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Perché una sezione di psichiatria forense su una rivista psichiatrica come Pol.it?
Perché, a nostro avviso, psichiatria clinica e psichiatria forense per troppo tempo sono state lontane: è tempo di riprendere i contatti.

1. Necessita' di un riavvicinamento fra psichiatria clinica e forense
Anche se questa non è la sede per tracciare una storia dei rapporti reciproci, va detto che il motivo di tale distanza sta nell'appartenenza (non solo disciplinare, ma anche culturale) della psichiatria forense alla medicina legale, per sua natura strettamente legata al mondo del diritto. Mondo del diritto rispetto al quale, come è noto, il medico, sia per la sua formazione che per l'ambito in cui opera, si pone spesso a grande distanza. La materia medico-legale, sorta appunto per colmare tale iato e per costituire tale interfaccia, si articola in un vero e proprio ventaglio di discipline interconnesse ma autonome, fra le quali rientra ovviamente la psichiatria forense.
Sempre piu' urgentemente si palesa tuttavia la necessita' di sviluppare il dialogo fra psichiatria forense e psichiatria clinica, dialogo indispensabile, perché il contatto con l'ambito giuridico e giudiziario pone allo psichiatra una serie di problemi, che non possono essere facilmente risolti senza un approfondimento specifico; e perché, d'altra parte, lo psichiatra forense non può perdere il contato con la psichiatria clinica

.2. Diversità delle pratiche di fondo
Come è noto, lo psichiatra forense può prestare la sua opera sia in campo penale, che in sede di giudizi civili.
Nel processo penale (perizie sulla valutazione della capacita' di intendere e di volere al momento del fatto, sulla pericolosità sociale e sulla capacita' processuale) è necessario premettere che le pratiche di fondo sono profondamente differenti da quelle della psichiatria clinica. Se quest'ultima, anche nei suoi aspetti coercitivi, fa riferimento all'incontenibilita' della sofferenza, la psichiatria forense ha come presupposto una violazione della legge, e quindi una dimensione etico-superegoica collettiva (rappresentata e burocratizzata nella routine dal lavoro giudiziario) all'interno della quale, e alla luce simbolica della quale, opera il tecnico: e cio' a maggior ragione quando egli opera come parte del processo, ovvero come consulente del pubblico ministero o dell'imputato.
Tale problematica si manifesta anche nella c.d. perizia psichiatrica sulle vittime di reato, che si sostanzia, nella maggior parte dei casi (e con alcune eccezioni, come quelle costituite dai reati di circonvenzione di incapace e di violenza carnale presunta), nella valutazione della capacita' a prestare testimonianza.
Anche quando si parla di psichiatria forense in ambito civile (prevalentemente costituita da consulenze tecniche di ufficio in tema di adozione e affidamento dei minori in casi di separazione e di divorzio, oltre che da casi di valutazione della capacita' di intendere e di volere in campo civile come l'interdizione, l'inabilitazione e la valutazione della capacita' naturale in campo contrattuale e testamentario), la natura di "lite" in cui la consulenza avviene porta spesso le parti a non percepirsi come "sofferenti", e ad adottare particolari strategie che lo psichiatra forense deve essere in grado di affrontare e valutare.

3. Ricaduta sul momento diagnostico
Tutto cio' crea puntuali ricadute sul momento diagnostico, sia in sede penale che in sede civile: in sede penale, si tratta comunque di una diagnosi "a doppio livello" (diagnosi di patologia eventuale, cui si sovrappone la valutazione della capacita' di intendere e di volere al momento del fatto) cui lo psichiatra forense perviene, che non ha a che fare, nel nostro sistema, con un disturbo psichiatrico, ma che si estende a considerazioni di tipo (lato sensu) giudiziario, piu' affini alla ricostruzione narrativa operata dal giudice penale che alla psichiatria in senso stretto ed alle forme di costruzione narrativa al suo interno praticabili.
In sede civile, poi, la valutazione da operare è ancora piu' sfumata e (potenzialmente) moralistica: si deve giudicare, ad esempio, l'"idoneita' genitoriale", connessa allo "stato di abbandono" della legge sull'adozione; altre volte, invece, come nelle cause di affidamento, si deve prendere in esame una situazione molto complessa, talora dipanantesi lungo piu' generazioni: qui, lo psichiatra forense deve ricostruire genealogie, ed evidenziare sia la diacronia (trasmissione di conflitti lungo le generazioni) sia la sincronia (valutazione delle proiezioni reciproche nella costellazione familiare), cio' al fine di valutare la "patologia dell'incontrarsi e del prendersi" che porta a formare le coppie e che regola le loro vicissitudini. Tutto cio' richiede al consulente, ovviamente, anche una buona conoscenza delle dinamiche di coppia.

4. Difficoltà della presa in carico e della terapia
La difformità delle pratiche fra psichiatria forense e clinica emerge poi, in modo clamoroso, per quanto riguarda le ricadute terapeutiche: nel penale, l'internamento in ospedale psichiatrico giudiziario, infatti, non può essere considerato una terapia, ma semmai una forma alternativa di sanzione, che non perde la sua natura sostanzialmente penale. Apparirà utile, allora, evidenziare e studiare gli escamotages e le vere e proprie invenzioni escogitate, mediante la collaborazione fra psichiatri forensi e servizi psichiatrici pubblici, al fine di aprire spazi terapeutici per i malati di mente autori di reato (dalla pericolosità sociale "condizionata" alla compliance terapeutica, all'uso delle licenze e dei permessi), che in taluni casi hanno dato prova di buon funzionamento.
In campo civile, al di là dei casi in cui la causa è stata promossa dal pubblico ministero (e cio' avviene spesso nel campo dell'interdizione/inabilitazione, e sempre in quello dell'adozione), in cui si evidenzia nuovamente la supremazia del potere pubblico sul cittadino (e quindi si possono riproporre le stesse considerazioni valide per il penale), va rimarcato che interventi di tipi "terapeutico", seppure in senso lato, possono essere proprio quelli di mediazione e composizione delle questioni che possono aver portato, ad esempio, al conflitto relativo al figlio; inoltre, è anche possibile che il consulente possa inviare una o entrambe le parti in terapia psichiatrica e/o in psicoterapia.
Come si può notare, si tratta di un vero e proprio ventaglio di problemi, che cercheremo di avvicinare con la necessaria umiltà, tenendo presenti due punti fondamentali per noi: se lo psichiatra forense deve essere anche "psichiatra", non deve dimenticare che, per quanto in contesti poco favorevoli da questo punto di vista, egli è tenuto ad operare all'interno del binomio riduzione della sofferenza psichica-aumento della consapevolezza che contraddistingue tutta la psichiatria moderna; e, per converso, se lo psichiatra clinico deve acquisire e mantenere una competenza psichiatrico-forense, deve aprire la sua mente al mondo, spesso per lui ostico, delle categorie giuridiche.

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