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L'operare psichiatrico va analizzato criticamente in ogni suo aspetto. Enrico Smeraldi (I volti della mente,1997) Il Nordest è in calo. Le Olimpiadi invernali non si faranno a Cortina, il posto più bello, più attrezzato e più storico del mondo per lo sci, la Fenice non verrà ricostruita se non come brutta copia (e lo dice proprio il "doge" di Venezia, quel professore che evitò, accortamente, di farsi nominare sindaco), le strade provinciali scoppiano e non si faranno autostrade, le città d'arte vengono sistematicamente distrutte (è il caso di Venezia) o ricostruite volgarmente (è il caso di Padova e Treviso). Ma, in cambio, abbiamo dei leaders che tirano a livello personale. Nel Nordest (Veneto più Friuli e Venezia Giulia) Cacciari conquisterebbe uno su due (almeno secondo una inchiesta pubblicata da "Il Gazzettino", e si sa, le inchieste e le statistiche sono molto manipolabili), e Illy, il sindaco di Trieste, quasi. Per i ministri - dopo la scorpacciata dei Rumor, Bernini e de Michelis - dobbiamo accontentarci di Paolo Costa, che non ha mai voluto strafare. Per fortuna che abbiamo, tra i giudici, Casson e Nordio che tengono alto il prestigio nazionale e Fortuna, che pur spostato a Bologna, vive ancora a Mestre e pubblica pungenti elzeviri su Il Gazzettino. E, sempre per fortuna, abbiamo le famiglie Benetton, Stefanel , Caberlotto, De Longhi, Marzotto e Carraro che non sono certo secondi agli imprenditori lombardi o romani.Per la psichiatria il quadro è un po' deludente. Non mi riferisco, naturalmente, alle sedi universitarie (Padova, Verona, Trieste ed Udine) in cui i quattro Cattedratici brillano di luce propria. Né mi riferisco a quelle personalità di rinomanza nazionale come Vittorino Andreoli od Antonio Alberto Semi. Mi riferisco agli altri (sono tanti) ed alla loro produzione scientifica. Il Veneto ed il Nord-Est in genere beneficiarono in misura massiva dell'abbondanza democristiana e socialista . Si costruirono e si costruiscono gli Ospedali più belli d'Italia.
Anche la psichiatria, a suo modo, ne fu avantaggiata, pur in presenza di una fortissima concentrazione di ex-Ospedali Psichiatrici (credo la maggiore di tutta Italia). Furono creati numerosi Reparti di Diagnosi e Cura, furono create équipes doviziose che attirarono giovani un po' da tutte le parti d'Italia. La Facoltà di Psicologia di Padova fornì agguerriti e battaglieri psicologi presenti, ora, quasi dovunque a pari merito degli psichiatri. Ma, scorrendo le riviste internazionali, le pubblicazioni nazionali, i programmi dei Congressi i nomi di questi Colleghi - tranne qualche "rara avis" o, come si dice in russo, qualche "corvo bianco" (soprannome che Eltsin si meritò per non essersi avantaggiato dal potere come tutti gli altri gerarchi sovietici) - non si trova proprio. Sembra che nel Veneto la classe media della psichiatria, quelli che domani diventeranno, si spera per loro, Primari (alcuni lo sono già diventati) non ami molto né pubblicare né partecipare a congressi. E che gli organizzatori di questi Congressi, di converso, non li amino o non li desiderino più di tanto. Il che, d'altronde, è anche pur vero per gli illustrissimi Cattedratici, che hanno ai Congressi e sulla riviste internazionali una frequenza minore di quella esibita dalla media dei loro Colleghi italiani. E' anche pur vero che questo fenomeno è osservabile anche in rete : nelle M-List e nei giornali internetici lo psichiatra veneto è molto spesso assente. Esiste una spiegazione a questa assenza ? Si dice che il Veneto non brilli (Venezia a parte, ma quello è tutto un discorso da fare) per la sua presenza culturale. Una interpretazione può essere data dal permanere di una cultura di base che privilegia il lavoro quotidiano alle riflessioni sullo stesso, accoppiata all'integralismo cattolico che vede nella psichiatria più assistenza che clinica ed al diffondersi di correnti psicosociali che, a torto od a ragione, hanno assunto come bandiera quel detto di Franco Basaglia : "Mettiamo la malattia mentale tra parentesi". Detto che, tra l'altro, voleva dire esattamente il contrario di come lo si percepisce. Valeva, infatti, come "curiamo il malato, non la malattia". Ma tant'è : la presenza di articoli, pubblicazioni e monografie pubblicate, soprattutto nella letteratura inglese, è ancora piuttosto scarsa. Scarsa soprattutto se rapportata al numero delle persone attive nel campo psichiatrico e, aggiungo io, anche della loro innegabile qualità e preparazione culturale. Purtroppo l'Università ha chiuso le porte, chi è dentro è dentro ( e non sempre vive bene) e chi è fuori e fuori. Ovvero come direbbe Gennaro Esposito Chi e' a rint e' a rint e chi e' a fore e' a fore. Molti giovani ingegni che avrebbero avuto bisogno di quell'humus ambientale, di quegli stimoli, di quei contatti che solo l'Università può dare, intrististiscono in solipsismi o hanno abdicato ad una elaborazione più approfondita. Vivono, per così dire, in una sorte di rielaborazione passiva degli stimoli. Ne ciò ha molto giovato alla cura del paziente perché le strutture ( o le non strutture) in cui questi Colleghi si trovano ad operare ne imbrigliano e ne castrano l'ingegno.Va anche detto che l'assenza di alcun tipo di meritocrazia ed anzi la caccia e la persecuzione a chi osi levare la testa dal branco obbediente non hanno certamente stimolato nessuno né a studiare nuovi approcci né a criticare le vecchie ed obsolete teorie da un punto di vista meramente epistemologico. E anche politico, vorrei dire. L'allargarsi della pratica del consenso, necessario per sopravvivere nel branco, ha fatto sì che, anche in campo psichiatrico, nella progettazione e nella programmazione, si seguissero vecchi ed obsoleti schemi (come se la sarebbe cavata, ora, Franco Basaglia?),e, incuranti dei risultati che vengono sistematicamente travisati e coperti (un poco come ha fatto la RAI che ha trasformato in applausi i fischi del pubblico all'intervento di Rosy Bindi) i giovani psichiatri di "'avanguardia sociale costituiscono ora solo una pesante e rugginosa retroguardia, ancorata nei dogmi del più nero conservatorismo ideologico, come è nella tradizione della maggior parte degli psichiatri dell'Ottocento, che fecero, sentinelle nel deserto, la guardia ai sovvertitori dell'ordine sociale. Il Nordest, non certo minore di ingegni rispetto al resto d'Italia, ha, anche in psichiatria, quell'atteggiamento gerarchico, integralista, anticulturale, che è stato stigmatizzato da Andreoli (che vive la realtà più dura del Veneto, il veronese). Ricordiamoci che Basaglia trovò spazio per il suo innovativo esperimento in Venezia Giulia (Gorizia) e che dubito lo avrebbe mai trovato a Padova od a Venezia e che i molti e diversi psicanalisti attivi soprattutto a Venezia (ma anche a Padova e Vicenza, sembra Verona non conti molte presenze) sono sostanzialmente avulsi dalla realtà di una psichiatria pubblica. E, infatti, la psichiatria ufficiale del Nordest è pur sempre una psichiatria della prassi, che riconosce, al fine, la presenza dell' anima (come fa la psicanalisi e l'epidemiologia, rispettose del nous), non avventurandosi, in quel positivismo biologico che tanto afflisse cattolici all'inizio del Novecento e che fu degnamente rappresentato da Roberto Ardigò, ex-prete e cattedratico a Padova. (Ci si insegnò che morì suicida, ma ci si dimenticò che egli si suicidò a 92 anni, età in cui la qualità della vita è raramente degna di essere vissuta. Fu, dunque, un vero antesignano della scelta consapevole dell'eutanasia). Il Nordest, coltiva le personalità, ma non ha raggiunto quella fusione sociale e quella formazione dei gruppi che esistono, ad esempio in Lombardia. Non li ha raggiunti perché le sue radici sono ancora contadine nel senso buono e nel senso cattivo della parola. Il denaro è alla radice di tutto, per il denaro bisogna lavorare, la cultura (se non mercificata nelle esposizioni bidone che si fanno con frequenza sempre maggiore) non rende, l'inglese e le altre lingue ( mi perdoni il Venezian Cortese che affetta di conoscere anche il tedesco) non vale la pena di studiarle (se non per le guide turistiche). Di converso lo sciovinismo impera e, con esso l'autovalutazione. |