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Venezia, 10 novembre 2007

Egregia Signora Christine Zimmerling,

Ho letto con interesse il libro, il testo è una fonte inesauribile di speranza. La storia dell’uomo "imprigionato nel proprio corpo" affascina per forza di volontà. Tale forza è una dimostrazione e un segnale di speranza per molti malati "locked-in".

Nella storia si vive un continuo miglioramento delle condizioni di salute dell’autore. Viene riaffermato il diritto alla vita.

Stiamo assistendo oggi ad un lento percorso verso l’eutanasia. L’eutanasia si ricollega al processo di secolarizzazione che pervade la nostra società e che si esprime con forma suprema di rivendicazione della indipendenza dell’uomo anche come vanificazione della sofferenza e come rifiuto del simbolismo religioso della morte.

Nella lettura dei testi delle lettere si "sente" che l’autore si incammina verso un nuovo significato della esistenza, attraverso una razionale difesa della vita umana e del rifiuto dell’eutanasia.

Credo che questo libro potrà dare speranza e coraggio a chi come l’autore si è trovato a vivere e a percorrere la strada della vita piena di profonde e pericolose buche.

Con cordialità.

Giuliano Marangoni

Esperto di etica sanitaria e bioetica

Componente Comitato per la bioetica dell’Asl 12 Veneziana.

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