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Pubblichiamo, sperando con cio' di avviare una discussione, un messaggio fatto girare da Paolo Migone all'interno di alcune mailing-list di interesse psichiatrico e psicologico.

Lettera aperta alla Commissione Deontologia del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi

Crediamo necessario rendere pubbliche alcune riflessioni dettatecidalla lettura di tre passi del Codice deontologico degli psicologiitaliani che sta per essere sottoposto all'approvazione perreferendum da parte degli iscritti all'Ordine.
I passi in questione sono i seguenti:

Articolo 5: Lo psicologo [...] riconosce i limiti della propriacompetenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i qualiha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formaleautorizzazione.
Articolo 8: Lo psicologo contrasta l'esercizio abusivo della professionecome definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56,e segnala al Consiglio dell'Ordine i casi di abusivismo o di usurpazionedi titolo di cui perviene a conoscenza.
Articolo 21: Lo psicologo, a salvaguardia dell'utenza e dellaprofessione, è tenuto a non insegnare l'uso di strumenti conoscitivie di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggettiestranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggettidiscipline psicologiche.

Il fatto che un Ordine intenda tutelare la professionalità dei propriiscritti fa parte indiscutibilmente dei suoi doveri. Tutto sta a vedereche cosa s'intende per competenza, in questo caso, e come la si vuoletutelare.
Da questo punto di vista non c'è il minimo dubbio:l'articolo 5 parte esplicitamente dalla subordinazione della competenzastessa all'assegnazione d'un campo di sapere i cui limiti non possonoe non devono essere oltrepassati. Esisterebbe dunque in Italia un Codiceche, se fosse approvato, subordinerebbe il sapere ad una autorizzazionead imparare, che del resto non si sa bene da quale istituzione dovrebbeessere rilasciata.
Ma non basta. Gli psicologi non solo non devono imparare nulla senzaautorizzazione, ma non devono nemmeno insegnare a nessuno che psicologonon sia. Non si vede d'altra parte in che modo sia possibile che essial tempo stesso insegnino "discipline psicologiche" e non debbano pero'"insegnare l'uso di strumenti conoscitivi e d'intervento riservati allaprofessione di psicologo" a chi psicologo non sia: che cosa sarebberoinfatti le discipline che possono essere insegnate a chiunque, se noncontenessero al proprio interno nessun criterio di sapere ed'intervento?
L'articolo 21 in realta' pretende di vietare ogniinsegnamento di materie psicologiche esterno alle Universita' o ad altriIstituti legalmente riconosciuti (che tuttavia non a caso non sononeppure nominati in questo Codice).
In compenso e' invece obbligatorio per tutti gli psicologi diveniredelatori di quanti si occupassero di psicologia senz'aver ricevutol'approvazione legale in questione, come se in Italia non esistessero giàdelle leggi che tutelano il campo delle professioni.
In sintesi: si pretende di salvaguardare il prestigio dellaprofessione fondando quest'ultima sulla burocrazia, sulla delazionee sull'esclusione del sapere e della sua trasmissione. NeppureAdolf Hitler era mai giunto a tanto.
Invece si continua a dimenticare:
- che le Facolta' di Psicologia sono sorte in Italia solo molto di recente;
- che di conseguenza al momento della loro fondazione esisteva gia' uncampo di sapere e di competenza molto articolato e perfettamente costituito;
- che nessuna Facolta' universitaria può fornire a nessuno neppure glielementi minimi di una qualunque pratica;
- che perciò tutti gli psicologi che operino concretamente come talihanno dovuto acquisire la propria competenza in esperienze compiutefuori dall'Universita';
- che le opportunita' di lavoro si presentano solo a chi dimostraeffettivamente di saper fare il suo mestiere, mentre non tengono affatto conto dei pezzi di carta burocratici;
- che la legislazione italiana sulle professioni sara' fra pocoadeguata ai criteri europei, che sono molto piu' liberali dei nostri;
- che nessuno puo' pretendere di subordinare la verita' e il sapere acriteri burocratici, soprattutto quando si tratta d'un campo dai confinifluidi come quello psicologico;
- che la relazione fra gli studi universitari ed i numerosissimi tipi diformazione in questo campo non e' e non potra' mai essere definita in modostabile, e che di conseguenza un Ordine professionale che pretendessed'avere il monopolio d'una competenza dai confini così sfuggenti potrebbefarlo ignorando ogni criterio scientifico ed etico.
L'Ordine farebbe invece molto meglio, per assicurare il prestigiodei propri iscritti, a liberalizzare totalmente la loro professione,dal momento che, com'e' noto, solo la libera concorrenza migliora laqualita' dei servizi, mentre ogni protezionismo la deprime. In realta'questo strano garantismo poliziesco, che non ha nulla a che vedere connessuna deontologia professionale, manifesta soltanto la convinzionedi chi ha redatto questo Codice che gli psicologi non si sono ancorameritati un prestigio che nessuna convenzione burocratica potra' maifornire loro, se non se lo saranno guadagnato in altri modi.

Sergio Contardi, Pier Francesco Galli, Ettore Perrella

Chiunque volesse sottoscrivere questa lettera può contattare"Spaziozero - Movimento per una psicoanalisi laica"E-Mail: spazioze@intercity.itHome Page: http://www.intercity.it/associazioni/spaziozero/Segreteria: c/o Mauro Santacatterina, Via IV Novembre 56, 36100 Vicenza, tel./fax 0444-509577

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