DEPRESSION, COMPETENCE, AND THE RIGHT TO REFUSE LIFESAVING MEDICAL TREATMENT.
DEPRESSIONE, COMPETENZA E DIRITTO DI RIFIUTARE TRATTAMENTI MEDICI SALVAVITA.
SULLIVAN M, YOUNGNER SJ
AM J PSYCHIATRY 151:971-978; 1994
Introduzione: nel contesto delle malattie gravi il rifiuto di sottoporsi al trattamento medico è considerato come "desiderio di morire" o "lasciare che la natura segua il suo corso". Rispetto al diritto di rifiutare trattamenti salva vita la prospettiva medica e quella psichiatrica sono estremamente diverse da un punto di vista etico e clinico. Nel setting medico, la competenza legale a rifiutare trattamenti medici salvavita è presunta e ai medici spetta il compito di fornire prove contraria. Nel setting psichiatrico il desiderio di morire non è considerato come una prova evidente di un disturbo mentale e di una carenza della capacità decisionale, ma diventa una giustificazione per il trattamento stesso. La valutazione e lo studio del diritto alla morte avviene in misura maggiore con il miglioramento della tecnologia medica che ha reso possibile prolungare la vita oltre la prospettiva di ritornare ad uno stile di vita soddisfacente. Anche se ci sono stati importanti sviluppi rispetto ai diritti dei pazienti psichiatrici di rifiutare il trattamento, solitamente ciò non riguarda il diritto a rifiutare i trattamenti salvavita. I pazienti che desiderano morire vengono ancora considerati come portatori di un disturbo psichiatrico e si ritiene che alla base di tale desiderio ci siano ideazioni suicidarie. Anche nel campo legale si è assistito ad un tentativo di comprendere meglio questa questione.
Scopo: gli autori esplorano la possibilità che gli psichiatri possano inappropriatamente estendere le loro idee riguardo al suicidio sul rifiuto di sottoporsi ai trattamenti salvavita di pazienti gravemente malati.
Metodo: è stata analizzata la letteratura legale e bioetica relativa alla competenza dei pazienti a rifiutare trattamenti salvavita e la possibile influenza della depressione su tale rifiuto.
Risultati: negli ultimi 20 anni il maggiore interesse relativamente alla competenza mentale di pazienti con gravi patologie mediche che rifiutano trattamenti salvavita è stato rivolto ai soggetti che cercano di ignorare tali rifiuti. In psichiatria, tuttavia, il desiderio di morire di un paziente è considerato come l’evidenza di una deteriorata capacità di prendere decisioni riguardo un trattamento salvavita. Tale contrasto all’interno delle tradizioni etiche va preso in considerazione durante la valutazione clinica e il trattamento di pazienti con patologie mediche con depressione che rifiutano un trattamento salvavita. La valutazione clinica dell’effetto della depressione sulla capacità decisionale di un paziente è complessa per diversi motivi, tra cui: 1) la depressione è facilmente interpretata come una "ragionevole" risposta a malattie mediche gravi; 2) la depressione produce una maggiore quantità di impercettibili distorsioni del potere decisionale rispetto al delirium o alla psicosi (ad es. preserva la comprensione degli aspetti patologici ma deteriora la capacità di valutarne l’importanza); 3) una diagnosi di depressione maggiore non è né necessaria né sufficiente per determinare se la capacità decisionale del paziente è deteriorata.
Conclusioni: la depressione può essere diagnosticata e trattata in pazienti con gravi patologie mediche. Dopo aver effettuato diagnosi e trattamento ottimali e dopo aver determinato che il paziente è in grado di prendere decisioni di tipo medico può essere appropriato rispettare il desiderio di morire del paziente. Gli psichiatri devono riconoscere che il rifiuto di alcuni trattamenti, anche se può portare alla morte del paziente, è legittimo, anche se è accompagnato da intenti suicidari.