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titolo elzeviro

"Social Psychiatry is concerned with the effects of the social environment on the mental health of the individual, and with the effects of the mentally ill person on his/her social environment"
Principles of Social Psychiatry, edited by Dinesh Bhugraand Julian Leff (p. 5).

L'Italia ha ancora un grosso numero di disoccupati, il 12,1 % della forza lavoro, prevalente al Sud , terra cronica di disoccupazione. Scrive l'Agenzia Kronos (11 aprile 1998) :


“Vorrebbero un posto pubblico ma fanno affidamento sulle imprese private: sognano ancora lo 'Stato padrone', ma hanno capito che 'il posto fisso' e' ormai un utopia e che il lavoro al Sud nasce solo se si incoraggiano gli investimenti. E' una novita' significativa che emerge da una indagine condotta dalla Swg per conto della Confesercenti tra i disoccupati il 70% sono giovani tra i 18 e i 34 anni, la meta' ha il diploma in tasca e il 60% cerca inutilmente un'occupazione da piu' di tre anni”


Un numero crescente di disoccupati si profila per i prossimi anni : disoccupati giovani, ma anche disoccupati vecchi, forze ancora valenti che sono state invitate , con l'allettamento di pensioni, in realtà erose dall'inflazione, ad abbandonare il lavoro. Molti anni fa PIERO AVOGARO (1923-1975) aveva dedicato uno dei suoi elzeviri al problema medico della disoccupazione ed alla mala occupazione facendo notare come entrambe le situazioni favorissero l'alcolismo, l'intossicazione tabagica ed il venir meno delle difese immunitarie.
La disoccupazione come concausa di malattie è stata abbondantemente studiata in questi ultimi cinquant'anni, ma oggi lo psichiatra medio si trova impreparato ad affrontarne tutta la rilevanza sintomatologica. Eppure la disoccupazione è un life event di primaria importanza come lo sottolinea l'articolo di Xing-jia Cui e George E. Vaillant nell'American Journal of Psychiatry del gennaio 1996: “Antecedents and Consequences of Negative Life Events in Adulthood: A Longitudinal Study”. Vi è netta associazione tra eventi stressanti ed alcune malattie come il diabete, l'ipertiroidismo, la cefalea, il calo ponderale alla nascita, l'herpes zoster, l'ulcera duodenale e gli attacchi epilettici. Sono noti gli studi che hanno correlato i life events alla schizofrenia, alla neurosi, alla tossicomania, alla psicosi puereperale e, soprattutto, alla depressione. E, tuttavia, non è stato mai ben chiarito il rapporto causale tra qi life events e queste malattie. PAYKEL nel 1994 in Acta Psychiatrica Scandinavica ha condotto un accurato studio sulle concause della depressione.
E' ben risaputo che il disoccupato è un assiduo frequentatore dei medici e un affamato ingoiatore di pillole : è meno conosciuto, invece, il fatto che il medico, ed anche lo psichiatra, svolgano un ruolo collusivo nell'assegnarli il ruolo di malato.
Lo psichiatra non ha ancora adeguatamente affrontato il problema dei risvolti psicologici della disoccupazione e spesso percepisce il paziente disoccupato come un carico inutile al suo ambulatorio ed un paziente che ha una cattiva risposta ai farmaci. Sotto sotto vi è anche un senso di negatività - trasmessogli dal gruppo - ed anche un pregiudizio collusivo, che, cioè la disoccupazione sia in realtà frutto di una cattiva performance professionale. In ciò, da bravo impiegato dello Stato lo psichiatra si trova allineato ad altre figure (il prete, il poliziotto) che tendono a vedere nel disoccupato un cittadino ridotto quando non anche un potenziale delinquente.
Quest'ultimo pregiudizio colpisce soprattutto i poliziotti, che hanno constatato, di prima mano, come disoccupazione e criminalità, nei giovani, vadano di pari passo.
Il disoccupato, naturalmente, varia nella sua fenomenologia e nella sua presentazione clinica.
Il disoccupato giovane, definito eufemisticamente come "il giovane in cerca di impiego" è inquieto, ansioso, ribelle, aggressivo, spesso con elaborazioni paranoidi, talora con uso, più o meno accentuato, di sostanze.
Il disoccupato anziano (colui che aveva un lavoro da cui è stato costretto a ritirarsi) è avvilito, stanco, depresso, ricco di malattie psicosomatiche.
Ambedue, nel gruppo familiare, vengono messi in disparte. Ambedue, nella socialità, tendono a raggrupparsi con i loro pari e ad evitare confronti con la massa degli occupati.
La disoccupazione ha spesso un impatto totalmente negativo sulla psicologia dell'individuo, soprattutto quando le aspettative erano state alte (nel caso dei giovani) o il precedente impiego era stato soddisfacente (nel caso degli anziani).
Si notano incapacità di amare e di far continuare delle relazioni affettive valide, un elevato grado di ansia e di fobie, di cui la fobia sociale è quella preminente, ansia, irrigidimento dei rapporti familiari ed alterazioni legate allo stress.
Va doverosamente detto anche che, in genere, lo psichiatra non fa molta attenzione al mondo del lavoro, tutto preso com'è, da una preparazione intimista, all' "interno" dell'individuo. In verità il mondo del lavoro occupa , praticamente, più della metà della giornata di ogni paziente e il non prenderlo in adeguata considerazione è una grave carenza, che, fino ad ora, nella psichiatria metà pillolara e metà psicoterapeuticara, non mi sembra abbia ricevuto molta attenzione. Per questo consiglio la lettura dell'articolo di Len Sperry su Hospital and Community Psychiatry (1994 vol 45.8): “An Overview of Organizational and Occupational Psychiatry”. Sperry, Direttore del Dipartimento di Psichiatria del Lavoro e dell'Organizzazione a Milwaukee (Wisconsin) fa una tersa disamina del problema.
Eppure nel 70, quando, anche qui sbeffeggiato dai Colleghi, presi una Specialità in Medicina del Lavoro, si erano levate numerose voci, da parte di coloro che oggi sono i cinquantenni leader e che allora erano i giovani sessantottari, per una maggiore attenzione alle condizioni psicologiche di chi lavora.
In realtà lo stress non avviene solamente quando vi sia disoccupazione.
Un lavoro mal pagato, in mezzo a gente ostile, senza un'adeguata autonomia, con una insicurezza di base e la possibilità di venir costantemente licenziato (come si sta verificando al giorno d'oggi), con grosse responsabilità (pensiamo solo ai macchinisti dei treni, ma pensiamo anche ai medici ed agli infermieri), può creare una sindrome del "burnt out" (o "burned out"). In questo ricordo che proprio un teorico del management (parola oggi di moda e di difficile pronuncia ai manager stessi per via dell'accento), PETER DRUCKER, disse che “buona parte di ciò che chiamiamo management consiste nel rendere difficile il lavoro della gente”. In effetti l'istituzione (ospedali, tribunali, caserme, tanto per citarne qualcuna) è la situazione più antinomica possibile alla salute mentale.
Un burnt out è , per dirla con un linguaggio psichiatrico della vecchia psichiatria che oggi non dobbiamo menzionare, "pericoloso a sé ed agli altri". Una buona managerialità dovrebbe, anzitutto evitare non solo i costi - come si sta cercando di fare tagliando alcuni costi - ma anche coltivando l'efficienza psichica di chi lavora. Efficienza psichica che non si cura certo ed unicamente assumendo lo psicologo di fabbrica, ma vagliando e studiando le condizioni di lavoro.
Siamo talmente allo sfascio che alle, cose dette - e sloganizzate - trent'anni fa, non ci pensa nessuno tranne, forse, a suo modo, il Governo con la legge sulle trentacinque ore lavorative. E' un modo un po' radicale che guarda alla quantita' e non alla qualità ed è anche, io sono maligno, un modo sottile di incentivazione della grossa boa di salvezza delle economie in crisi : il lavoro nero. Sotto questo profilo vi sara' anche la tendenza, con le 35 ore, ad abbandonare le imprese piccole per migrare verso le imprese piu' grandi che consentano migliori salari e stabilità del posto di lavoro.
In tutto questo caos, lo psichiatra, benché forzato dagli RDG a prendere una sia pur limitata conoscenza dei meccanismi economici, sembra trovi una sua dilettosa separazione dal tutto nel rinchiudersi in meccanismi intraegoici o nel biologismo riduttivista, aiutato, in ciò, da forti scuole di pensiero cui non possiamo non dare credibilità.
La somministrazione di SSRI aiuta il paziente a sopportare la depressione, ma non risolve il suo problema esistenziale. Se il paziente ha scarse risorse e scarsi interessi diventerà, suo malgrado, un carico per dei servizi, quelli psichiatrici, che possono offrirgli ben poco.
Forse gli unici, tra gli psichiatri, che hanno preso in considerazione questo campo sono i suicidologi che nel caso dei tentati suicidi si sono scontrati con delle variabili prominenti, la disoccupazione, la mala occupazione e il cambiamento di sede abitativa (detta ora, per addolcire la pillola, resa sempre più amara dal costo delle abitazioni, "mobilità").
I suicidologi hanno abdicato ad una teoria intrapsichica del suicidio, fenomenologia complessa che non trova né fattori unificanti né spiegazioni unimodali, per puntare il dito sulla disoccupazione come uno dei fattori favorenti il fenomeno. DIEGO DE LEO ha pubblicato numerosi lavori su questo argomento, ma la sua voce rimane isolata nel panorama di una branca specialistica molto particolare.
Lo spazio del lavoro rimane, sempre di piu', uno spazio (scusate la rima) tabu'. Si occupi lo psichiatra della psicogenesi e della sociogenesi, ma lasci stare l'economia ed i suoi derivati, tra cui, appunto, la mala occupazione o la disoccupazione.

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