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IL DISTURBO DELL’IDENTITA’ DI GENERE E L’ITER DI ADEGUAMENTO.

UN’INDAGINE CLINICA SUL MOMENTO DELLA RIASSEGNAZIONE CHIRURGICA.

di Paola Magioncalda e Linda Vassallo

 

 

Il Disturbo dell’Identità di Genere è caratterizzato, così come illustrano gli items del DSM-IV-TR, da due criteri principali componenti che devono essere entrambe presenti per fare diagnosi:

Criterio A

Deve essere evidente una intensa e persistente identificazione col sesso opposto, che è il desiderio di essere, o l’insistenza sul fatto di essere, del sesso opposto.

L’identificazione con l’altro sesso non deve essere solo un desiderio per qualche presunto vantaggio culturale derivante dall’appartenenza al sesso opposto.

Criterio B

Deve esserci prova di un persistente malessere riguardo alla propria assegnazione sessuale, oppure un senso di estraneità riguardo al ruolo di genere del proprio sesso.

La diagnosi non va fatta se il soggetto ha una concomitante condizione fisica intersessuale (per es., sindrome parziale di insensibilità agli androgeni o iperplasia surrenale congenita).

Inoltre, per fare diagnosi, deve esservi prova di un disagio significativo sul piano clinico, oppure di compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre aree importanti del funzionamento.

L’eziologia del disturbo è ancora incerta e le molte teorie in merito mettono in luce la sua multifattorialità analizzandone gli aspetti genetici, endocrinologici, socio-ambientali, psicodinamici e psichiatrici.

Inutili e fallimentari si sono dimostrati i tentativi psicoterapici del passato di forzare il paziente a ritrovare l’identità di genere conforme al suo sesso biologico.

La tendenza odierna è quindi quella di considerare come trattamento più corretto per questo disturbo l’adeguamento al sesso desiderato.

L’iter di adeguamento, fatto di cure ormonali, interventi chirurgici e supporto psicologico, culmina con l’operazione chirurgica di riassegnazione sessuale con la quale i genitali esterni vengono modificati e resi simili a quelli del sesso desiderato, e si conclude con la rettificazione dei dati anagrafici del soggetto.

Tutto questo è stato reso possibile in Italia dalla legge 14 aprile 1982, n. 164, che reca le "Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso", successivamente modificata dall’art.10, D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

Ed è proprio nell’ambito del problema del Disturbo dell’Identità di Genere che abbiamo svolto una ricerca con lo scopo di analizzare il momento in cui, con la riassegnazione chirurgica, avviene l’adeguamento al sesso desiderato di questi soggetti.

L’osservazione dei movimenti emozionali in questo particolare contesto può infatti rivelarsi utile per la comprensione di questa non facile patologia e di questi non facili pazienti.

L’indagine clinica è stata svolta nel periodo tra Novembre 2007 e Maggio 2008 presso la Clinica Urologica dell’Ospedale di Cattinara dell’Università di Trieste, dove sono stati operati i pazienti della nostra casistica, grazie alla collaborazione del Prof. Carlo Trombetta, urologo, e della Dott.ssa Laura Scati, psicologa del Centro.

In un solo caso l’indagine si è spostata all’Ospedale Maggiore di Parma, in relazione ad una collaborazione del Prof. Trombetta con il Dipartimento di Urologia di tale ospedale.

Ogni soggetto è stato esaminato nei tre-quattro giorni immediatamente successivi l’operazione chirurgica ed è stato sottoposto ad un’intervista-guidata (questionario semi-strutturato) atta a valutare aspetti anamnestici e aspetti più strettamente riferiti al momento della riassegnazione.

Per sintetizzare gli ambiti indagati sono stati i seguenti:

    • dati socio-anagrafici
    • dati familiari
    • il Disturbo dell’Identità di Genere e la sua storia
    • eventuali comorbilità psichiatriche
    • l’iter di adeguamento e l’intervento di riassegnazione
    • grado di benessere attuale e aspettative future

Inoltre, tutti i soggetti sono stati sottoposti ad una applicazione atipica del Test della Figura Umana di Machover e, quando possibile, è stato effettuato un riscontro catamnestico a due mesi di distanza dall’intervento.

La casistica è composta da 7 soggetti di età media di 40 anni e con diagnosi accertata di Disturbo dell’Identità di Genere ad esordio nell’infanzia; sono tutti transessuali andro-ginodi nonostante il Centro tratti anche transessuali gino-androidi confermando in questo senso i dati della letteratura circa la frequenza nettamente maggiore del Disturbo dell’Identità di Genere nei maschi. E’ possibile, inoltre, che la priorità di altri interventi, come la mastectomia ad esempio, nonché i risultati scadenti circa la chirurgia sui genitali esterni per soggetti di sesso femminile, incidano sull’assenza nel nostro campione.

Tutti i soggetti hanno conseguito la scolarità media superiore e svolgono un’attività lavorativa, anche se con caratteristiche di sotto-occupazione rispetto al livello culturale (soprattutto in imprese di pulizia); questo entra in gioco probabilmente, come le stesse pazienti affermano, con la loro condizione di transessualità.

Solo una paziente dichiara apertamente, come unico impiego, quello prostituzionale.

Le valutazioni anamnestiche hanno confermato dati già segnalati in letteratura circa la prevalenza di famiglie non nucleari, una relazionalità spesso simbiotica con la madre e la carenza identificativa con la figura paterna.

2 pazienti su 7 dichiarano di aver avuto rapporti omosessuali, pertanto congrui con il disturbo, prima dell’inizio del loro iter di riassegnazione.1 sola paziente è stata sposata.

Durante l’iter di riassegnazione 4 soggetti del nostro campione hanno intrecciato relazioni sentimentali stabili con soggetti di sesso maschile . Questi dati sono indicativi di una stabilità affettiva maggiore rispetto a quella di campioni precedentemente analizzati in altre indagini (Rasore et al. 1998a, 1998b, 2008).

Nel campione viene rilevata, sempre in accordo con i dati della letteratura, una comorbilità con Disturbi Depressivi e Disturbi d’Ansia in 3 casi, con Disturbo di Personalità e pregresso Abuso di Sostanze in 1 caso.

Circa l’iter di riassegnazione, la durata oscilla tra i 2 e i 22 anni e variabili sono i giudizi delle pazienti circa la lunghezza dell’iter seguito.

Prevalgono comunque due orientamenti: da un lato quello di ritenere il proprio iter troppo lungo e di rimpiangerne uno più breve, dall’altro quello di considerare come ottimale il percorso fatto.

4 dei soggetti su 7 hanno usufruito di un aiuto psicologico durante l’iter e 6 ne riconoscono l’utilità; 4 hanno potuto contare sul supporto dei loro familiari, soprattutto madre e sorelle.

Per quanto riguarda il momento della riassegnazione, è emersa una prevalente dimensione negatoria di ansie e paure connesse all’intervento e alla sua concretezza corporea.

Quasi tutti i soggetti dichiarano di non aver avuto paura di affrontare l’operazione chirurgica e di aver dormito tranquillamente la notte prima.

Le cicatrici e le sofferenze fisiche inevitabilmente correlate all’intervento non vengono prese in considerazione e non preoccupano le pazienti.

La sessualità stessa sembra essere un particolare irrilevante ed, inoltre, è da notare che, durante l’intervista, le pazienti apparivano singolarmente perplesse nel parlare di tale argomento.

Tali osservazioni ben si accordano con altre precedenti (Rasore et al., 2008) circa l’impressione che per i pazienti con Disturbo dell’Identità di Genere il corpo sia più uno strumento manipolabile che non un vero oggetto sessuale investito di emozioni, pulsioni e sentimenti.

Tutti i soggetti si sono detti molto orgogliosi di essere riusciti a portare a termine l’iter di adeguamento, hanno valutato il loro grado di benessere come ottimale sostenendo di non essere per nulla pentiti di aver affrontato la chirurgia di riassegnazione e ritengono che con questo cambiamento la loro vita potrà finalmente essere migliore e più integrata.

In contrapposizione alla sicurezza e alla tranquillità espressa verbalmente dalle pazienti durante l’intervista, sono invece emerse chiaramente nei racconti di alcuni sogni dubbi e angosce.

Pur con temi diversi, infatti, i sogni di tutte le pazienti rimandano a qualcosa di mancante che comunque non si riesce a trovare, ad angosce di notevole entità circa la possibilità di raggiungere la dimensione di un’adeguata integrazione.

La riassegnazione, nel sogno, si delinea più che come un traguardo, come tappa di un cammino ancora faticoso da percorrere.

Il Test di Machover è stato proposto ai soggetti in modo atipico chiedendo loro di raffigurare se stessi prima e dopo l’intervento di riassegnazione.

I risultati sono indicativi di una certa difficoltà nella percezione dell’immagine del proprio corpo; i soggetti non disegnano se stessi come figure umane, ma si rappresentano attraverso metafore, oggetti e personaggi fantastici.

Una paziente, ad esempio, si ritrae come una notte buia e tempestosa prima e come un sole splendente poi.

Un’altra paziente raffigura se stessa prima dell’operazione come un mosaico incompleto, immagine peraltro suggestiva di quella profonda dicotomia che caratterizza il disturbo, dove sesso biologico e sesso psicologico convivono a fatica nello stesso corpo nel continuo contrasto di un’insanabile scissione. Per il dopo la stessa paziente disegna una rosa che sboccia, metafora che richiama a qualcosa di fragile ed effimero.

Gli unici corpi disegnati sono un corpo-manichino, un corpo-bambina del tutto asessuato, entrambi ben poco reali, per non parlare di un corpo di sirena destinato agli oceani e un corpo-vampiro condannato a vagare per sempre nella notte, entrambi simboli di grande sofferenza e solitudine.

Anche nel definire l’intervento subito nessuno dei soggetti parla di chirurgia in modo reale e concreto; tutti lo descrivono attraverso immagini metaforiche e astratte, spesso enfatizzando il momento con toni euforici: chi parla di una rinascita, chi di una magia, chi di una liberazione.

La riassegnazione sembra configurarsi come la possibilità di un nuovo modo, quello giusto, di essere e vivere nel mondo.

Per tutti i soggetti intervistati l’intervento chirurgico viene vissuto come una sorta di secondo parto e i sentimenti che accompagnano questo momento sono di tinta quasi maniacale.

Ma con il passare dei mesi, come mostrano i dati ottenuti dal follow-up a brevissimo termine sulle pazienti, questo entusiasmo lascia spazio ad una sorta di movimento depressivo da intendersi non tanto nel senso di una vera e propria psicopatologia ma piuttosto come molto vicino ad un umano "deprimersi" di fronte alla vita reale di ogni giorno, una volta superata l’euforia della rinascita.

Le osservazioni proposte sino ad ora rappresentano un tentativo di fotografare e di comprendere il complesso mondo emotivo con cui una persona riesce ad arrivare alla riassegnazione, momento che potrebbe essere definito "senza ritorno" perfettamente in accordo con la condizione stessa di cui le pazienti sono portatrici, quella condizione che peraltro le ha condotte all’intervento.

Il Disturbo dell’Identità di Genere sembra quindi, anche alla luce di queste osservazioni desunte dalla clinica, trovare una conferma nell’adeguatezza terapeutica del trattamento di riassegnazione, una terapia rispettosa ed in grado di decifrare la sofferenza del paziente e il suo autentico dramma personale, al di là del binomio onnipotenza-impotenza, spesso pericoloso nella pratica clinica.

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder, Fourth-Text Revision (DSM IV-TR), Washington, DC: APA, 2000, (Trad. it.: DSM IV-TR Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Milano, Manson, 2001).

Rasore E., Menechini U., Infante G., Moscato F., Giusti M., Il problema dell’Identità di Genere: una casistica clinica, Medicina Psicosomatica, Vol. 43, n. 4, 1998a.

Rasore E., Menechini U., Giberti F., Il problema dell’Identità di Genere: una revisione della letteratura.,Medicina Psicosomatica, Vol. 43, n. 4, 1998b.

Rasore E., Fornaro P., Magi E., d’Angelo E., Fenocchio M. P., Fornaro M., Oldrati S., Natta W., Il Disturbo dell’Identità di Genere: aspetti psicologici e psichiatrici, DI.N.O.G., Università degli Studi di Genova, Relazione al 12° Congresso S.O.P.S.I., Roma, febbraio 2008.

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