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Ferenczi e la psicoanalisi contemporanea*(1)

Carlo Bonomi**(2)

Il 1985 dovrebbe essere considerato un punto di svolta nella storia della psicoanalisi. Questa data coincide per un verso con il momento culminante della critica allo stato scientifico della teoria psicoanalitica nota come crisi della metapsicologia. E infatti proprio nel 1985 che Robert Holt, studioso di grande prestigio, dichiarò: "Al presente, ritengo corretto dire che la metapsicologia è virtualmente morta." (Holt 1985, p. 326). Per un altro verso il 1985 è stato lanno in cui divenne finalmente possibile la pubblicazione del Diario clinico di Sándor Ferenczi, unopera che era stata scritta ben cinque decenni prima. Questo evento fu seguito dalla pubblicazione di un crescente numero di lavori (articoli, numeri speciali di riviste di psicoanalisi, volumi collettivi e libri) dedicati alla rivalutazione dellultimo Ferenczi e della sua eredità. Come hanno detto Aron e Harris, dopo essere stato bandito e ostracizzato dal mainstream psicoanalitico, Ferenczi è stato finalmente riconosciuto come "linnovatore presciente di tutte le tendenze moderne" (Aron e Harris 1993, p. 1). Questa nuova atmosfera è stata ben catturata dal titolo di uno dei volumi collettivi che gli sono stati dedicati: Ferenczis Turn in Psychoanalysis [dove Turn significa sia "la volta di" che "la svolta impressa da" Ferenczi, ndt], un titolo inteso "a evocare sia le innovazioni radicali introdotte da Ferenczi nella teoria e pratica psicoanalitica sia il nuovo interesse nel suo lavoro che fa sì che questo sia il suo tempo" (Rudnytsky 1996, p. 3).

Vi è una qualche connessione tra questa effervescenza ferencziana e la caduta della metapsicologia classica?

Ferenczi era molto critico verso lo sviluppo teoretico imboccato dalla psicoanalisi negli anni venti, noto come "psicologia dellIo", e verso l'analisi condotta dal punto di vista della metapsicologia dellIo, che egli considerava come un insegnamento intrusivo (Ferenczi, 1927, p. 98; 1929, p. 113). Di fatto Ferenczi scrisse il Diario Clinico come conseguenza della sua delusione per questa svolta pedagogica della psicoanalisi e come testimonianza della sua ricerca per una teoria e pratica psicoanalitica alternative. Il punto è che Ferenczi criticò precisamente quelle caratteristiche che stavano diventando sempre più importanti per identificare lo psicoanalista ortodosso, quali l'atteggiamento di superiorità e la supposta infallibilità, l'intelletualizzazione dell'esperienza analitica e la sua concezione puramente intrapsichica e scientifico-naturalistica.

Subito dopo la seconda guerra mondiale, la pubblicazione del cosiddetto "numero Ferenczi" dell'International Journal of Psychoanalysis suscitò la speranza di una sua riabilitazione. Il numero era stato curato nel 1949 dal suo ex-allievo John Rickman e Michael Balint, il suo esecutore letterario, vi scrisse: "Il pensiero psicoanalitico sta ora iniziando a riesaminare le idee di Ferenczi sullenorme importanza dell'effettivo comportamento libidico degli adulti verso i loro bambini nei periodi pre-edipici" (Balint, 1949, p. 219). Ma la speranza di Balint si dimostrò illusoria poiché, al contrario, il numero Ferenczi dellInternational Journal aumentò lostilità verso la sua ridefinizione dello scopo, del metodo e del modo di intendere la psicoanalisi. Questa ostilità venne diretta soprattutto verso gli eredi contemporanei dello spirito di riforma di Ferenczi come Clara Thompson, Harry Stuck Sullivan, Erich Fromm, Frieda Fromm-Reichmann e Franz Alexander. Tuttavia venne anche diretta contro lo stesso Ferenczi. Nel terzo volume della Vita e opere di Freud, Ernest Jones (1957) dichiarò che Ferenczi era psicotico e che i suoi ultimi lavori erano espressione del suo deterioramento mentale. In quegli anni la deviazione di Ferenczi venne chiamata "rapport therapy". Questo termine aveva una connotazione molto negativa poiché derivava dal vocabolario dell'ipnosi. E quindi, quando si diceva che Ferenczi sosteneva una "rapport therapy", ciò che si voleva dire era che egli aveva abbandonato il metodo analitico per rivolgersi ai fattori non-analitici sui quali anche la terapia ipnotica era basata, quali i fattori personali e interpersonali. In breve, venendo caratterizzata come una forma di "rapport therapy", la linea di Ferenczi venne discreditata e spinta fuori dai confini della psicoanalisi. Dovrebbe anche essere ricordato che Ferenczi e i suoi seguaci erano criticati per la sua enfasi sul "controtransfert", in quanto quest'ultimo non faceva parte della visione purista dellanalisi. Questa visione purista si appoggiava per lo più sullidea che l'unico fattore terapeutico specifico allanalisi era l'"interpretazione esatta", basata sulla conoscenza metapsicologica delle energie, forze e strutture intrapsichiche psichiche, in gioco nei processi inconsci sottostanti al transfert. Questa visione, tuttavia, si basava su una serie di assunti alquanto problematici, come la concezione dell'analista come un osservatore immateriale e invisibile che osserva dall'alto e che può entrare nella mente del paziente restituendo a questi la descrizione verbale esatta dei meccanismi quasi-somatici soggiacenti. Questi assunti erano affetti da fantasie infantili sull'anima e il corpo - per esempio l'idea di essere osservati da dio, dal diavolo, dai morti o da altre entità invisibili che sono capaci di leggere i pensieri nascosti. Di fatto, la miscela di presupposti animisti e meccanicisti nascosti è stata proprio la ragione per cui la metapsicologia freudiana non è riuscita a superare lo scrutinio critico. Inoltre, se noi aggiungiamo che il punto di vista purista dell'analisi implicava che l'idea che l'analista possedesse qualità divine, quali l'onniscienza e l'infallibilità, allora abbiamo un quadro completo del credo ortodosso che aveva respinto la prospettiva di Ferenczi come non analitica.

Come sia stato possibile che la psicoanalisi, la quale era nata in opposizione alla superstizione, sia potuta arrivare al punto di elevare l'analista ad entità divina e di diventare essa stessa un concentrato di credenze irrealistiche e dogmatiche, è un mistero. E' anche un amaro paradosso, se consideriamo che il termine "meta-psicologia" era stato originariamente coniato da Freud come parola-chiave del coraggioso progetto di sostituire le credenze animistiche sull'al di là con una concezione scientifica dell'inconscio (Bonomi, 1998). In ogni caso, questo processo di degenerazione delloriginario progetto freudiano era stato colto già nei primi anni venti da Ferenczi e Rank (1924), i quali avevano reagito raccomandando un ritorno all"esperienza" [Erlebnis, termine tradotto di solito come "vissuto" - ndt].

Come è ben noto, Ferenczi e Rank persero la loro battaglia, al punto da essere banditi e dichiarati pazzi, mentre la direzione presa dalla psicoanalisi fu largamente caratterizzata dalla sua medicalizzazione e burocratizzazione. Eppure, alla lunga è stata proprio la prospettiva di Ferenczi e Rank ad avere successo. In una recente riconsiderazione storica delle talking cures [notare il plurale], Robert Wallerstein ha connesso il riemergere della linea di pensiero di Ferenczi alla progressiva erosione del paradigma metapsicologico della ego-psychology, il quale consisteva in:

"una cornice teorica scientifico-naturalistica ... caratterizzata dal tendere ad una oggettività massima, con lanalista come osservatore e commentatore del transfert del paziente, il quale risaltava sullo schermo analitico bianco ... Il conseguente processo analitico dentro al paziente ne avrebbe allora illuminato la vita e i conflitti intrapsichici. Questa era chiamata ... una psicologia ad un corpo solo [one-body psychology]. Limprimatur tecnico era stato dato dallarticolo del 1953 sui parametri di Eissler, che ambiva a definire laustero modello della psicoanalisi come basato sulla sola interpretazione vera ed espurgato, per quanto possibile, da ogni tipo di influenza suggestiva; si diceva che questa fosse la corretta codificazione della psicoanalisi creata da Freud, lespressione definitiva della analisi classica di Freud." (Wallerstein, 1995, p. 534).

Secondo Wallerstein la caduta di questo modello è stato ri-equilibrata dallascesa di un"altra prospettiva" che può essere ricondotta agli articoli tecnici di Ferenczi: una prospettiva "basata sul potere mutativo della relazione psicoanalitica, al di là della interpretazione o in interazione con linterpretazione", la quale che è "emersa in contrappunto come una corrente vitale del pensiero psicoanalitico" (Wallerstein, 1995, p. 534). Di fatto, il mutamento di prospettiva realizzato da Ferenczi sei decenni or sono è stato ripetuto da vari autori negli anni successivi, diventando infine il nucleo di un terreno comune oggi largamente condiviso. La caratteristica di questo nuovo senso comune, tuttavia, è che è stato costruito anonimamente sui contributi dei molti "eretici" banditi in modo ufficiale o no dal mainstream.

Qui troviamo un altro carattere distintivo della mentalità ortodossa: lassimilazione notturna delle idee ostracizzate alla luce del giorno. Di regola, il senso comune dominante è continuamente alimentato da quegli stessi pensatori innovativi precedentemente rifiutati. Tuttavia, di regola, questo processo di alimentazione rimane disconosciuto. Credo che si possa anche giustificare questo sordo processo di assimilazione, data la sterilità del senso comune consolidato e il fatto che nessuna idea vitale può esserne generata. Eppure, ritroviamo un forte monito nella risposta di Ferenczi alla pressante richiesta di Freud, alla vigilia della loro rottura nellagosto del 1932, di accettare la presidenza dellAssociazione Psicoanalitica Internazionale. Ferenczi rispose che no, che non poteva accettare, perché come presidente si sarebbe trovato impegnato a garantire la conservazione della teoria e della prassi esistente, mentre egli era, al contrario, interessato al loro rinnovamento.

Lattuale rinascita di Ferenczi è molto importante perché ripristina alcuni dei percorsi della storia reale della psicoanalisi, che sono stati soppressi attraverso la narrazione delle loro versioni agiografiche. Dimostra anche che la psicoanalisi avrebbe potuto svilupparsi lungo linee differenti o, almeno, che le inevitabili tensioni tra conservazione e innovazione avrebbero potuto essere gestite diversamente. Infine, porta alla luce il tremendo errore rappresentato dalleliminazione della dimensione relazionale (il "rapport") dalla definizione purista di analisi. La conseguenza principale è stato linsediarsi di una frattura tra le prospettive "intra-psichica" e "inter-personale", che è cresciuta fino a diventare reciproca estraniazione negli anni 1950. Questa cesura si è mantenuta fino ai primi anni 1980, quando fra studiosi di entrambe le tradizioni ha iniziato a diffondersi un nuovo spirito, caratterizzato dalla convinzione che la scissione tra le due prospettive, quella "intra-psichica" e quella "inter-personale", potesse essere affrontata in modo dialettico. Simultaneamente, il collasso della metapsicologia freudiana e il dissolversi della posizione egemonica della ego-psychology ha grandemente facilitato la transizione verso un nuovo senso comune. Robert Wallerstein (1995) ha brillantemente descritto questo processo di frammentazione di un consenso unitario in una pluralità di prospettive, caratterizzate dalla proliferazione di elementi relazionali e interattivi. Lewis Aron (11), evidenziando limpatto della ermeneutica, del post-strutturalismo, del social-costruttivismo e dal femminismo contemporanei, ha ulteriormente caratterizzato come "postmoderno" lo slittamento vissuto dalla psicoanalisi contemporanea da una posizione unitaria e coerente (o comunque presentata come tale) ad una composizione molteplice e diversa. Egli ha anche sottolineato le qualità "postmoderne" dei contributi di Ferenczi, come la sua posizione antiautoritaria e il suo decentramento della prospettiva. La risonanza di queste qualità con il Zeitgeist contemporaneo è certamente una delle ragioni dellattuale successo a scoppio ritardato di Ferenczi.

Per capire questo successo dovremmo prendere in considerazione anche un ulteriore elemento simbolico, che va oltre la frammentazione post-moderna. Per un tempo straordinariamente lungo, Ferenczi è stato il più vicino collaboratore di Freud, e la loro sintonia intellettuale non aveva confronti. Tuttavia, ad un certo punto, Ferenczi incominciò ad aggiungere unulteriore dimensione al modo comune di leggere il processo psicoanalitico: la dimensione interpersonale. Questa ulteriore dimensione non era concepita come contrapposta a o come una alternativa allanalisi della topografia, della dinamica e delleconomia intrapsichiche. Eppure, il semplice fatto di aggiungere unulteriore dimensione cambiava lintera prospettiva del campo analitico, il quale era diventato multidimensionale, così come cambiava il modo di trattare i dati, il quale non poté più essere basato sulla metapsicologia freudiana. Questa multidimensionalità può essere meglio colta se noi pensiamo alla descrizione fatta da Piaget della transizione da un livello cognitivo inferiore ad uno superiore, grazie alla inclusione nello schema percettivo della abilità di correlare i dati oggettivi della percezione alla azione soggettiva del percepire. Similmente, la ricerca di Ferenczi era animata dal desiderio di trovare superiori principi di coordinazione tra dati apparentemente sconnessi come quelli che si riferivano alle modificazioni intrapsichiche e quelli derivanti dal contesto interpersonale. Ora, proprio la perdita di questa multidimensionalità è stato il peggior danno prodotto dalleliminazione degli ultimi lavori di Ferenczi dai confini riconosciuti della psicoanalisi. A mio parere, ciò che fondamentalmente sta rivivendo attraverso la rinascita contemporanea di Ferenczi è la disposizione mentale alla multidimensionalità. Infatti, la multidimensionalità potrebbe essere pensata come un particolare tipo di stato mentale, uno stato della mente successivo alla frammentazione e dunque alla crisi.

Nel corso degli ultimi dodici anni molte riviste di psicoanalisi hanno dedicato numeri speciali alla rivalutazione di Ferenczi in francese (Le Coq-Héron, nel 1987, 1992, 1998; Études Freudiennes, nel 1993), in tedesco (Psyche, nel 1994), e in inglese (Contemporary Psychoanalysis, nel 1988, Psychoanalytic Inquiry, nel 1997). Sono molto orgoglioso di poter aggiungere a questa lista impressionante anche lInternational Forum of Psychoanalysis, grazie al sostegno di Jan Stennson, il suo redattore capo. La selezione presentata in questo numero vuole offrire sia una riconsiderazione storica del lavoro di Ferenczi che una visione panoramica delle principali problematiche che caratterizzano lattuale rinascita di Ferenczi. Iniziamo con tre articoli di taglio storico, dedicati alla svolta cruciale del 1924, alla allegazione di follia, e al "tragico successo" della scuola di Budapest (di Antal Bókay, Carlo Bonomi, Judith Meszaros). Seguono tre articoli centrati su aspetti specialmente rivelatori della posizione antiautoritaria e prospettiva postmoderna di Ferenczi, quali il femminile, la regressione, e il rifiuto della metapsicologia freudiana (di Mechthild Zeul, Benjamin Kilborne, José Jiménez Avello). Infine arriviamo ai temi centrali del trauma e del controtransfert, rappresentati da due articoli per ciascuno (di Judith
Dupont, Nancy Smith; e di Luis Martin Cabré, Pedro Boschán). Gli articoli che chiudono il volume riguardano il problema della autosvelamento dellanalista (di Arnold Rachman) e delle opposte attitudini verso il linguaggio di Freud e Ferenczi (di Roland Gori).

Tuttoi questi lavori, con leccezione di quello di Rachman, sono stati presentati al congresso internazionale Ferenczi e la psicoanalisi contemporanea tenutosi a Madrid l8 marzo 1998. Il congresso era stato organizzato dalla Associazione Psicoanalitica di Madrid e dalla Associazione Sándor Ferenczi, in collaborazione con lAssociazione Internazionale per la Storia della Psicoanalisi, la Federazione Psicoanalitica Europea, lAssociazione Psicoanalitica Ungherese, e lIstituto Sándor Ferenczi di New York.

Riferimenti bibliografici


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