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Conclusioni e riferimenti bibliografici

Abbiamo comunque capito che c'è nella psiche umana un programma, un software di sistema, che non è solo il destino genetico dell'uomo, ma anche il suo destino sociale ed ambientale: potremmo riportarci all'ultima metafora, che è quella del "genetically preprogrammed child" atto a ricevere e a iscrivere la "emotional developing care": l'interazione tra i due pone le basi dello sviluppo, non solo psichico, ma biologico, dell'individuo. Questo prendersi cura, à rebours, dell'hardware, è fare ciò che distingue la macchina biologica. Platone, forse, l'avrebbe chiamato il Daimon, oppure Eros, nato dall'incontro improbabile di Poros e Penia (la vivacità creativa e la miseria della materia). Queste cose contribuiscono non poco al fascino indubbio della rete.
Riporto qui un pezzo di dialogo socratico, inventato da Jean Guitton, tra lui stesso e Socrate:

Socrate: "Guitton, che cosa pensa di Internet?"
Guitton: "La tecnica fa esistere concetti puri. Già oggi, qualunque essere umano ha virtualmente accesso in un minuto a tutte le informazioni aperte da tutti gli altri membri della comunità umana. Domani, dentro una tessera magnetica da cento franchi, si avrà tutta la biblioteca del Congresso. Per 50 centesimi, si potrà ricaricarla e aggiornarla in tutti i distributori automatici. In un'altra tessera magnetica ci sarà il sistema di gestione per orientarsi in un attimo in questo universo ed estrarne, subito, ciò che ci interessa".
Socrate: "Ci saranno conseguenze?"
Guitton: "Enormi Socrate. Cos'era, un tempo, un vero filosofo? Un originale come lei Socrate, che passava le sue giornate a chiacchierare con il primo venuto per le strade di Atene. Era Spinoza che ripuliva le sue lenti astronomiche continuando a limare la sua etica. Era Pascal quando inventava la macchina per calcolare le sue ore perdute. Era Descartes quando meditava sulla sua filosofia sparando in eserciti imperiali che facevano la guerra solo metà dell'anno. E Nietzsche, lampo di genio in una vita da vagabondo...."

E' qui messo in evidenza il fatto che il potere uniformante e burocratizzante dell'accesso simultaneo virtuale può porre in un piano secondario il mondo dei sogni: "flectere si nequeo superos, Acheronta movebo", questa è la risorsa che restava a Freud, di fronte ai momenti di aridità e di inaccessibilità della mente che calcola, ma non dimentichiamo, anche Freud si incantava di fronte ad un semplice Wunderblock.
In sintesi possiamo concludere, a proposito dei nostri nuovi strumenti:

  1. La tecnica permette la mobilitazione immediata di tutto il capitale intellettuale esistente.
  2. L'accumulazione costante degli scritti fa crescere la quantità di materiale al di là di quanto è possibile umanamente seguire.
  3. Il lavoro di memorizzazione specializzata da parte degli individui risulta inutile.
  4. I progressi della tecnica annullano il prestigio della specializzazione legata alle funzioni mnesiche e associative personali e dell'erudizione.
  5. L'accumulo dei dati può diventare detrito senza adeguata sintesi, e possiamo pensare che l'intuizione, la critica, la meditazione e l'invenzione rimangano risorse vere e insostituibili.

L'esempio che possiamo tornare a fare è quello dell'invenzione della scrittura. Non c'è dubbio che l'aedo omerico, che narrava le epopee omeriche a memoria, rappresentava un mondo culturale immenso e meraviglioso, custodendo versi formulaici, passi di archeologia linguistica, possibilità di variare e di affinare il poema a seconda dell'ascoltatore, riempendo il vuoto di memoria in base al suo estro del momento, facendo dei poemi omerici cosa viva e cangiante: l'invenzione della scrittura ha spento tutto questo, e ci ha consegnato poemi congelati: ma gli antichi non avevano scelta, come non ne abbiamo noi.

Occorrerebbe per chiudere ricordare Stravinsky, che notava come il rispetto per la musica e il godimento di essa doveva essere ben maggiore quando l'ascoltare la musica era frutto di notevole elaborazione e talora fatica individuale (attesa di un concerto, viaggi per raggiungere la sede del concerto in un'altra città, imparare da sé la musica e l'uso di uno strumento, la costituzione con amici di un quartetto d'archi), piuttosto che un ascolto di Mozart facilissimo da conseguire attravero una radio, una cassetta, in mezzo a distrazioni, a rumori, o addirittura in automobile, mentre si suona il clacson. C'è, in questa nota, una certa vena masochistica tipica dello studioso e dell'intellettuale, che ritiene in fondo che senza sofferenza non si ottiene vera cultura, ma non posso dimenticare, come psicoanalista, che ogni acquisizione è pur sempre il frutto di un processo separativo.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Yerushalaim M.: Il Mosé di Freud. Einaudi, 1996.
Sanemago J.: L'assedio di Lisbona. Bompiani, 1995.
Proust M.: A la recherche du temp perdu. Gallimard, 1954.
Freud S.: (1924): Nota sul notes magico. OSF vol. X, Boringhieri, 1972.
Guitton J.: Il mio testamento filosofico. Mursia, 1997.

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