Carmelo Conforto Riflessioni sui percorsi della mente dell'analista al lavoro
In questo contributo cercherò di esporre alcune riflessioni sulle diverse modalità con cui lanalista arriva a cogliere, nel campo interattivo costruito con il suo paziente, il fatto scelto (Bion, 1962). Bion scrive: "Il termine fatto scelto indica unesperienza emotiva consistente nella sensazione di aver scoperto qualcosa di coerente: esso ha quindi un significato epistemologico e non ci si deve aspettare che il rapporto fra più fatti scelti sia di natura logica" (op. cit. pp. 129-130, tr. it.). Nel Commentario (1967) Bion utilizza, per definire le operazioni mentali implicate nel raggiungimento del fatto scelto, il termine evoluzione: "Con questo termine designo il collegarsi, mediante unimprovvisa intuizione, di una serie di fenomeni apparentemente slegati tra loro e che, dopo lintuizione, hanno assunto una coerenza e un significato che prima non possedevano" (p. 195 tr. it.). Già in Cogitations Bion (10 gennaio 59) aveva preso in considerazione le componenti delloperazione mentale che porta lanalista a cogliere i fatti degni di nota (p. 31 tr. it.): "Che cosa fa lo psicoanalista? Osserva una massa di elementi che sono già conosciuti da molto tempo ma che finchè egli non abbia dato la sua interpretazione sono dispersi e apparentemente estranei gli uni agli altri. Se è in grado di tollerare la posizione depressiva, allora lanalista riesce a dare questa interpretazione" (p. 29 tr. it.). In successivi contributi (1962, 1963, 1965) Bion definisce ulteriormente i tragitti e le capacità mentali che consentono allanalista in contatto con il suo paziente di tradurre (trasformare) ciò che viaggia tra i due protagonisti (la relazione dinamica contenitore-contenuto) onde possa prodursi uninterpretazione. Ad esempio (1963, p. 54 tr. it.) il contenitore-analista può raggiungere la condizione mentale che gli permette di attivare la propria rêverie intorno al contenuto che proviene dal paziente se è per lui possibile reggere loscillazione Ps<- - ->D. Lingresso dei "contenuti" del paziente allinterno della mente-contenitore dellanalista produce, per la dispersione degli elementi beta immessi, una condizione mentale iniziale, nellanalista, dominata dalla non integrazione del significato e associata pertanto a sentimenti di angoscia persecutoria. La tolleranza alla sofferenza Ps può permettere allanalista, secondo Bion, di entrare in quelle "particolari situazioni di grazia che sono le rêveries" ( Ferro 1996, p. 84). La rêverie è proposta da Bion (1962, pp. 72-75 tr. it.), come una funzione primariamente materna, capacità di pensiero della madre nel suo assetto naturale ed espressione del legame damore della madre col figlio e con il padre, giocato attraverso luso della funzione alfa (e, come direbbe Ferro, op. cit. p. 84 , sui derivati narrativi degli elementi alfa). "Di fatto è proprio perchè lanalista Bion - è mosso dalle rêveries nei confronti del proprio paziente adulto che fonda lipotesi causale che la relazione madre-bambino sia suscettibile di comportare una rêverie analoga a quella che si svolge in analisi" scrive Green (1987, p. 298 tr. it.). Ed un secondo rilievo propone lautore nella pagina successiva quando, a proposito dellingresso del padre nella rêverie, allude a una triangolazione precoce presente dallinizio della vita. Io penso che Bion avesse in mente la pacificazione edipica come momento costitutivo della funzione pensante, ovvero della costruzione e utilizzazione della funzione alfa: inoltre aggiungerei che lindispensabilità della triangolazione come promotrice di pensieri riconduce alla funzione che svolge nel percorso interpretativo il rapporto tra analista e il suo buon oggetto interno. Sono in effetti convinto che la capacità analitica di integrare in una forma, in un fatto scelto le proiezioni beta del paziente sia il risultato di un lavoro che si realizza attraverso lattivazione di un legame complesso tra paziente-analista-buon oggetto interno dellanalista: questultimo lo assimilerei al concetto di base buona di cui parla Money-Kyrle (1978), agli "aspetti buoni della casa originaria dentro la mente" a cui attingere per evoluzioni creative (Brenman 1988). In questo modo loperazione dellanalista di formare pensieri e di trasformare in pensieri i contenuti provenienti dal paziente dipenderebbe dalla sua capacità di tollerare gli aspetti frustanti e persecutori della posizione mentale Ps, capacità resa possibile dalla disponibilità di relazionarsi ad una struttura interna benevolmente dialogante. Un secondo punto che vorrei ricordare riguarda ciò che Bion affronta nel libro Trasformazioni (1965). Ovvero, il fatto che le operazioni che lanalista si trova a compiere per tradurre quello che sta passando tra lui e il paziente possono essere di carattere diverso, a seconda dei diversi livelli di capacità comunicative dei pazienti: i termini trasformazioni a moto rigido e trasformazioni proiettive sono infatti impiegati da Bion per segnalare almeno due diversi modelli doperazione interiore che lanalista si troverebbe a compiere per tentare di ripercorrere il viaggio che i vari pazienti (psicotici e non) fanno compiere ai loro oggetti interni e ai loro affetti nello hic et nunc della seduta.
Vorrei ora riprendere la questione di partenza, le vie con cui lanalista accede al fatto scelto, proponendo due brevi vignette cliniche che appartengono alla mia esperienza danalista. Un paziente, A., alla seconda seduta mi racconta di aver riletto alcune pagine di Proust, ieri sera: il piacere di trovarsi nella penombra del sottobosco, luogo protetto dal limite degli alberi, confrontato con lesposizione angosciante con la scoperta radura. Ha poi una pausa che non avverto come chiusura, perdita di contatto con me. Ho limpressione di ospitare senza tensione la comunicazione del paziente e mi accorgo che la mia sensazione di attenzione fluttuante non allarmata lascia rapidamente il posto alla comparsa di un significato che si forma dentro di me, capace di tradurre in una concettualizzazione (Conceptualisation, Bott Spillius 1994, p.1122) ciò che ho colto dal paziente. Riflettendo su quanto accaduto, so che la costruzione della concettualizzazione ha necessitato non solo del legame attento tra me e il paziente, ma, contemporaneamente, del contatto tra me e una mia base interna solida che suggeriva significati agli elementi sparsi della comunicazione, il bosco come significante di una esigenza di occultamento protettivo, langosciante radura come significante di una mia temuta brutale aggressività intrusiva, spudorata, senza riguardi e senza rispetto. Attraverso questo percorso sono in grado di formulare uninterpretazione che mi pare restituisca al paziente le sue associazioni dotate ora di una più ampia qualità di pensabilità. Mi sentirei di definire questo passaggio trasformativo un esempio di come opera nellanalista la rêverie nel senso di Bion. La seconda vignetta clinica, già da me utilizzata in un precedente contributo (1996), ci riporta a modalità di contatto e di comunicazione tra paziente e analista che assumono connotazioni psicotiche: riprendendo il punto di vista di Bion (Commentario, p. 223 tr. it., 1967), in queste situazioni: Si viene a creare una campo di forza emotivo (..) Lanalista deve essere capace di un maggior distacco (corsivo mio) degli altri in quanto non può essere in un tempo psicoanalista e distrarre se stesso dallo stato danimo che si suppone egli analizzi. Il secondo paziente, B., una struttura 'borderline al quarto anno danalisi, mi aveva fornito, senza alcuna emozione, al primo colloquio, un dato anamnestico, raccontatogli dalla madre: alletà di due mesi, a causa di una grave malattia del fratello, di tre anni maggiore, la madre aveva dovuto bruscamente interrompere lallattamento al seno. Questo evento non era mai ricomparso, per quello che io avevo compreso, in seduta. Una seduta iniziò con un mio ritardo di tre minuti, evento mai accaduto con B. (nella seduta precedente mi ero dedicato ad un primo colloquio con una paziente assai grave e che solo con molta difficoltà e ritardo ero riuscito a congedare). Il paziente, entrato nella stanza con i lineamenti stravolti dalla rabbia, ebbe un lungo silenzio carico di ostilità che mi pervase in maniera così intensa da provocare in me uno stato dallerta che mal saccordava con il mantenimento del mio più abituale assetto psicologico. Poi il paziente mi assalì verbalmente, gridando che avevo fatto una cosa terribile, irrimediabile a tal punto che avrebbe interrotto lanalisi. Aggiunse che soprattutto non poteva tollerare la violenza con cui colpevolmente lo facevo soffrire, permettendo ad altri di sottrargli ciò che era suo. Riuscii con gran fatica, sentendomi invaso dalla sua violenza, a non ributtargli addosso quella che era adesso la mia rabbia, lo sbalordimento, la confusione. Fu solo verso la fine della seduta che il mio stato danimo cambiò e avvennero due cose in me, associate ambedue al mio riuscire a tollerare la responsabilità della rottura del setting. La prima fu il poter comunicare col paziente in una forma verbale non violenta, osservando che la sua rabbiosa disperazione era probabilmente collegata alla distruzione di una mia immagine vissuta come assolutamente disponibile. La seconda cosa mi accadde mentre la seduta era ormai alla fine ed io avevo raggiunto la sensazione, nonostante perdurasse il silenzio, che il paziente mi avesse in qualche modo recuperato come presenza utilizzabile. Mi riferisco ad un mio percettibile cambiamento di stato mentale, in cui mi pareva di essere più distante - meno invaso dal paziente -, situazione che mi permetteva di lasciarmi andare ad una sorta di fantasticare in cerca di qualcosa. Fu così che mi imbattei dentro di me nellepisodio anamnestico dellimprovvisa interruzione dellallattamento al seno e mi sembrò, anche se in una maniera che non mi sentii di trasformare immediatamente in uninterpretazione, che fossimo entrati in contatto con quegli affetti dolorosi, vaganti da allora dentro il paziente, in attesa di essere ricongiunti al senso di quella lontanissima esperienza. La mia ipotesi è che nei due momenti analitici descritti io mi sia trovato a utilizzare sequenze mentali diverse, strettamente dipendenti dagli elementi costitutivi del campo analitico (Gaburri 1997): elementi affettivi-cognitivi che hanno percorso con diverse connotazioni spazio-temporali il territorio psichico che ci ha avvolti (analista<- - ->-paziente) e da cui (rifacendomi a Gaburri op. cit.) ho cercato di pescare pensieri-pesci condivisi. Nel primo esempio clinico ho creduto di riconoscere un percorso, in cui la qualità affettiva del campo mi pareva consentire, come ho detto, lattivazione della mia funzione di rêverie, così come mi pare intesa da Bion. Il secondo episodio clinico si è svolto in un campo relazionale assai diverso, percorso da affetti le cui qualità, esplosività, crescendo, gonfiezza (Stern, 1987) hanno determinato in me gravi intoppi nel passaggio Ps- - ->D: inoltre le vie psichiche attraverso cui sono giunto alla formazione di un significato mi sono apparse diverse da quelle, utilizzate nel primo caso clinico, tanto da non sentire in questoccasione che il termine rêverie di Bion potesse essere sufficiente a descrivere il mio percorso. Prima di procedere oltre vorrei essere aiutato dallesperienza e dalle riflessioni di una collega che stimo, E. Bott Spillius. In un seminario tenuto a Genova nel 1996, ella discusse un suo lavoro (1994), in cui è descritto un periodo danalisi immediatamente successivo ad una sua assenza, in cui si trovò in difficoltà e confusione non riuscendo a dare significato a ciò che accadeva nella relazione, al panico e al senso di caos della paziente. Finchè, dopo aver tollerato questa penosa dimensione emotiva, recuperò mentalmente la storia della prima settimana, ovvero il dato anamnestico che la madre della paziente aveva rinunciato dopo una settimana ad allattare la paziente, passando allallattamento artificiale. Questepisodio anamnestico ritornò improvvisamente vivo nella mente dellanalista, che si mise a pensare ad alta voce. Dissi (alla paziente) - scrive la Spillius - che pensavo che sua madre non fosse stata in grado di sopportare il dolore per non aver potuto nutrire la sua bambina, e che avesse affrontato questa sensazione convincendosi che il biberon valesse il seno ( ). Quando mi prendo una sospensione dalle sedute, lei ritiene che ( ) io affermi che lassenza di sedute vada altrettanto bene della presenza delle sedute; che il biberon vada altrettanto bene del seno. Che non cè perdita; e questa è una bugia. Lidea centrale giunse allanalista dimprovviso, dopo aver tollerato disagio e confusione, unintuizione analitica inconscia. Avendo in mente il mio secondo caso ed avendo trovato grandi analogie, chiesi chiarimenti alla Spillius sulle caratteristiche dello stato mentale che le consentì di raggiungere il fatto scelto. Lei mi rispose parlando, per analogia, di un avvenimento lontano, quando il suo lavoro di antropologa laveva messa di fronte ad unesperienza di cui non riusciva a trovare il senso. Allora si chiuse per tre giorni in una stanza, in silenzio, con accanto il marito, e cercando di non essere troppo invasa da teorie note e roba del genere lasciò vagare la mente, finchè il senso si costruì dentro di lei. Bollas (1995) parlando dellattività mentale dellanalista, scrive: Inaspettatamente, si fa strada unidea, unimmagine, una parola, che Freud definisce Einfall (un contenuto mentale scaturito dalla coscienza, per così dire senza essere invitato) . Questo complesso movimento psichico (una sorta di processo onirico controtransferale) rispecchia la risposta coerente e caratteristica dellanalista, che trasforma il materiale del paziente in base alle leggi dellelaborazione onirica (corsivo mio, p. 7 tr. it.). Mi sono chiesto se la descrizione di Bollas, suggestivamente ritrovabile nei movimenti intuitivi verso il fatto scelto nel mio percorso mentale col paziente B. e nella vignetta clinica descritta dalla Spillius, non sia in effetti particolarmente evidente e specifica di quelle situazione di campo ove lintensità e limpeto esplosivo delle turbolenze emotive immettono in maniera massiva nella relazione contenitore-contenuto stati primitivi della mente. Ho cercato anche altre fonti che mi fornissero modelli di operazioni mentali avvicinabili a quelli che sto affrontando. Così ho recuperato il pensiero di Gaston Bachelard2, come egli lo esprime nella Poetica della Rêverie (1960). Egli intende la rêverie - colgo dalla prefazione - come stato dello spirito che si abbandona ( ) alle immagini, è la situazione in cui lio dimentico della sua storia contingente lascia errare il proprio spirito. Bachelard (p. 27 tr. it.) esprime intuizioni che trovo straordinariamente suggestive perchè descrivono percorsi mentali che probabilmente ogni analista ha attraversato per cogliere il fatto scelto: ricordi che vivono attraverso limmagine nella qualità dellimmagine (...): la memoria fantastica e sogna, la rêverie ricorda. E ancora: ai giochi intermediari del pensiero e della rêverie, della funzione dellirreale si moltiplicano e si incrociano per produrre queste meraviglie psicologiche dellimmaginazione dellumano (..). Luomo è un essere per immaginare (p. 91 tr. it). Riporto unultima citazione del filosofo: Lasciamo alla psicoanalisi il compito di guarire le infanzie mal vissute, di guarire le sofferenze infantili di una infanzia indurita, che opprime la psiche di tanti adulti ( ). La tesi che vogliamo sostenere ( ) tende a far riconoscere il permanere, nellanima umana, di un nucleo infantile, uninfanzia immobile, ma sempre viva, fuori dalla storia, nascosta agli altri, travestita da storia quando è raccontata, ma che è essere reale solo negli istanti dilluminazione - il che equivale a dire negli istanti della sua esistenza poetica (p. 111 tr. it.). Concludo: ritengo che le diverse strutturazioni del campo in cui si svolgono i fatti psichici (OÆ Shaughnessy 1994) sollecitano nellanalista alla ricerca del fatto scelto non solo operazioni mentali corrispondenti alla rêverie come descritta da Bion (vignetta clinica A.). Ipotizzo che in situazioni di campo percorse da esplosivi passaggi tra paziente <- - -> analista di identificazioni proiettive cariche di elementi beta, lanalista possa ricorrere a percorsi mentali differenti, che ho tentato di descrivere nella vignetta clinica B. Il contributo della Bott Spillius mi è parso appoggiare questa mia ipotesi: il lavoro di Bachelard mi ha dato modo di ritrovare un secondo modello di rêverie, poeticamente avvicinabile ai percorsi interiori dellanalista in contatto con questa seconda dimensione di campo. Bibliografia Bachelard G. (1960): La poetica della rêverie. Dedalo, Bari 1984. Bion W.R. (1962): Apprendere dallesperienza. Armando, Roma 1970. Bion W.R. (1963): Elementi della psicoanalisi. Armando, Roma 1963. Bion W.R. (1965): Trasformazioni. Armando, Roma 1973. Bion W.R. (1967): Commentario. In: Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico. Armando, Roma 1970. Bion W.R. (1992): Cogitations. Armando, Roma 1996. Bollas C. (1995): Cracking up. Cortina, Milano 1996. Bott Spillius E. (1994): On fomulating clinical fact to the patient. Int. J. Psychoanal. 75, 1121-1132. Brenman E. (1988): Crudeltà e ristrettezza mentale. In: E. Bott Spillius (a cura di): Melanie Klein. La teoria, Astrolabio Ubaldini, Roma 1995. Conforto C. (1996): Note sul transfert psicotico nella psicoanalisi di un paziente borderline. Riv. Psicoan., XLII (2), p.129. Ferro A. (1996): Nella stanza danalisi. Cortina, Milano. Gaburri E, (1997): (a cura di) Emozione e interpretazione. Bollati Boringhieri, Torino. Green A. (1987): 'La capacità di rêverie e il mito etiologico'. In: Psicoanalisi degli stati limite, Cortina, Milano 1991. Money-Kyrle R. (1978): 'Sviluppo cognitivo'. In: Scritti 1927-1977, Loescher, Torino 1985. OÆShaughnessy E. (1994): 'What is a clinical fact?'. Int. J. Psychoanal. 75, 5/6, 939-947. Stern D. (1985): Il mondo interpersonale del bambino. Bollati Boringhieri, Torino 1987.
Sono grato alla collega Jole Oberti che mi ha avvicinato allÆopera di Bachelard.
|
Puoi usare il link proposto sotto per predere contatto con la Redazione de "IL VASO DI PANDORA" per qualunque informazione tu desiderassi ricevere e per eventuale collaborazione scientifica; lo stesso vale per la Redazione di POL.it che ospita nelle sue pagine questa edizione on line. |