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STEFANO MORIGGI, Le tre bocche di Cerbero. Il caso di Triora. Le streghe prima di Loudun e di Salem, Bompiani, Milano 2004, pp. 216, Euro 7,50

 

Si racconta che quando calavano le tenebre alcune arrivassero a piedi, altre a cavallo di un bastone o di una scopa, altre ancora a dorso di diavoli trasformati in caproni. E queste voci sulle streghe (strie o baggiure nel linguaggio locale) non hanno smesso di circolare nei carruggi di Triora (Imperia) da quando, nell’ormai lontano "triennio nero" (1587-1589), il Maligno avrebbe deciso di contaminare anime e raccolti dell’antica Podesteria della Repubblica di Genova. Tradizione vuole che quelle pericolose seguaci di Satana convenissero alla Cabotina (o Casa del Bottino) dove si sarebbero unite carnalmente durante il Sabba col Principe delle Tenebre, sacrificando al loro "Signore" incolpevoli infanti strappati dalle culle di madri disperate. Ricostruire il misterioso destino di quelle donne e di quei luoghi è stata la molla che ha spinto il filosofo della scienza dell’Università degli Studi di Milano Stefano Moriggi a mettersi in viaggio alla volta di Triora per indagare su uno dei casi di stregoneria più intricati e avvincenti, se non altro per il fatto di essere una vicenda ancora parzialmente irrisolta.

Come ha scritto Quirino Principe "quel borgo arroccato sulle montagne liguri è uno dei punti sul pianeta in cui si rompe la maglia rassicurante della cultura illuministica e in cui le tenebre elementari emergono allo scoperto". Ma far luce in queste "tenebre", respirare l’atmosfera sulfurea del teatro degli eventi, studiare i documenti ancora conservati negli archivi e ascoltare testimonianze più o meno reticenti dei locali, rappresenta per Moriggi la prospettiva privilegiata per interrogarsi più in generale sul senso del Male, sui volti che la storia — anche quella più recente — ha attribuito al Maligno, e infine sulla "fenomenologia della repressione" che imperversò su tanta parte d’Europa (nonché sulle stesse colonie americane), marcando quell’epoca non meno del pensiero tecnico-scientifico o della concezione dello Stato moderno. Per Stefano Moriggi non solo la caccia alle streghe — lungi dal rappresentare un residuo di un "Medioevo oscuro" — è una componente della nostra modernità: anzi, in un certo senso, le streghe non se ne sono mai andate. Il seme del sospetto (il popolo accusa le "malefiche" di aver causato, tra l’altro, una carestia, e i maggiorenti si accodano), le dinamiche del processo (che ebbe luogo a Triora in due fasi distinte e che vide un magistrato laico — tal Giulio Scribani — segnalarsi per il suo accanimento persecutorio), il conflitto di competenze tra magistratura laica ed ecclesiastica (alla fine fu il Sant’Uffizio romano a lasciare sola la Repubblica genovese, detta la Superba, a fronteggiare onore e onere della persecuzione delle streghe), i sofisticati giochi politici-economici (che avevano richiesto come insospettabile copertura una "carestia inesistente" e dunque le streghe come inevitabili capri espiatori), sono solo gli indizi che inizialmente consentono all’Autore da un lato di ricostruire tessera dopo tessera il complesso puzzle triorese, dall’altro di cogliere nelle tristi sorti di quelle donne, nelle macchinazioni di alcuni loro concittadini e nell’incrollabile intransigenza di autorità "con gli occhi troppo affisi nell’oscurità della notte per cogliere l’immoralità che esiste anche di giorno" un’occasione per riflettere sulla condizione moderna e soprattutto sulla cultura del nostro paese, all’apparenza così devoto, di fatto così sensibile all’utilità del Male.

Ma se i raffinati strumenti dell’epistemologia permettono a Moriggi di svelare come qualunque nucleo di idee corra il rischio di trasformarsi — come già diceva il filosofo austriaco Paul K. Feyerabend — in "una rigida ideologia", la teoria dei memi di Richard Dawkins (biologo dell’Università di Oxford) — in sintesi, così come esistono unità di trasmissione biologica (geni) esistono anche unità di trasmissione culturale (memi) che agiscono sui cervelli cosi come "un virus può parassitare il meccanismo genetico di una cellula ospite" — gli offre lo spunto non solo per avanzare un’ipotesi su come Satana possa "abitare i nostri cervelli" pur essendo "solo" un mito, ma anche per metter in guardia il lettore. A seguito ripetuti moniti della Chiesa — da Paolo VI all’attuale cardinale di Genova, Tarcisio Bertone — circa l’effettiva esistenza di Satana si sta assistendo al proliferare di più o meno plausibili "pool interdisciplinari" composti da esorcisti, psicologi e psichiatri pronti a riconoscere in ciò che la scienza medica ancora non spiega casi di possessione diabolica. Nello stigmatizzare le contraddizioni (logiche, prima che teologiche) proprie di questo atteggiamento, l’Autore sembra suggerire che la caccia è ripresa oggi, nelle sedi più disparate, col vigore e il fanatismo di ieri, invitando così il lettore a seguirlo nel tentativo di capire chi siano le streghe contemporanee e quali i loro roghi. Nella Postfazione del libro Giulio Giorello (docente di filosofia della scienza all’Università degli Studi di Milano) insinua scherzosamente che Stefano Moriggi finisca col perdersi in una notte oscura, definitivamente "affascinato" dagli enigmi di Triora (alla lettera "tre bocche" — appunto le tre bocche di Cerbero, cane infernale) e che finisca col restare tra "quelli di lassù", cioè gli elusivi spiriti che popolerebbero le arcuate colline del Ponente ligure. Ma l’intenzione è seria. Per dirla con Paul Feyerabend, se i nostri cacciatori di streghe riuscissero nel loro intento di impiantare il Bene dentro ogni coscienza, "come faremmo a ritornare al Male"?

Corrado Sinigaglia

(Università di Milano)

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