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Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo, Garzanti, Milano 2002,

EURO 8,50.

 

Nel saggio-libello Eros e Priapo, ora riproposto da Garzanti, l’ingegnere-letterato Carlo Emilio Gadda sfoga tutta la sua rabbia di cittadino che per un ventennio ha dovuto subire l’offesa all’intelligenza rappresentata dal regime fascista. Il suo linguaggio, costruito a partire da modelli rinascimentali — e cioè da autori come Machiavelli, Boccaccio e Bandello — amplifica, in un certo senso, l’invettiva colorita con parole desuete, voci dialettali, specie tosco-lombarde, forme arcaiche, scurrilità plebee e stilemi che fungono anche da lente d’ingrandimento della materia trattata.

La storia è quella dell’invaghimento di una massa per un capo ipernarcisista che tutto fa per porsi come unico polo d’attrazione libidinale di un’intera nazione. La dittatura mussoliniana, a differenza di quella hitleriana, che contiene le premesse del suo cupo Gotterdammerung, è ripiena di aspetti farseschi, di debordante retorica e di schiamazzante inconsistenza, anticipatrici di un finale da operetta nella maleodorante lettiga della Croce Rossa in cui il primo maresciallo dell’impero, arrestato dai Reali Carabinieri, fu preso da un attacco di irrefrenabile diarrea.

Sfogata l’ira e lo sdegno con una rievocazione che diventa resoconto sui generis delle condizioni dell’Italia fascista, Gadda procede ad una pars construens in cui tenta di esorcizzare secondo ragione quanto ha descritto ed esecrato all’inizio. Egli tenta cioè una personalissima analisi psicologica della follia autoerotica del dittatore che ha contagiato oltre quaranta milioni di concittadini. Esamina anche il contributo dei "collaboratori" del mentecatto principe che esibivano come principali doti la tendenza al furto e all’appropriazione indebita, l’arrivismo e la volgarità accompagnati da una eticità minima. L’esibizionismo del capo affascinò per vent’anni coloro, ed erano molti, che coltivavano una vocazione latente all’esibizionismo loro proprio. Per Gadda la fase di libido narcisistico-esibitiva normale in un dodicenne diventa del tutto patologica in un adulto e la mancanza di quella disciplina che si acquisisce solo con l’apprendistato di una professione o un mestiere è un importante coadiuvante di tale patologia. Così i gerarchi che contornavano il capo erano spesso individui senz’arte né parte, pervenuti alle loro posizioni di potere solo per "meriti" politici, cioè piaggeria, esibizioni di fedeltà e vocazione di spioni.

Eros e Priapo sono termini di un confronto dialettico tra il primo, con la sua giovane potenza creativa e il secondo con la sua foia senile, oscena e del tutto sterile. Il passare dall’uno all’altro è un fatto patologico favorito e potenziato dall’attitudine narcisistica e il duce del fascismo è il caso clinico che documenta tale passaggio. La lepidezza del resoconto gaddiano è ravvivata dai molti soprannomi di cui gratifica il protagonista della vicenda e cioè Bombetta, Ciuco, Fava, Mascellone ed altri, secondo un tradizionale costume italico.

Secondo Gadda la forte carica narcisistica ed autoerotica che prevale tra il sesto e il ventunesimo anno subisce normalmente, con il procedere dell’età, un processo di sublimazione negli esseri sani. Se ciò non accade si scatena la follia narcisistica che ha come perno una esagerata ed ipertrofica percezione dell’Io. Tale analisi si sviluppa in capitoli intitolati rispettivamente "Narcisismo giovanile e pedagogia. Teorica del modello narcissico", "Dei danni recati alla personalità del singolo e alla società normale degli uomini da una carica iper-narcissica non in frenata", per pervenire ad un vero e proprio tentativo di formalizzazione con teoremi centrali seguiti da corollari e lemmi.

Anche nella parte analitica il linguaggio resta lingua d’invenzione con innesti dialettali, arcaismi, metafore imprevedibili e ricorrenti sussulti dell’invettiva che nasce da quel "rospo" tenuto in corpo dall’autore per un periodo troppo lungo e finalmente estroiettato ed espulso.

Il tema dell’Io che prevarica, comunque presente in tutta l’opera di Gadda, ha in questo saggio la sua enunciazione più puntuale e la sua identificazione come causa prima della funesta catena di consecuzioni ed eventi che ha prodotto i lutti e la rovina di un paese. Gadda detesta visceralmente anche la semplice enunciazione Io, Io…e la sua esecrazione s’ingigantisce quando considera i mali derivati dall’ipertrofia egoica di un singolo nella porzione di storia di cui gli è toccato di essere testimone muto, ma capace di discernere "il prevalere di un cupo e scempio Eros sui motivi del Logos". Un punto di vista storico più generale è espresso con l’osservazione di una "netta retrogressione di quel notevole punto di sviluppo a cui l’umanità era giunta (in sullo spegnersi dell’epoca positivista) verso una fase involutiva, bugiarda, nata da imparaticci, da frasi fatte, dalla abitudine di passioni sceniche, da un ateismo sostanziale che vuole inorpellarsi di una "spiritualità" o "religiosità" meramente verbali". La frase si riferisce all’epoca mussoliniana ma può benissimo applicarsi anche al tempo presente.

I rapporti tra la descrizione gaddiana del ventennio e la sua realtà storica sono quelli che di solito intercorrono tra un testo letterario e il mondo della vita. Il testo letterario ricrea con le parole una vita e una realtà che spesso sono più vive e reali delle azioni e delle cose del mondo esterno. La mente dello scrittore sviluppa il gioco combinatorio degli eventi e cuce assieme pezzi di realtà, di sogno, di costruzione visionaria e di possibilità.

Naturalmente il bizzoso e talora furibondo ingegnere non fa nulla per celare le proprie idiosincrasie, i fastidi nevrotici, la misoginia, l’amaro pessimismo, il conservatorismo un po’reazionario ed anche questi che potrebbero essere considerati lati negativi diventano funzionali al dettato generale.

Veri e propri teoremi in senso matematico sono quelli enunciati alla fine, che riguardano l’esibizione come pragma narcissico specifico ed atto fondamentale della psicosi narcissica non in frenata e tenuta sotto controllo dalla sublimazione.

L’ossessione gaddiana di perseguire la concatenazione e la consecuzione in senso leibniziano, ma anche tomistico, delle cause e degli effetti, lo porta, al di là del merito letterario del saggio, ad una profonda interpretazione psicanalitica dell’affermazione del fascismo in Italia e in particolare di quella del suo capo, affetto da "autoerotia" esibitivo-narcisistica e capace di usare questa sua patologia per istupidire un intero popolo e portarlo ad una tragica ed ignominiosa disfatta. Per scrupolo di obiettività, occorre dire che quello di Mussolini non è l’unico esempio di politico narcisista, superficiale ed esibizionista, anzi. La storia passata e contemporanea pullula di personaggi simili, ma purtroppo bisogna riconoscere malinconicamente che in questo come in altri campi la lezione della storia non è servita a molto.

Anche a quest’opera si può comunque applicare l’affermazione dell’Odissea, secondo la quale gli dèi tessono sventure affinché alle generazioni che verranno non manchi qualcosa da cantare. Si esorcizza così il concetto di male e si riesce a giustificare l’ingiustificabile come appunto la vicenda dell’Italia fascista: uno dei tanti orrori della storia, ulteriormente esorcizzato dall’analisi razionale delle sue cause principali.

LAURO GALZIGNA

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