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DROGA: INFORMAZIONE E SERVIZI

Di Leonardo Montecchi

In questo lavoro cercherò di illustrare le relazioni esistenti tra un fenomeno sociale (droga) e l'informazione su questo fenomeno e i servizi che si sono strutturati, di volta in volta, per fronteggiarlo.

E 'questa la sede per riflettere innanzi tutto attorno al problema dell'informazione.

L'informazione negli anni sessanta

In Italia negli anni sessanta è iniziata l'informazione sulla droga.

Naturalmente la droga esisteva anche prima ma, come direbbe Guy Debord, non faceva spettacolo. La costruzione dell'immagine sociale della droga e del drogato proviene dall' industria culturale.

In particolare sono alcuni Films degli anni 50 come :"Un cappello pieno di pioggia", un film che narra la storia di un reduce dalla Corea che era diventato tossicodipendente e, più ancora, "l'uomo dal braccio d'oro" con Frank Sinatra ed una splendida Kim Novak, che costruiscono l'immagine e poi lo stereotipo del drogato: un bravo ragazzo tormentato dal demone della droga.

Quei films trattavano del problema della dipendenza da eroina. Nel "Cappello pieno di pioggia" gli attori sono seguaci dell'Actor Studio con il metodo di Stanislavscki e riproducono la sindrome di astinenza in modo realistico.

Naturalmente in Italia solo pochi informati conoscevano la distinzione fra le droghe, fra hascisc ed eroina e pochi riuscivano a collegare la dipendenza alcolica ben illustrata nel film "giorni perduti" di Billy Wilder con i tanti alcolisti che riempivano i nostri manicomi.

Nello stereotipo sociale del drogato non era contemplato l'alcolista.

Alla fine degli anni 60 si produce una frattura nella rappresentazione sociale del drogato, perchè la droga," questo mostro," comincia una circolazione di massa al di fuori degli ambienti elitari e si confonde con la rivoluzione culturale internazionale che ha il suo culmine nel 1968.

Per un certo periodo il movimento psichedelico impone una rivoluzione dei gusti musicali, dei balli, dello stile di vita, della gerarchia dei valori. L'assunzione di droghe come la marijuana, l'hascisc o l'L.S.D. contribuivano alla dissociazione dal mondo della coscienza ordinaria per favorire il viaggio verso altri stati di coscienza.

Questa migrazione verso l'altrove, la fuga dall'Egitto della coscienza ordinaria comportava l'allargamento della coscienza, la tensione verso la terra di Utopia.

Milioni di giovani in quegli anni sperimentarono questa fuga in tutto il mondo e la musica Pop o folk, il Jazz, il teatro, l'arte, la scrittura, il cinema furono ampiamente coinvolti in questa rivoluzione.

Le stesse centrali di produzioni del sapere e della ricerca: le Università, furono invase da questo movimento. Timoty Leary, il profeta dell ' L.S.D. era un ricercatore della facoltà di psicologia, negli anni 60. Carlos Castaneda era un ricercatore dell'Università della California allievo di H. Garfinkel, il fondatore dell'etnometodologia, Herbert Marcuse insegnò in quella Università

All' interno dello stesso movimento dell'antipsichiatria inglese Laing e Cooper si occuparono moltissimo dell' L.S.D. e del movimento psichedelico.

La poesia con Allen Ginsberg diffondeva il messaggio dell'allargamento della coscienza.

 

Ma, accanto a questi fermenti, si consolida lo stereotipo della droga nell'informazione ufficiale: i contestatori, capelloni, diventano drogati come Frank Sinatra nell'uomo dal braccio d'oro.

Non esistono differenze, la droga e i drogati sono i demoni che vanno combattuti. La droga diviene lo spauracchio per le famiglie:" controllate i vostri figli, state attenti o li controllerà la droga per voi".

La controinformazione

In questa battaglia informativa la controinformazione che combatteva l'eroina come droga che produce dipendenza fisica con il mercato legato alla mafia rimaneva molto minoritaria.

Riviste come "Re nudo" hanno avuto questa funzione, ma cosa poteva Re nudo contro la televisione di Bernabei e tutta la stampa?

Ed allora si produssero fenomeni come il "Barcone sul tevere": Studenti arrestati perchè fumavano hascisc in un clima di persecuzione

In questo clima da "guerra dell' informazione" arrivò prima la morfina e poi l'eroina.

Molti ricordano le invasioni del mercato, (ben descritte nel libro di Blumir "L'eroina") con la scomparsa del hascisc e l'introduzione di pasticche di morfina provenienti dal Pakistan.

Molti ingenui incominciarono."Perché deve essere pericolosa? Sarà come l'hascisc, tutti ci dicevano che era una droga e invece niente dipendenza, smetto quando voglio. Sarà così anche per questa, vedrai, proviamo."

Tanti sono caduti in quel tranello informativo.

Dovevano caderci? C'era veramente un progetto di controllo sociale di fasce altrimenti non controllabili? chissà? E' comunque documentata l'introduzione dell'eroina fra le Pantere Nere (black panter) negli U.S.A. ad opera della CIA. Qui in Italia come andò con tutti i servizi segreti coinvolti nella Loggia P2 di cui faceva parte anche Sindona?

E' comunque noto che negli anni 70 la produzione di eroina che era appannaggio dei marsigliesi si sposta in Sicilia in corrispondenza con la crescita dell'influenza della Mafia. Sindona era l'anello di unione fra la Mafia e la P2.

I servizi

Nel 1975 dopo le pressioni dei Radicali, (Pannella che fuma lo spinello, ecc.) viene finalmente promulgata la legge 685 che sancisce che il drogato non é un criminale ma un malato da curare. Nascono i primi servizi chiamati CMAS in seguito a questa legge.

Già la formulazione della legge crea delle discussioni: non si sa se si possa parlare di malattia o di un comportamento che non dovrebbe essere sanzionato ma legalizzato.

Per i sostenitori della legalizzazione la "malattia" sarebbe da imputarsi alla criminalizzazione del comportamento, mentre i sostenitori della malattia si riferiscono più precisamente alla dipendenza da oppiacei e propongono cure mediche e farmacologiche (metadone). La psichiatria partecipa tangenzialmente a questo dibattito (vedi articolo di G. Jervis sui Quaderni Piacentini e articolo di Margrelli su Sapere) perché é impegnata nel grande movimento che porterà alla legge 180.

Comunque tutti gli psichiatri ritengono inutile e dannosa la reclusione del "drogato" nel manicomio.

In questo dibattito continua, comunque, la pericolosa confusione sulle varie sostanze illegali definite tutte indistintamente "droghe".

L'informazione prevalente degli operatori che cominciano a lavorare nei CMAS è sempre in relazione al senso comune prodotto dai mezzi di comunicazione di massa.

L'Università fornisce pochissima informazione soprattutto di impianto farmacologico/tossicologico.

Manca l'aspetto psichiatrico. Solo alcuni psichiatri si occupano di tossicodipendenti come il prof. Madeddu.., ma molto di più di alcooldipendenti.

In questo clima nasce l'iniziativa di Corrado Corradeschi .e del CMAS di Firenze. Iniziativa che porta a dei congressi nazionali degli operatori e alla possibilità di confrontare le pratiche.

In quel periodo, fine anni 70, si discuteva fra i CMAS che avevano avviato una distribuzione metadonica a modello della clinica tossicologica di Firenze del prof. Mannaioni e i CMAS che si riferivano anche ad esperienze legate alle prime comunità terapeutiche di Torino del gruppo Abele o di Don Picchi di Roma del CEIS che diffondevano anche l'idea della terapia familiare di impronta sistemica. Un punto di riferimento in questo settore é stato anche il prof. Luigi Cancrini.

In quei convegni organizzati da Corradeschi. si avvertiva direttamente una situazione magmatica, confusiva ma molto creativa, potevano parlare indistintamente tossicodipendenti, operatori dei CMAS, professori universitari, non c'era la "lezione magistrale". Questa lezione risultava dal dibattito e dal confronto pratico dei modelli.

Ma la diffusione massiccia della dipendenza da eroina, i morti per overdose, l'esasperazione delle famiglie, l'immobilità o l'assenza di interventi pubblici produssero una miscela esplosiva, micidiale con richieste di interventi repressivi nei confronti dei tossicodipendenti e con la forte critica della blandissima posizione non punitiva della legge 685.

L'informazione contribuì a produrre un senso comune in cui lo "stato" non faceva nulla, solo i privati facevano perché motivati da una missione umanitaria o religiosa potevano assistere i tossicodipendenti 24 ore su 24 e non aspettare il 27 del mese come gli enti pubblici.

Questa offensiva informativa culmina con la nuova legge 190 del 1990 che sancisce per legge che: "non é lecito drogarsi" e ritorna ad una posizione "punitiva e morale" se pur molto più blandamente rispetto alla legge del 1954 che assimilava l'assuntore di sostanze con un criminale.

Vincenzo Muccioli un'eroe mediatico

Il decennio 1980-90 è dominato, nel campo dell'informazione sul fenomeno droga e dunque anche nel campo dei servizi sulla droga, dalla storia della comunità di San Patrignano e del suo fondatore Vincenzo Muccioli.

Proverò qui a trattare questa vicenda perchè mi sembra particolarmente emblematica della relazione tra droga- informazione- servizi.

Nell' autunno del 1980 dalla collina di San Patrignano dove si è da poco costituita una comunità per tossicodipendenti . Alcuni fuggono e avvertono a polizia che in quella comunità si legano le persone con le catene e le si costringe a rimanere contro la loro volontà. Intervengono le forze dell'ordine che trovano delle persone legate con le catene nella piccionaia.

 

Viene arrestato il responsabile della comunità Vincenzo Muccioli e i suoi collaboratori.

La comunità, formata già da oltre 60 persone é priva del capo. Cosa faranno gli ospiti? Se ne andranno vanificando il risultato ottenuto fino a quel momento e tornando alla dipendenza da oppiacei?

Gli ospiti non se ne vanno, anzi, aiutati da collaboratori di Muccioli e da una buona campagna stampa cominciano a sostenere che quello di Muccioli: le catene, ecc., é l'unico sistema per uscire dalla dipendenza. Molti autorevoli commentatori sostengono questo "metodo", c'é chi cita Ulisse legato al palo della nave per non udire le sirene e chi affronta il problema dal punto di vista legale per cui sarebbe giustificato trattenere contro la sua volontà una persona che altrimenti si ucciderebbe o si farebbe del male. Queste considerazioni sono alimentate da una polemica violentissima e da vicende tragiche che vedono il ritorno all'eroina dei liberati dalle catene e la morte sotto il treno di uno di loro.

Facilmente la polemica si dirige contro la chiusura dei manicomi e l'impossibilità di interventi coatti nei casi di tossicodipendenza. I famigliari dei tossicodipendenti cominciano a vedere in Muccioli un "castigatossici", un salvatore dei loro figli che viene criminalizzato da uno stato che non fa nulla o che "passa la droga di stato", cioè il metadone e i mezzi di comunicazione di massa spettacolarizzano l'evento. Servizi televisivi, articoli, documentari chiedono che il "modello San Patrignano"sia il modello della risposta al problema droga.

Anche molti Psichiatri si schierano dalla parte di Muccioli. In particolare un movimento che nasce all'interno della Sinistra Torinese si schiera contro "l'atteggiamento lassista". Si tratta della LENAD.

Molti magistrati affidano i tossicodipendenti alla comunità di San Patrignano evidenziando in tal modo un conflitto di difficile comprensione fra i magistrati che processano un uomo per reati gravissimi ed altri che lo ritengono affidabile per il recupero di tossicodipendenti o per la tutela dei minori.

Nella decade degli anni 80 il dibattito sul fenomeno droga é quindi fortemente condizionato dal processo San Patrignano e dalla richiesta di soluzione finale del problema tramite l'internamento anche coatto di tutti i tossicodipendenti in comunità.

Naturalmente non tutte le posizioni furono così chiare e nette in senso proibizionista, ma certamente la rappresentazione sociale del fenomeno fu questa: "I drogati sono il prodotto delle caduta dei valori avvenuta negli anni 60 e 70 e solo una ripresa dell'autorità nella famiglia e nella società può contrastare il fenomeno".

Vincenzo Muccioli fu condannato in prima istanza e poi al processo di appello venne assolto. Dalla assoluzione di Muccioli fino alla legge del 1990 la comunità di San Patrignano aumenta enormemente i suoi ospiti, le critiche sui metodi non vennero prese in considerazione, non parliamo poi del problema dei risultati dei trattamenti perché a nessuno interessavano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

la crisi di identità dei servizi pubblici

I servizi pubblici, in questo periodo, dopo aver sopportato la critica di essere medicalizzati da parte degli antiproibizionisti ante litteram che proponevano la legalizzazione dell'eroina, si dibattono in una crisi di identità.

Pochi sono i servizi strutturati, non ci sono piante organiche, i medici sono a contratto per la medicina dei servizi e cambiano frequentemente, in alcuni servizi sono presenti psicologi e sociologi ma, con grande difficoltà si comincia ad organizzare una cultura di servizio, un minimo di lavoro di equipe.

I servizi che avevano avviato una distribuzione di metadone si trovano ingabbiati fra una spinta della opinione pubblica che li vede come "distributori della droga della mutua", una totale assenza di voci autorevoli che sostengano la terapia sostitutiva ed un sospetto da parte della magistratura e della polizia di "favoreggiamento" della diffusione della droga.

Anche gli amministratori, sensibili alle pressioni di un opinione pubblica dominata dall'idea salvifica della comunità ben rappresentata dall'eroe mediatico Vincenzo Muccioli che veniva perseguitato dallo stato perché salvava i tossici da se stessi e dalla intossicazione della droga di stato, vedono con sospetto i servizi con metadone e piuttosto favoriscono la nascita di comunità private concedendo subito le convenzioni. Ma di personale stabile per i servizi nulla.

Si diffondono, nei primi anni 80 anche pratiche del privato sociale basate sulla distribuzione di morfina come sostitutivo. Pratiche che si sono spente e che sono state chiuse di autorità perché spesso basate su scelte antiproibizionistiche militanti.

Anche da parte dei sostenitori autorevoli della terapia con metadone venivano indicazioni verso i dosaggi bassi e verso le terapie scalari in funzione degli inserimenti in comunità.

Alcuni servizi svilupparono pratiche legate alla terapia famigliare sempre, comunque in relazione a legami forti con inserimenti in comunità terapeutiche.

Solo pochi servizi riuscirono a produrre modelli di intervento sul fenomeno tossicodipendenza che si rifacevano ad una lettura del fenomeno droga come un sintomo che attraversava diversi ambiti.

Questi servizi, pur non abbandonando le terapie con metadone diversificarono le loro attività fornendo una molteplicità di occasioni di uscita dalla tossicodipendenza. In questa dimensione si parla di un processo terapeutico che prevede un ambulatorio, un centro diurno, una comunità terapeutica ed interventi di prevenzione sul territorio.

Questo modello articolato si basa anche sulla possibilità di intervenire sulla formazione del senso comune per contrastare il processo di spettacolarizzazione di cui si é parlato precedentemente.

Si tratta in sostanza di una continuazione della controinformazione.

la controinformazione cresce

Torniamo per un momento alla rappresentazione sociale del fenomeno droga, alla informazione. Da questo breve racconto emerge che negli anni 80 l'informazione sulla droga é stata monopolizzata dall'evento San Patrignano o meglio dal processo Muccioli, processo in molti sensi.

 

 

 

L'enorme potenza della televisione ha prodotto una nuova immagine, accanto al drogato l'esorcista che riesce a espellere il diavolo droga dal corpo del "posseduto". Questo "miracolo" avviene nella collina di San Patrignano, qui il drogato da ribelle dell'autorità ed invasato dal demone della droga diviene un ospite della comunità, un apprendista in un settore di lavoro ad alta tecnologia, oppure riprende gli studi, non è più ostile alla famiglia, accetta l'ordine sociale. Tutto questo è il risultato del carisma di un solo uomo che ha dedicato la vita al combattimento contro la droga e per questo ha subito la persecuzione di uno stato lassista e complice della "cultura della droga".

Molti sono stati gli interventi in diretta televisiva con una scelta perfetta dei tempi: ci sono decine di tossicodipendenti che si chiudono in una palestra a Roma, superano la crisi di astinenza e sono assistiti dai genitori. Cosa fa lo Stato? Cosa fanno le U.S.L.? Nulla, assolutamente nulla, parlano, devono decidere di chi è la competenza per intervenire. Muccioli manda due pullman e porta tutti a San Patrignano. Ma ci stanno? Ci staranno. E le regole edilizie, il piano regolatore, le compatibilità igieniche? C'é un interesse superiore, c'é l'urgenza. Sovrano é chi decide nell'urgenza. C'é un bambino di 13 anni a Palermo, tossicodipendente? Lo portiamo a San Patrignano con l'aereo. A Natale tutti dentro alla comunità. Questa mediatizzazione produce un senso comune di massa che richiede la segregazione dei tossicodipendenti in comunità tipo San Patrignano se non addirittura tutti proprio a San Patrignano come disse un ministro importante in un intervista su Panorama.

I servizi, richiesti da questo senso comune, sono solo strutture burocratiche che devono facilitare l'ingresso in comunità, ed eventualmente, nel migliore dei casi, favorire il reinserimento trovando il lavoro, la casa, ecc. Vengono fondate associazioni di famiglie e movimenti che si propongono la modifica della legge in senso repressivo e proibizionista.

I servizi pubblici non riescono a reagire, non forniscono un'altra immagine del fenomeno. La controinformazione non riesce a fornire un altro senso comune e forse, più drammaticamente non si vede nemmeno il problema. Il duro lavoro di controinformazione viene praticato da pochi, solo da chi lo conosce per averlo ereditato dagli anni 60/70. In alcuni servizi c'é una continuità rispetto a quel movimento, non si abbandona il desiderio di cambiamento, gli orizzonti futuri, le utopie.

Per questo, ad esempio, si cerca di fornire dati concreti, prime rilevazioni epidemiologiche che leggono il fenomeno nel territorio di competenza.

Piccoli interventi su quotidiani locali, su televisioni locali, nei consigli di quartiere, nelle sezioni di partito, nelle parrocchie, creano o possono creare una controinformazione.

Si può concretamente lavorare su una informazione sul fenomeno droga che non sia uno spettacolo ma che fornisca elementi per pratiche di cambiamento della vita quotidiana.

Una strada complessa ma affascinante, un processo di intervento nella vita quotidiana che diffonde l'abitudine a pensare.

Devo ricordare che a Rimini questo processo di controinformazione portò nell'autunno del 1980, esattamente il 22 Novembre, ad una mobilitazione della città. Ci fu una manifestazione di circa 5000 persone. In seguito a quella manifestazione nacque la Cooperativa Centofiori che poi gestì, in un modello di intervento pubblico, privato, integrato, un sistema di servizi ante litteram, la comunità terapeutica di Vallecchio ed il centro diurno di via del Crocifisso.

 

 

Il lavoro di gruppo

Ma la controinformazione o l'informazione senza spettacolo, quella che produce operatività, si basa sul lavoro di gruppo ed il lavoro di gruppo si alimenta con l'informazione.

A sua volta l'informazione può essere il risultato di una ricerca o l'applicazione di stereotipi che provengono dall'immaginario sociale.

E' chiaro che una informazione operativa si deve basare su evidenze prodotte dall'equipe di lavoro o frutto di ricerche e studi controllati.

Di qui la necessità di una ricerca clinica e di un collegamento diretto con i nodi che ricercano per comprendere il fenomeno.

Perchè tutto questo sia controinformazione e non informazione é presto detto. La controinformazione, intesa in questo senso non fa spettacolo, non è manipolabile se non per produrre servizi che affrontano il problema che è stato documentato dalla ricerca.

La controinformazione richiede una elaborazione cosciente. Per questo necessita di metodi adatti per essere diffusa.

Sto parlando di formazione all'intervento di massa e di gruppo. Sto parlando della formazione alla ricerca ricerca-azione nel senso di Kurt Lewin o della ricerca operativa nel senso di Pichon Riviere.

Sto parlando di prevenzione nel senso di capacità di fornire progetti di intervento che si colleghino fra di loro e si basino su una ricerca costante.

Sto parlando di politica e non di manipolazioni degli spettatori per ottenere più voti.

La legge Craxi e la nascita dei Sert

Ma la controinformazione non é riuscita a produrre una rete di scambi e a formare un movimento consapevole di operatori che potessero contrastare il colpo d'ariete con cui si chiude il decennio degli anni 80: la conversione di Craxi al punizionismo, la campagna forsennata contro gli "amici della modica quantità" e la promulgazione della legge 190.

Legge Jervolino Vassalli che sancisce la nascita dei Sert in un clima proibizionista e punizionista.

L'uomo simbolo di questa legge é Muccioli, chiamato più volte come consulente del ministero, evocato addirittura come ministro della sanità.

La legge 190 potrebbe essere tranquillamente chiamata legge Muccioli.

Ma i Sert vengono dotati di pianta organica e cominciano ad essere appetibili i posti di ruolo di aiuto e di primario. Le Università si interessano. Nascono scuole di specializzazione. Quale sapere trasmettono? Quali evidenze riportano? Che formazione ricevono i futuri primari dei Sert?

Questo problema apre il decennio degli anni 90.

In questo decennio il pendolo proibizionismo - antiproibizionismo si sposta di nuovo.

L'enfasi eccessiva rivolta verso la punizione, la criminalizzazione del possesso di modiche quantità provocano addirittura la nascita di un partito, il partito antiproibizionista.

Questo partito ottiene un certo numero di voti alle elezioni regionali ed ha dei rappresentanti che cominciano a fare politica e combattono gli effetti della legge 190. In particolare viene sottolineata l'assurdità di provvedimenti repressivi e la necessità di programmi terapeutici alternativi alla comunità.

La svolta avviene con il referendum del 1993 che abolisce le restrizioni eccessive all'uso di terapie sostitutive come il metadone.

Il caso Maranzano

Dopo quel referendum scoppia il caso Maranzano nella comunità di San Patrignano.

Un ospite confida ad uno psicologo di aver assistito ad un pestaggio a San Patrignano conclusosi con la morte di Roberto Maranzano. Dall'indagine avviata si apprende che il fatto (avvenuto nel 1989) si sarebbe concluso con il trasporto del cadavere, in gran segreto, in una discarica presso Napoli.

Il clamore é enorme: un nuovo processo a Muccioli e questa volta per favoreggiamento, si ipotizza che sia stato lui a ordinare il trasferimento del cadavere nella discarica.

Di nuovo i riflettori si accendono e questa volta la comunità non é più il luogo della salvezza ma, un luogo dove si può morire.

I metodi vengono criticati, cominciano i distinguo sui risultati della comunità.

In questo clima viene condotta una ricerca da Paolo Giudicini e Giovanni Pieretti, pubblicata in un volume dal titolo: "San Patrignano tra comunità e società: ricerca sui percorsi di vita di 711 ex ospiti di San Patrignano "( Franco Angeli).

La ricerca, per altro interessante e ben condotta, dimostra "l'effetto città" della comunità e la difficoltà per la valutazione degli esiti. Interessante a questo proposito un articolo di commento alla ricerca fatto da Giancarlo Arnao sul Manifesto.

Tuttavia questa ricerca rimane una delle poche ricerche di valutazione degli esiti di dei trattamenti effettuata in Italia.

Vi sono state ricerche condotte dall'Istituto Mario Negri .. ,ma poche ricerche approfondite.

Ci continuiamo a basare su ricerche epidemiologiche svolte negli U.S.A..

Il referendum, il processo a Muccioli, la caduta della visione salvifica della comunità aprono un'altra fase , nel 94/97, che vede la progressiva diffusione delle pratiche di approccio al problema che vengono dalle città europee di Francoforte o Liverpool e dagli esperimenti di Zurigo.

La riduzione del danno

Nel decennio 85-98 tuttavia esplode l'epidemia di AIDS che in Italia interessa in modo particolare i tossicodipendenti. Si creano associazioni che hanno lo scopo di prevenire il contagio. Anche sulla scorta di questa pressione sanitaria e sociale si diffonde la pratica detta della "riduzione del danno"

Questo approccio pragmatico al fenomeno droga prevede la formazione di operatori di strada che distribuiscano siringhe e profilattici e avvicinino i tossicodipendenti per offrirgli interventi a bassa soglia come un posto dove lavarsi, coperte, un té o un caffé, un posto letto dov'é possibile per qualche notte.

Questi interventi si collegano a somministrazione di metadone con camper attrezzati per tamponare le crisi di astinenza ed eventualmente alla costituzione di canali privilegiati per l'ingresso in terapia di mantenimento con metadone e, per chi ne avesse bisogno, per l'ingresso in terapia con i farmaci per l'HIV.

 

 

Queste pratiche diffondono una diversa immagine della tossicodipendenza e vengono spesso contrastate da chi mantiene un'idea moralista del fenomeno.

Tuttavia il fallimento della strategia proibizionista e la necessità di intervento per arginare la diffusione dell'AIDS fra i tossicodipendenti fanno sì che queste pratiche nella seconda metà degli anni 90 si diffondono nelle varie città, soprattutto al nord, ma anche a Roma. Importante è, in tal senso, l'esperienza di Massimo Barra e di Villa Marini.

Il lavoro di equipe nei Sert

L'organizzazione dei servizi risente di queste trasformazioni; per esempio la legge istitutiva dei Sert prevede la formazione di equipe multidisciplinari ma, di fatto, si possono osservare tre aree: una medica, una sociale e una psicologica. Spesso queste tre aree entrano in conflitto tra loro anche perchè corrispondono a tre aree disciplinari che hanno una diversa rappresentazione del fenomeno tossicodipendenza.

Nell'area medica prevale la visione farmaco-tossicologica e la risposta del trattamento metadonico; nell'area psicologica si mette l'accento su un'altra interpretazione del fenomeno e spesso vi sono conflitti interpretative e anche il punto di vista sociale può accentuare alcune caratteristiche ed entrare in conflitto con le altre due discipline.

Solo una formazione al lavoro di gruppo può permettere alla equipe la produzione di uno schema di riferimento operativo che superi le appartenenze disciplinari per elaborare concetti utili nella pratica.

Si tratta dell'applicazione delle teorie al lavoro sul campo e della produzione di una appartenenza alla equipe che realizzi un clima di lavoro sufficientemente buono.

Il clima dell'equipe é in relazione sia al grado di appartenenza ma anche al grado di trasversalità e cioé alla capacità di lasciarsi attraversare da problematiche non pertinenti al proprio lavoro.

Questi due elementi: grado di trasversalità e grado di appartenenza sono indispensabili per far si che si produca una situazione transdisciplinare.

La situazione transdisciplinare é la condizione di possibilità per la produzione di uno schema di riferimento operativo di una equipe come quella di un sert.

Infatti l'appartenenza disciplinare può costruire un muro di incomprensione, una barriera impermeabile che impedisce il transito di concetti operativi.

In questa situazione, con le barriere disciplinari alzate, le equipe operative non sono gruppi, non possiedono una mente di gruppo, non sono in grado di interpretare il fenomeno che incontrano sul campo, talvolta sono in preda a conflitti interni che paralizzano la pratica o peggio la rendono burocratica.

A volte la burocratizzazione é il modo di non affrontare i conflitti; ci si accorda su alcune pratiche elementari ed i concetti operativi sono di tipo amministrativo ragionieristico. Si cerca di adempiere al compito in modo passivo aspettando un altro incarico.

 

 

 

 

 

Invece le equipe che hanno formazione al lavoro di gruppo possono costruire una specifica configurazione di mente gruppale costituita da un codice operativo che permette agli operatori di agire in vista di un risultato.

Per la formazione al lavoro di gruppo é indispensabile l'atteggiamento della ricerca. Solo questa mentalità può far superare le barriere disciplinari e favorire la produzione di informazione che si riferisca al fenomeno così come si presenta nel territorio determinato in cui il servizio agisce.

La controinformazione e la rete

Ritorniamo, dunque, all'informazione e alla produzione dell'immagine sociale del fenomeno.

Siamo ormai arrivati ad un punto della storia della tossicodipendenza in Italia in cui ci si deve basare sulle evidenze prodotte dalla ricerca. E' dunque importante che tutte le equipe dei servizi pubblici e privati abbiano accesso velocemente ai risultati delle ricerche che vengono effettuate in tutto il mondo.

Da questo punto di vista i collegamenti fra i servizi e le informazioni sono sempre stati gestiti o dalle riviste o da centri universitari, ma anche, come si è detto, dai mezzi di comunicazione di massa che hanno prodotto immagini sociali del fenomeno che evidentemente hanno influito anche sugli operatori dei servizi.

Si é detto che la controinformazione é sempre stata locale, difficilmente è riuscita a collegare vari servizi.

Si sono prodotti centri di documentazione e riviste ed anche linee editoriali, ma purtroppo, é difficile la costruzione di una rete operativa legata alla clinica e alla necessità di prendere decisioni sui casi.

Da questo punto di vista diviene interessante l'utilizzo di Internet da parte dei servizi pubblici e privati.

I pionieri

I pionieri hanno iniziato con le BBS. Si trattava di collegamenti telematici, sempre rigorosamente privati, che sviluppavano discussioni attorno alle tematiche della droga.

Le discussioni si svolgevano di più intorno al nodo delle politiche proibizioniste/antiproibizioniste e spesso, soprattutto per la rete ECN, legata ai centri sociali, si portavano notizie di controinformazione provenienti dall'Italia e da altri paesi.

Raramente potevano nascere discussioni riferite a richieste di intervento o a denunce di mal funzionamento dei servizi.

Gli utenti di queste reti locali non erano operatori o se lo erano non erano entrati in rete per questo motivo.

In questo campo le iniziative centrali sono, a mio avviso, destinate al fallimento perchè contradditorie con l'essenza della rete.

Infatti, da sempre, si cerca di presentare ad esempio delle iniziative di raccolta di dati per un centro che li deve rielaborare.

 

 

La rete che non c'è

Un esempio clamoroso di questo modo di intendere l'informazione è dato dalla rete telematica pensata dal ministero dell'interno.

tutti i sert sono stati dotati degli strumenti necessari: PC con modem e collegamenti telematici, però la rete non funziona perchè è ancora concepita in modo centralistico ossia non come una serie di nodi che si interconnettono e si scambiano informazioni ma come un "sistema stellare" che vede il flusso dalla periferia al centro e dal centro alla periferia. Insomma un sistema ad "albero" in cui i singoli rami per connettersi fra loro devono passare obbligatoriamente da un segmento centrale che li collega tutti.

Invece il funzionamento a rete prevede un concatenamento fra i diversi nodi senza obbligatoriamente passare per un "nodo centrale"che li collega tutti : Questa modalità è definita a "rizoma" da Deleuze e Guattari (Millepiani)

Il paradosso della rete che non c'è è dato proprio dal fatto che la strumentazione è arrivata dal centro e si è innestata in situazioni che non prevedono una conoscenza diffusa di cosa sia la rete telematica e di come possa essere usata.

Si sono dunque costruiti dei piccoli "sancta santorum" occupati dall'esperto informatico di turno,che talvolta è il sociologo di formazione statistica; questi luoghi, rigorosamente vietati agli altri operatori sono divenuti centri di una specie di religione esoterica comunque collegata con un qualche potere centrale.

Evidentemente, in questo modo è impossibile creare una rete di informazione e di scambio, si può solo creare una rete di satelliti ed un diffuso malcontento verso strumenti che vengono visti come una modalità di controllo del lavoro e non come una

forma di innovazione della clinica.

Per questo è necessario distinguere ed avviare attività di formazione all'uso della rete che non siano limitate solo agli "esperti telematici" ma che coinvolgano i clinici.

L'uso della rete che proponiamo è un uso che cambia l'attività clinica delle equipe di lavoro, non è uno strumento di controllo burocratico.

la nostra idea dell'uso della rete nei processi di informazione e decisione si avvicina di più all'acquisizione dell'uso di uno strumento per la diagnosi, come ad esempio il passaggio dalle analisi a "vista" dei liquidi biologici agli esami di laboratorio con l'uso di tecnologie elettroniche, nonchè di conoscenze fisico chimiche.

Ma l'idea più diffusa vede ancora l'uso della rete come forma di controllo burocratico un aiuto agli amministrativi e non ai clinici. Per questo si è di nuovo proposto un centro elaboratore. E non c'è un programma di formazione all'uso della rete.

Questo centro, sia la Regione o lo Stato nel caso del Ministero degli interni, dovrebbe rielaborare i dati forniti e divulgarli al fine di predisporre politiche di intervento.

In realtà, in oltre 20 anni di lavoro in un Sert, non ho mai visto seguire questa procedura. I dati venivano e vengono sempre richiesti con urgenza. A seconda degli anni e forse delle teorie (?) cambia il tipo di dati richiesto. Raramente ci viene inviato il risultato delle elaborazioni e quando viene inviato consiste in un insieme di numeri senza commento la cui utilità pratica é scarsa.

Ma anche questi numeri e tutto il dispositivo informativo non serve ad informare l'apparato politico che discute sulla "immagine sociale" della droga prodotta, come abbiamo visto, dalla industria dell'informazione che non interroga i propri servizi, gli operatori che ci lavorano, ma il laico, il sacerdote, l'eroe di turno dell'antidroga che diventa l'opinion leader del momento.

Allora a che scopo produrre dati, flussi informativi per un centro che non elabora o se elabora non è in grado di contrastare l'informazione prodotta dalla emotività?

E' questa, quell'emotiva, l'informazione che determina le politiche che portano all'organizzazione dei servizi, dunque se vogliamo, ed io credo che sia necessario, realizzare i servizi in relazione a un fenomeno ben analizzato, dobbiamo cambiare strategia informativa. Basta con i flussi centralinisti.

Del resto, nel campo dell'informatica, abbiamo dovuto subire le logiche di chi , ancora negli anni 80, si ostinava a imporre il mega calcolatore IBM con i terminali ed impediva l'acquisto di personal computer.

Questa politica miope è naufragata ma la logica continua.

Non è solamente un problema di commesse, ecc., ma la logica del potere centralizzato che deve controllare tutto.

Nei primi anni 80 acquistare un personal computer era un investimento in funzione di un singolo servizio, ma significava rendere autonomo quel servizio per l'elaborazione dei dati. Autonomo da un centro. Chi avrebbe controllato?

Invece con il calcolatore IBM il politico di turno poteva essere abbindolato dall'esperto......sulle parole chiave che avrebbero garantito la "riservatezza" dei dati ed il loro uso centrale.

Questa paranoia si sviluppa immediatamente, anche ora, a proposito di Internet.

La prima cosa che chiedono é chi ne avrà l'accesso, se c'é una parola d'ordine segreta e poi, naturalmente, pensano che l'accesso a internet sia un giochino, chiedono qualche volta come si fa ad accedere al materiale pornografico e poi si pongono il problema di cosa può succedere se un operatore pubblico "perde il suo tempo" su internet a guardare le donne e gli uomini nudi in posizioni erotiche.

E' la paura di perdere il controllo di uno strumento di comunicazione. Invece nella nostra esperienza questo strumento permette di entrare in contatto con le banche dati come med-line e di avere in tempo reale ad esempio gli abstract di tutti i lavori che sono stati fatti sulle riviste collegate a questo servizio.

Se ad esempio si presenta un caso di un paziente in trattamento metadonico ammalato di AIDS che comincia ad assumere rifampicina per un problema polmonare sopravvenuto e si lamenta di sensazioni simili all'astinenza si può fare una ricerca su med-line con due parole chiave: rifampicina e metadone e si troveranno immediatamente gli abstract dei lavori che ci consentiranno di risolvere un dubbio diagnostico di impostare una terapia corretta.

Infatti questi lavori evidenziano che la rifampicina diminuisce l'effetto del metadone.

Oppure possiamo interrogare la banca dati quando vogliamo sapere quali trattamenti sono messi in campo per i pazienti tossicodipendenti-borderline.

Le evidenze e la prassi

L'esame delle evidenze prodotte dalla ricerca internazionale é la base per le discussioni cliniche e le decisioni che l'equipe e il singolo può prendere su un caso.

Questa é la modalità che ci permette di organizzare i nostri interventi secondo un paradigma che si basa sulle evidenze cliniche di studi controllati e non sull'autorità di un sapere che non si confronta con la ricerca.

E' questo il metodo della medicina basata sull' evidenza che supera l'organizzazione delle decisioni basate sul parere del "luminare" o del testo universitario non aggiornato.

Si tratta di effettuare un collegamento diretto tra la pratica clinica e la ricerca senza la mediazione di un "centro accademico......."

Ma é l'Anarchia? Forse, perché il cortocircuito taglia fuori il centro autorizzatore, l'ipse dixit Aristotelico, per avviare una rivoluzione Galileiana.

"Sono le evidenze prodotte dalla ricerca e rese disponibili in tempo reale a dettare le linee guida per le decisioni terapeutiche".

Questo metodo si richiama, a mio avviso, al pragmatismo o se vogliamo ad una filosofia della prassi che é declinata nel campo della ricerca scientifica.

Dalla prassi e cioé da quella forma di prassi elaborata che é la ricerca scientifica nascono delle evidenze che costruiscono ipotesi da adottare per la concatenazione di schemi di riferimento operativi delle equipe che intervengono sul campo.

Al di fuori di questo metodo ci sono le decisioni che vengono prese non non sulla base dell'evidenza ma sulla base dell'autorità; autorità accademica, gerarchica, amministrativa.

Mi permetterei di dire che se esiste una evidenza é essa stessa l'autorità e la dove esiste un' evidenza che é conosciuta e non produce decisioni conseguenti, allora possiamo pensare che sia il potere a produrre le decisioni e non l'autorità.

A rigor di termini se l'evidenza é conosciuta ma non produce decisioni operative allora ci sono decisioni prodotte in un clima autoritario.

Se sono un medico operante nella Romagna papalina dopo Napoleone ed ho visto l'effetto della vaccinazione del vaiolo sono a conoscenza di una evidenza ma, se nonostante questa conoscenza, rispetto la legge papale di non vacinare i bambini perché la vaccinazione é una pratica giacobina, obbedisco ad una imposizione autoritaria.

Se invece chiedo consiglio al mio maestro, un "luminare" dell'Università che mi suggerisce di non vacinare i bambini perché lui, anche prima di Napoleone e di queste "mode francesi", diceva che era impossibile prevenire il vaiolo, si poteva tutt' al più ridurre il danno che la malattia provocava, allora scambio l'autorità con l'autoritarismo. Peggio di prima.

La produzione delle evidenze

La produzione di evidenze secondo un metodo scientificamente controllato é, per me, il metodo regio per produrre informazione sul fenomeno droga e, conseguentemente, approntare i servizi necessari.

Per accedere a queste evidenze, é necessario, come ho detto' entrare in rete, superare o combattere la paranoia burocratico-amministrativa e entrare in rete: nello spazio del sapere secondo Pierre Levy.

In Italia sono già molti servizi che sono entrati in rete e l'esperienza di Psichiatria on line si collega all'esperienza di Psychomedia di Marco Longo, entrambi hanno una sezione dedicata alle dipendenze.

Sì, alle dipendenze, non solo alle dipendenze tossiche.

La discussione che si é aperta con la lista dipendenze ci ha permesso di creare una ptrima comunicazione tra diverse realtà che sono presenti in internet con siti che mostrano la loro attività.

Come ad esempio il sito gestito da Riccardo Gatti del Sert di Milano o quello di Roberto Nardini o quello di Genova di Walter Spiller

Il progetto dell'area dipendenze di Psychiatria on line é un progetto che può essere esteso a chi entra in rete.

Non si ratta di un centro ma di un nodo fra nodi, in particolare vogliamo sviluppare non solo l'accesso allo "spazio del sapere" ma affrontare un problema molto importante.

Infatti se gli utenti di internet rimarranno solo recettori di evidenze prodotte altrove si riprodurrà nel ciber spazio l'effetto autoritario di cui ho parlato prima.

Ricerche organizzate e prodotte negli U.S.A. saranno la base delle evidenze ricercate su med line e l'informazione sarà eseguita operativamente.

Si tratta invece di non essere solo informati delle evidenze per poter decidere ma anche di produrre evidenze e cioé di effettuare ricerche cliniche che raggiungano un livello metodologico tale da poter essere diffuse con uno standard di qualità elevato.

Per questo c'é bisogno di un programma editoriale, di una formazione e di una crescita di ci questo libro é un momento.

La ricerca é un processo aperto capace di fornire informazioni sui fenomeni si presentano nello spazio operativo.

La stessa prassi operativa deve dunque contenere un aspetto di ricerca per non ridursi a puro pragmatismo.

La rete può sviluppare la comunicazione fra gli aspetti più pratici e la ricerca ed aprire una dimensione operativa che si rialimenta continuamente, Un saper fare che produce sapere che, a sua volta, produce un nuovo saper fare.

 

Leonardo Montecchi

 

Bibliografia:

1)Guy Debord La società dello spettacolo Ed Stampa Alternativa

2) Re Nudo raccolta della rivista

3)T. Leary L'esperienza psichedelica Ed Sugar

4) A.Ginsberg Juke Box all'Idrogeno Ed Mondadori

5)G.Blumir Eroina Ed Feltrinelli

6)L.Montecchi M:Ferrari, S. Semprini Rimini una città contro la droga Ed Maggioli

7)L.Montecchi M.Ferrari,S.Semprini Cambiare: Il modello operativo del Sert di Rimini Ed Pitagora

8) K.Lewin Teoria dinamica della personalità Ed Giunti

9)E.Pichon Riviere Il processo gruppale Ed Lauretana

10)G.Deleuze F.Guattari Millepiani Ed Castelvecchi

11)P.Levy L'intelligenza Collettiva Ed Feltrinelli

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LEONARDO MONTECCHI

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