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Dopo mezzanotte. La caverna dei sogni (*)

di Giuseppe Riefolo

"Gli dei ci invidiano perché per noi ogni minuto potrebbe essere l’ultimo"

(Troy, 2004)

locandina

Ho riconosciuto quel posto perché ci sono stato, ma, come nei sogni, sai che l’hai conosciuto, ma è diverso da quello che è. Non si è trattato di ricordare un posto, ma di rientrare a pieno, di riconoscere nel film esattamente quella emozione che avevo avuto quella volta in cui sono andato a visitare la Mole: la felice meraviglia di esplorare una enorme cavità che custodiva immagini, forse la caverna di Platone dove ti senti incatenato, costretto a seguire le immagini fatue che ti scorrono davanti agli occhi. Gli psicoanalisti, in fondo, hanno la fortuna di sapere che tutta la vita si compie in questa caverna e che, incessantemente, sensazioni inseguono preconcezioni (Bion) coniugando immagini e cogliendo pensieri.

E’ cominciata così la mia partecipazione leggera al film: mi sono trovato all’appuntamento che il regista mi proponeva nella caverna delle immagini della Mole Antonelliana e l’appuntamento era quello di incontrarsi nella stessa emozione, senza che io lo sapessi prima. I luoghi sono i depositari (Pichon-Riviére) di emozioni sospese, custodite per noi nonostante il tempo e, benevolmente, quando ci ritorni gli stessi luoghi possono restituirtele: "…è necessario stare a lungo in un luogo perché l’immaginazione possa rispondere" (Hillman, 2004). Il regista ci parla di una emozione intima, precisa con cui mi sono ritrovato: "…solo i luoghi narrano le storie vere!".

Martino quindi abita il luogo dei sogni, dove può nutrirsi di mele ed incontrare uomini sospesi ad una fune che lo salutano e prendono il caffè con lui rimanendo fuori dalle finestre, finché qualcosa non lo spingerà ad incontrare quello che c’è fuori: fuori ci sono gli altri; c’è Amanda e si smette di essere soli. C’è un percorso convergente di Martino che va verso fuori e di Amanda che ha bisogno di sogni e si rifugia nella Mole: "ma sei solo qui dentro? Non hai paura? Ma che cazzo di posto!" I sogni cominciano a svelare ad Amanda il loro lato meraviglioso solitamente nascosto sotto la paura di perdersi nei percorsi imprevedibili tracciati dalla casualità che ci propone immagini. I sogni ci vedono soli proprio mentre siamo colti dalla patina sottile della realtà che continuamente e fortunatamente ci sfiora: "ma perché stai sempre zitto? Perché non parli?" si meraviglia Amanda quando ha appena messo piede nella caverna dei sogni. "Sto sempre solo!" le confessa Martino che odia gli hamburger che, a differenza delle mele, è il cibo che sta fuori dalla Mole e che bisogna per forza comprare se vuoi conoscere Amanda. Ho pensato che nella caverna dei sogni il cibo possibile non può che essere la mela: le mele sono nel mito delle origini dell’uomo e di mele M.me de Sechehaye nutre Reneé per incontrarla al fondo della sua psicosi. Amanda deve cambiare la sua vita, troppo concreta e stanca, priva di immagini e di sogni, fatta di hamburger, turni di lavoro alienanti e di freddi scambi sessuali con L’Angelo. Per forza deve rifugiarsi nella Mole. Martino la guiderà e ne sarà sospinto. Allora la voce fuoricampo, come un coro greco commenterà una emozione: "quando due persone si incontrano una dolce musica nasce!" A questo punto la danza è al suo culmine; ombre cinesi prendono a vorticare nella Mole e tutto sembra girare e niente è più quello che è. Martino improvvisamente si trova a vivere una storia vera, ma per lui rimane la leggerezza che conosce del sogno: "le storie sono come polvere". Amanda può improvvisamente trovarsi catapultata in un sogno e la sua vita da quel momento si colora e diventa più lieve. Nei sogni le regole si alterano e Martino può vincere su l’Angelo: "La realtà era sempre esistita nei sogni, ma adesso il sogno era vissuto attraverso la realtà"

Giuseppe sta finendo la sua analisi: "ho sognato una grande sala con piani superiori che si affacciavano tutti sul piano terra… come La Rinascente di via del Corso. Poteva essere una casa di un ricco signore e forse c’era una festa. Ad un certo punto lei, dottore, si affaccia da un piano e, a me che sono al piano terra mi dice che quella casa, un giorno potrà essere mia". Giuseppe commenta che gli sembra evidente che il sogno tratti della fine della sua analisi. Il suo analista pensa che l’importanza di questo sogno, prima che nel possibile significato, è soprattutto nel fatto che quel sogno sia accaduto ed in quel sogno il suo paziente non è solo e si trova nella "rinascente". Al suo paziente, che forse questa volta non si aspetta alcuna particolare interpretazione, commenta solo che gli sembra davvero un sogno molto significativo. Pensa fra sé che quel giovane, solitamente tanto rigido e severo con se stesso, finalmente attraverso il lungo lavoro di analisi sente finalmente di poter ereditare i preziosi oggetti che un padre gli mette a disposizione mentre si sta separando da lui. Forse senza quel sogno non avrebbe potuto andar fuori (gli analisti nel loro lavoro sanno che il sogno descrive soprattutto la posizione che semplicemente senti di occupare in quel momento…) Forse l’intera analisi gli aveva permesso di sentirsi finalmente in un luogo pieno di buoni oggetti che non era costretto a dover inventare lui, ma che esistevano già, nonostante lui. Forse gli oggetti di cui parlano gli analisti non sono altro che piccoli e infiniti sogni accaduti durante il corso dell’analisi (e della vita) con cui ciascuno si attrezza per uscire fuori da La Rinascente come dalla Mole. Questo, secondo la cultura comune, può sembrare poco, ma chissà se è poco quando ti senti solo ed incapace di usare quello che la realtà ed un padre ti concedono. Non è certamente poco per Amanda quando si accorge che non può più vivere in un mondo che non tollera quelle minime impreviste irregolarità che, invece ti caratterizzano.

Nel sogno sei solo, ma proprio da quella solitudine cominci ad invitare qualcuno che abiti il tuo sogno ed appartenga al tuo mondo. Ma tutto quello che incontri, se hai conosciuto l’emozione di essere "solo in presenza di qualcuno" (Winnicott), emana una certa familiarità, lo cogli come un oggetto che appartiene ad una emozione già provata che ne riveste la novità altrimenti cruda ed ostile: "papà mi ha detto che la mamma mi avrebbe riconosciuto perché mi aveva sognata! Mi hai sognato, mamma?". Il sogno ti permette di mettere piede fuori dalla Mole dove le mele, prima che vincere, devono sopravvivere agli hamburger e, solo perché sai di poter sognare riesci ad affrontare la realtà. Per Martino la realtà lo spinge verso Amanda che solo nei sogni della Mole può essere di due uomini contemporaneamente, mentre fuori, dove si consuma la tragedia de L’Angelo, si impone la violenza delle scelte: "perché uno sia felice, un altro deve piangere", dice la cliente di Valeria (la sciampista) e sembra il momento in cui il sogno si sospende per la grave intrusione della realtà. Seppur malconcio Martino vi aderisce e, come alle origini della vita e dopo aver sognato la morte del concorrente, ritrova una donna tutta per lui. A differenza che nei sogni, qui "una donna si toglie sempre a qualcuno" (Pavese) e non puoi farlo se non hai saputo sognare quella lotta che alle origini della civiltà deve essere stata veramente feroce.

Il film si muove lieve col passo di danza. E’ la sensazione della leggerezza che mi ha immediatamente colpito del film e per tutto il film (e dopo) mi sono sentito fortunato a sentire che la leggerezza poteva avere immagini: la polvere risucchiata dalla luce. I personaggi danzano ciascuno una loro parte; come nei sogni i dialoghi hanno poco significato se non quel significato che nascondono e che organizzano insieme all’intera scena e all’intera storia. Come in una danza si compie la tragedia e gli eroi si salvano. Alla fine, la rivoluzione portata da Freud cento anni fa diventa l’intuizione precisa che ogni sogno è spinto dalla necessità di vincere un’angoscia. Forse è questo il bisogno inconscio che ciascuno realizza quando, dopo mezzanotte, si mette a sognare. Il film fa venire in mente (e fa desiderare) che i sogni ci accompagnino non solo dopo mezzanotte ma per tutta la vita perché i sogni curano vestendo di immagini i fatti crudi della vita concreta.

In fondo, siamo nati nel sogno e le storie della vita nascono dal sogno come un piccolo grano di polvere che si intreccerà continuamente con miliardi di altri grani di polvere, leggeri. La polvere rimarrà chiusa e sospesa solo nella Mole dove, "…i film possono pure finire, ma il cinema non finirà mai".

(*) pubblicato anche su www.istitutoricci.it

COLLABORAZIONI

Il tema del rapporto tra Cinema e psiche è molto intrigante sia sul versante specifico della rappresentazione sia sul versante della interpretazione dell'arte cinematografica. Come redazione anche alla luce della sempre maggiore concentrazione dei media saremmo lieti che questa sezione si sviluppasse in maniera significativa e in questa logica contiamo sulla collaborazione dei lettori da cui ci aspettiamo suggerimenti ma soprattutto collaborazione.

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