2. L'ambiguità originaria della melanconia
Circa le origini greche della melanconia e le sue caratteristiche salienti, queste sono state già illustrate dalle relazioni che mi hanno preceduto. Mi preme tuttavia porre l'accento su un'ambiguità di base, riferibile alla sua doppia natura: è vero che essa nasce come umore (la bile nera o atra bile) - il che la radica nel corpo come patologia organica - ma questa patologia ha la peculiarità di manifestarsi prevalentemente attraverso sintomi psichici. Tale ambiguità non abbandonerà più la melanconia, che si viene quindi a configurare sin dai suoi esordi come concetto limite tra corpo e anima, tra esterno e interno, tra medicina e filosofia; e come incerto confine tra normalità e patologia. Dunque, come area di possibili conflitti.
Sul versante dell'anima quest'area viene occupata dai lirici greci, i quali cantano la malattia d'amore, mostrandoci le prime affermazioni, in Occidente, di un'embrionale identità individuale. (Il tema della follia amorosa riprenderà vigore molto più tardi, con i poeti cortesi medievali).
La doppia natura della melanconia, che a tutta prima potrebbe apparire come un fattore di debolezza, ha costituito di fatto la sua forza e ne ha segnato la longevità. Infatti, in quanto espressione somatica su base umorale di un disagio mentale, la melanconia ha potuto tutelare e garantire l'esistenza di uno spazio psichico, in qualsivoglia modo questo venisse concepito. Così facendo essa ha fornito una legittimazione all'area soggettiva ed intima, contro i ripetuti tentativi di un suo incorporamento nell'organico o di una sua cancellazione.