DOTT.SSA CHIARA OGGIONI
Avrei due cose da dire a livello introduttivo. Nella mia mente LT è una donna che porta con sé un discorso attraverso il corpo. Nel suo tremare cíè la presenza inquietante di aspetti rimossi e cíè la violenza della mancata espressione di qualcosa di importante, di essenziale. Si avverte una distanza quasi concreta tra il parlare e la felicità, tanto le parole sono ricercate utilizzate per esprimere un concetto, quanto al contrario un corpo segue un discorso personale profondo che va interpretato e svelato. A volte mi sono fermata a guardare la mia paziente mentre parlava, a volte mi sono ritrovata distratta dal suo corpo a dispetto di quanto stava dicendo, mentre affannosamente cercava di spiegarmi la sua ricerca di Dio, io osservavo la sinuosità del corpo che si delineava, privato dal tremore come un disegno preciso.
CASO DI L.T.
Il caso che presento è di una giovane donna di 28 anni che è stata ricoverata per la prima volta al Policlinico e che alla dimissione ha iniziato una serie di sedute di osservazione con me.
La paziente era stata ricoverata in reparto dal pronto soccorso psichiatrico con la diagnosi di "agitazione psico motoria".
Questa diagnosi aveva soprattutto un significato descrittivo; la paziente si era presentata al pronto soccorso con grave angoscia e con un tremore a grandi scosse diffuso agli arti inferiori e superiori,contratture dolorose agli arti e iperventilazione. Durante il ricovero di circa 20 giorni era stata curata con farmaci antidepressivi (zoloft a 50 mg al giorno) e benzodiazepine (valium a 20 mg im) e un ipnotico la sera (flunox a 30 mg).
Per questa paziente erano stati eseguiti accertamenti specifici per escludere uní eziopatogenesi organica; si era valutata con attenzione líanamnesi per rilevare uníeventuale pregressa epilessia infantile; era stata eseguita una TAC e un EEG che erano risultati negativi, accanto ad uníobiettività neurologica negativa.
Al momento della dimissione la paziente presentava una parziale remissione alla sintomatologia iniziale; líangoscia e líiperventilazione erano notevolmente diminuite, mentre erano rimasti inalterati il tremore e le contrazioni muscolari.
La diagnosi di dimissione dallíospedale era di disturbo post traumatico da stress e di disturbo istrionico di personalità secondo il DSM IV.
Il disturbo post traumatico da stress appartiene ai disturbi díansia; il trauma in causa nel caso di questa paziente era rappresentato da una violenza sessuale subita a 20 anni di età, con uníaggressione da parte di tre extracomunitari e lo stupro.
La presenza di questo disturbo post traumatico prevede che líevento stressante abbia causato nel soggetto "intensa paura, terrore ad impotenza" che líevento traumatico sia rivissuto tramite ricordi "intrusivi" dellíevento o incubi e disagio psichico quando la persona sia esposta a fatti che assomigliano allíevento traumatico originale; vi è solamente lievitamento degli stimoli associati al trauma o uníattenuazione delle reattività generale e sintomi di arousal aumentato con irritabilità o collera, difficoltà di concentrazione, ipervigilanza e reattività fisiologica quando vi è líesposizione ad eventi che simboleggiano il trauma.
Il disturbo istrionico di personalità fa parte del cluster B insieme al disturbo antisociale, al disturbo borderline e al disturbo narcisistico. In questo disturbo di personalità vi è eccessiva emotività e ricerca di attenzione, egocentrismo patologico, seduttività inappropriata nei modi e nel contesto in cui si produce ed esagerazione nellíespressione degli aspetti emotivi soggettivi.Il funzionamento del paziente con disturbo istrionico di personalità è più primitivo di quello con disturbo isterico di personalità.
Mi parlo di questo caso un collega dellíospedale che aveva pensato ad un possibile intervento psicologico sul sintomo, visto che anche dopo le dimissioni, alle visite di controllo farmacologico il quadro clinico restava sostanzialmente inalterato ed il tremore resistente ai farmaci utilizzati.
Discutemmo allora sullíutilità di iniziare subito una psicoterapia che impegnasse questa paziente in un lavoro orientato e definito piuttosto che iniziare invece un lavoro di osservazione clinico psicodinamica che permettesse alla paziente di verificare con se stessa e con líaiuto del terapeuta se vi erano i presupposti per iniziare una psicoterapia. Spesso i pazienti chiedono una psicoterapia senza conoscere e comprendere il senso di questo progetto e senza conoscere le personali profonde motivazioni che sono i presupposti necessari per intraprendere questo tipo di cura psicologica.
Raccolsi alcune notizie anamnestiche di base dalla cartella clinica del reparto e parlai con il medico che líaveva seguita durante il recente ricovero.
La paziente era nata a Bourges in Francia da padre italiano e madre francese, secondogenita con un fratello maggiore di tre anni. In famiglia non vi sarebbero stati disturbi psichiatrici noti. Nellíinfanzia non vi erano stati problemi particolari; le tappe evolutive somatopsichiche erano state nella norma ad eccezione di un mancato allattamento al seno.
La paziente aveva frequentato la scuola materna con irregolarità. Infatti a 3-4- anni esordirono delle crisi di spasmi da ipotermia per i quali fu seguita da un neurologo; assunse depakin fino ai 15 anni di età. Queste poche ma indicative notizie mi fecero pensare ad un disturbo di ansia da separazione vissuto nellíetà infantile.
A 17 anni gli spasmi si ripresentarono durante un viaggio di studio, in Germania. Nellíadolescenza non vi furono particolari disagi psicologici; quantomeno la paziente non ne parloí con precisione.
Mi domandai se questo periodo descritto come "normale" lo fosse stato veramente o fosse stato vissuto con scarsa consapevolezza come tale.
Dopo le scuole dellíobbligo e le scuole superiori la paziente si trasferì a Parigi da Bourges dove si iscrisse al corso di laurea in economia e commercio lavorando nello studio di un commercialista per mantenersi gli studi. In quel primo periodo di trasferimento nella capitale la paziente inizioí a bere alcool in eccesso; su questo argomento tuttavia il racconto e le notizie raccolte erano confuse, poco precise.
A 23 anni la paziente subisce violenza sessuale da tre extracomunitari che la aggrediscono e la stuprano. A questo fatto segue la scelta della paziente di convivere nel proprio monolocale a Parigi con uno dei suoi violentatori.
Ogni notte - è la paziente a raccontarlo - si sarebbe ripetuta la violenza appena subita e ogni notte la paziente sarebbe stata costretta a rapporti sessuali contro la sua volontà.
Fu in questo periodo che si ripresentarono gli spasmi e i tremori. Dopo líepisodio di violenza sessuale vi fu,tra líaltro, un periodo di amenorrea della durata di 6 mesi. In quel periodo si verificoí il primo episodio depressivo nella storia della paziente; vi fu líassunzione di farmaci antidepressivi e qualche mese dopo, il tentativo di suicidio con gli stessi farmaci che erano stati prescritti per curare la depressione.
Ogni anno nel periodo estivo che coincide con il periodo della violenza sessuale la paziente ripresenta irregolarità mestruali.
Quando la paziente aveva 18 anni, vi era stato un precedente episodio di violenza subita con uníaggressione da parte di un compagno di scuola; allora si era presentata uníanaloga sintomatologia fisica con tremori, contrattura e con irregolarità mestruali per alcuni mesi. Anche allora la paziente seguì una terapia farmacologica con assunzione di depakin e con visite di controllo neurologiche.
A 25 anni la paziente si trasferisce in Italia per trovare un lavoro e per lasciare la Francia e i ricordi che erano legati alla vicenda dello stupro.
Si associa ad un gruppo religioso di una chiesa evangelica; tra questa gente conosce un coetaneo, fervido praticante dellíattività evangelica, lo frequenta per qualche mese e si sposa con lui a 26 anni.
Nella notte di capodanno 1998, a mezzanotte, in casa di amici la paziente sta festeggiando con il marito il nuovo anno; è sposata da pochi mesi e non vi sono stati alcuni problemi particolari, entrambi i coniugi lavorano e pensano di avere un figlio. A mezzanotte la paziente riceve un bacio e gli auguri dal marito. È in quel momento che irrompe allíimprovviso un tremore generalizzato e diffuso a tutto il corpo; la paziente si angoscia e pensa di avere la febbre alta o di essersi agitata per qualche motivo.
Il tremore è associato a contratture dolorose che nei mesi successivi impediranno alla paziente di deambulare normalmente obbligandola a trascorrere il suo tempo a casa, spesso a letto o seduta e ad essere limitata gravemente negli atti della vita quotidiana. La paziente lascia il lavoro, che per altro era temporaneo e dopo due mesi circa avviene il ricovero volontario.
Incontro per la prima volta L.T. nel mio studio in ospedale. Le spiego brevemente le procedure burocratiche di pagamento per líospedale e le illustro il metodo di lavoro con líuso del registratore, che è già pronto sulla scrivania tra di noi.
Ho davanti a me una giovane donna con líaspetto di una ragazzina. Porta i capelli corti, raccolti a coda di cavallo; ha la pelle molto chiara con tante lentiggini, Indossa tuta da ginnastica e scarpe da tennis.
Il tremore è invasivo e così intenso e continuo da renderle incerta la voce. Si sente durante la seduta il battere dei suoi piedi sul pavimento e del braccio che cerca di tenere fermo, appoggiato al piano della mia scrivania.
Questo sfondo e questi rumori saranno la costante di molte sedute con lei.
Gli occhi restano fermi e attenti, in parti sganciati dallíespressione del viso che pure è deformato da continue smorfie espressive per contrastare il tremore che la pervade. Porta lenti trasparenti appoggiate sul naso in modo vezzoso.
A volte ho cercato di leggere negli occhi di L. un segnale o una richiesta, forse uníespressività particolare che emergesse da tutto quel tremito, ma non ho mai colto nulla.
La mia voce se possibile era più lenta del solito e la mia gestualità del tutto assente. A volte mi capita di muovere le mani per circoscrivere il senso di una frase che dico o tamburello piano con le dita, assecondando un pensiero
O ascoltando le parole di chi mi sta davanti. Ma questa mia paziente mi stava paralizzando.
Mi domandavo se forse non avessi paura di mettermi a tremare anche io.
L.T. mi trovoí fin da subito "fredda e distante" e "dura" - sono parole sue - sicuramente "dura".
Pensai che L. desiderasse forse che io potessi reggere - restando stabile - lei che tremava e che per camminare doveva appoggiarsi a dei sostegni.
Le sedute proseguirono con regolarità, una volta alla settimana, stesso giorno, stessa ora.
Cercai di mantenere un setting molto stabile e regolare e alla fine dei 45 minuti congedavo la paziente che spesso introduceva qualche tema importante proprio a fina seduta.
Quando le dicevo, "per oggi finiamo qui" vedevo che restava come sospesa, quasi male e che con disappunto, si alzava barcollando e appoggiandosi alla scrivania o alla parete si dirigeva verso la porta dello studio. Soltanto uscendo e dandomi la mano, allora mi sorrideva.
Non parlai mai del tremore, non le chiesi mai come andava o se vi fosse qualche miglioramento; L. alla pari non mi parlava del sintomo. Parlava di lei, nel presente e poco o niente del suo passato. A volte mi comunicava qualcosa che riguardava il suo rapporto con me.
Nel tempo la vedevo cambiare qualcosa nel modo di vestire o nel trucco. Un giorno la vidi arrivare in studio con i capelli biondi come i miei. Stesso taglio e stessa lunghezza.
Compresi che L. cercava veramente di avvicinarsi a me anche assomigliandomi. Mi sentii una possibile traccia per rendere più dritto il suo modo barcollante di camminare.
Nel mese di Maggio di questíanno vi fu uníinterruzione di una settimana che determinò il salto di una seduta. Quando rividi L. mi spiegoí come si fosse recata tre volte al pronto soccorso psichiatrico per líaccentuarsi dei sintomi di tremori e contratture accompagnate in quei giorni anche da angoscia e paura.
Commentai che forse la mia assenza aveva determinato in qualche modo la recrudescenza drammatica del quadro sintomatologico. L. mi rispose che si forse líassenza della sua seduta poteva aver avuto questo esito; díaltra parte, aggiunse spesso venire alle sedute le causava fatica e ansia e paura di non trovare in me una presenza "calda".
E così tornava il suo vissuto di me come "fredda e dura"; ritornava il tema del gelo che L. sentiva dentro di sé.
Arrivoí la pausa estiva e vi fu líinterruzione delle sedute per 5 settimane.
A Settembre ritrovai L. piuttosto contenta di riprendere il lavoro con me. Il tremore sembrava lievemente attenuato ma sempre ben presente.
L.T. iniziò a parlarmi con sempre maggior insistenza di suo marito e del peggioramento del loro rapporto a livello affettivo e sessuale. Facevano "poco líamore, due volte in due settimane".
Anche lo stato psicologico ed il carattere del marito stavano modificandosi in senso negativo.
Nel mese di Ottobre L. smise di tremare. Ora mi stava di fronte ben dritta sulla sedia, guardandomi negli occhi quando parlava.
Inizioí a fine Ottobre il rapido peggioramento dello stato psicologico del marito accompagnato da sintomi che segnalavano anche un interessamento fisico fatto di probabili somatizzazioni.
L.T. mi chiese esplicitamente di "vedere " anche il marito. In una seduta mi portoí una sua fotografia nella quale vi erano rappresentati, vestiti da sposi, lei e un giovane uomo; "vede" mi disse - "qui M. era già magro ma in fondo normale, ora se lei lo vedesse vedrebbe uno scheletro che cammina".
La mia paziente vorrebbe interrompere líassunzione di quelle poche gocce di valium che ancora sta prendendo. Sta lavorando part time nel campo dellíinformatica e delle traduzioni.
Sostiene che là dove lei non puoí farcela cíè sempre da sperare che Dio intervenga e che ogni cosa che accade anche negativa è il disegno misterioso del Divino.