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Comunita' Terapeutiche Di Rossella Valdre' Quest'area intende occuparsi delle Comunita' Terapeutiche o, per usare un termine meno restrittivo, delle strutture intermedie in psichiatria. Il dibattito sulle Comunita' Terapeutiche, per lo meno nel nostro Paese, e' da sempre aperto: sono utili o no? Per quali pazienti? Devono essere pubbliche o private? Che cos'e' l'accreditamento? (tanto per citare temi d'attualita'), e cosi' via. Il discorso e' reso piu' complicato dal fatto che, a differenza dell'assetto relativamente uniforme che hanno gli SPDC e i CSM sparsi sul territorio, quello delle Comunita' e' invece un panorama estremamente variegato, abitato da realta' le più diverse non solo da regione in regione, ma anche all'interno della stessa regione. Le strutture intermedie possono essere pubbliche o private (in gran parte afferenti al privato sociale), grandi o piccole, urbanizzate o situate in contesti isolati, e soprattutto ispirate a modelli terapeutici-culturali assai differenti, con evidenti ripercussioni sul tipo di trattamento e lo stile di lavoro. Pur derivando, come e' noto, il concetto stesso di C.T. dalle prime esperienze inglesi degli anni '60, e pur restando sostanzialmente questo l'impianto concettuale e teorico con cui si lavora tutt'oggi in Comunità, tuttavia gli orientamenti si sono differenziati e adattati al contesto del nostro Paese. A questa disomogeneità tentano di fornire risposte più professionali e uniformanti i diversi ambiti associativi nei quali le C.T. si riconoscono (FENASCOP; ATC
..). Fa parte dello specifico italiano un altro dato, e cioe' che le strutture intermedie sono state le grandi dimenticate della psichiatria, sebbene la stessa Legge 180 le avesse individuate come il tipo di risposta che avrebbe dovuto essere elettiva in alternativa al ricovero o alla cura ambulatoriale. Non e 'stato cosi', o comunque non in tempi rapidi, ed e' avvenuto pertanto che, nel vuoto legislativo e di iniziative statali che se occupassero, sono proliferate una serie di iniziative a stampo piu' o meno privatistico di matrice e professionalita' diversa, talora qualificata e talora forse no. Cio' ha pero', nel contempo, reso possibile il realizzarsi di un'ampia gamma di esperienze che hanno potuto esprimersi con una certa liberta' dai vincoli burocratici, e pertanto costituire un bagaglio professionalmente ricco e composito. La sezione si propone di: - raccogliere contributi il piu' possibile originali, e attraverso la pubblicazione dei lavori stimolare una discussione sulle liste
- porre particolare attenzione ad aspetti legislativi e normativi (es. accreditamento,
.)
- estendere il discorso dalla residenzialita' vera e propria alla semi-residenzialita' (centri diurni, etc.) psichiatrica, accanto ad esperienze che potremmo definire di servizio alla persona' anche se non strettamente psichiatriche (case famiglia, centri di accoglienza di vario tipo,
)
- segnalare ricerche in corso ed organizzazioni di altri Paesi
- discutere della formazione degli operatori, dando voce e spazio a quelle che Charmet chiama "culture deboli" e che possono trovare nella rete un nuovo forum
- discutere il problema della leadership e del gruppo (chi dirige le Comunita', come si lavora col gruppo,
.)
- aggiornare la bibliografia
Concludo questa breve e certo incompleta presentazione, con un pensiero di Main (1983): We were ignorant but willing
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