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LA PERIZIA SU GIANFRANCO STEVANIN

di Romolo Rossi

INTRODUZIONE

Il sig. Stevanin si presenta al colloquio con modalità comportamentali scorrevoli, a prima vista adeguate, ben curato nella persona per ciò che la situazione consente. L'attitudine generale è in linea di massima mite, o fors'anche sottomessa, con una sfumatura di condiscendenza assoluta, senza poter nascondere il sospetto ed il timore del resto comprensibilmente portati dalla situazione fiscale. Già al primo impatto si coglie nettamente l'ambivalenza, insita nel comportamento generale, con una insufficiente mescolanza tra esigenza di piena collaborazione ed una corazzata e diffidente resistenza. Ne consegue una certa incongruità generale che si coglie nella postura, nei movimenti rigidi e talora non ben integrati col tono di voce ed i contenuti che esprime. La mimica è in qualche modo poco mobile, talora figée, come se indossasse una maschera teatrale per la occasione specifica del colloquio. Egli comunica dunque la sensazione di un continuo arrière pensée, come se esistessero due modalità di vissuto, una di superficie che si utilizza per il rapporto attuale ed una sottostante, ma immediatamente in contatto con la prima con la quale interferisce. Non presenta turbe di coscienza di nessun tipo. Si coglie però, al di là dell'adeguatezza formale, una attitudine, che è una sfumatura ma non per questo meno evidente, che potremmo definire distaccata e trasognata. Il suo isolamento narcisistico è evidente dal modo come entra in contatto, con una impostazione mimica e prosodica, che mima una attenzione continua ma esterna, come parlasse di un altro o seguisse un canovaccio, come lontana, come persona non veramente interessata al rapporto e alle sue risonanze interiori. Davvero si può riferire a lui la metafora di Kretschmer delle ville romane, inespressive e tranquille dietro le persiane chiuse, che a lui, tedesco del secolo scorso, facevano pensare ad orge sfrenate all'interno.

E' probabile che la vita mentale del Sig. Stevanin si esprima poco attraverso il rapporto e il comportamento relazionale, ma più attraverso l'affollarsi di contenuti autoriferentisi, che gli danno quell'allure generale spesso riportato da chi lo osservava dall'esterno, di ragazzo riservato, timido ed educato. Ci si trova di fronte ad un individuo che pare avvezzo ad un isolamento emotivo di antica data, e che ha come modalità relazionale solo elementi formali, presi da schemi esterni ed in qualche modo imitati, o comunque senza vissuto di prorpietà emotiva. Anche la vivacità del lessico, dell'espressione, della prosodia, ne risente, per cui si ha l'impressione di una persona piuttosto monotona, piatta e priva di vivacità, creando ciò uno spiccato contrasto con la sua storia, ed i suoi trascorsi, certo non privi di turbolenze.

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