LINCREDIBILE LEGGEREZZA DELLESSERE
. "ONOREVOLE" di Giuseppe Messina
Proposta di legge "Modifiche e integrazioni della legislazione psichiatrica nazionale"
Presentata dallOn. Paolo Guzzanti
Quando Franco Basaglia iniziò il percorso culturale e politico che avrebbe portato alla promulgazione della Legge 180, tutto avrebbe pensato, tranne che, i "posteri" avrebbero potuto "partorire" un progetto di modifica del testo della legge che porta il suo nome, così distante dal suo pensiero, da mettere in difficoltà qualsiasi commentatore.
Nel susseguirsi di "proposte di legge" che i vari parolai, che si sono susseguiti al Parlamento Italiano, sono riusciti a confezionare, sempre abbiamo creduto che almeno un concetto fosse ormai da considerarsi assodato: indietro non si torna, "mai più manicomi!".
Ma luomo, il politico in particolare, mostra "risorse" che non gli riconosceremmo, è capace di sedersi ad un tavolo con questa o quella associazione, sfruttando londa lunga di un pensiero populista e demagogico, per costruire un "progetto" (peraltro abbondantemente annunciato in campagna elettorale) fondato sulla paura del "matto", laccanimento nei confronti dei servizi e degli operatori, lutilizzo fuorviante di fatti di cronaca.
Già scorrendo la lettura dellart. 1 si incontra una terminologia tipica dei sistemi cautelari ed istituzionali più rigidi, che impressionano tutti coloro che, con un notevole sforzo mentale, si propongano di calarli nelloperare quotidiano dei servizi e delle strutture: "cliniche psichiatriche umanizzate", "ambulanze attrezzate", "cittadino testimone di crisi violenta", "in grado di gestire
..fisicamente".
Cliniche psichiatriche umanizzate ("di cui allart. 64 della presente legge", che di articoli ne conta solo 5!): cosa sono o sarebbero? Ce lo dice lart. 4 (non 64!): niente più che nuovi manicomi, nemmeno "minicomi". Duecento posti letto, gestiti da personale medico e paramedico "addestrato" ed allocati anche nei padiglioni dei vecchi ospedali psichiatrici, allinterno dei quali lAzienda Sanitaria dovrà essere capace di "imporre" al personale, "al di là dei dissensi", "un atteggiamento collaborativo" con i colleghi ed i familiari dei malati. Cliniche nelle quali si studiano "le prime avvisaglie" di patologia mentale, dove si rischiano sanzioni penali e civili per aver rifiutato di ricoverare o dimesso "prematuramente" (rispetto a quali parametri?) un paziente, e nelle quali si accede per attraverso concorsi che siano in grado di valutare "lattitudine a stabilire buoni rapporti di empatia" con i pazienti ed i loro familiari!
"Ambulanze attrezzate": con che cosa? Attrezzi di difesa personale? Spray immobilizzanti o strumenti ad emissione di scariche elettriche? Gas lacrimogeni? Cinture e corde (quelle certo!). Una autovettura che si può immaginare più vicina alla macchina di 007, che ad un mezzo sanitario, in cui non mancherebbe certo una bella scritta "attenzione trasporto persona pericolosa per sé e per gli altri", ma tranquilli è attrezzata! Priorità assoluta, codice viola!
Personale in grado di gestire "fisicamente" un paziente: cè poco da commentare. Tutti coloro che operano nei servizi psichiatrici o fanno un corso di culturismo accelerato o verranno trasferiti in altri settori dove non è richiesta una "particolare" prestanza fisica. Sono invece aperte le adesioni (con tutto il rispetto) a scaricatori di porto, sollevatori di pesi, boxeur, parà dellesercito! Uomini e donne, fisicamente fragili, non fanno al caso!
Ma dove la proposta necessita di maggiore approfondimento, è certamente lart. 3, relativo al TSO in condizioni di degenza ospedaliera: sinceramente è difficile commentare un articolo così aggressivo nei confronti degli psichiatri e degli operatori della salute mentale, ma, a mio parere costituisce uno stimolo ad affrontare un problema molto delicato, che poi è il "fulcro" della legge Basaglia.
Premetto che non sono un "fautore" acritico del TSO e che ne riconosco alcuni limiti procedurali che potrebbero essere corretti: ad esempio lutilizzo, a volte "cautelativo", di trattamenti psichiatrici, la automaticità della convalida (a volte senza nemmeno vedere il paziente), la ristrettezza dei tempi di ricovero, sono i punti deboli su cui, certamente, si potrebbe riflettere.
Nella proposta Guzzanti (a parte il riferimento ossessivo ad amici e parenti!) si prevede che un paziente debba essere ricoverato fino ad uno "stabile" superamento della crisi: avulso da un contesto che definire "cautelativo" è come mettere lacqua di rose nella varechina, il concetto mi sembra corretto e, peraltro, non molto distante da quello che la buona pratica clinica prevede in tutti i settori sanitari.
Ma, certamente il buon psichiatra e i suoi "fisicamente adeguati" infermieri, empaticamente addestrato da videocassette e materiale illustrativo e selezionato in base alla capacità di stabilire rapporti empatici, non corre certamente alcun rischio (civile e penale) in merito alla gestione di un TSO!
A parte ogni ironia, però, il mio pensiero si rifà a quanto affermava Basaglia dopo la promulgazione della legge 180: occorre pensare che, nel tempo, saranno necessari aggiustamenti ad un percorso normativo sperimentale, che potrebbe necessitare di appositi correttivi.
Ciò che mi sembra assodato è che, comunque si affronti e da qualunque parte politica si legga, il concetto di "trattamento obbligatorio" è sempre (in tutti i campi della medicina) un segno di debolezza del sistema preventivo, una sconfitta che (come in tutte le sfide) deve essere messa in conto e con la quale occorre, prima o poi, confrontarsi.
Letto in questi termini, il TSO possiede intrinsecamente caratteristiche "cautelari" nei confronti del paziente e del sistema sociale che sono tangenziali al sistema della cura, ma che lo condizionano in maniera determinante.
Nellattuale sistema normativo i meccanismi di tutela e la ricerca di garanzie per il paziente e la collettività, hanno determinato una soluzione "salomonica" che ha mostrato, in sede di applicazione, una certa rigidità nei confronti della pluralità di fatti e situazioni che, come in ogni settore sanitario, non possono essere previsti per legge.
Ecco che allora nel nostro operare quotidiano (e non certamente perché previsto da una legge) dovrebbe sostenerci il "buon senso", quel modo di pensare che è capace di analizzare le situazioni in maniera saggia ed assennata, non pedissequamente legato ad una normativa, ma soprattutto capace di essere rivolto al supremo interesse della "persona" che è sottoposta a una modalità tanto particolare, quanto aggressiva, di trattamento.
Non ci sono, insomma, leggi e norme che tengano di fronte a un ricovero che limita coattivamente la libertà individuale, seppure allinterno di una modalità di cura!
Ci sarebbe molto altro da commentare, tali e tanti sono i riferimenti che offendono, feriscono, umiliano e mortificano anche lultimo degli operatori della salute mentale: ma un pensiero finale lo vorrei rivolgere a chi ha redatto una tale proposta di legge: Fabrizio De Andrè recitava in una bellissima canzone "
.linferno esiste solo per chi ne ha paura"!