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Gruppo di Ricerca sulle Psicoterapie Brevi

Resp. Prof. L. Pavan

Atti del Congresso Nazionale
L'Alleanza Terapeutica

ALLEANZA TERAPEUTICA E PAZIENTE VIOLENTO

Prof. G. C. Nivoli

Università di Sassari

 

Tenterò di chiedere dei vostri pareri come se fossimo un piccolo gruppo di 8-9 persone e non un centinaio come siamo qui ora.

Vi farò delle domande che troverete estremamente grossolane, imprecise addirittura contro la legge, infatti vi chiederò se siete addirittura disposti a violare il segreto professionale e poi attuerò una grande, enorme, violenza nei vostri confronti. Non una violenza fisica, ma qualcosa di più perché vi chiederò di decidere.

Immaginate ora di non essere più qui. Ora siamo in uno degli istituti più famosi al mondo per la rieducazione dei criminali violenti e malati di mente. Ognuno di voi, in questo momento, è un anno e mezzo che frequenta le unità in cui ci sono dei pazienti, i più violenti e i più malati di mente. Vi danno una unità nuova, e vi dicono che c’è questo paziente che ha già aggredito tre psichiatri, e vi chiedono se lo volete nella vostra unità oppure no .

Chi lo vuole alzi la mano. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei.

E se vi dicessero anche di intervistarlo insieme? Voi lavorate da soli, siete responsabili di 15 pazienti, ma lavorate in un contesto in cui ci sono altri 15 psichiatri con altrettanti pazienti. Prendiamo lo psichiatra più esperto, e voi con lui ad intervistare il paziente in questione. Chi accetterebbe? Molti di più, diciamo una cinquantina.

Abbiamo visto che c’è qualcuno che è disposto a parlare con lui. In psichiatria è certamente diverso se trattiamo con un paziente violento o con uno non violento. Allora la scelta per molti di voi è già stata fatta prima. Se voi non lo accettate, uno potrebbe anche chiedervi cosa stavate lì a fare... Chi ve l’ha fatto fare di andare in una unità di massima sicurezza, se poi non accettate il paziente? Cosa vi ha fatto accettare questo lavoro? Lo stipendio, dite voi... è una ragione... ma è anche vero che non volete farvi spaccare il naso... è un’altra ragione validissima.

Allora potreste argomentare dicendo che ci sarebbe bisogno di qualcuno che vi spieghi... è giusto. Ma quando il ritmo in queste unità è tale per cui voi come psichiatri dovete passare tre ore al giorno a spiegare all’equipe di non avere paura cosa dite quando poi succede a voi di aver paura. Cosa dite davanti al team di psichiatri, agli psicologi, alla direzione degli psicoterapeuti. Come giustificate il fatto di aver rifiutato un paziente perché avevate paura? Se andate nella vostra unità e date ordini agli altri, quando il paziente è scompensato come fate a dire all’infermiere di andare? ... Negli istituti di massima sicurezza siete voi che dovete andare. L’infermiere non ci va... Siete voi che siete pagati per andare quando il paziente spacca tutto nella sua stanza.

Vi prego di fare degli interventi rapidissimi di al massimo venti secondi... fa parte della violenza a cui vi sottoporrò.

Intervento dal pubblico:Forse sarebbe il caso di parlare con gli Psichiatri che lo hanno avuto in cura.

Lei vorrebbe parlare con i tre psichiatri che hanno avuto in cura il paziente prima, cosa cambierebbe? Questo collegamento deve essere certamente fatto ma cosa cambierebbe rispetto al fatto di prenderlo o nel non prenderlo? ... Ecco… se ad esempio le dicessi che i tre di prima hanno fatto degli errori, che il primo ha voltato le spalle, il secondo ha fatto dell’ironia fuori posto ed il terzo ha detto subito che non gli avrebbe dato il permesso di andare a casa. Cosa cambierebbe….

Intervento dal pubblico: Comunque vorrei saperne di più sul paziente.

Lei vorrebbe sapere di più, avere delle informazioni ulteriori... immagini di essere in un team di quindici psichiatri, che le chiedono "lo prendi o non lo prendi?" .... Cercherebbe di prendere tempo... ma mi spieghi qual è il significato del prendere tempo? E’ come se un infermiere le dicesse: "Aspetti, voglio saperne di più prima di portarlo nell’unità"... Lei interviene come psichiatra solo nel momento in cui il paziente è scompensato, quando c’è la violenza in atto... Lei non può davanti a tutti i colleghi dire che prende un paziente ma non ne prende un altro, prendendosi solo quelli che desidera, cioè quelli sereni, tranquilli, che non rompono l’anima.

Perché lei non lavora da sola nel vuoto, ma in una cultura di persone. È vero che deve conoscere il motivo per cui gli altri sono stati aggrediti...

Allora…facciamoci qualche altra domanda. Per esempio, volete leggere la cartella prima di prendere il paziente o non volete sapere nulla? Chi vuole sapere tutto del paziente prima alzi la mano.... Non più di quindici persone. Solo quindici persone.

Scusate ma non conservereste la faccia o le ossa in un servizio a massima sicurezza! Ma come fate a non voler sapere cosa ha fatto il paziente prima, come ha aggredito le persone... Ma voi vi fidate? Ma come fate? Spiegatemelo! Ricevete un paziente e non sapete nulla di lui, che per esempio ce l’ha con gli psichiatri con i capelli neri, che se gli dite di no ad una richiesta lui vi aggredisce! Ma siete onnipotenti? Beati voi...

Nelle carceri... ci saranno le carceri a Padova... pensate che ci sia qualcuno che non vuole sapere nulla di chi viene messo in cella? Come fate a gestirlo.

Vi rendete conto... È bello non sapere nulla, iniziare un cammino insieme, .... ma se poi vi riempiono la faccia di pugni! Voi state trattando con delle persone che a volte sono delle bombe, che aspettano solo voi perché ce l’hanno con il mondo, e voi non lo sapete... non stiamo intervistando una principessa che parla tranquilla, sono pazienti violenti, pronti ad esplodere, caricati anche per giorni prima di incontrarvi e voi siete la causa, perché siete voi che, vogliate o non vogliate, dovete mettergli un timbro per uscire o non uscire dall’ospedale psichiatrico.

Voi potete chiedere tempo, ma lui il tempo come lo vede? Quando uno vuole uscire, è nervoso, non parliamone se ha qualche elemento ipomaniacale... e voi cosa gli dite ? "Dammi un po’ di tempo, caro...".

Ce l’avete davanti, che si avvicina, perché non potete mica sempre tenerlo a due metri e mezzo... Quindi cosa fate? Non avere informazioni prima, equivale quasi ad un suicidio...

E quindi cosa fate?

Fate qualcosa per proteggervi? Vi sedete davanti a lui, lo accogliete... cosa fate? Un bel portacenere, grande, in mezzo tra lui e voi... ombrelli appuntiti, un portacappotto di noce, massiccio, con il ferro che esce... Ma guardate che neanche le assicurazioni vi pagano se visitate un paziente così, in queste istituzioni!

Una volta in un ospedale psichiatrico giudiziario, il direttore molto gentilmente mi ha lasciato da solo nel suo studio con questo paziente, violentissimo... E c’era questo enorme portacenere tra me e lui... Cosa avreste suggerito, cosa avreste fatto in quella situazione? Lo avreste tolto di mezzo?

Intervento pubblico: Servirebbe un corso di autodifesa

Lei propone un corso di autodifesa... Ma lei sa chi sono gli psichiatri più picchiati in queste istituzioni? Quelli che ricevono maggior violenza dai pazienti sono gli psichiatri più aggressivi... Il modo migliore per farsi picchiare è avere un atteggiamento di sfida, possibilmente grattarsi i genitali e dire " Allora bello hai finito o entro io in cella ?" e l’altro vi dice " Entra pure!!" ...

Ci sono anche gli infermieri di cui lo psichiatria si deve curare, perchè fanno saltare i pazienti con una gioia innata… per vedere che spaccano la faccia agli psichiatri... Immaginateli!! pagati poco, a fare un lavoro schifoso, in cui arriva questo psichiatra petulante che dice quello che bisogna fare, poi qualche volta, se capita, si fa anche vedere... non se lo merita forse?

Quindi bisogna tener presente l’aggressività degli altri contro di voi e l’aggressività del paziente verso gli altri. Lo "scherzo" che molti psichiatri fanno è di curare la malattia mentale ma non la violenza... Dovreste vedere la sottigliezza nella raccolta anamnestica di uno che ha ucciso la moglie, ha violentato la vicina di casa e gli si chiede " Da piccolo cosa faceva?" ... Tutto gli si chiede tranne quando ha incominciato a picchiare le persone, perché ha ammazzato la moglie!

Importante dominare l’aggressività, quella del paziente, dell’equipe e quella nostra. In particolare è la nostra aggressività che se liberata ci porta più facilmente dall’ortopedico.

Nel caso ipotetico che vi ho proposto quanti di voi pensano a proteggersi? Metà di voi. Gli altri perché non pensano a proteggersi? È un indizio di debolezza o di onnipotenza? È non avere esperienza clinica? È dare fiducia all’altro? È un problema dell’altro se vi salta addosso e vi spacca la faccia? O vostro?

Non capisco perché non vogliate proteggervi... per innescare una profezia che si autoavvera da sola?

Quando parliamo con una persona che può arrecarci del danno, bisogna sempre tutelarsi, ed in un modo molto preciso... il migliore è quello di creare una protezione attorno, cioè, quando schiaccio un bottone arriva una equipe a disposizione che blocca il soggetto. È la realtà. Noi vorremmo certo che fossero tutti angeli, ma non è così. Pensate che brutto. Infatti sono pochi gli psichiatri che vanno a lavorare lì. In America questi hanno uno statuto superiore agli altri, mentre uno che fa così da noi con la mentalità che abbiamo è perché non aveva nient’altro da fare...

Questo per dire che in questi istituti dove aggrediscono con grande frequenza è opportuno che lo psichiatra non si faccia aggredire, e provveda nei modi più opportuni a proteggersi.

Facciamo altre considerazioni. Se voi siete davanti a questa persona e giocate con la matita e lui vi dice "Sà, tutti hanno paura di me... hanno sempre qualcosa in mano per difendersi ". Voi cosa fate? ... Gliela date? ... La appoggiate? E dove la appogiate? Vicino a voi? a metà strada tra lui e voi? O più vicino a lui? ...

Ma se il paziente vuole prenderla, lo lasciate fare o gliela prendete prima voi?

Se lo psichiatra la mette a metà strada come lo interpretate? È uno bravo, o uno che vuole la matita nell’occhio?

Il paziente ha preso la matita e vi dice che sà che è la prima volta che voi operate in quell’unità, e che quello che lui adesso avrebbe voglia di fare è schiacciarvela negli occhi. Ma non lo fa. Perché vi dice che avete avuto coraggio. Come lo interpretate?

È chiaro che vi è andata bene. Anche se forse accettare le provocazioni non è compito proprio dello psichiatra, forse piuttosto è compito di chi sale sul ring con un desiderio di onnipotenza.

Ma se invece ve la restituisce, cosa fate? Gli dite qualcosa del tipo, grazie di non avermi ficcato la matita negli occhi!

C’è evidentemente una cultura delinquenziale. Il paziente fa braccio di ferro con voi. Si informa su chi c’è di guardia, se c’è uno che ad esempio gli impedisce di farsi del male o invece uno che è meno disponibile nei suoi confronti.

Sul momento cosa fate? Lo trattate o non lo trattate?

Interventodal pubblico: Io metteri la matita nel cassetto e verbalizzerei.

Lei metterebbe la matita nel cassetto, quindi lei verbalizzerebbe poi la violenza... E pensa che lui la capisca? Esiste una tecnica che si chiama frustrazione della violenza, in cui lui si aspetta che lei voglia farle del male, e se lei utilizza questa tecnica, gli chiede direttamente : "Dimmi cosa posiamo fare per te qua". Lei in questo modo frustra le sue aspettative, perché lui si aspetta che lei cominci a girare attorno al discorso, invece lei arriva direttamente al problema, e alle sue aspettative.

Quindi lei preferirebbe questo approccio... con una voce calma e tranquilla.

È una tecnica che può in effetti essere utile, tenete presente che il paziente aggressivo ha sempre bisogno di knock down, cioè di abbassare il più possibile il livello di tensione.

Verbalizzare con lui sulla violenza (come lei voleva fare inizialmente) non è detto che sia la maniera migliore di abbassare questa tensione. E’ possibile che lui ci ripensi e non gli piaccia quello che ha fatto, ai crimini che ha commesso e allora può diventare più violento. Allora di solito viene utilizzata l’altra tecnica di frustrazione della violenza, anche per esigenze di tempo, in genere infatti con il paziente ci si rimane per mezz’ora o tre quarti d’ora.

Quello che abbiamo detto è solo per illustrarvi come si fa in queste istituzioni. Non vi ho detto quello che dovete fare, ma vi ho portato qualche sentimento che si vive con il paziente violento, del tutto indipendente dalla malattia mentale. Comodo scivolare infatti di fronte al paziente violento nella malattia mentale... curare quello che sappiamo, cogliendo la via di fuga della malattia mentale come un salvacondotto per lo psichiatra. Vi chiedo scusa per avervi esposto a questa violenza anche se con finalità, spero, didattiche.

Grazie a tutti.


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