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P. Spaggiari, C. Tribbia, Medicina quantistica, Tecniche Nuove, Milano 2002, pp. 152, Euro 28

La prima volta che ho incontrato il tentativo di concepire l’umano come un insieme di fenomeni non solo biochimici ma anche fisici, è stato proprio occupandomi del "problema della coscienza", dove ad esempio Roger Penrose imposta la questione con una serie di riflessioni su come una teoria meccanico-quantistica del cervello potrebbe spiegare un tale "mistero", in modo in cui non sarebbe invece in grado di fare la fisica classica o la sola impostazione biochimica.

Anche l’articolo di Renato Nobili, Basi fisiche della complessità biologica e genesi della coscienza, pubblicato qualche tempo fa nella sezione Neuroscienze di POL.it, offre davvero una prospettiva molto seducente su un continente che per certi versi è ancora "terra di frontiera". Questa visione "fisica" della medicina e della biologia ha infatti cominciato ad interessare già da alcuni anni numerosi ricercatori, i quali stanno tentando di capire la biologia umana attraverso la fisica che si occupa dell’infinitamente piccolo.

Scritto appunto per chi "sa molto di biochimica, ma pochissimo di fisica", Medicina quantistica si inserisce in questo filone nuovissimo, ancora pionieristico, della ricerca mondiale e mette le basi per dare a tutti gli strumenti per cominciare a guardare la biologia e la medicina con gli occhi della fisica.

Se oggi la medicina è quella che conosciamo, è anche perché tra il XVIII e il XIX secolo a studiare i fenomeni biologici, e quindi a mettere le basi della fisiologia, della patologia e della farmacologia furono soprattutto dei chimici. E’ in buona parte per questo motivo che oggi vediamo l’organismo umano solamente come una fitta rete di reazioni chimiche che ci sforziamo di capire, di mettere in relazione e tra le quali cerchiamo ostinatamente di trovare il bandolo della matassa del fenomeno della vita: di conseguenza, per curarci usiamo quasi esclusivamente molecole che interferiscono con tali reazioni chimiche.

La tesi che sostengono gli Autori di questo libro, medici entrambi e laureati anche in fisica, è che, con ogni probabilità, se i padri fondatori della scienza medica contemporanea avessero avuto un’ottica più da fisici, oggi avremmo una visione diversa di questa disciplina e forse persino qualche arma terapeutica in più. Per Spaggiari e Tribbia, quindi, noi non siamo semplici "macchine chimiche" e la biologia è un dominio che ha sì un aspetto chimico, ma sicuramente anche uno fisico, molto meno esplorato.

Il manuale è nato essenzialmente da un’esigenza pratica: dover spiegare ai medici, durante i corsi di perfezionamento post-universitari, le basi scientifiche di argomenti ancora un po’ "eretici", come quelli relativi alle medicine complementari. "I dottori hanno poche nozioni di fisica, di conseguenza hanno difficoltà a capire perché queste discipline funzionano". Le medicine "naturali" vedono l’uomo come un insieme di fenomeni fisici, di cui fanno parte, tra gli altri, elettromagnetismo, frequenze, risonanza. Non è strano che già la medicina tradizionale faccia uso dei campi elettromagnetici.

Con la competenza che deriva loro dall’esperienza nell’ambito della ricerca, Spaggiari e Tribbia affrontano così una problematica particolarmente innovativa: problematica che, come spiega Franco Fraschini, ordinario di Farmacologia alla facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano, "affonda le proprie radici nella notte dei tempi".

Sappiamo già che cervello e cuore emettono segnali, energie a basse frequenze, che vengono registrati da strumenti quali EEC ed EGC. E’ possibile che anche altri organi presentino delle "emanazioni" che allo stato attuale non è stato ancora possibile registrare? In effetti, la cellula non è solo una centrale chimica, ma segue leggi fisiche ben precise. Codici di riconoscimento fra le biomolecole permettono loro di agire non a caso, ma secondo schemi ben definiti. L’unico meccanismo secondo cui le molecole si incontrano nel modo e nel momento giusto, parrebbe essere il campo magnetico. Di conseguenza, le patologie che appaiono come anomalie della struttura molecolare del corpo potrebbero essere, in seconda istanza, "disturbi nella rete elettromagnetica di controllo del traffico molecolare". Ecco, quindi, la nuova attitudine terapeutica: oltre a lavorare direttamente sul livello chimico dell’organismo assumendo sostanze, si può intervenire a livello elettromagnetico, utilizzando le frequenze. "Così entra in gioco la medicina quantistica", dice ancora Fraschini. A ben guardare, i principi della relatività della materia-energia sono alla base di queste nuove esperienze terapeutiche, già "comprese", sul piano intuitivo, dalle diverse dottrine orientali che così recitano: "Nulla esiste nell’universo che non sia nel corpo umano, nulla esiste nel corpo umano che non sia nell’universo".

MARCO INGHILLERI

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