Ermanno Bencivenga: I passi falsi della scienza. Garzanti, Milano, 2001, pp.179, Lit. 29.000
E' un saggio storico-epistemologico scritto da un filosofo piuttosto critico verso lo scientismo e verso la scienza intesa come nuova religione gestita da nuovi sacerdoti che parlano ex-cathedra ad un pubblico disposto a credere a tutte le loro affermazioni. Nella conclusione egli afferma: "Io sono un kantiano: dunque per me la verità assoluta, la struttura ultima del mondo, la totalità delle sue cause ed effetti sono idee della ragione, criteri normativi che danno senso alla nostra esperienza
ma sono tali
da non poter essere trovati alla fine di quella ricerca. Sono utili finzioni
". Di conseguenza ogni esperienza è approssimativa e dal fenomenico non può mai emergere una realtà assoluta.
Questa considerazione filosofica sottende l'esposizione di una serie di idee scientifiche ritenute valide per periodi più o meno lunghi prima di essere completamente sconfessate e ritenute false. Gli argomenti trattati come esempi di errori o passi falsi della scienza sono piuttosto disparati e non troppo omogenei.
Si inizia con il concetto di flogisto, o principio di infiammabilità, usato per "spiegare" i fenomeni combustivi in un'epoca in cui era ancora impossibile il concetto di calore come energia del moto delle molecole. Più che un passo falso della scienza esso si può però considerare una tappa nel processo di comprensione di un fenomeno elusivo la cui spiegazione comportò la costruzione di un grande paradigma teorico quale quello termodinamico e meccanico-statistico.
Altro argomento è quello della generazione spontanea, un'idea persistente nella storia del pensiero scientifico, la cui falsificazione produsse grandi scoperte ed importanti applicazioni in campo medico. Anche l'età della terra, per lungo tempo sottostimata, venne calcolata in modo plausibile solo dopo la scoperta della radioattività e in questo caso l'errore era derivato, più che dalle convinzioni ingiustificate del solito Aristotele, dal macigno della concezione biblica e quindi da una sorgente extrascientifica.
Un'ipotesi ad hoc che persistette nel pensiero scientifico fino all'avvento della teoria della relatività, cioè quella di etere, fu compatibile con una grande costruzione scientifica come la teoria elettromagnetica di Maxwell e perciò la sua "falsità" coesistette con la sua utilità per il progresso della scienza.
Lento fu il processo di comprensione della struttura dell'atomo e dell'esistenza di particelle subatomiche e, anche in questo caso, i passi falsi condizionarono, quali tappe necessarie, la spiegazione completa del fenomeno.
Come si vede, si tratta di temi molto diversi a cui si aggiungono quello sulla ricerca della precisa morfologia dei dinosauri e due argomenti di interesse medico come la frenologia e la pratica del pneumotorace.
Le origini della fisiognomica e la sue evoluzione come frenologia nel secolo dei Lumi ad opera di Lavater, Gall, Spurzheim, Combe, Fowler e molti altri in Francia, Inghilterra e Stati Uniti vengono descritte sottolineando gli alti e i bassi della "scienza dei bernoccoli", dai suoi successi al suo tramonto definitivo. Per Hegel la frenologia, aspramente criticata come esempio di riduzionismo antispiritualista, era tuttavia il culmine della scienza del suo tempo, mentre, alla fine del secolo XIX gli ultimi residui del pensiero frenologico si esaurirono nell'opera criminologica di Lombroso e nelle tecniche craniometriche che nel XX secolo si considerarono definitivamente superate quando nuove teorie permisero di definire la frenologia "un ridicolo incidente".
Altra idea che fu alla base di una pratica terapeutica largamente usata fu quella che portò all'introduzione del pneumotorace che, attorno agli anni '20 divenne il trattamento di elezione della tubercolosi polmonare dopo che Forlanini l'aveva proposto nel 1895. Il pneumotorace si effettua introducendo nel torace con un ago dell'aria nell'intercapedine tra la pleura parietale e la pleura viscerale. La presenza di quest'aria collassa il polmono che si coarta e cessa di funzionare. Il principio su cui si fondava la pratica era che "mettendo a riposo" il polmone questo poteva riprendere, dopo un certo periodo, la sua funzione normale. La tecnica subì un'evoluzione che consistette in diversi interventi di toracoplastica o con l'introduzione di paraffina, olio, plastica al posto dell'aria, con risultati a dir poco terribili poichè il tasso di mortalità variava dal 25 al 40 per cento e le complicanze postoperatorie interessavano dal 40 al 70 per cento dei pazienti. Solo negli anni '80 la tecnica venne definitivamente riconosciuta come inefficace e inclusa nel novero dei passi falsi e vicoli ciechi della storia della medicina. E'il caso di un trattamento fondato su presupposti teorici vaghi, come è stato il caso di altre pratiche mediche, che ha portato ad accrescere la sofferenza e che, a differenza degli altri esempi riferiti come passi falsi, non ha nemmeno la giustificazione di essere stato una ipotesi transitoria la cui falsificazione ha permesso significativi avanzamenti del pensiero scientifico.
Lauro Galzigna
Prof. di Biochimica
Facoltà di Medicina
Università di Padova