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LucianoMecacci
Il Caso Marilyn M. e altri disastridella psicanalisi, Bari, Laterza,2000, pagg.208 L.24000 

Recensione di Alberto Camandola 
 

È noto che la storiadella psicoanalisi si sia sviluppata di pari passo, se non addiritturasfruttando i suoi insuccessi. L'evoluzione stessa della disciplina natacon Freud ha avuto bisogno di misurarsi con i suoi fallimenti, non fossealtro per allontanare da sé il mito dell'analista-specchio totalmenterifrangente alla situazione analitica. 
L'ultima fatica editoriale di Mecaccisi inserisce nella scia del lavoro storiografico di autori come  PaulRoazen (Fratello Animale, Freud e i suoi seguaci) e Patrick Mahony(Freud e Dora): l'Autore ricostruisce alcuni casi eccellenti nelpanorama storico-analitico, in cui la dimensione strettamente terapeuticanon fu la chiave di volta della presa di coscienza (insight), madivenne la culla di processi affettivi non più controllabili, spingendola diade paziente-analista verso il fallimento. 

In questo contesto lafigura dell'analista diventa fondamentale - ci ricorda l'Autore - per comprendereappieno vicende come quella che portò al suicidio Marilyn Monroe(svoltosi in circostanze non del tutto chiare), che nel febbraio 1955 entròin terapia con Margaret Henz Hohenberg per sbloccare le emozioni checovavano nel suo inconscioÖ,ma, dopo circa un anno, trovandosi in Inghilterra,in un periodo particolarmente drammatico passò alle cure di AnnaFreud. Alcuni mesi dopo, tornando negli Stati Uniti fu seguita (sotto consigliodella stessa A. Freud) da Marianne R.Kris che abbandonò per approdaredefinitivamente a Greenson che fu il suo ultimo analista e la prima personaa scoprirne il cadavere. Ma al di là della tragica vicenda biograficadell'attrice, la vicenda sul piano delle relazioni tra gli analisti diquel periodo è una storia più complessa, come dimostra Mecacci,che con  puntualità rintraccia filologicamente a la costellazionedei rapporti che legarono indissolubilmente la malattia di Marilyn allasua vita sociale e professionale: dalle pressioni che subì ed allescelte, consapevoli o meno, che fece; questo caso rimane emblematico perla psicoanalisi, mostrandone l'aspetto che trascende la singola coppiaterapeutica, giungendo ad una 'costellazione' di rapporti affettivi semprepiù ampia.

Il libro si compone diotto capitoli tesi ad analizzare dettagliatamente, senza vizi di forma,alcune fasi oscure dello sviluppo della psicoanalisi, mettendo volutamentel'accento su quelle situazioni particolari che per anni sono state abilmentetaciute sia dagli autori stessi che dai maggiori biografi: il triangoloamoroso tra Jung, la moglie Emma e Toni Wolff, oppure M. Klein, che educavai figli analizzandoli o il caso del teorico del condizionamento operanteSkinner che fece crescere sua figlia all'interno di una culla appositamentemodificata (tipo le gabbie che utilizzava nei suoi esperimenti con i ratti).Egocentrismi e bizzarrie di scienziati?
Anche il resoconto clinico che Freud redassesul caso dell'Uomo dei lupi, (alias Sergej Pankeev), ricostruitoa distanza di anni in seguito all'intervista diretta al paziente, il qualeasserì nel 1973 ìÖtutta la faccenda, in realtà assomigliaa un disastro. Sono nello stato in cui ero quando andai da Freud per laprima volta e ora Freud non c'è piùÖî si rivelò modificatoad hoc. Un altro aspetto inquietante, trattato in un capitolo a parte,riguarda l'oscuro alone che aleggia intorno ai suicidi di alcuni psicanalistiquali Viktor Tausk (a cui Paul Roazen aveva dedicato lo scritto "Fratelloanimale"), W. Stekel o in tempi recenti B.Bettelheim, che rilevano comela tensione emotiva sia forte e coinvolgente se non sublimata correttamente.

Ma in che misura la dimensionepersonale e biografica, storico-biografica degli esponenti della psicoanalisiinfluisce nei trattamenti con i pazienti?
Mecacci alla fine colloca queste vicendein un quadro più ampio del dibattito attuale: si possono distingueredue impostazioni critiche sui rapporti tra personalità e la vitadegli psicoanalisti e l'impianto teorico-terapeutico della psicoanalisi.Secondo il primo filone strettamente "biografico" i limiti della psicoanalisidipenderebbero dalla debolezza degli analisti, incapaci di gestire la propriapsiche, mentre i principi generali su cui si fonda rimarrebbero validi. 
Nell'ottica della seconda impostazioneteorico-scientifica" (rappresentata da A. Grümbaum ), si sostieneinvece che sarebbe stata proprio la fragilità teorica e terapeuticadella psicoanalisi ad avere avuto un'inevitabile influenza sulla vita psichicadei suoi seguaci: ma in fondo l'Autore sottolinea che si può pensaresemplicemente che non esiste una psicoanalisi disgiunta dalla vita psichicadei suoi fondatori e dei protagonisti; inoltre la psicoanalisi si sarebbedimostrata una 'teoria debole' della vita psichica proprio perchéchi l'ha costruita non era sufficientemente forte per sostenere la complessitàdella propria vita psichica (compiendo il processo di "autorischiaramento"descritto da Cremerius) che si andava disvelando mentre applicava la teoriastessa.
In sostanza si tratta di un libro sicuramentericco di spunti e riflessioni che l'Autore ci mette a disposizione senzasovrastrutture interpretative ma limitandosi al lavoro del buon cronista,attento allo sviluppo degli avvenimenti.
 
 


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