Lintento di questo secondo numero dei "Cahiers du Centre Georges Canguilhem" uscito presso la collana "Science, Histoire et Société" diretta da Dominique Lecourt è quello di fare il punto sullevoluzione della pratica psichiatrica degli ultimi decenni concentrandosi in particolare sullavvicinamento di psichiatria e biologia che si sta sempre più concretizzando nellimponente sviluppo delle neuroscienze (cfr. lIntroduction générale di Claude-Olivier Doron, pp. 1-8).
Il volume raccoglie le voci di alcuni tra i filosofi, psichiatri e storici francesi riunitisi dal 2004 al 2006 presso lUniversité Denis Diderot (Paris 7) nel quadro del Centre Georges Canguilhem per dare vita a un seminario di ricerca intorno alle problematiche epistemologiche legate al tema della malattia mentale.
Problema dominante negli interventi di questi studiosi è quello relativo allo statuto della psichiatria come "scienza", alle sue prerogative e alle poste in gioco nel suo differenziarsi e allo stesso tempo giustificare la propria appartenenza allambito delle scienze mediche. Da questi saggi sulle "malattie mentali", pertanto, non dobbiamo aspettarci un catalogo anche solo parziale dellattuale nosologia psichiatrica, e tanto meno una messa a punto definitiva di che cosè malattia mentale oggi, alla luce delle nuove ricerche scientifiche e delle nuove tecnologie e pratiche terapeutiche. Come sostiene lucidamente Jean-Noël Missa, curatore del volume, malgrado lavvicinamento sempre più imponente della psichiatria alle scienze biologiche e più in particolare alle neuroscienze, "la patofisiologia delle malattie mentali rimane a tuttoggi incerta", "i legami tra le anomalie dei neurotrasmettitori e i diversi sintomi mentali della depressione e della schizofrenia sono lungi dallessere chiariti". "Al giorno doggi, ledificio teorico della psichiatria biologica permane esile e fragile" e "la psichiatria sembra ancora condannata a conservare la strategia che le fu propria nel corso del XX secolo: lempirismo terapeutico" (La psychopharmacologie et la naissance de la psychiatrie biologique, pp. 131-145). È proprio per questo che uninterrogazione sulla malattia mentale, o meglio, sulle "malattie mentali", non potrà come avviene negli altri settori della medicina, dove la distinzione fra ricerca scientifica vera e propria e storia della scienza è chiara pretendere alla messa a punto definitiva di una spiegazione sistematica delle configurazioni patologiche prese di volta in volta in esame, ma si troverà sempre e necessariamente a coincidere con la problematizzazione dello statuto del proprio oggetto e quindi, di conseguenza, della struttura euristica allinterno della quale lo si intende collocare.
Ed è appunto questa lambizione della presente raccolta di saggi, che intende interrogarsi sulla definizione stessa dell"oggetto" della psichiatria attraverso le differenti mutazioni storiche, epistemologiche e antropologiche a un tempo "occorse" e "determinate" dalla pratica di questa disciplina (cfr. C.-O. Doron, La maladie mentale en question, pp. 9-45). Unambizione profondamente "modesta", come probabilmente lavrebbe definita lo psichiatra francese Georges Lanteri-Laura, una delle voci più influenti nella riflessione psichiatrica contemporanea, che nei suoi numerosi saggi non ha mai smesso di sottolineare leterogeneità della psichiatria, di questa "scienza" del cui campo "nessuna teoria può spiegare tutte la parti" (cfr. Psychiatrie et connaissance, Paris, Sciences en Situation, 1991, p. 180). Interrogarsi sulla nozione di "malattia mentale" significherà pertanto tener conto di tutte le "parti" che compongono questa complessa configurazione, accogliere la "sfida delleterogeneità dei fenomeni", come recita uno dei saggi del volume (D. Forest, La frontière entre psychiatrie et neuroscience, pp. 147-173), significherà insomma adoperare il "prisma del filosofo", (cfr. P.-H. Castel, "M
et f
cochon!", sécria la marquise. Le syndrome de Gilles de la Tourette au prisme du philosophe, pp. 215-258).
Ora, che cosa rifrange questo prisma? Innanzitutto la consapevolezza che comprensione clinica e ricerca scientifica in ambito psichiatrico si organizzano secondo diversi paradigmi che comportano non soltanto una diversa definizione dei singoli oggetti in esame come può essere una sindrome o una specifica patologia ma sempre anche una costante riconfigurazione dellintero "campo sociale, antropologico, medico o epistemologico in genere, allinterno del quale tali oggetti possono definirsi propriamente "scientifici". Così, ad esempio, una pratica come lapplicazione della neurostimolazione intracranica ai disturbi psichiatrici non significa semplicemente la sperimentazione di una nuova tecnica neurochirurgica, ma sottintende e implica una "ridefinizione dello statuto dei sintomi e delle frontiere classificatorie" tra neurologia, psicologia e psichiatria, alla cui base teorica sta una "ridefinizione dellindividuo in termini di cerebralità". Si tratta insomma di una vera e propria trasformazione antropologica, le cui ripercussioni si concretizzeranno inoltre, a livello sociologico, in una diversa concezione della presa in carico dei malati (cfr. B. Moutaud, Cest un problème neurologique ou psychiatrique? Anthropologie de la neuro-stimulation intracrânienne, pp. 175-214).
È certamente possibile, dunque ci avverte Pierre-Henri Castel "isolare, da un lato, la concettualità naturalistica che conferisce al ragionamento dei neuropsicologi la qualità epistemologica che gli è propria e, dallaltro, i dati clinici grezzi che essi interpretano", ma si tratterà di unoperazione tuttaltro che neutrale, che nasconde in realtà una "scelta filosofica che mobilita la logica dei concetti psicologici e una descrizione sofisticata dellintenzionalità dei comportamenti umani". Ma non solo, giacché la luce che rifrange il prisma del filosofo non rischiara mai semplicemente dei concetti decontestualizzati e astorici, ma è quella che viene "proiettata dalla storia strana della clinica, dagli incidenti, dalle trasformazioni e dalle diverse forme del dischiudersi dello sguardo" (cit., pp. 216-217).
In linea con lo "stile" dellepistemologia storica francese come la definirebbe uno dei co-autori di questo volume, Jean-François Braunstein (cfr. il suo Bachelard, Canguilhem, Foucault. Le "style français" en épistémologie, in P. Wagner, a cura di, Les philosophes et la science, Paris, Gallimard, 2002, pp. 920-963) tutti questi saggi, ognuno a partire da una problematica specifica, ci mostrano come una "storia" delle scienze che voglia davvero rendere conto dellevoluzione e delle mutazioni degli oggetti scientifici, non possa permettersi di analizzare dallesterno un sapere, una specifica conoscenza o uno specifico oggetto, ma debba sempre anzitutto sondare, come scriveva Michel Foucault nel 1963, quel "rapporto di situazione e di postura tra ciò che parla e ciò di cui si parla" (cfr. Nascita della clinica, Prefazione). Si tratta, insomma, di mettere a fuoco quella "storicità profonda" che, "penetrando sino al cuore delle cose", ne trasfigura la stessa consistenza oggettuale e giustifica la necessità di addentrarsi in quel loro "modo di essere" che è lo specifico "ordine" che "ripartendole, le offre al sapere" (Le parole e le cose, 1966, Prefazione). Ed è per questo che l"archeologo" della scienza dovrà rivolgersi non più al "modo della conoscenza, ma al mondo degli oggetti da conoscere" (cfr. Nascita della clinica, Prefazione), quel mondo che si sostanzia delle diverse forme ad un tempo di razionalità scientifica e di governo degli individui che determinano nel campo della psichiatria ciò che è normale e ciò che è patologico e di conseguenza ciò che rientra o meno nel "campo" della "santé mentale" (cfr. in particolare il saggio di C.-O. Doron, cit., e quello di F. Parot, La maladie mentale dans les thérapies comportamentales. Approche historique et épistémologique, pp. 63-93. Va precisato peraltro che il termine "santé", in francese, vale tanto come "salute" in quanto stato opposto alla malattia, che come "sanità" in quanto oggetto di strategie politiche).
In tale prospettiva, i dati storici raccolti ed esposti dagli autori in questo volume non sono mai fine a se stessi, ma sempre finalizzati a mostrare appunto come la concettualità psichiatrica sia funzione di parametri dettati dalla realtà storica, geografica e politica allinterno della quale essi vengono elaborati, e che costituiscono pertanto la loro condizione di possibilità. È in questottica, ad esempio, che si pone lindagine svolta da I. von Bueltzingsloewen sugli ospedali psichiatrici francesi durante lOccupazione, che ci mostra come la presa di coscienza della necessità di una riforma radicale del sistema manicomiale da parte degli psichiatri della seconda metà del Novecento così come la prospettiva di guardare allassistenza psichiatrica in unottica "terapeutica" sia stata determinata dalla realtà materiale della guerra e dalla rinnovata attenzione per gli esclusi sorta allalba della Liberazione (Une étape dans la mise en question du modèle asilaire? La famine dans les hôpitaux psychiatriques français sous lOccupation, pp. 47-61).
Anche lintervento di J.-F. Braunstein a questo proposito è particolarmente istruttivo (August Comte et la psychiatrie, pp. 259-282). La delineazione del contesto dell"alienistica" francese allepoca di Comte e dell"art médical" promossa dal sistema positivista, infatti, si rivela loccasione per mostrare come le poste in gioco della psichiatria siano sempre state eterogenee e ulteriori rispetto al problema dello statuto scientifico del suo "oggetto" e quindi della sua appartenenza di fatto o di diritto alla medicina. "LAuguste Comte doctor medicus ci dice Braunstein è quello che stila una diagnosi sulla "malattia occidentale" che affligge le società del suo tempo e che si sforza di guarirla traendo tutte le conseguenze politiche dal principio di Broussais" (pp. 267-268). Ora, che cosa affermava tale principio che Comte enuncia nella 40° lezione del Cours de philosophie positive, consacrata alla "filosofia biologica"? Precisamente che "la malattia, in fondo, non ha una realtà positiva", poiché costituisce un "semplice prolungamento dei limiti propri ad ogni fenomeno dellorganismo normale, senza mai produrre dei fenomeni davvero nuovi" (p. 270). La normalità stessa, daltra parte, varia in funzione dellevoluzione personale di ciascuno così come in funzione di considerazioni geografiche o storiche. Certo si tratta di una sorta di "ottimismo razionalista", come fa notare ancora Braunstein riprendendo il giudizio del Canguilhem de Il normale e il patologico, e tuttavia lo spirito di fondo di tale principio si rifletteva nellenjeu stesso dellopera canguilhemiana, nellidea cioè che la salute ma in fondo anche la malattia stessa non consista in un "equilibrio statico, ma nella capacità indefinitamente aperta per un vivente di inventare nuove norme di vita" (cfr. Castel, cit., p. 251). Ed è proprio questa idea, in fondo, che ritroviamo alla base anche di questa raccolta di saggi che, sulla scorta inoltre di Ian Hacking (The Social Construction of What?, Harvard University Press, Cambridge 1999; tr. it. La natura della scienza. Riflessioni sul costruzionismo, McGraw-Hill, Milano 2000), ritiene che "la storia della malattia mentale reclami una scrittura specifica", "più vicina alle competenze di una scienza umana che di una scienza biologica" (cfr. J.-C. Dupont, Érik Kandel: De la mémoire à lidéal de la psychiatrie biologique, pp. 115-130).
La posta in gioco di questa singolare "storia della scienza" attenta non solo a ciò che "le relazioni fra neuroscienze e psichiatria sono state o sono, ma a ciò che possono o devono essere" (cfr. Forest, cit., p. 148; M. Jannerod, La psychothérapie neuronale. Réflexions sur le mode daction de la psychothérapie, pp. 95-113), rivela dunque, in ultima analisi, unessenza profondamente politica. Sia che si tratti esplicitamente di iscrivere le terapie cognitivo-comportamentali nel contesto di una razionalità governamentale legata a un modo "liberale" di controllo "biopolitico" delle condotte (Doron, cit.), sia che si tratti di criticare l"a-contestualità" del modo in cui i disturbi psichiatrici vengono classificati e descritti dal DSM-IV (Moutaud, cit.), o di ampliare lorizzonte della ricerca sulle sostanze psicotrope a una riflessione sullinfluenza della filosofia sulla "personalità" (cfr. P. Nouvel, Philosophie de la stimulation. Des discours stimulants aux substances stimulantes (et retour), pp. 283-311),