza plurisettimanale al Ser.T. per l'assunzione del farmaco, esami urine e colloqui di sostegno psicosociale permette un regolare e prolungato controllo del Servizio sull'utente. Spesso alla fine del programma naltrexone, l'utente viene sottoposto, per due mesi, solo a controlli dei metaboliti urinari. La prolungata astensione dall'uso di stupefacenti può essere utilizzata anche nel guidare l'utente a formulare l'idea di un possibile programma comunitario od aiutarlo a superare quella fase caratterizzata dall'ambivalenza rispetto a questa scelta (da una parte l'intenzione di voler entrare in CT dall'altra l'idea di potercela fare da solo). In alcuni casi ,infatti, gli operatori individuano, per un determinato paziente, l'inserimento in una Comunità terapeutica come obiettivo finale necessario per raggiungere risultati stabili e possibili solo al di fuori dall'ambito familiare, mentre l'utente è ancora molto lontano da un'idea di Comunità o non ancora in grado di fare determinate scelte.
La condizione di drug free permette inoltre al paziente di affrontare in maniera ottimale i colloqui propedutici in Comunità Terapeutica. Potrebbe infine essere utile iniziare il trattamento con naltrexone durante la carcerazione, a fine pena. A nostro parere ciò faciliterebbe l'aggancio o il ritorno del paziente al Servizio, mantenendolo in una condizione di drug free nell'impatto con il contesto ambientale precedente la carcerazione. Tale modalità di itervento, comunque, non è stata ancora attivata presso il nostro Servizio

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