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EdwardShorter

A History ofPsychiatry. From the era of the Asylum to the Age of Prozac
trad. it.: Storiadella psichiatria.Dall'ospedale psichiatrico al Prozac
a cura di C. Mencacci,Milano, Masson,2000, pp. 400

Recensione di Francesco Bollorino

"La casa editrice Masson, tradizionalmenteimpegnata nella pubblicazione di testi indirizzati agli operatori professionalidella Sanità (si pensi, per rimanere nell'area scientifica di cuisi occupano queste note al Trattato Italiano di Psichiatria, operamonumentale ed unica nel suo genere giunta nel 1999 alla sua seconda edizione),si cimenta con il volume dello storico della medicina canadese Edward Shorter,Storiadella Psichiatria, recentemente tradotto ed edito per i suoi tipi,nel campo della divulgazione scientifica.
Lo psicologo statunitense Jerome Brunerdistingue il processo di apprendimento in "learning about" e "learningto be". Nell'ambito della Storia della Psichiatria troviamo moltitesti indirizzati al pubblico specialistico degli addetti ai lavori ("learningto be"), ma pochi contributi d'impianto divulgativo ("learning about");il libro di Shorter viene quindi a colmare una lacuna e lo fa, con stiletipicamente anglosassone, presentando l'evoluzione dell'ancor giovane scienzapsichiatrica (la psichiatria come specialità autonoma non ha chedue secoli di vita) attraverso i movimenti culturali e i flussi ideologiciche ne hanno caratterizzato lo sviluppo nel tempo.
Il testo ha un'impostazione piùanedottica che impegnata; ciò ne favorisce sicuramente la lettura,anche se alcune semplificazioni e forzature specie nei confronti dell'evoluzionee del ruolo pubblico della psicoanalisi letta come elemento di freno nellosviluppo della psichiatria come scienza, appaiono agli occhi di un pubblicopiù smaliziato molto "ideologiche" e troppo "apodittiche" nellanegatività del loro impianto di giudizio. 
Ciò che l'autore coglie ed evidenzia,anche agli occhi di un lettore non addetto ai lavori, è la crisidi identità della psichiatria contemporanea che si dibatte tra lasua antica vocazione di "scienza umana" volta alla comprensione psicologicadell'individuo che soffre e lo sviluppo tumultuoso delle neuroscienze teseverso una biologizzazione del disturbo mentale, che vorrebbero riportarlanell'alveo delle scienze mediche più tradizionali.
Nella parte finale del saggio l'autore,dopo aver passato in rassegna la storia delle principali terapie fisichein psichiatria, introduce due concetti che è utile sottolineare:il primo riguarda la cosiddetta "psicofarmacologia cosmetica", in altreparole l'uso spesso indiscriminato degli psicofarmaci da parte di pazientiche considerano "il consulto con il dottore un modo per ottenere la prescrizionedei farmaci che, secondo loro, avrebbero potuto risolvere i loro problemi",e il riferimento qui alle benzodiazepine e agli antidepressivi dell'ultimagenerazione è evidente; anche se un po' ingenuo appare lo "stupore"di Shorter nei confronti del ruolo giocato dalle multinazionali del farmaconell'affermazione di questo tipo d'atteggiamento.
Il secondo concetto, che chiude il saggioe che mi sento di sottoscrivere in pieno, è la necessitàda parte della psichiatria di promuovere sempre più nella sua praticaclinica quella che si chiama "terapia integrata": un approccio al malatoin cui l'uso sempre più raffinato e mirato dei presidi psicofarmacologicisi associ alla psicoterapia, con un potenziamento reciproco dell'efficaciaterapeutica.
La strada maestra della psichiatria delIII° millennio non è quella di sperare di scoprire la pilloladella felicità, ma quella di aiutare gli uomini, con la chimicae con la parola, a convivere con la tragica naturalezza del dolore delvivere.


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