La traduzione italiana dellopera del 1979 di Tatossian è una novità vera e propria nel panorama italiano, vista la scarsità di classici della fenomenologia psichiatrica a tuttoggi disponibili nella nostra lingua. E che questo testo vada considerato un classico non cè alcun dubbio, innanzitutto per il rigore che lo percorre interamente nella definizione di ciò che è fenomenologia e di ciò che non lo è. Il testo punta su due strumenti formidabili: da un lato lassimilazione profonda della metodologia della disciplina, dallaltra una terminologia particolarmente attenta, con continui confronti tra le dizioni originarie della fenomenologia filosofica, i termini coniati dagli psichiatri che si sono maggiormente spesi nel tentativo di costruire una fenomenologia psichiatrica e con il linguaggio hanno impresso un marchio personale alla propria opera (Binswanger, Minkowski, Tellenbach soprattutto), i termini dello stesso Tatossian. Limportanza cruciale del linguaggio è colta in pieno e sottolineata dai curatori della traduzione (R.Dalle Luche, G.Di Piazza) nella compilazione di unedizione particolarmente attenta, che fornisce tra laltro un prezioso glossario in appendice.
Il volume ci rivela lAutore nella sua acutezza e profonda conoscenza del pensiero fenomenologico in ambito tedesco così come in ambito francese. Lo seguiamo mentre ci guida con disinvoltura lungo un percorso che allinizio può risultare difficile e un po sbilanciato verso laspetto filosofico, specie per lo psichiatra di formazione relativamente recente. La fatica iniziale è però compensata dalle sezioni che affrontano specifici aspetti psicopatologici dove essa si rivela una premessa necessaria, una sorta di esercizio fenomenologico, una disciplina da acquisire per non giungere immediatamente a conclusioni affrettate. La prima lezione che se ne trae è infatti quella dellimpegno e della passione nella conoscenza della realtà umana che guarda, giustamente, a ogni forma di riduzionismo come a una minaccia letale per la ricerca. La seconda, entusiasmante, è quella di una profonda e vasta esperienza della psicopatologia e delle problematiche a essa connesse, la cui assimilazione basterebbe da sé a costruire unidentità psichiatrica più che valida nel campo delle psicosi.
Trattandosi di presentare lautore a un pubblico che quasi non lo conosce, sono presenti note biografiche. La testimonianza della seconda moglie e collega Jeanne Tatossian e dellamico e collega Jean Claude Samuelian traccia un profilo vivo del personaggio (1929-1995) e del suo contesto culturale di provenienza. Arthur Tatossian, come si può arguire dal cognome, è figlio di profughi armeni, sfuggiti alla persecuzione turca, piccoli commercianti di pelli approdati nel sud della Francia, a Marsiglia, agli inizi del secolo scorso, quando le discriminazioni nei confronti degli immigrati erano molto più forti di ora. E intelligentissimo del resto lo si capisce leggendolo - e per di più consapevole che solo una straordinaria applicazione agli studi può essergli alleata per superare lostacolo di una realizzazione sociale impossibile nel suo ambiente, così, fin da ragazzo, vince tutti i premi, le medaglie doro, i concorsi disponibili e si guadagna in tal modo una posizione eminente di medico e di studioso. Del passato difficile conserverà una particolare riservatezza, la mancanza della benché minima ostentazione, una umanità ricca di doti, non ultimo il senso dellumorismo. Amante della letteratura e della filosofia, con una speciale passione per Kafka, collezionista di libri rari, pieno di tanti altri interessi, della vita insieme a lui la stessa Jeanne T. dice che niente in essa era superficiale o banale.
Addentrandosi nellesame del testo, colpisce immediatamente la sua suddivisione in cinque parti. La costruzione di una fenomenologia delle psicosi parte così da una sezione introduttiva che definisce la fenomenologia come modo di comprensione "altro e più ampio della comprensione psicologica" e individua nelle psicosi il suo oggetto per eccellenza, a essa segue la sintesi, magistrale, della materia specifica in tre argomenti che corrispondono rispettivamente alle sezioni: Alienazione schizofrenica, Melanconia e Mania, Delirio. Lultima sezione, conclusiva, La psicosi e le psicosi, riesamina il concetto stesso di psicosi in fenomenologia e prendendo il via dal rilievo di una reticenza nella sua stessa definizione, arriva a illustrare le acquisizioni più interessanti che si sono venute configurando nel tempo. Già lessenzialità di questo impianto la dice lunga sulla profondità delle conoscenze psichiatriche dellAutore.
Allessenzialità fa da contrappunto una grande ricchezza, ma soprattutto una completezza di nozioni. La prima sezione, Fenomenologia e Psichiatria, dove viene affrontato il problema del rapporto tra fenomenologia filosofica e fenomenologia psichiatrica, rappresenta di per sé un testo di storia del pensiero fenomenologico: nessun autore e nessuna concezione di un certo rilievo sono trascurati. Questa rivisitazione avviene seguendo unidea precisa: la tesi è che la fenomenologia psichiatrica non deve derivare da quella filosofica né rappresentarne unapplicazione pratica. La fenomenologia psichiatrica, ugualmente, non può piegarsi alle esigenze immediate della clinica delle malattie mentali e della nosografia, né tantomeno porsi al servizio di teorie psicologiche generali. Innanzitutto per un fatto di coerenza con il metodo: lepoché fenomenologica, ossia la sospensione dellatteggiamento naturale e ingenuo e con esso di ogni pensiero antecedente, che è cardine del metodo, va seguita con rigore per non finire col costruire una fenomenologia da ridere, ovvero per non cadere nel dogma. Tatossian, portando la coerenza del metodo fino alle sue estreme conseguenze, dichiara di non accettare alcuna prevalenza dellontologico sullontico ovvero del trascendentale sullempirico; la fenomenologia, secondo il suo pensiero, dovrebbe piuttosto integrare questi piani diversi e sarebbe pertanto territorio privilegiato dello psichiatra nella misura in cui questi riuscisse a non cedere al bisogno di sostenere idee preconcette: è allora che si potrebbe realizzare che "lontologico emerga dallontico e il trascendentale dallempirico".
La considerazione dellesperienza psichiatrica, come si vede, è assai alta: essa rappresenta per lAutore un fatto centrale e segna lautonomia dellambito psichiatrico rispetto ad altri, alla filosofia per esempio dove manca il rapporto diretto con il malato; da questa particolare esperienza potrebbero prendere avvio uno sviluppo nuovo del pensiero delluomo sulluomo e una dialettica diversa tra teoria e prassi, ed è evidente che ciò che interessa Tatossian è questa possibilità, ossia la scommessa in tal senso rintracciabile nelle tendenze più radicali della tradizione fenomenologica in psichiatria. In altre parole, il saggio punta tutto sullaffermazione di una identità "forte" della fenomenologia psichiatrica; lo confermano alcune puntualizzazioni importanti, come quella sulle nozioni di normalità e malattia mentale, così come sui rapporti tra fenomenologia da una parte e pensiero esistenziale, psicoterapia, psicoanalisi dallaltra, dove viene criticata la tendenza di una parte del pensiero fenomenologico a dissolversi in una posizione genericamente esistenziale considerata esiziale per lidentità scientifica della disciplina.
Il filo di tale concezione "forte" si mantiene costantemente in tutte le sezioni dedicate agli aspetti psicopatologici specifici, dove è esplicito lapprezzamento dellAutore per gli psichiatri che hanno perseguito nella maniera più rigorosa, sistematica e coerente la costruzione di una fenomenologia delle psicosi. Il capitolo sullAlienazione schizofrenica ad esempio parte dallautismo di Bleuler, definito come una nozione autenticamente fenomenologica, e passa al vaglio tutta la ricerca sullessenza dellautismo trovando in Binswanger (manierismo) il punto più avanzato e complesso della riflessione sulla schizofrenia. La chiave di approccio a tutti gli Autori che della questione si sono occupati è sempre quella della coerenza della metodologia, è per suo tramite che emerge levidenza della centralità, in tutte le forme di schizofrenia, del disturbo dellespressione (disturbo estetico- fisiognomico), da essa deriva altresì laccento posto sulla corporeità e sulla manifestazione a questo livello della sproporzione antropologica alla base dellalterazione schizofrenica.
Seguendo lo stesso metodo di passare al vaglio la coerenza interna delle varie concezioni, si affronta poi il discorso su Malinconia e mania , che trova nel Tempo la sua chiave di volta. Naturalmente è Tellenbach in questo caso, con la sua costruzione ampia e sistematica, a suscitare il maggiore interesse di Tatossian, insieme a Binswanger, che come è noto tornò a più riprese, significativamente allinizio e alla fine della sua opera, ad affrontare la questione con una svolta filosofica dettata chiaramente da una lunga esperienza.
La sezione denominata Delirio, inizia con il definirlo come la "situazione che ha sempre messo in scacco la psicopatologia". Si tratta forse della parte più interessante di questo testo, anche perché mentre nelle precedenti sezioni il confronto è con problematiche più conosciute per via di una letteratura più accessibile, il materiale disponibile sul delirio è disperso, frammentario e a volte oscuro. Qui le cose da sottolineare sono due: da una parte la capacità di dare una vera e propria summa di tutto quanto cè da conoscere in materia, di tutti gli Autori che si sono occupati di delirio come anche di tutti i casi clinici classici; laltro aspetto, è la critica a Jaspers (e "successori", alias K.Schneider). "Il massimo dello scacco a cui il delirio ha condotto la psicopatologia si può vedere nellopera di Jaspers", afferma Tatossian, che argomenta questa affermazione in modo implacabile, con una ricognizione puntuale delle nozioni jaspersiane di incomprensibilità, incorregibilità, inderivabilità. Ma soprattutto viene attaccata la nozione di processo che, secondo Tatossian, ripristina un dualismo mente corpo che è stato invece evitato dagli studiosi che si sono rivolti a un approccio antropologico al problema: da Minkowski a Straus, von Gebsattel, Storch e Binswanger, allantropologia comprensiva di Zutt e Kulenkampff, a Blankenburg con la sua perdita dellevidenza naturale. Il delirio, come sono arrivati a dire tutti questi Autori, sarebbe una possibilità di trasformazione immanente allessere umano e non riposerebbe su un deficit che lo viene a colpire dal di fuori ma sullautonomizzazione di momenti essenziali normalmente integrati e integrantesi. Per completare lillustrazione di questo punto di vista, Tatossian riprende i lavori classici sulla percezione delirante nel normale di Matussek e di Zutt e le osservazioni sulla percezione delirante del poeta (studi su Rilke). Conclude affermando che: "Luomo sano sa cogliere il possibile nel reale, ma il delirante emancipa questa possibilità fino a creare una sua realtà facendo della possibilità una necessità." Emerge così un criterio importantissimo per il riconoscimento del delirio, che va al di là del comportamento del delirante e dellanalisi del contenuto del suo pensiero: un malato non sarebbe delirante perché ha tale o talaltra convizione, ma perché "non può non averla". Il riconoscimento clinico immediato del delirio sarebbe dunque riconoscimento delle condizioni di possibilità (e di impossibilità) che lo reggono.
Lasciando a questo punto al lettore lapprofondimento della psicopatologia di Tatossian, una vera e propria miniera di cui si è solo tentato di dare un assaggio, mi piace concludere con la riflessione/domanda che lo stesso Autore pone in chiusura al saggio, significativa e riassuntiva di tutto il suo modo di pensare. Egli, proprio nellultima pagina, tornando sul problema del metodo fenomenologico, ribadisce la fenomenologia psichiatrica come una forma di esperienza unica i cui dati non possono essere validati che da altri dati fenomenologici: ne deriva una sorta di extraterritorialità che la contraddistingue rispetto ad altri ambiti e discipline, un po come è per la matematica e le sue regole al di là dei loro campi di applicazione. "Resta da sapere se questa specie di extraterritorialità (
)" conclude Tatossian " le assicuri un ruolo fondatore per linsieme dell"edificio della psichiatria" come ha creduto Binswanger, o una gloriosa inutilità. Non spetta alla fenomenologia psichiatrica di deciderlo, neppure alla fenomenologia filosofica (
) ma alla storia della psichiatria o piuttosto alla storia dellessere-umano. Poiché se lumanità, in virtù della gettatezza non sceglie le sue malattie mentali, essa sceglie la sua psichiatria (
)".
(Albertina Seta)