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EMANUELE TONIOLO — ANTONELLO GROSSI (a cura di), Oltre lo stigma. Strategie di prevenzione in psichiatria, Centro Scientifico Editore, Torino 2006, pp. 211, Euro 18

 

Muovendo da una concezione della malattia mentale di tipo relazionale e multifattoriale, che tiene conto delle componenti bio-organiche, delle relazioni inter e intrapsichiche e del contesto sociale in cui vivono l’individuo e la sua famiglia, gli autori mettono in evidenza come l’ottica della promozione della salute mentale e della prevenzione non si concentri tanto sulla ricerca di inedite modalità d’intervento, quanto piuttosto sull’adozione di una prospettiva che contribuisca a dare coerenza e continuità alle azioni quotidiane della prassi psichiatrica, tenendo conto, oltre che del paziente, anche del contesto in cui la persona è inserita nella sua globalità.

Da queste premesse, nel volume si snoda un percorso che, partendo dalle teorie a sostegno delle strategie di promozione della salute mentale e della prevenzione dei disturbi psichici, passando attraverso l’approfondimento di alcuni temi specifici quali lo stigma e il pregiudizio nel disturbo psichico, arriva a descrivere esempi di programmi e interventi sia nel nostro paese sia in ambito internazionale. Nell’analisi di alcune strategie d’intervento, uno spazio particolare viene attribuito al tema del rapporto fra scuola e salute mentale.

L’obiettivo dei curatori è che il volume possa contribuire a risvegliare o aumentare l’interesse dei professionisti e degli amministratori sul tema della prevenzione della salute mentale e dei disturbi psichici. Essi hanno pubblicato questo libro animati da una convinzione di fondo, esprimibile sinteticamente con le parole di Hans Jonas (Il principio responsabilità, Einaudi, 1990): "cosa sia inevitabile e cosa non lo sia risulta sempre e soltanto dall’esame di ciò che è stato davvero evitato o meno […] dopo seri tentativi".

Due parole sui curatori, che, a sèguito di questo libro, hanno organizzato a fine gennaio, a Rovigo, un convegno internazionale di grande successo (Regione Veneto, Azienda ULSS 18, Rovigo: Prevenzione in Psichiatria: i percorsi possibili, 26-27-28 gennaio 2006): Emanuele Toniolo, psichiatra e psicoterapeuta, dirige il Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda ULSS 18 di Rovigo. Ha coordinato progetti di ricerca in ambito europeo su problematiche riguardanti l’organizzazione e l’integrazione dei servizi e il loro impatto sulla popolazione. Antonello Grossi, psicologo, psicoterapeuta, lavora presso il Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda ULSS 18 di Rovigo, dove coordina progetti di prevenzione e promozione della salute. Da alcuni anni si occupa di prevenzione in ambito scolastico.

 

 

 

 

 

INDICE

 

PREFAZIONE IX

Shekhar Saxena

INTRODUZIONE XIII

Emanuele Toniolo e Antonello Grossi

Parte I

L’approccio preventivo in psichiatria

1. UNA TEORIA GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE MENTALE

E LA PREVENZIONE DEI DISTURBI PSICHICI 3

Alessandro Grispini

2. LA PREVENZIONE IN PSICHIATRIA. COSA FUNZIONA? 17

Richard Warner

3. FATTORI DI RISCHIO. IPOTESI, RIFLESSIONI, POLITICHE DEI SERVIZI 41

Angelo Cocchi, Claudia Caprin

4. INDIVIDUAZIONE E TRATTAMENTO PRECOCE DELLE PSICOSI:

UN PERCORSO REALISTICO DI PREVENZIONE 51

Anna Meneghelli, Laura Bislenghi

 

Parte II

Stigma e pregiudizio nel disturbo psichico

5. STIGMA E VIOLENZA: LO SPETTRO DEL PREGIUDIZIO 71

Franco Spinogatti, Emilia Agrimi, Roberto Poli

6. LO STIGMA DI CHI SOFFRE DI UN DISTURBO MENTALE E DEI LORO FAMILIARI 82

Rita Roncone, Massimo Casacchia

7. LA RAPPRESENTAZIONE MEDIATICA DELLA MALATTIA MENTALE E LO STIGMA 98

Bernardo Carpiniello

8. LA PSICHIATRIA NEI MEDIA:OPPORTUNITÀ O RISCHIO? 105

Daniela Boresi

9. DISAGIO MENTALE E MASS MEDIA 117

Giuseppe Mascambruno

10. L’EMPOWERMENT DEI PAZIENTI COME CHIAVE DI VOLTA

PER LA DESTIGMATIZZAZIONE 122

Marta Anczewska, Joanna Roszczyn´ska

 

Parte III

Programmi di prevenzione e lotta allo stigma

11. MINDMATTERS:UN PROGRAMMA AUSTRALIANO PER LA PROMOZIONE

E LA PREVENZIONE DELLA SALUTE MENTALE 135

Louise Rowling

12. PROGRAMMI PER LA RIDUZIONE DELLO STIGMA:

LE LINEE GUIDA DELLA WORLD PSYCHIATRIC ASSOCIATION. 149

Rosaria Pioli, Chiara Buizza

13. COME IMPLEMENTARE UNA CAMPAGNA LOCALE PER LA RIDUZIONE

DELLO STIGMA CHE ACCOMPAGNA LA MALATTIA MENTALE . 156

Richard Warner

14. UN PROGETTO PILOTA DI PREVENZIONE AL DISAGIO PSICHICO

E LOTTA ALLO STIGMA VERSO LA MALATTIA MENTALE NEGLI ISTITUTI

DI SCUOLA MEDIA SUPERIORE 167

Antonello Grossi, Laura Andreotti, Emanuele Toniolo

15. L ’EFFICACIA DI UN INTERVENTO INFORMATIVO NELLA RIDUZIONE

DELLO STIGMA:UNO STUDIO PILOTA 190

Chiara Buizza, Rosaria Pioli

16. ESPERIENZE DI PREVENZIONE NEL CAMPO DELLE TOSSICODIPENDENZE.

LA DIPENDENZA DA EROINA FRA I GIOVANI:LA PREVENZIONE

E LE PROSPETTIVE EUROPEE PER LA PRESCRIZIONE DEL METADONE 199

Alexander Baldacchino, Michael Kehoe

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

"Mi sono convinto di essere arrivato troppo tardi

sulla scena con loro; la maggior parte del danno era già stata fatta".

McGlashan, Schizophr Res. 2001

 

La nascita di qualunque cosa è debole e fragile;

per questo dovremmo tenere i nostri occhi,

puntati sugli inizi.

 

Montaigne, Saggi. 1580-1588

 

Mettendo in ordine degli appunti per questo libro ci siamo imbattuti in queste citazioni dove, nella prima, McGlashan rinvia, riferendosi a pazienti psicotici, alla sensazione soggettiva di come in un certo numero di casi si abbia la percezione di aver perso un’opportunità per la persona che si ha davanti, di come se, "fosse arrivata prima al servizio" forse le cose sarebbero andate diversamente.

"Sento con certezza — scriveva Sullivan (1927) - che molti casi incipienti potrebbero essere fermati prima che un efficace contatto con la realtà sia completamente interrotto e si renda necessario un ricovero prolungato in un'istituzìone".

Se "fosse arrivata al servizio prima", tuttavia, rinvia ad una posizione eliocentrica dell’istituzione verso cui gli utenti dovrebbero andare anche se, noi sappiamo, come i nostri utenti possano talora fare molto rumore ma facciano "molta fatica a far sentire la propria voce".

Montaigne, nella seconda citazione, sembra venirci incontro ricordandoci di come "dovremmo tenere i nostri occhi, puntati sugli inizi", data la "fragilità" dell’oggetto (soggetto) di cui quotidianamente ci occupiamo: la persona.

Questo suggerimento riportandoci al tema del libro, la prevenzione in psichiatria, pone questioni quali la possibilità dei dipartimenti di salute mentale di adempiere al loro mandato istituzionale di occuparsi, accanto alla cura e alla riabilitazione, anche di prevenzione; aprendo così una finestra su argomenti critici relativi alla possibilità di una promozione della salute mentale e di una prevenzione dei disturbi psichici, alla prospettiva da cui partire per progettare strategie di intervento, alla tipologia di psichiatria (istituzione) espressa dall’organizzazione di un DSM e "dalle teorie" sulla malattia mentale dei professionisti che vi operano.

Pensare alla possibilità di strategie di promozione della salute mentale e di prevenzione dei disturbi psichici implica avere in mente un modello della malattia mentale di tipo relazionale e multifattoriale (modello biopsicosociale) in cui si tenga conto "delle componenti bio-organiche dell’individuo e della sua famiglia, delle modalità con cui si sono costruite le relazioni intra- e interpsichiche dell’individuo, il contesto micro e macrosociale dentro cui egli vive (Pirfo, 2002)"; da cui deriva la necessità di attivare nel processo di tutela della salute mentale tutta la rete dal sanitario al sociale, dal quotidiano territoriale all’emergenza specialistica.

Un’ottica di promozione della salute mentale e di prevenzione non è tanto fare cose in più, quanto adottare una prospettiva che può contribuire a dare coerenza e continuità alle azioni che quotidianamente costituiscono la prassi psichiatrica tenendo conto, oltre che del paziente, anche del contesto in cui la persona è inserita nella sua globalità.

Questo si traduce sul piano operativo nel dover:

  • tenere conto della salute mentale dell’intera popolazione;
  • tener conto del contesto socioeconomico nel quale i pazienti vivono;
  • raccogliere e produrre le informazioni e i dati utili per la prevenzione primaria, oltre a quelli necessari per la terapia e la riabilitazione dei disturbi mentali;
  • svolgere attività di prevenzione secondaria e terziaria a livello sia della popolazione generale sia individuale;
  • sviluppare i servizi di salute mentale in una determinata area in modo coordinato e integrato;
  • favorire l’accesso di tutti i cittadini ai servizi di salute mentale e organizzare tali servizi per rispondere ai bisogni dell’intera popolazione;
  • organizzare il lavoro in modo che le risposte possano essere fornite da team multidisciplinari, oltre che da terapeuti individuali;
  • utilizzare una prospettiva longitudinale e a lungo termine, sia nel lavoro terapeutico sia in quello riabilitativo;
  • valutare i costi dell’assistenza in relazione alla sua efficacia pratica, con riferimento alla popolazione generale alla quale i servizi sono destinati (Thornicroft, Tansella, 1999).

Il che significa che le strategie d’intervento potranno essere definite solo partendo da una prospettiva di tipo public health.

Approccio che per essere attuato richiede, per quanto attiene al sanitario, un’organizzazione (il Dipartimento di Salute Mentale) che operi all’interno di un territorio definito, sulla base di una filosofia in cui non possono mancare elementi quali la dimensione gruppale che caratterizza sia il livello sociale sia quello terapeutico, l’importanza del lavoro in equipe e il valore del superare le differenze attraverso l'integrazione fra competenze, gruppi e modelli diversi; la definizione di una dimensione spazio temporale che può consentire di predisporre condizioni affettive favorevoli ad esperienze di transizione fra soggettività e condivisione. Da questo sfondo teorico discende la prassi che caratterizza la psichiatria di comunità in cui un’équipe multiprofessionale, all’interno di un territorio ben definito, eroga interventi a domicilio, in ambulatorio, nei centri diurni, in ospedale, in residenze a vario grado di protezione. Si muove all’interno di una rete che comprende comuni, distretti sociosanitari, le associazioni di famigliari, il volontariato, le agenzie produttive profit e no profit; attuando trattamenti che intervengono sui livelli biologico, psicologico, sociale e culturale.

Date queste premesse, nel libro si snoda un percorso che partendo dalle teorie sulla promozione della salute mentale e la prevenzione dei disturbi psichici, passando attraverso l’approfondimento di alcuni temi specifici, arriva a descrivere esempi di programmi e interventi.

Nella sezione iniziale "L’approccio preventivo in psichiatria", Alessandro Grispini, nel primo capitolo descrive le ragioni a sostegno della diffusione di strategie di promozione della salute mentale e di prevenzione dei disturbi psichici, ne approfondisce i concetti base e il ruolo dei fattori di rischio e di protezione. Nell’analisi di alcune strategie d’intervento uno spazio particolare viene dato al tema scuola e salute mentale.

Successivamente, nel secondo capitolo, Richard Warner s’interroga, partendo da una prospettiva public health, sull’efficacia degli interventi preventivi nell’area della salute mentale, mettendo in evidenza aree e patologie in cui programmi specifici si sono dimostrati in grado d’incidere positivamente, a fronte di altre in cui l’esito è stato nullo o negativo.

Angelo Cocchi e Claudia Caprin, nel terzo capitolo, introducono il modello "Early intervention" che sarà descritto in dettaglio nel capitolo successivo da Anna Meneghelli e Laura Bislenghi.

In particolare dopo aver approfondito lo stato delle conoscenze sui fattori di vulnerabilità biologici, psicologici e relazionali per la schizofrenia; Cocchi solleva alcune questioni cruciali per quanto riguarda i servizi quali il reale interesse dei professionisti e degli amministratori per l’ottica preventiva; i pregiudizi degli stessi relativi alla prognosi del disturbo mentale ("il pessimismo kraepeliniano"); la difficoltà ad un approccio unitario alla persona che si traduce in segmentazioni orizzontali: servizi diversi e spesso non coordinati competenti per fascie d’età e verticali: servizi che si focalizzano esclusivamente o prevalentemente su approcci specifici (farmacologici o relazionali o sociali) perdendo di vista i bisogni della persona nella sua globalità.

Anna Meneghelli e Laura Bislenghi (capitolo 4), come dicevamo, approfondiscono il tema dell’intervento precoce nella definizione di Larsen (2001), come un intervento attuato "prima di quanto sia usuale", con una tempestività e una pregnanza maggiori di quanto non accada usualmente nelle pratiche standard dei Servizi; mettendone in evidenza la differenze rispetto all’intervento standard.

Danno ampio spazio alle problematiche connesse con l’individuazione precoce di persone a rischio di psicosi, dopo aver esplorato l’area dei trattamenti fase specifici (prima dell’esordio, l’esordio e dopo l’esordio), passano a descrivere il Programma 2000 avviato nella città di Milano nel 1999 nel Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano.

Nella seconda parte del libro - "Stigma e pregiudizio nel distrurbo psichico" - sono raccolti contributi che affrontano tale tema da più prospettive.

Franco Spinogatti, Emilia Agrimi e Roberto Poli (capitolo 5) ripercorrono le fasi del processo di stigmatizzazione e approfondiscono le connessioni fra la malattia mentale e la violenza che spesso ne connota la rappresentazione sociale; Rita Roncone e Massimo Casacchia (capitolo 6) propongono la questione dello stigma percepito dai familiari e gli elementi che lo condizionano; mentre Bernardo Carpiniello (capitolo 7), attraverso i concetti di stereotipo, pregiudizio e stigma analizza il ruolo che le opinioni e gli atteggiamenti delle persone verso la malattia mentale hanno sui pazienti, i famigliari e i servizi; partendo dalla sua prospettiva di psichiatra descrive il ruolo che i media hanno nel produrre, e possono avere nel modificare la rappresentazione della malattia mentale e lo stigma che vi si collega.

Il tema viene poi ripreso dalla prospettiva dei media attraverso i contributi di Daniela Boresi (capitolo 8) e Giuseppe Mascambruno (capitolo 9) entrambi giornalisti.

La prima, partendo da fatti di cronaca e memorie personali affronta l’uso che i mezzi di comunicazione e, i giornali in particolare, fanno di questo materiale umano; propone inoltre 3 modelli di relazione fra malattia mentale e media: lo scoop, (il "mostro da sbattere in prima pagina"), in cui i media usano i disturbi psichici; l’autopromozione in cui i professionisti usano i media; l’auto aiuto, dove la malattia racconta se stessa per chiedere un intervento e richiamare l’attenzione, situazione in cui media e professionisti operano in funzione del loro oggetto: le persone che soffrono di un disturbo mentale. S’interroga inoltre sul potenziale dei media sia come fonte di stigma sia come strumento per la promozione di una nuova cultura.

Mascambuno prosegue individuando alcuni elementi che influenzano la scelta di una notizia rispetto ad un’altra e le modalità con cui viene presentata, parla di "ignoranza consapevole" di alcuni temi, dell’occasionalità di approfondimenti su determinati argomenti spesso legata a fattori contingenti e, vorrei sottolineare, il ruolo dei professionisti in quello che chiama il "filtro degli esperti" e le "fonti silenti" vale a dire la difficoltà della comunità scientifica a comunicare con un linguaggio che sia accessibile ai mezzi d’informazione e utilizzabile dai giornalisti per "confezionare" prodotti fruibili.

Nel decimo capitolo Marta Anczewska, Joanna Roszczyńska ripercorrono l’evoluzione del concetto di guarigione in psichiatria ed esaminano i fattori relazionali che ne influenzano il tragitto, attribuisce fra le altre cose agli operatori la funzione di promuovere l’empowerment del paziente dove, "Per empowerment s’intende che il nostro fine dovrebbe essere quello di aumentare le possibilità per le persone di controllare le proprie vite"; come antidoto ad una posizione di self stigma

Nella terza parte del volume, "Programmi di prevenzione e di lotta allo stigma", sono raccolti contributi relativi a programmi di promozione della salute mentale e prevenzione in particolare, per quanto riguarda la lotta allo stigma.

Apre la sezione Luise Rowling (capitolo 11) che descrive le caratteristiche di un programma, MindMatters, avviato in Australia nel 1996 e focalizzato sulle scuole, attualmente in fase di diffusione in tutto lo stato; tale programma nella versione Mindmatters Plus (2002) sembra in grado di combinare promozione della salute, prevenzione ed intervento precoce, il tutto all’interno di un approccio scolastico globale. Questa, come altre progettualità nel campo della salute mentale in corso in questo angolo del mondo, dovrebbero a nostro parere essere guardate con particolare attenzione anche per cogliere elementi di trasferibilità, sviluppandosi in un contesto caratterizzato da un solido sistema sanitario nazionale e da una diffusa pratica di psichiatria di comunità.

Rosaria Pioli e Chiara Buizza (capitolo 12), presentano il programma della World Psychiatric Association, Open the doors, avviato nel 1996 con l’obiettivo di aumentare le conoscenze sulla natura della schizofrenia e sulle possibilità di trattamento; migliorare l’atteggiamento generale verso le persone affette da tale malattia e i loro familiari; promuovere azioni che prevengano e o eliminino la discriminazione ed il pregiudizio in specifici gruppi target della popolazione.

Richard Warner (capitolo 13) esemplifica l’attuazione di questo programma è fornisce utili suggerimenti per l’implementazione di iniziative locali contro lo stigma.

Nel capitolo 14, gli scriventi assieme a Laura Andreotti presentano un progetto pilota di promozione della salute mentale e di contrasto dello stigma in corso a Rovigo e Brescia, ne viene ripercorsa la metodologia ed esaminati i risultati in termini di cambiamento di opinione e di atteggiamenti, di aumento delle conoscenze e delle competenze nel campo della salute mentale di studenti degli ultimi due anni delle scuole superiori.

Chiara Buizza e Rosaria Pioli (capitolo 15) approfondiscono l'efficacia di un intervento informativo nella riduzione dello stigma sempre su un target di popolazione simile a quello del contributo precedente.

Alex Baldacchino e Michael Kehoe (capitolo 16) affrontano, allargando il panorama, il tema delle esperienze di prevenzione nel campo delle tossicodipendenze, in particolare nei ragazzi che vanno a scuola.

Dopo aver scorso i vari contributi pensiamo che questo volume possa contribuire a risvegliare o aumentare l’interesse dei professionisti e degli amministratori sul tema della promozione della salute mentale e dei disturbi psichici perché crediamo che "cosa sia inevitabile e cosa non lo sia risulta sempre e soltanto dall'esame di ciò che é stato davvero evitato o meno ... dopo seri tentativi" (Hans Jonas, 1979).

Emanuele Toniolo

Antonello Grossi

 

 

 

Bibliografia:

  • Jonas H. (1979). Il principio responsabilità. Einaudi 1990

  • McGlashan T.H. (2001). Psychosis treatment prior to psychosis onset: ethical issues. Schizophr Res., 1; 51 (1): 47-54.
  • Mrazek P.J., Haggerty R. (1994). Reducing risks for Mental Disorders, Institute of Medicine, National Academy Press, Washington, D.C.
  • Pirfo E. (2002). Psichiatria di comunità e psichiatria sociale in Italia: problemi attuali e futuri. Psichiatria di comunità, 1-2: 5-9.
  • Sullivan H.S (1927). The onset of schizophrenia. Am J Psychiatry. 1994, 151 (6 Suppl): 134-9.
  • Thornicroft G., Tansella M, (1999). The Mental Health Matrix. A Manual to Improve Services. Cambridge University Press, Cambridge. Tr. Ital.: Manuale per la Riforma dei Servizi di Salute Mentale. Un Modello a Matrice (2000). Roma, Pens. Scientifico.
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