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Legge 180 vent'anni dopo: intervista
a Sergio Piro
Esposito - Professor Piro, come mai nella genesi dell'anti-psichiatria
la matrice teorica e' stata rappresentata dalla psichiatria fenomenologica
e non dalla psicoanalisi?
Sergio Piro - Non concordo con la formulazione di questa
domanda, anche se ritengo lecita la sostanza della stessa.
Nella Psichiatria alternativa italiana (ma anche in quella mondiale) convergono
diversi radicali. Nella Psichiatria alternativa italiana il momento fenomenologico
e' importante soprattutto per eliminare una serie di pregiudizi limitativi:
cioe' il pregiudizio "medicalistico-biologistico" e il presupposto
dell'"inguaribilita'". Inoltre cio' che 'e importante e' la ricostruzione
antropologica dell'esistenza, la "Cura del Destino".
Faccio un esempio per intenderci. Se noi facciamo vivere legati nelle feci
due oligofrenici epilettici, li facciamo vivere nelle condizioni piu' orrende
come i vecchi manicomi, rispetto invece al fatto che noi li facciamo parlare, insegnamo
loro a vestirsi, li facciamo uscire, la loro malattia non cambiera', sara'
sempre la stessa, le crisi epilettiche dovranno essere sempre controllate
dai farmaci come prima; ma il loro "destino" e' cambiato!
L'introduzione, quindi, di un concetto come il "Destino" (che
e' un concetto fenomenologico in questo caso) viene utilizzato in un altro
modo. Quello che voglio dire e' che la Fenomenologia e' una descrizione
astratta e qualche volta rarefatta dell'accadere umano, mentre la Psichiatria
alternativa l'afferra e ne fa' "pratica", cioe' trasforma la
Fenomenologia in Antropologia. Il grande salto e' quando la Fenomenologia
si declina in "Antropologia-Alternativa-Pratica". Diventa una
Antropologia perche' non c'e' piu' una concezione psicologico-psichiatrica
o altro, ma diventa una concezione dell'uomo alternativa (non
nel senso sentimentale del termine), perche' e', appunto, alternativa a
tutte le altre concezioni. Diventa "Pratica" perche' concretizza
i presupposti teorici fenomenologici. Nel farsi pratica la
Psichiatria alternativa ha bisogno di altri ingredienti, che sono fondamentalmente
tre:
1) La "Filosofia della Prassi" di Sartre, che rappresenta il
punto in cui la Filosofia si fa' impegno; in Sartre c'e' questo farsi
impegno della Fenomenologia, e questo e' il percorso che seguimmo
sia Basaglia che Io (nonostante io mi occupassi piu' del linguaggio, cioe'
della Fenomenologia del Linguaggio);
2) Il Marxismo, per la parte che riguarda l'Antropologia marxista. Cio'
che importa, in questo punto, e' la "trasformazione del Mondo"
e delle persone attraverso i Movimenti di liberazione, attraverso le lotte
contro la Guerra del Vietnam, attraverso la Rivoluzione Proletaria e Culturale
in Cina. Questo punto avra' molta importanza e anche qui c'e' l'esigenza
di prassi e di pratica;
3) Il fatto che la Psicoanalisi, uscendo dagli studi degli analisti, porta
dei contributi importanti soprattutto in senso anti-repressivo. Non e'
tanto la "sinistra" freudiana, perche' paradossalmente della
sinistra freudiana sono significativi soltanto i contributi dati da Fromm
e Marcuse; Reich si perde, perche' uccide con la teoria degli orgoni
se' stesso, la propria anima libertaria e antifascista, inventandosi una
teoria pseudo-biologica . Ma io vedo la psicoanalisi
come il terzo elemento, anche se e' una psicoanalisi delle Istituzioni
(vedi, per esempio, l'esperienza francese, o quella italiana di Galli o
e Tranchina che si sono rimboccati le maniche in questo senso, l'uno dal
versante freudiano, l'altro da quello junghiano; e ancora Michele Risso
per quanto riguarda le psicoterapie eclettiche).
Io sono dell'opinione che, anzi, in quel momento storico forse la psicoanalisi
ha vissuto una fase di rivitalizzazione.
Esposito - Ma qual'e stato il vero ruolo della Psichiatria
fenomenologica nella nascita dell'Anti-Psichiatria?
Sergio Piro - E' stata la prima e piu' importante critica
al Positivismo delle Psichiatrie dominanti prima degli anni '60. Ha messo
sotto critica fondamentalmente l'asserzione positivistica che la sofferenza
umana fosse un "disturbo di natura", nella sua riduzione organicistica.
Non ha mai negato, pero', l'organicismo delle malattie organiche del sistema
nervoso, ma si e' assolutamente scontrata in modo frontale con la concezione
riduzionistica che vuole la sofferenza come "una malattia somatica".
Ha avuto un ruolo assolutamente impagabile nel portare avanti queste concezioni
innovative.
Esposito - Che ruolo ha avuto la Psichiatria fenomenologica
nella sua formazione, anche rispetto al contributo contenuto nel suo libro
"Il linguaggio schizofrenico" del 1967?
Sergio Piro - Io sono partito dall'analisi del linguaggio
all'inizio degli anni '50, dall'Empirismo logico e dalla Glottologia, per
accostarmi al fatto che i malati mentali "parlino" e non siano
considerati solo "produttori di sintomi". Intorno agli anni '50, sembrera'
strano, nessuno si preoccupava di interpretare il linguaggio schizofrenico,
bensi' questo veniva soltanto considerato come sintomo (il sintomo della
schizofasia, il sintomo della stereotipia, il sintomo del mutacismo...)
e poi veniva classificato. Invece io ho tentato di decifrare questo linguaggio,
a volte riuscendovi a volte no.
Mano mano che andavo avanti nell'analisi del linguaggio, incontravo
la persona malata. Quindi in principio ero affascinato da questo aspetto
del linguaggio, ma successivamente la mia formazione logico-empiristica
basata sulla semantica si e' andata associando all'interesse per la persona
umana nella sua totalita'. A questo mi hanno predisposto gli studi di Husserl
che avevo sostenuto precedentemente.
Quindi alla fine degli anni '50 io misi insieme questi aspetti del mio
bagaglio culturale (fenomenologia e semantica), per cui ebbi il bisogno
di avere dei maestri come punto di riferimento (Filiati, Masullo a Napoli
ed Enzo Paci), i quali mi insegnarono che non sono cose differenti tra
loro, potendo percio' essere integrate e portate avanti insieme. Ma diviene
anche importante, in quel momento, la crisi che attraversava la psicoanalisi;
il nascere di scuole psicoanalitiche che non erano piu' riduttivistiche,
che superavano non Freud ma quel riduzionismo del Glover, di Fenichel, dei
trattattisti della prima fase, per dare piu' slancio anche umano. Ecco,
questa e' stata un po' la mia matrice formativa, per cui quando nel '67
scrissi "Il linguaggio Schizofrenico" dicevo questo: - L'analisi
semantica del linguaggio deve per forza reinviare nell'asserire che sono
manifestazioni linguistiche e non sintomi qualunque di una qualunque malattia;
pero', nell'asserire che si tratta di produzioni linguistiche il loro significato
viene rimandato alla psicoanalisi e fondamentalemente alle "psicoanalisi
strutturali semantiche" (qui il riferimento e' a Lacan, che poi ha
finito con l'essere un po' troppo verboso e da cui ho preso le distanze in seguito);
rinvia come significato ad una psicoanalisi, come senso ad una fenomenologia
antropologica.-
Piu' tardi la chiamero' "Antropologia Trasformazionale", che
io ho creato e che oggi rappresenta la bandiera del nostro movimento, in
quanto riteniamo che questo concetto rappresenti tutto cio' che abbiamo
realizzato fino ad oggi con il nostro lavoro, la nostra ricerca e le nostre
lotte.
Esposito - Professor Piro, Lei ha elaborato tempo fa un
Progetto di lavoro intorno al concetto di "Euristica Connessionale".
Ha anche scritto un "Trattato sulla Psichiatria e sulle Scienze Umane",
e si e' fatto promotore di un Centro di Ricerca sulle Scienze Umane. Che
ruolo ha avuto, a questo proposito, l'approccio storico-epistemologico
da un lato e la cultura antropologica dall'altro nell'elaborazione di questo
concetto? ".
Sergio Piro - Direi che la Fenomenologia filosofica e'
qualcosa che appartiene alla prima meta' del secolo. La Psichiatria fenomenologica
e' a cavallo tra le due Grandi Guerre (e prosegue anche oltre). Le cose
che faccio io sono della fine del Secolo, degli anni '80 e '90. Questi
ultimi concetti, a cui lei si riferisce, sono di quest'ultimi anni. Per
me questo punto e' molto importante, perche' dopo tanti anni il mio obbiettivo
e' quello di condurre delle ricerche non piu' in maniera solitaria, ma
insieme ad altri ricercatori. Questa esperienza di ricerca fu chiamata
inizialmente "Centro Ricerche"; successivamente all'interno di
essa nacque una Scuola Sperimentale con connotati iniziali "semantico-connessionali",
poi assunse connotazioni "semantico-antropologiche", e oggi si
definisce "antropologico-trasformazionale". A questo proposito
La invito a leggere il mio libro "Introduzione alla Antropologia Trasformazionale",
edito da La Citta' del Sole, che rappresenta il volume finale della mia
opera, pubblicato nel 1997. Esso consiste nella trattazione delle antropologie
trasformazionali (al plurale!), in quanto le possiamo cambiare continuamente
e quelli che lavorano con me sviluppano diversi filoni di ricerca originali
tra loro; questo perche' non e' possibile ridurre la complessita' dell'accadere
umano ad una sola dimensione, ad una teoria. Ecco perche' usiamo il plurale.
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