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M. Solms — O. Turnbull, Il cervello e il mondo interno. Introduzione alle neuroscienze dell’esperienza soggettiva, R. Cortina, Milano 2004, p. 383, Euro 29,8 (prefazione di Oliver Sacks)

 

Questo libro mostra con grande chiarezza che neurobiologi e psicanalisti condividono diversi problemi e un’interazione collaborativa tra questi due gruppi di specialisti è possibile ed auspicabile per colmare il fossato che separa l’approccio soggettivo della psicanalisi da quello oggettivo delle neuroscienze.

La trattazione prende le mosse dal famoso caso clinico di Phineas Gage che, nel 1840, ebbe un incidente che lesionò una piccola zona del lobo frontale del cervello. Questo non provocò alcuna menomazione fisica del paziente, ma fu seguito da una profonda modificazione della sua personalità.

La parte iniziale del testo (Cap. 1) espone in modo molto comprensibile e lineare i principi di base delle neuroscienze riguardanti il cervello come organo del corpo costituito da cellule specializzate nella raccolta, emissione, ed elaborazione di informazioni (neuroni). Come tutte la altre cellule, anche i neuroni si formano in seguito alla programmazione genetica, ma, a differenza di queste, la loro organizzazione è plasmata dall’ambiente esterno.

Compito principale del cervello è la mediazione tra i due mondi con cui esso è collegato: quello interno dei visceri e quello esterno dell’ambiente che circonda il corpo. Il funzionamento del milieu corporeo interno è costantemente proiettato sull’ipotalamo che fa parte di un’area associativa delle informazioni viscerali, ovvero il cosiddetto sistema limbico.

La funzione di neurotrasmissione neuronale è un evento elettrochimico complesso che si esplica secondo modalità eccitatorie ed inibitorie che si sommano determinando la scarica dei neuroni. I neurotrasmettitori sono molecole ad azione eccitatoria, come il glutammato e l’aspartato, o ad azione inibitoria come il gamma-aminobutirrato (GABA), oltre ad altre importanti molecole come dopamina, serotonina, acetilcolina e noradrenalina, da cui dipendono specificamente i collegamenti con il mondo interno. Un’importante suddivisione delle funzioni cerebrali è quella tra le cosiddette funzioni canale e le funzioni di stato, le prime non diffuse a tutto il cervello e riguardanti informazioni provenienti del mondo esterno, le seconde diffuse a tutto il cervello e riguardanti informazioni provenienti dal mondo interno. Tutta la moderna psicofarmacologia si basa sull’uso di composti capaci di interferire in vario modo con la neurotrasmissione.

Secondo gli autori (Cap. 2) "la relazione tra cervello e mente non può essere soggetta ad esame scientifico", ma la coscienza è conseguenza diretta di processi neuronali secondo una posizione filosofica di tipo monista per la quale la distinzione tra mente e corpo non è che un artefatto percettivo.

L’evoluzione storica del metodo clinico-anatomico inaugurato da Charcot e da Broca viene delineata con riferimento al localizzazionismo, agli studi su specie animali, alle origini mediche del pensiero di Freud e di Lurija ed al paradigma dei correlati neurali delle funzioni mentali sviluppato dalla neuropsicologia. Nella seconda metà del XX secolo, gli studi sull’intelligenza artificiale (IA) hanno prodotto modelli ed interpretazioni della funzione del cervello come elaboratore d’informazione e strumenti teorici per la valutazione dell’intelligenza di macchine dotate di IA come il test di Turing. Questo test è stato usato per valutare programmi di computer usati per la psicoterapia (es. Eliza). La differenza tra l’azione di uno psicoterapeuta e quella di un computer con programma Eliza è che a quest’ultimo manca l’empatia anche se, apparentemente, esso sembra in grado di attuare la cosiddetta psicoterapia riflessiva di Rogers basata su un particolare strumento logico formale. Quest’ultimo, curiosamente, non è che la versione moderna dell’antica pratica rabbinica descritta nel Talmud, per la quale il modo migliore di rispondere a una domanda è quello di ricombinare i suoi termini formulando un’ulteriore domanda: si risponde cioè ad una domanda con un’altra domanda.

La nozione freudiana di inconscio viene confrontata nel Cap. 3 con funzioni fisiologiche inconsce come la visione cieca, mentre quella di coscienza è descritta quale parte o porzione della vita mentale complessiva. Un’ampia descrizione delle teorie di Damasio e della loro sovrapponibilità a quelle di Freud viene presentata con un particolare riferimento alla coscienza nucleare di Damasio vista come una funzione di accoppiamento di stati attuali del sé con quelli del mondo esterno. A questa si aggiunge la concezione di coscienza estesa che riguarda gli aspetti cognitivi della coscienza dotati di caratteri riflessivi (coscienza della coscienza). Da un punto di vista neurologico essi dipendono dalle funzioni della corteccia cerebrale (zone del linguaggio nell’emisfero sinistro) che collegano la sensazione di ciò che accade con la memoria del già accaduto (sé autobiografico). Si tratta ne più né meno che di una riformulazione ed una ripresa del concetto freudiano di Io.

Il Cap. 4 tratta delle emozioni come modalità sensoriali dirette verso l’interno, ovvero le risposte soggettive ad un evento esterno.Il concetto, originariamente psicanalitico, di pulsione libidica viene rivalutato in senso neurobiologico unitamente alla funzione delle strutture cerebrali da cui dipendono piacere, rabbia, paura, panico, dipendenza da droghe e neuropatologie varie.

Nel Cap. 5 si considerano i meccanismi della memoria implicita o inconscia ed esplicita o cosciente. La neuroanatomia sottesa viene descritta con particolare riferimento alle funzioni dell’ippocampo e alcune sue patologie caratteristiche.

Sogni e allucinazioni sono argomento del Cap. 6 che sostiene come i sogni siano in fondo le allucinazioni che tutti possono provare. Si parla del sonno REM e delle sue basi biologiche e neurochimiche comprovanti collegamenti con coscienza ed emozioni per concludere che, come già diceva Freud, i sogni sono bugiardi. La neurochimica sottesa a sonno e sogni, suoi custodi, viene descritta con riferimento a neurotrasmettitori coinvolti, farmaci e droghe.

Geni ed ambiente concorrono a definire struttura e funzione cerebrale e nel Cap. 7 vi sono importanti chiarimenti che permettono di superare la cosiddetta "fobia dei geni", reazione normale legata soprattutto all’ignoranza della vera funzione genica che sottostà all’influenza dell’ambiente. Funzione genica ed influenze ambientali sono inestricabili e non si possono descrivere isolatamente. Le differenze sessuali nella funzione cerebrale e la loro determinazione sono quindi discusse con sufficienti dettagli.

Il contributo dei due emisferi cerebrali all’assimmetria della vita mentale è oggetto del Cap. 8 che tratta di split-brain, lateralizzazione dell’inconscio, linguaggio e diverse patologie caratteristiche. Le ipotesi psicanalitiche sull’organizzazione mentale non sono incompatibili con quelle neurobiologiche ed anzi i neuroscienziati potrebbero interagire utilmente con gli psicanalisti, soprattutto per quanto riguarda le pratiche della talking cure di cui, in particolare, si occupa il Cap. 9. Esso considera l’entità metapsicologica che Freud definiva Io e la talking cure come mezzo per rafforzare tale Io.

Il capitolo finale cerca di proiettarsi verso il futuro di una neuropsicanalisi che oggi è possibile organizzare combinando i vantaggi della scienza oggettiva con le peculiarità dell’esperienza soggettiva. Viene fatto riferimento alla costituzione di un gruppo di studio di neuroscienze ( Arnold Pfeffer Center for Neuropsycoanalysis) fondato a New York negli anni ’90 che, secondo le idee del premio Nobel Kandel, si propone di allestire la nuova cornice intellettuale necessaria alla psichiatria del XXI secolo.

In realtà, anche nella medicina clinica, un problema cruciale odierno è quello di combinare l’approccio oggettivo al caso clinico con i tentativi di ridare la voce ai soggetti. Questo è successo soprattutto come risposta a certi segni di crisi della medicina scientifica che, in molti paesi, è costretta a dare spazio alle cosiddette medicine alternative la cui diffusione ha, come principale causa, il fatto che in esse la percezione soggettiva del paziente relativa alla propria malattia viene messa sullo stesso piano della definizione oggettiva risultante dall’esame clinico obiettivo.

LAURO GALZIGNA

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